Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: Arva    17/08/2016    1 recensioni
Torus, un giovane mandaloriano che "di giorno" fa l'armaiolo e il mercenario, nel tempo libero si diletta nell'esplorare asteroidi e durante una spedizione in quel del campo di Vergesso fa una scoperta che lo costringerà, molto probabilmente suo malgrado, a riallacciare legami che pensava di avere seppellito da tempo.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Entrambi sentirono un lieve rumore provenire dall’entrata del laboratorio, il sibilo idraulico dello scorrere di una porta lungo la propria guida seguito da due serie tranquille di passi.
Nell’arco di nemmeno mezzo secondo, Torque aveva estratto un blaster tascabile da chissà quale piega nello spazio-tempo della sua tuta da meccanico e lo aveva puntato contro l’entrata senza quasi nemmeno accorgersi di avere appena compiuto il gesto, al punto che quando si voltò per vedere l’origine del suono dovette concentrarsi per nascondere l’espressione di sorpresa.

 

Torus, dal canto suo, ebbe qualche istante in più mentre la ragazza si scioglieva dall’abbraccio per osservare la scena: conosceva quel blaster molto bene. Come un padre conosce i propri figli.
Ne aveva ispessito la canna perché reggesse meglio le temperature estreme che la nuova unità di combustione del gas all’interno del castello dell’arma generava una volta che prendeva il tibanna per sparare, poi aveva cambiato il legno sintetico dell’impugnatura con una gomma isolante che aveva sentito dire fosse usata dai tecnici astronavali durante le operazioni in prossimità di fonti di calore come reattori in raffreddamento e bocche di turbolaser. Ed era solamente l’inizio…

 

“Fermi! Un altro passo e vi assicuro che non avrete più un collo su cui appoggiare la testa!”

 

Fosse stato nelle due figure che erano appena entrate, l’armaiolo avrebbe dato retta a Torque: da autore della pistola che aveva in mano, sapeva che era tranquillamente in grado di aprire un buco cilindrico di quattro centimetri nella portiera di uno sprinter.
Cosa facesse al tessuto organico aveva preferito lasciarlo all’immaginazione: per una questione di ethos professionale lo aveva testato e se lo ricordava ancora.
Uno dei due nuovi arrivati, infatti, era un umano molto alto, a occhio quasi due metri, di corporatura allenata, con le mani alzate in segno pacifico che indossava il mantello scuro con sotto la tunica bianca dei Jedi.

 

Ciò di cui Torus avrebbe voluto essere sorpreso ma che, alla fine della fiera, a quel punto non poteva che lasciargli un fastidioso senso di rassegnazione, fu il volto dell’uomo.
Affilato, segnato da barba folta e castana che partiva dalle basette e formava un unico coi baffi e, soprattutto, capelli scuri lunghi fino alle spalle tenuti sulla nuca da quella che sapeva essere una corta coda.

L’altro, un togruta probabilmente maschio dai colori accesi, alto quasi due teste di meno e visibilmente meno imponente, indossava gli stessi vestiti ma cercava di nascondersi dietro la figura di quello che era palesemente il maestro. Il fascino guerriero di Torque colpiva ancora.

 

“Signorina, le assicuro che non abbiamo alcuna intenzione ostile.”

 

Fu il turno di Torus di alzarsi, posare una mano sul blaster che la compagna stava puntando contro ai due Jedi, al cui gli venne risposto con un metaforico dito medio perché lei non aveva la benché minima intenzione di abbassare l’arma, e rivolgere ai nuovi arrivati lo sguardo più acido e carico di rancore che poteva mettere insieme.
Decisamente non era il momento.

 

“Allora potresti dirmi che ci fai qui, in casa mia, Qui-Gon. Ti assicuro che quel blaster in mano a questa pistolera è più che in grado di aprire un buco nella parete dopo che vi ha fuso l’osso del collo.”

 

“Avete venti secondi a partire da adesso.”

 

Sì, se finiva male… se avesse potuto, Torus si farebbe fatto uscire di corpo l’irritazione e il fastidio a testate contro la fornace, da quanto voleva essere altrove e in sacra pace. Ma no, Kot voleva avere l’ultima risata prima di lasciarlo del tutto al suo destino, perché non si era abbastanza divertita alle sue spalle prima.
Forse davvero valeva la pena di lasciare che Torque sparasse ai due Jedi: in fondo, l’atto di aggressione lo avevano commesso loro infiltrandosi per primi in territorio Mando’, potevano camuffarlo come legittima difesa.

Qui-Gon, di conto suo, non aveva smesso nemmeno mezzo secondo di tenere il proprio sorrisetto compiaciuto da persona che ne sa una più di tutti e aveva alzato le mani di qualche centimetro. In tutto ciò, iniziava ad aspettarsi di sentire l’odore della pipì del padawan da un momento all’altro.

 

“Posso sedermi? Temo ci vorrà ben più di venti secondi per spiegare tutto.”

 

Torus non aveva interesse di rispondere, per cui fu quasi sollevato quando sentì il ringhio di diniego della compagna.

 

“No.”

 

Qui-Gon non si scompose.
Nemmeno i due mandaloriani. Non che ne avessero motivo, anche se a quel punto si entrava nel reame delle possibilità per quanto riguardava il bersaglio di detta scomposizione.

 

“Immagino, Calas, che tu abbia raccolto di recente un artefatto da un meteorite. Vado errato?”

 

Torus fu colto da un moto di stizza al sentire pronunciare un nome di una delle sue vittime, effettivamente la prima, pensandoci un momento. Quella per cui aveva speso più energie perché si era rivelata tenace da uccidere, soprattutto quando aveva capito che non c’era più niente da fare a aveva cercato di portarselo dietro. Non ci fosse stata Torque, probabilmente, sarebbero morti entrambi sulle piane di un qualche anonimo mondo di frontiera.

 

“Torus… non Calas.”

 

Il Jedi parve non farci molto caso, tirando dritto come se non fosse successo niente.
Nel fruscio delle foglie di veshok, Torus stava iniziando a sentire lo scricchiolare della corteccia degli alberi quando si avvicina una tempesta; nonostante sul momento non fosse contrario, aveva la sensazione che ci fosse sotto qualcosa di ben più profondo, e la cosa lo spaventava.
Dannato Kot… e dannato Calas.

 

“Quell’artefatto che hai trovato e che, se le sensazioni del Maestro Yoda non sono errate, ti sta dando non pochi ‘problemi’ è un frammento di un holocron che è stato ritrovato poco tempo fa da una spedizione di Cavalieri nell’Orlo Esterno.”

 

“Spicciati. Non penso che l’indice della mia compagna possa resistere ancora a lungo.”

 

Voleva fare il duro annoiato. Novanta a uno non ci era riuscito, anche se la menzione di un holocron e della spedizione improvvisamente avevano colto il suo interesse. Di norma, erano cose che gli piaceva fare, di tanto in tanto, come con gli asteroidi.

Qui-Gon sorrise, quasi benevolo. Quello era interessante.

 

“Bene, allora. Fonti dell’Archivio ritengono che questo holocron contenga le coordinate per un’armeria riempita di equipaggiamento confiscato dall’Ordine dalle Guerre Mandaloriane e anche nei tre secoli successivi, fino circa alla Guerra Fredda, poi niente, ne scompaiono le tracce. Gli archeologi del Tempio vogliono recuperarlo e per fare ciò ci serve qualcuno che ragioni come un Mandaloriano. In poche parole, ci servi tu.”

 

Con la coda dell’occhio, Torus vide Torque abbassare l’arma con estrema lentezza, il viso deformato dalla sorpresa intanto che i suoi occhi facevano la spola fra lui e i due Jedi. Intanto, la sua mente aveva improvvisamente spiccato il volo ed era nel bel mezzo di un filone di ragionamento che prometteva di essere interessante e terrore puro allo stesso tempo.
Volevano lui per le connessioni che aveva avuto col Tempio quando era più giovane, quello era evidente, eppure più ci pensava più aveva l’impressione che fosse solo una sorta di giustificazione di copertura, per cui il motivo della sua presenza era completamente un altro. Da un lato, era qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno: non doveva loro niente perché, alla fine, non lo avevano mai accettato.
Dall’altro, però, l’occasione era ghiotta: un luogo pieno di reliquie di un passato che veniva ritenuto il più fulgido esempio di cosa poteva fare la cultura mandaloriana. Era un’occasione per rinsaldare il proprio legame con Mandalore, coi Resol’Nare e, volendo, anche con Torque, che era mandaloriana ‘purosangue’.

 

Equivaleva bene o male ad andare in pellegrinaggio alla tomba di Canderous Ordo o alle grandi sale dell’Oyu’baat quando i clan si riunivano: significava entrare a contatto con il Manda nella sua forma più pura. Era follia, per un certo verso, e poteva vedere dal ghigno da faina di Qui-Gon che aveva capito all’istante come Torus si stesse sentendo in quel momento.
Aveva davanti a sé un’opportunità a cui non poteva dire di no per arrivare a ciò che desiderava, eppure avrebbe significato affrontare uno scontro che non aveva alcuna intenzione di combattere, per di più contro un morto.

 

“Torque?”

 

La ragazza dai capelli blu gli rivolse uno sguardo confuso con la coda dell’occhio mentre lui sospirava rumorosamente e le faceva segno di abbassare l’arma. Quella volta, lei non si oppose.

Perfetto, si disse mentalmente, vediamo come farci ammazzare.

 

“Perché dovrei venire? Calas è morto e non ho alcuna intenzione di farlo tornare indietro.”

 

Con un gesto lento e ampio, Qui-Gon ripose le mani nelle maniche davanti a sé, andando poi a sedersi su uno sgabello libero. Il padawan, invece, sembrava non respirare nemmeno, il volto sfigurato dall’incomprensione e dalla paura; nessuno, tuttavia, sembrava farci caso.

 

“Intanto, la paga è buona-”

 

Per quell’istante, Torus sorprese anche sé stesso, quasi vedendosi agire come fosse all’esterno del proprio corpo.

 

“Non mi insultare, Jedi… sappiamo entrambi che non sei qui per assoldare un mercenario, ma per ‘recuperare’ me, quindi non girare intorno alle cose e dammi almeno tre buone ragioni per cui il Mand’alor non dovrebbe presentare al Senato una lagnanza formale con il tuo cadavere e una dichiarazione di guerra.”

 

Anche se non aveva capito come mai fosse esploso tutto di un tratto, senza avere nemmeno voluto gettargli in faccia quelle parole, Torus rientrò improvvisamente in controllo di sé; insieme al lieve crescere dello scricchiolio degli alberi veshok, che non capiva se fossero quelli fuori o dentro la sua mente, si sentiva sempre più pesante.

 

“Numero uno, come dicevo, la paga è buona. Ora che sei in proprio e che pare il futuro non sia così roseo come sembra nella Repubblica, immagino che i soldi vi faranno comodo.
Numero due, per quanto il Maestro Yoda sia addolorato nel saperti ancora perso, è convinto che quella di cui sono messaggero sia un’occasione per vedere se davvero Calas è morto come tutti credono.
Numero tre, per quanto paradossale possa sembrare, penso che sia nel tuo interesse se davvero sei convinto di diventare un mandaloriano a tutti gli effetti.”

 

Oh, se lo stava odiando con tutto sé stesso, lui e il Tempio che rappresentava in quel momento. Eppure, per quanto odiasse ammettere che aveva ragione, era come se gli avesse letteralmente letto attraverso.

 

“Aspettami fuori.”

 

Con sorprendente diplomazia, Qui-Gon si alzò, prese il proprio padawan e lasciò l’edificio, silenziosamente come era entrato, al che Torus si lasciò cadere sul tavolo, spossato e in preda al turbinio di pensieri nella sua testa. A stento riusciva a sentire Kot, in un’ironia infame
Sentì una mano di Torque, coperta da un guanto spesso per maneggiare metalli incandescenti, posarsi sulla sua spalla meccanica mentre la ragazza si sedeva accanto a lui: ebbe appena la forza di sfilarle il guanto e stringerle la mano con quella che ancora gli era rimasta.
Lei non si oppose al contatto.

 

“Torque?”

 

Volse il suo sguardo verso di lui, il suo spento e fisso sul pavimento, l’unica sensazione quella del calore della sua mano.

 

“Cosa devo fare?”

 

Quando gli rispose, la voce era il sussurro corroborante delle foreste in cui era nato.

 

“Devi? Niente. Cosa ti senti di fare è la vera domanda.”

 

“Cosa farebbe tuo padre?”

 

La sentì sorridere alla richiesta.

 

“Oh, lui ordinerebbe un due-sette sul problema fino a che non è alto quanto l’erba dei vicini.”

 

Due-sette stava per “alternanza di proiettile esplosivo e proiettile chimico ogni sette minuti” nel gergo dell’artiglieria. Effettivamente, era accurato: Ullan Dala, il padre di Torque, era solito adottare soluzioni drastiche ai propri problemi.

 

“Ma tu, Tor’ika, non sei mio padre: uno basta e avanza. Cosa vuoi fare tu?”

 

Torus scosse la testa.

 

“Non lo so… vorrei che se ne andassero e mi lasciassero in pace per sempre, eppure mi sembra una cosa estremamente codarda da desiderare. Dall’altro, vorrei andare e vedere coi miei occhi quest’armeria: voglio diventare come te, come il tuo clan.”

 

“Tor’ika? Posso dire una cosa?”

 

Lui annuì, stringendo con leggermente più forza la sua mano.

 

“Vuoi diventare un mandaloriano a tutti gli effetti, giusto? Come me.”

 

Torus fece di nuovo di sì con la testa.

 

“Ma diventare come noi significa prendere anche tutto ciò che non funziona, significa dovere scegliere da che parte stare nella guerra che ci sarà a breve. Magari non oggi, non domani né dopodomani, ma prima o poi succederà e non voglio nemmeno pensare a cosa succederebbe se ci trovassimo da parti opposte.”

 

Insicuro, alzò lo sguardo per posarlo sui occhi verdi incorniciati dalla massa ribelle di capelli blu fluo, confuso.

 

“Sei a un momento cruciale della tua crescita: puoi ancora prendere solamente ciò che vale la pena prendere della nostra cultura, così come di quella che ti sei lasciato alle spalle. Questa è un’occasione per farlo, ma magari se ne potrebbe presentare un’altra in futuro, chi lo sa.”

 

Fu con un certo orgoglio che la ragazza vide gli occhi grigi del suo compagno assumere lo sguardo deciso e determinato che aveva sempre avuto anche sotto il fuoco nemico più intenso, anche quella volta in cui, assieme alla sua squadra, l’aveva estratta dal rottame in fiamme del suo mezzo e l’aveva portata al sicuro a spalla, anche quando i guerriglieri che erano stati assunti per combattere avevano iniziato a sparare loro addosso.

 

“Non per loro. Per me.”

 

Gli sorrise con calore, riconoscendo la decisione che aveva appena preso: quello era il Torus che conosceva e rispettava.

 

“Per te. E per chi vuoi.”

 

Il giovane annuì, assaporando per qualche istante le prime scintille di calore all’interno dello stomaco in molto tempo. Per noi: per Torque e Lanna. Non lo disse a voce alta: era arrivato e se ne era andato talmente all’improvviso che non ne aveva avuto il tempo.

 

“Vai, Tor’ika: voglio vederti tornare più grande e più forte.”

 

Quando finalmente si alzarono, Torus la strinse forte a sé, sussurrandole un lieve “Vor entye” all’orecchio prima di chiudersi nella propria stanza per preparare il necessario.

 

§ ° §

 

Quando raggiunse i due Jedi fra le ombre serali dello spiazzo davanti all’officina, il togruta ebbe un moto di paura alla vista dell’armeria che Torus aveva addosso, tranquillizzato con appena un gesto da Qui-Gon. Doveva conoscere l’armatura, dedusse il guerriero.

 

“Sapevo che avresti accettato.”

 

“Non montarti la testa con le vittorie facili: non lo faccio per voi.”

 

Qui-Gon sorrise divertito.

 

“Il Maestro Yoda ha ragione ancora una volta, pare. In ogni caso: questo è Ko’Lun, un padawan fra i più promettenti al momento.”

 

Il togruta, un ragazzino le cui pitture facciali rosse riprendevano la forma del suo teschio e continuavano anche lungo le estremità ossee che somigliavano a corna ai lati del suo volto, gli rivolse un sorriso stirato.

Torus rimase qualche secondo interdetto.

 

“Mi stai dicendo che verrà con me?”

 

“Esattamente. Conto su di te per quanto riguarda il combattimento e il pensiero creativo: il suo compito sarà quello di osservare, imparare e, in caso si rivelasse necessario, aiutarti sfruttando alcuni… assi che ha nella manica. Non sembra molto, ma ha la stoffa che serve.”

 

Trattenne a stento un altro sospiro solamente perché non aveva l’elmo addosso, decidendo poi di stare al gioco e annuire.

 

“Allora ci vediamo a caso chiuso.”

 

Si rivolse al padawan, facendogli un cenno con la testa verso la sagoma scura della sua nave.

 

“Sali. Faremo conversazione quando ci saremo lasciati alle spalle questa vecchia serpe.”

 

Accompagnato dal sibilo meccanico del portello ventrale che si abbassava, Torus diede l’ultimo controllo all’inventario da dentro le confortevoli pareti del suo buy’ce.

 

Carabina blaster, check.

Pistola pesante, check.

Tre celle per ognuna, check.

Lama, check.

Gravpack, check.

Cibo per un mese, check nella stiva.

Materiale medico, check.

Nostalgia, check.

 

Chiuse con un battito di ciglia un’immagine che si era aperta proprio davanti a lui e con passo pesante salì la rampa.
Grandi mand’alor’e del passato, se aveva bisogno di uccidere qualcosa...

 

§ ° §

Buy’ce: ‘elmo’, in Mando’a

Vor entye: ‘Ti ringrazio’, in Mando’a. Letteralmente “accetto di essere in debito con te”
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Arva