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Autore: cartacciabianca    27/04/2009    4 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La lotta alla piuma












-Hani! Hani, di qua!- Elena gridò più volte il suo nome.
Il ragazzo sollevò lo sguardo e subito scattò di corsa via dal gruppo di guardie che lo accerchiavano. Si arrampicò svelto sulle colonne della sala e, in pochi secondi fu sul loro stesso piano.
-Maestro Altair!- salutò egli col fiato corto.
-Presto, dobbiamo andare!- gridò Altair affrettandosi, e i due gli andarono dietro seguendo il corridoio che costeggiava le balconate della sala dell’Incoronazione.
-Stanno scappando!- strillò un cavaliere dal piano terra.
-Arcieri, pronti!-.
Altair in testa, Elena in mezzo e Hani che chiudeva la fila si dileguarono nel buio di una galleria di pietra che portava su una terrazza esattamente sopra l’ingresso del palazzo Reale.
-Rauf!- Elena si volse, ma Hani l’afferrò con violenza per il braccio rimettendola dritta.
-Non c’è tempo, Elena!- la riprese trascinandola.
-No! Non merita di morire! Dobbiamo aiutarlo! Dov’è? Come sta?!-.
Hani la posizionò di fronte a sé e la fissò negli occhi. –È morto, Elena! Rauf è morto aiutandomi a tenere le guardie lontane da te!-.
-Voi due, forza!- udirono e si girarono verso di Altair che si stava arrampicando più in alto, seguendo la facciata della sala.
-Morto?…- balbettò la ragazza, ma Hani le strinse il polso.
-Non ora, forza!- la strattonò ed Elena raggiunse il tetto del palazzo seguendo a ruota gli appigli presi dal suo maestro.
E gli arcieri non ebbero alcuna pietà, mentre il suono distinto, tuonante delle campane la distraeva facendole scivolare da sotto le dita ogni possibile aggancio.
Una volta sul setto, i tre assassini si calarono su una balconata vicino ed entrarono in una delle stanze laterali del palazzo.
-Da questa parte, eccoli!-.
-Diamine!- stridette Altair sfoderando la spada.
-Sono in troppi!- gemé Elena, nel frattempo Hani si parò davanti a lei estraendo la sua arma.
-Stai indietro!- sibilò il ragazzo.
I Cavalieri Templari si precipitarono nello studiolo armati, erano in sei, e alle loro spalle li seguivano un corteo di guardie molto numeroso.
Il suo maestro e Hani avanzarono su di loro e ingaggiarono un lesto combattimento per nulla alla pari.
Elena, in disparte e invalida al duello a causa del braccio ferito e infettato, si appoggiò alla parete ed estrasse, con la mano sana, quanti più pugnali da lancio le restavano alla cintura. Svolse un lavoro eccellente, agevolò i suoi compagni assassini nello scontro ma, rimasta con un solo ultimo coltellino, si guardò attorno spaurita.
Altair era in piedi sulla scrivania e combatteva dall’alto di essa disarcionando i suoi avversari con l’utilizzo degli stivali e schivando, in perfetto equilibrio, i fendenti che gli arrivavano alle caviglie.
Dal lato opposto del locale vi era Hani che, oltre all’impiego della lama corta, scagliava contro i suoi nemici alcuni dei volumi che gli capitavano tra le mani, dato la stretta vicinanza con gli scaffali zeppi di libri.
Elena sollevò il mento e guardò in alto, dove ad illuminare quella stanza dove non battevano i raggi del sole vi era un gran lampadario fatto di candele, alcune delle quali erano ancora accese e di molto consumate.
A quel punto estrasse l’ultimo suo pugnale e lo tenne stretto nella mano. Andò a caccia degli sguardi dei suoi compagni e, quando li trovò entrambi pronti a prendere parte al suo piano, si scostò dalla parete avanzando verso il centro della stanza.
-Prendete quella mocciosa!- sbraitò un Templare.
Altair saltò giù dal tavolo e cominciò a raggruppare i suoi avversari attorno a lei, portandoli il più possibile nel centro del tappeto.
Hani, nel vederla sorridere maligna, fece altrettanto scagliando contro i soldati un’intera libreria.
-Ma sono pazzi o cosa?!- ridacchiò un Templare; gli altri si scambiarono un’occhiata divertita, ma la loro allegria durò ben poco.
-Via!- gridò Elena indietreggiando e scagliando il pugnale verso l’alto, dritto a tranciare le funi che tenevano il lampadario saldo al soffitto. La struttura di metallo di questo si rovesciò al suolo ad intrappolare e schiacciare molti dei soldati, mentre un’improvvisa vampata di fuoco si allargava sul tappeto ustionando i cavalieri sopravvissuti all’impatto.
-Filiamocela!- Hani la prese per un fianco mentre Altair faceva loro strada fuori da quella camera ardente.
Le pareti, il pavimento e il soffitto della stanza che si erano lasciati alle spalle crollarono devastati dall’incendio che le candele del lampadario avevano appiccato. Con l’astuzia e l’ingegno, avevano privato l’esercito di Corrado di almeno una quindicina di uomini.
Rapidi, i tre assassini scesero le gradinate che si gettavano sulla sala d’ingresso del palazzo e intravidero l’uscita della reggia, quando sul loro cammino si contrappose un uomo a cavallo vestito di una lucente armatura; portava un lungo mantello bianco, l’elmo calato sul volto e la sua bestia calpestava il marmo della sala. Attorno a lui si radunarono altri tizi simili che spuntarono dal nulla con le spade alla mano, ma Elena notò che sul loro petto era scolpita una croce greca, rossa come il sangue che colava sul suo braccio.
-La Fratellanza!- sibilò Altair indietreggiando.
Il primo dinnanzi a loro alzò la visiera dell’elmo e mostrò un viso giovane.
-Vi prego! La Cerimonia è appena incominciata!- sbottò irritato il ragazzo dall’alto della sella, avvicinando la sua nera cavalcatura al gruppo dei tre.
Elena si strinse al petto dell’amico, e Hani la prese sottobraccio tornando con un piede sulle scale. Davanti a loro vi stava Altair che trasse la spada dal fodero.
-Sentite queste campane?!- sbraitò il giovane cavaliere. –Io le sento! E non posso credere che voi!- indicò il suo maestro con la punta della lama –che voi, lo stesso bastardo che ammazzò mio padre, vi siate permesso di togliere la vita persino a mio fratello!- era davvero su tutte le furie, mentre attorno a loro la cerchia della Fratellanza fatta di dodici, o tredici uomini stentava nel tener calmi i cavalli.
Elena capì subito chi aveva davanti: era Bonifacio. Appena un ragazzo già prestava servizio alla causa cattolica e sudicia di suo fratello maggiore Corrado. Egli, tutto suo padre e copia esatta del suo predecessore…
-La Fratellanza oggi non esiterà!- assentì un altro cavaliere.
-Ammazziamoli! In nome della Fede!-.
Bonifacio sorrise malizioso. –La voce del popolo…-.
-Ma quale voce!- ribatté Elena.
-Una donna?!- si stupì il fratello di Corrado, e dietro di lui alcuni cavalieri risero.
Elena ed Hani tentarono a vuoto la fuga tornando sui loro passi, ma in cima alle gradinate comparvero una ronda di guardie che estrassero le lame e accorciarono la distanza da loro.
-Mio signore…- lo chiamò all’ordine un cavaliere, e Bonifacio si volse sbuffando, facendo impennare la sua cavalcatura.
-Consegnatemi quella piuma!- sbraitò il ragazzo.
Elena s’irrigidì, e lanciò un’occhiata terrorizzata al suo maestro che, invece, pareva tranquillo come suo solito, ma il braccio che reggeva la spada gli tremava segno che i primi sintomi del veleno si stavano ribellando agli antidoti temporanei.
Dovevano sveltirsi, e persino la sua ferita sul gomito pulsava sempre più.
-Piuma? Come sapete della piuma?!- assentì Altair spaventando il cavallo di Bonifacio con un rapido movimento della spada. L’anima s’impennò ancora e quando i suoi zoccoli tuonarono al suolo, la cerchia di Templari si strinse ulteriormente attorno a loro.
-Siamo spacciati…- gemé Elena avvinghiandosi al suo collo, ed Hani la strinse a sé guardandosi attorno.
-Non fare così! Non migliori le cose!- s’irrigidì il ragazzo.
-Forse possiamo giungere ad un compromesso!- proferì calmo il suo maestro.
Bonifacio s’innalzò sulla sella accorciando le redini. –Un compromesso? State scherzando, vero? Quello che vogliamo da voi è solo la vostra vita. Una richiesta alla quale non è dovuto domandare per favore!- rise lui.
-Non siete nella condizione di fare accordi!- ruggì un cavaliere indirizzandosi al passo accanto a loro, ed Elena e Hani sollevarono appena lo sguardo, quando le braccia robuste dell’uomo la sollevarono per i fianchi.
Hani tentò di riavvicinarla a sé, ma l’uomo lo colpì con un calcio in pieno volto e l’assassino si rovesciò al suolo lasciandosi scappare un sussulto di dolore.
Elena non si ribellò, non ne ebbe la forza e il Templare le posizionò con sveltezza la lama alla gola. –Lei per prima!- sbottò.
Bonifacio allungò le labbra in un sorriso sornione. –Il mio compagno ha perfettamente ragione. Non avete nulla che possa riscattare la vostra… fuga!- alzò gli occhi al cielo. –Nessuna pietà per quelli come voi, assassini!- alzò un braccio e, nel momento in cui l’avesse abbassato, sul pavimento della sala si sarebbe versato il sangue della Dea stretta tra le braccia robuste come catene del cavaliere.
Altair si voltò alcuni istanti, esitò sul da farsi; sulla fronte gli comparvero delle goccioline di sudore e il suo volto era contratto in una smorfia. –Fermo- trovò la forza di dire, volgendo uno sguardo fugace alla sua allieva.
Elena d’un tratto capì, ma restò in silenzio. Se ciò che importava tanto a Bonifacio fosse… non riusciva a pensarci. Non poté crederci… ma era l’unica via.
Hani si rialzò a fatica, ma un membro della Fratellanza smontò dalla sella e lo spinse al suolo con una gomitata, pigiando poi la spada sulla sua gola, allo stesso modo di come l’uomo alle sue spalle stava facendo con lei.
-Fermo, aspetta!- insisté Altair lasciando cadere la spada, disperato. –Ti prego!-.
-Cosa c’è?!- proruppe il fratello di Corrado. Terribilmente irritato, scoccò un’occhiataccia al suo maestro e lo ammonì con un solo sguardo di non aggravare di un passo la situazione, o le conseguenze sarebbero state inevitabili e terribili.
-Lasciate andare loro… e prendete me- concluse Altair curvando le spalle, prendendo un gran respiro.
-No! No!- strillò Elena dimenandosi d’un tratto.
Sapeva che avrebbe funzionato. Cosa non avrebbe fatto Bonifacio per rivendicare la morte dei suoi familiari se non stremare l’uomo che più gli aveva arrecato danno? Era assurdo che andasse così, ma non c’era altro modo. Elena pregò che non accettasse, pregò che Dio posasse una mano sulle loro teste e li tirasse fuori da quella storia che stava finendo nei peggiori dei modi. Preferiva morire piuttosto che concedere una cosa simile! Gridò ancora e ancora, fin quando il cavaliere che la teneva stretta sulla sella le infierì un graffio sulla guancia con il filo della lama.
-E sta’ un po’ zitta!- sibilò egli.
Bonifacio inarcò un sopracciglio. –Ma no…- rise. –Sono davvero curioso di sapere perché mi state offrendo un tale… compenso. Non nego di provare più interesse per la vostra assassina che per voi!- la sua risata invase l’androne del palazzo e assieme a lui si dilettarono molti dei membri della Fratellanza.
Altair strinse i pugni e serrò la mascella. –Non ho detto questo…- digrignò.
-E allora spiegatevi meglio!- eruppe infastidito Bonifacio, e dalle narici del suo cavallo si levò uno sbuffo.
-No, no…- singhiozzò Elena. –Ma perché… perché…- pianse.
Hani nel frattempo assisteva clemente e afflitto a tutto quel vedere. Chinato in ginocchio e con la lama poggiata sulla gola, non pareva certo tra le nuvole.
Altair alzò il mento fiero verso di lui, e Bonifacio sedette più comodo sulla sella. –Lasciateli andare e in cambio avrete solamente la vita dell’uomo che uccise vostro padre e vostro fratello- mormorò.
Bonifacio raddrizzò la schiena. –E chi di voi tre è costui?-.
-Me- dichiarò Altair.
Il fratello di Corrado tacque alcuni istanti, il tempo necessario perché due dei suoi compagni gli si affiancassero a cavallo.
-Ma signore, non è per onore che li ammazziamo! Sono assassini, vi è bisogno che nessuno di loro venga risparmiato!- sbottò uno.
L’altro alla destra di Bonifacio accorciò le redini e fece impennare il cavallo. –Guardateli come chiedono umilmente pietà nel tentativo di commuovervi! Sareste davvero così suscettibili, Fratello?!- eruppe questi.
Altair, nel frattempo, rimase immobile e composto nella sua figura. Assorto in chissà quali pensieri, Elena intravide appena il nero dei suoi occhi sotto il cappuccio, prima che Bonifacio sollevasse il braccio.
-Fermatevi!- ordinò il cavaliere all’uomo che teneva stretta per la gola la ragazza, e la presa attorno alle sue membra divenne man a mano meno presente, ed Elena toccò terra con i piedi accasciandosi poi in ginocchio sul pavimento.
Bonifacio ripeté la stessa messa in scena e il cavaliere che serrava il terzo assassino, si allontanò da Hani che scattò subito in piedi e corse verso di lei.
-Bloccatelo! Tenta la fuga!- strillò un Templare, ma quando Hani si gettò ad abbracciarla manifestando le sue vere intenzioni, i cavalieri attorno abbassarono la guardie e rilassarono i muscoli.
-Stai bene?- le sussurrò Hani tra i capelli, stringendola con forza.
Elena si avvinghiò a lui che l’aiutò a tirarsi in piedi. –La ferita… fa male… tanto- balbettò ella.
Altair volse una mezza occhiata prima di tornare a guardare negli occhi Bonifacio che, con un gesto della mano, congedò i suoi Fratelli che tirarono le redini prtando i cavalli ad indietreggiare.
Fu aperta loro la via d’uscita, ma Elena e Hani restarono a guardare ammutoliti, l’uno stretto nella braccia dell’altra.
-Voi due potete andare- sibilò irritato Bonifacio. –Ma lui resta, e questa sera al tramono verrà processato dinnanzi a tutto il popolo di Gerusalemme!- esordì in fine, e un grido di gloria si levò dalle guardie attorno.
-No!- Elena si stanziò di colpo da lui e Hani non fece in tempo a fermarla. La ragazza si avventò sul suo maestro abbracciandolo di fronte a tutti quei cavalieri. Egli ricambiò l’affetto e il trasporto di quell’ultimo saluto, sorbendosi tutto il restante calore che vi era nel suo corpo. –Va’… avanti- le mormorò flebile all’orecchio.
Con un movimento piccolo e veloce, estrasse la piuma dalla sacchetta della sua cintura e la passo in quella del suo maestro, mentre l’abbraccio proseguiva accompagnato dai commenti esilaranti e bramosi dei soldati.
Rimasero in quella posa allungo. Elena non volle staccarsi da lui per quei minuti che parvero un’eternità; avvertì la mano del suo maestro risalirle la schiena fino ad arrivare alla nuca e per alcuni istanti non fece nulla se non godersi a pieno le sue carezze. Poi, d’un tratto, sollevando di poco il viso, lo baciò svelta e sfuggente, quasi non l’avesse fatto. Il tocco delle loro labbra fu a tal punto impercettibile, che nessuno dei presenti si accorse di cosa fosse realmente successo.
Allontanandosi da lui, ammirando la sua espressione rassegnata, stremata dalla tristezza, Elena tornò tra le braccia di Hani e s’incamminarono voltando completamente le spalle. Affrettarono il passo e, una volta trafitti dai raggi bollenti del sole, intrapresero le gradinate di pietra che li portarono entrambi oltre le mura del palazzo. Quando furono finalmente nascosti tra la folla cittadina e avvolti dal caos delle strade, Elena ebbe il coraggio di girare appena lo sguardo verso quell’immenso portone.
Il suono delle campane divenne sempre più flebile, finché non si spense del tutto accompagnato da una folata di vento estivo che le sollevò i lembi della veste e i capelli.
-Andiamo, avanti- le intimò Hani intrecciando le dita alle sue, e ripresero la loro calma passeggiata, confusi tra i passanti e ombrati dal cappuccio.
-Vieni- il ragazzo la fece sedere su una panca e si sistemò al suo fianco, strettamente vicino a lei. Erano appartati all’angolo di un buio vicolo che affacciava su una piazza con una fontana. I colombi se ne stavano appollaiati sui tetti, mentre nel cielo azzurrissimo sopra la città si specchiavano le nuvole bianche e candide di quella primavera perfetta. Soffiava un dolce venticello, pareva tutto così allegro, eppure…
-Perché gli hai dato la piuma?- chiese Hani.
-Voglio andare alla Dimora…- deviò lei l’argomento.
-No. Non possiamo, ci tocca aspettare che le ronde ricevano l’ordine di infischiarsene di noi o non ci arriviamo con due gambe alla Dimora. Nel frattempo, rispondi alla mia domanda- non l’aveva mai visto così serio.
-Per due semplici motivi- brontolò ella.
-E cioè?-.
-Primo: Bonifacio ha chiesto della piuma e se non fosse stato Altair a mostrargliela, avrebbe capito che non è stato lui ad ammazzare suo fratello. E la nostra copertura sarebbe saltata. Secondo: finché Altair terrà con sé quella piuma, avremo un buon pretesto per tornare indietro a…-.
-Cosa ti fa credere che Bonifacio gli lasci tenere la piuma e…- fece una pausa, sgranando gli occhi.
-Scordatelo!- sbottò improvvisamente furioso. –Ma come ti salta in testa?! Noi non torneremo lì dentro a salvargli le chiappe, chiaro? Abbiamo già rischiato troppo, la tua ferita impiegherà giorni a guarire e per allora non potremo mandare nessun altro a salvare il tuo spasimante!-.
-Non è il mio spasimante!- ruggì lei.
-Mi duole ammetterlo, Elena- si strinse nelle spalle –ma Altair ha scelto di sua spontanea volontà questo destino. Chissà la faccia di Malik quando…- borbottò.
-No…- una lacrima le passò sulla guancia. –Non puoi dire così… noi torneremo. Questa sera torneremo, quando Malik mi avrà medicata noi torneremo a prenderlo! Lo salveremo, e assieme a lui riporteremo alla Dimora anche la piuma macchiata del sangue di Corrado!- gemé andando a soffocare i suoi gemiti sulla sua spalla, ed Hani la cinse in un abbraccio di mera consolazione.
-Sai bene che le cose non andranno così…- le mormorò.
-No, no!- assentì lei continuando a piangere disperata. In quel pianto sfogò ogni suo dolore, fisico compreso dato il colorito violaceo e preoccupante della pelle attorno al taglio sul suo braccio.
-Elena, abbassa il tono, per favore- le suggerì.
-Perché dici che non possiamo fare nulla… quando non è vero?! Perché non sei pronto a dare la vita per un tuo superiore?!- sbottò ella scansandosi da lui con violenza, dandogli le spalle e incrociando le braccia al petto.
-Perché non è quello che avrebbe voluto!- rispose sincero Hani, avvicinandosi a lei. –Sei davvero così testarda?!- chiese incredulo.
-Sì!- bofonchiò lei.
-Avanti, leviamoci da qui prima che qualche arciere ci punti contro…- la prese per il polso e la tirò via per il vicolo. Salirono su una fragile scaletta di legno e raggiunsero il tetto della Dimora senza nessun problema. Troppo curioso, pensò Elena atterrando nella stanzina buia piegando le ginocchia, e subito dopo, senza riuscire a controllare i propri muscoli, le gambe cedettero e si accasciò al suolo.
-Rafik!- chiamò Hani a gran voce nel vederla in quello stato moribondo.
La vista le si appannò gradualmente, i sensi le vennero meno ma percepì chiaramente una presa salda attorno ai fianchi e la forza di due braccia che la issavano su un tavolo.

-Prendetelo-.
Basto dire questo a Bonifacio, e assieme al suo corteo di cavalieri della Fratellanza si avviò fuori dalla sala.
La forza di due paia di braccia lo sollevarono con violenza inaudita e lui non si ribellò. Lasciò che i due Templari lo conducessero nei sotterranei del palazzo Reale e si fece chiudere in gatta buia senza fiatare. Lo privarono prima delle sue armi, poi di ogni parte del suo equipaggiamento lasciandolo con indosso neppure la veste per intera. Lo depravarono del cappuccio, degli stivali, della cinta. E chissà che cosa ne avrebbero fatto di quegli oggetti. Ma prima che riuscissero a sottrargli di dosso le sacchette, estrasse dalla prima di queste la piuma macchiata del sangue di Corrado e la nascose nei vestiti, incastrandola nell’elastico dei pantaloni che, in tutta sincerità, pregò non gli portassero via.
Altair si sedé a terra, le gambe incrociate, i gomiti poggiati sulle ginocchia e lo sguardo al pavimento, mentre i pugni li teneva stretti quasi a graffiarsi i palmi con le unghie.
Era stata la cosa più sensata che avesse potuto fare, e ancora ringraziava un Dio nel quale non credeva che aveva convito Bonifacio a risparmiare la vita della sua allieva e di quel ragazzo che era fuggito con lei. Non si pentiva minimamente delle sue azioni. La scelta a questa soluzione sarebbe stata morire nel tentativo di fuggire. In un modo o nell’altro, la morte l’avrebbe portato con sé, ma scegliendo questa strada Altair aveva trovato il modo di allungare la permanenza di Elena nella parte viva del mondo. Non aveva rimpianti, ma sapeva di averne fatti nascere in altri. Si chiese che cosa ne sarebbe stato di lui, ma più che altro pregò perché Elena non tornasse indietro o che nessun altro lo facesse. Se conosceva davvero così bene la sua allieva, sapeva che ella avrebbe tirato fuori le unghie piuttosto che arrendersi all’idea che il suo maestro stesse morendo. Poteva averle insegnato male a controllare i propri istinti? Si domandò più volte se Elena avesse appreso al meglio le sue intenzioni, se avesse compreso che non voleva essere salvato, che non lo desiderava e che si sentiva pienamente realizzato morendo in quella giusta causa. Lottare al suo fianco, al fianco di una Dea, era stato un onore e una gloria che non aveva avuto pari in tutta la sua vita. E innamorarsi di lei in quel modo passeggero l’aveva colmato solo delle più gradevoli delle infatuazioni, regalandogli degli ultimi giorni davvero memorabili.
Il sole tramontava. I suoi raggi dorati s’infrangevano sulle sbarre di una piccola finestra che dava sulla strada dietro le mura del palazzo e lasciava travedere solo i piedi dei passanti.
Altair era rimasto chino, chiuso in sé stesso e nel suo dolore. L’effetto dei medicinali presi giusto qualche ora prima si andava ad affievolire. Il punto ferito dal quale era entrato il veleno bruciava intensamente, la testa gli pulsava e una fastidiosissima emicrania non gli permise di chiudere neppure gli occhi.
Ascoltò dei passi, poi il suono di una porta pesante e di legno e ferro che sbatteva, ed infine due toni distinti che dicevano:
-Signore- s’inchinò la prima guardia della cella.
Era piuttosto buio, e i suoi occhi stanchi non riuscirono a scorgere troppo oltre il suo naso. Intravide la figura retta di un uomo in piedi dinnanzi a due sempliciotti soldati.
-Desidero parlargli- dichiarò serio il fratello di Corrado.
-Ogni vostra richiesta è un ordine- s’inchinarono entrambi e una delle due guardie fece scattare la serratura della cella, aprì e richiuse la porta alle spalle del signorotto.
Bonifacio restò allungo in piedi sull’ingresso della prigione. Senza ombra di dubbio, la sua attenzione fu calamitata dal corpo rannicchiato e scosso da continui brividi dell’assassino che, non appena lo vide, tentò di dare un contegno alla sua ormai inesistente sopportazione del dolore.
-Veleno, non è così?- domandò Bonifacio avanzando nella stanza, e i tacchi dei suoi stivali tuonarono per tutta la prigione. –Mio fratello ha ordinato ai suoi uomini di intingere ogni singola freccia e spada nei barili di Sangue di Pervinca non appena arrivato a Gerusalemme- rise. –Metodo alquanto… sleale da parte sua, ma io stesso mi occupai della sua lama mentre era occupato coi preparativi della cerimonia- si guardò attorno sospirando. –Quanta fatica inutile. Mio fratello non meritava di morire prima di veder realizzati i suoi scopi! E altrettanto faceste con nostro padre… ma chi sono io per darti più colpe di quante non ne hai ne hai già, assassino?-.
Altair tacque sollevando appena lo sguardo, così da scorgere non solo i suoi stivali ma anche il suo volto.
Bonifacio, giovane e bello, si chinò alla sua altezza. –L’assassina cui non tolsi la vita questa mattina. Parlami di lei…- ridacchiò.
-Cosa… dovrei dirvi?- mormorò tremante.
-Del perché avete permesso che ti abbracciasse in quel modo! Non è spettacolo di tutti i giorni-.
-Era la mia allieva… di appena 17 anni…-.
-E così…- gli afferrò il mento alzandogli il viso. –Quello che è prigioniero in questa cella è un mastro assassino. Non posso crederci, la perla della setta, è così?-.
-No-.
-Mio padre e mio fratello non erano facili bersagli!- sbottò irritato tornando dritto. –La tua maestria, assassino, parla da sola!-.
-Lo so-.
-Quale coraggio- commentò divertito. –Donare la tua vita in cambio della sua. Devo dire che certe storielle romantiche mi sono sempre piaciute…- sogghignò.
Alcuni secondi di imbarazzante silenzio, poi Bonifacio allungò una mano verso di lui. –So che tieni con te quella piuma. Ora porgimi il sangue di mio fratello, o verserò il tuo su questo stesso pavimento!- sbraitò d’un tratto collerico.
-Che cosa ne farete?- domandò con un filo di voce, sollevando appena il mento dal petto.
-La brucerò! Che cosa vuoi che me ne faccia? Troverò un buon posto dove conservarla; avanti, dammela! Nelle tue bisacce non vi era! So bene che la nascondi nei vestiti, forza!-.
Altair sollevò un lembo della maglia mostrando la piuma stretta dall’elastico dei pantaloni a contatto con la pelle del suo fianco. La strinse con delicatezza tra le dita e la porse all’uomo che aveva di fronte.
-Godetevela. Qualcuno verrà presto a strappare via la caramella al bambino…- digrignò l’assassino osservandolo allontanarsi verso l’ingresso della cella.
Bonifacio non accennò a voltarsi e, quando il carceriere aprì la porta, sparì oltre la soglia della prigione confondendo il suono dei suoi passi e lo svolazzare del suo mantello tra le ombre del corridoio dei sotterranei.
-Mi raccomando. Tenetelo sveglio- ordinò ai soldati di guardia. –Per le otto di questa sera deve essere scortato nella piazza-.
I due si scambiarono un’occhiata complice e attesero che il loro signore si fosse allontanato a sufficienza.
-Che razza di …- sputò uno a terra. –Ma chi si crede di essere?!-.
-Corrado le arie se le dava perché sarebbe diventato Re! Ma Bonifacio resta tutt’ora solo un nobile “marchese”! E persino noi siamo di rango più alto, quasi!- rise l’altro.
-Questo scherzetto gli toccherà la vita. Ormai non resta nessuno della sua famiglia a parte lui ed Isabella- proferì il soldato, giocherellando con il mazzo di chiavi. –Prevedo che la setta di questi infami non si lascerà dietro alcun rimpianto-.
Il compagno, seduto su una panca di pietra al lato della cella, lo fulminò con uno sguardo truce. –Non coinvolgere Isabella in questa storia-.
-Donna di poca fede! L’avevo sempre saputo che complottava contro la Fratellanza. In tutti i modi ha tentato di tenere suo marito lontano dalla cerchia di Bonifacio!-.
-Isabella…- mormorò incredulo questi. –Isabella complottava cosa?!-.
-Non hai saputo? Pare che stesse nascondendo alle guardie da che parte erano fuggiti quei due- indicò la cella nella quale era tenuto l’assassino. –Mio fratello era a capo del battaglione che avvelenò questo bastardo!- rise.
Altair s’irrigidì, scosso da una nuova fitta di dolore per tutto il corpo.
-Ehi, secondo te sta dormendo?-.
-Non credo. Non è così facile sfuggire alle sofferenze del Sangue di Pervinca!-.
L’altro sbatté le palpebre più volte. –Sangue di Pervinca?!- sbottò. –Quando Bonifacio ordinò di consegnare ai suoi uomini le nostre armi, non pensavo che egli avesse escogitato di…-.
-Alla famigliola del Monferrato quello che manca è l’onore- disse tutto d’un fiato.
-Guglielmo di onore ne conservava anche troppo-.
-Ed era proprio questo che infastidiva gli assassini!- sospirò.
Nel frattempo in cielo si accentuarono le primissime stelle.

-Dannazione!- digrignò Malik. Il suo sguardo furioso indugiò sul taglio profondo e violaceo che la ragazza aveva sul braccio.
-Che succede?- chiese Hani intimorito.
Abbas, dalla stanza accanto, si sollevò dai cuscini e raggiunse il bancone sul quale era adagiata Elena aiutandosi con una stampella. –Posso essere d’aiuto?- si offrì.
Malik tacque alcuni istanti poggiando una mano sulla fronte della ragazza. –Ha la febbre. Hani, aiutami a levarle di dosso i vestiti- ordinò, e subito si misero all’opera.
-Quanto tempo fa è stata ferita?- domandò il Rafik sfilandole gli stivali.
Nel frattempo, Elena pareva essersi solo addormentata, stesa sul bancone della Dimora. Le palpebre abbassate, il corpo immobile erano chiari segni positivi se analizzati da un occhio non attento. Ma chi di esperienza ne aveva, poteva notare il sudore bagnarle la pelle alla radice dei capelli e un sorriso contratto dal dolore, come se assieme al sonno, la sua mente fosse stata invasa da un terribile incubo al quale non poteva sottrarsi.
Hani non seppe che rispondere. –Non so, con esattezza!- sbottò slacciandole la cintura e adagiando i foderi delle armi a terra. –Probabile un’oretta fa, o di più!-.
Una volta con indosso soltanto la canottiera e i pantaloncini corti, i due si affrettarono a trafficare con quanti più possibili composti e intrugli che alleviassero il dolore attorno al taglio. Malik analizzò attentamente il colorito insolito della pelle attorno al punto ferito e in fine decise di applicare un liquido verdastro estratto da una boccetta che teneva nascosta tra gli scaffali.
Ne era rimasta giusto una goccia e, quando il liquido s’insinuò nella fessura tra un lembo e l’altro della pelle, il braccio intero di Elena fu pervaso da un brivido e le venne la pelle d’oca.
-Garza- chiamò Malik, e Hani gli passò il rotolo.
Avvolgendo stretta la ferita, fasciando l’intero arto della ragazza dalla spalla al polso, pregò perché quel fugace intervento bastasse a annientare gli effetti del veleno; ma nel frattempo la temperatura della febbre aumentava.
Hani e Malik l’adagiarono tra i cuscini e la coprirono con una coperta abbastanza spessa così da ripararla da eventuali colpi di freddo. Quando nella Dimora tornò il silenzio, le prime stelle in cielo stavano già comparendo mentre il solo iniziava la sua discesa verso l’orizzonte occidentale.
-Dov’è Altair?- domandò il Rafik sedendo stravolto sullo sgabello dietro il bancone.
Era stato un duro lavoro, c’era da ammetterlo, ma per ora Elena riposava tranquilla in un angolo della stanza in perfetta armonia.
Hani abbassò lo sguardo in un modo afflitto che fece subito preoccupare l’assassino senza un braccio.
-È rimasto indietro ad occuparsi delle guardie, non è così!?- chiese mentre nei suoi occhi mandorlati si accendeva un barlume di terrore. Eppure, non poteva…
Il novizio si strinse nelle spalle sedendo a terra, accanto all’allieva del grande mastro Altair che, dopo il passare di quella notte, avrebbe concluso in quella città i suoi giorni.
-Mi dispiace…- mormorò Hani voltandosi, sfuggendo all’occhiata ansimante del Rafik.
Malik, senza fiato, sbigottito da una tale affermazione, scattò in piedi e si portò la sua unica mano al volto, cominciando a fare su e giù dietro al banco. –No…- assentì stropicciandosi gli zigomi. –Non posso crederci… non è possibile… non Altair- continuò.
Abbas, dalla stanza accanto, chinò il capo in modo complice. –Che dura perdita- brontolò.
-No!- ruggì Malik improvvisamente, e il suo grido fece rivoltare Elena sotto le coperte.
La ragazza si svegliò di soprassalto, sollevandosi seduta e guardandosi attorno.
Hani si avvicinò a lei e l’abbracciò.
Malik, nel frattempo, diede le spalle a quella scena e si ritirò nello stanzino.
-Che cosa… è successo?- mormorò ella con voce tremante, stringendosi all’amico con una tale forza che Hani avvertì i muscoli contratti attraverso il solo contatto delle sue braccia. –Credo che Malik l’abbia capito da solo…- le sussurrò all’orecchio, tentando di essere il più delicato possibile.
Elena abbassò il volto sprofondando il viso nell’incavo del suo collo, e soffocò lì i suoi singhiozzi.
-Altair…- gemé piangendo senza freno.
Hani le accarezzò i capelli, la schiena, tentando di consolarla in ogni modo che gli era concesso.
-Mi spiace- disse egli.
Elena si scostò da lui con violenza e si sollevò in piedi; non voleva ascoltare le sue parole, ma piuttosto cercò di trovare conforto e comprensione nella persona che tra tutte si sentiva come lei.
Entrò nello stanzino e trovò Malik seduto sui gradini, nascosto nell’ombra. Raggomitolato come un gatto, sofferente, stretto attorno al corrimano delle scale; teneva l’unica mano a coprirgli gli occhi, sugli angoli dei quali comparivano alcuni luccichii argentati rilucenti nel buio della piccolissima stanzetta.
Elena si avvicinò a lui sedendogli accanto.
Chissà dove trovò una tale confidenza, si chiese mentre lo abbracciava. E Malik assecondò la sua richiesta, seppur con un certo stupore iniziale. In breve ricambiò quell’abbraccio e si lasciò andare con trasporto stretto a lei, avvolgendola col suo unico braccio. Elena lo sentì tirare su col naso, poi colse la sua mano andare ad asciugare le due lacrime due che gli passavano sotto gli occhi. –Grazie- proferì il Rafik in un sussurro. –Posso a stento immaginare quanto siano simili le nostre sofferenze… ora- aggiunse malinconico.
Elena, senza staccarsi da lui, serrò i denti. –Mi dispiace, ma è stata colpa mia- singhiozzò scostandosi di poco.
Malik le aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ed Elena poté cogliere il rossore dovuto al pianto nei suoi occhi. Conosceva da troppo poco quell’uomo per poterlo giudicare come un amico. Ma se il legame tra lui e il suo maestro era stato tale, non poteva che trovare conforto in lui piuttosto che altri.
Altair era stata forse la persona che li aveva avvicinati, ed ora che, doleva dirlo, non c’era più… cosa avrebbe fatto accrescere la loro amicizia? La Dea avrebbe dovuto continuare a trattarlo come un qualunque Rafik, esponendo i fatti di un indagine e contestando le Cronache. Eppure… Malik le infondeva fiducia con un solo sguardo, e con un solo pensiero sapeva riempire la sua mente di tutti i ricordi che Elena aveva di quando il suo maestro le raccontava del suo periodo di assassino, prima che perdesse il braccio sinistro e suo fratello.
-Colpa tua?- rise lui tristemente. –E perché, sentiamo?-.
-Ho permesso che accadesse… non ho impedito che succedesse!- strillò tornando a soffocare i suoi singhiozzi sulla veste scura del Rafik.
Malik chiuse gli occhi. –La piuma- domandò d’un tratto assorto. –L’hai macchiata? Sei riuscita a portarla indietro?-.
-No! L’ho lasciata a lui… Corrado è morto… ma…-.
Ad interrompere le sue parole fu un tonfo, e poi un grido di dolore.
Malik ed Elena si sollevarono in piedi e scattarono di corsa fuori dallo stanzino.
Nell’ingresso della Dimora vi era una figura incappucciata di un copricapo grigio. Le ginocchia piegate per attutire il colpo.
Hani fece un passo avanti irrompendo nella sala. -Rauf?!- domandò interdetto.


Il cielo era macchiato di una magnifica tonalità rosso scura, tinta di arancio nella parte più vicina al sole che tramontava all’orizzonte.
Altair osservò i raggi purpurei attraversare le sbarre della finestrella e specchiarsi sulla pietra fredda del pavimento, proiettando buffi giochi di luce.
La notte si avvicinava, e contò che dovessero restargli sì e no due ore di vita prima del processo. Era stato condannato a morte, gli toccava quella fine che il destino aveva scelto per lui. Non si sentiva affatto un ingenuo a porre fine ai suoi giorni in quel modo. Anzi, tutt’altro: era più che realizzato nei suoi scopi. Sapere che Elena stesse bene gli bastava. Aveva abbandonato da tempo ogni tentativo di fuga o speranza in un miracolo. Non era quel genere di credente che chiedeva aiuto ad un Dio nel quale non poneva alcuna fiducia.
Se ne stava così, per i suoi pensieri quando il suono flebile, indistinto di passi si avvicinò piano alla sua cella.
-Lady Isabella!- scattò in piedi una guardia che, col passare del tempo, si era più che beatamente appisolata sulla panca.
Anche il secondo soldato di ronda si fece attento salutandola con un inchino.
Altair si alzò traballante avvicinandosi alle sbarre della sua cella, sporgendosi all’esterno di essa.
Vide la moglie di Corrado nel centro dell’androne della prigione. Vestita di un lungo mantello grigio e col cappuccio abbassato, le erano celati pure gli abiti turchini. I capelli biondi e lunghi tirati in un ordinato chignon. Ma ciò che colpì maggiormente l’assassino fu il corteo di cavalieri Ospitalieri che ella aveva alle spalle.
Uno di questi estrasse la spada e non esitò a trafiggere nel centro del petto la guardia con le chiavi della cella legate alla cintura. Un altro Ospitaliere mozzò la testa al secondo carceriere, e i loro corpi si accasciarono all’unisono al suolo.
Lady Isabella si guardò attorno e i suoi occhi neri, calmi di Regina incontrarono quelli dell’assassino.
-Eccolo!- sussurrò ella ai suoi uomini. –Tiratelo fuori, presto- ordinò.
I cavalieri si avvicinarono alla sua cella e forzarono la serratura con la chiave. Altair si fece indietro finendo con le spalle alla parete della gabbia. –Non può essere già…- mormorò spaurito.
Le braccia robuste di due Ospitalieri lo afferrarono trascinandolo fuori dalla cella, dinnanzi alla quasi Regina.
-Altair Ibn La-Ahad. In nome della Corona di Gerusalemme siete libero di andare- pronunciò la donna con fare superiore.
Non poté credere a tal parole, ma i fatti confermarono il miracolo.
I cavalieri si allontanarono da lui e Isabella si spogliò della sua mantella grigia porgendogliela.
Egli l’afferrò e la strinse tremante tra le mani. –Non capisco…-.
-Per ora vi basti cogliere questa mia iniziativa senza contestare, assassino- dichiarò. –Ma fate in fretta. Non vi resta molto tempo prima che gli uomini di mio cognato giungano qui per portarvi al patibolo!-.
-Come posso ringraziarvi?-.
Isabella chinò il capo. –La vostra allieva ha dimostrato già i sentiti ringraziamenti. Corrado sbagliò a seguire le orme di suo padre, e sono lieta che qualcuno abbia interrotto la catena prima che potesse essere troppo tardi…-.
Gli mancò improvvisamente il fiato, e vestendosi della mantella che Isabella gli aveva lasciato, chiese: -Che ne sarà della vostra Corona di Regina? Quando Bonifacio…- provò a dire, ma una nuova fitta dovuta al veleno gli scacciò via le parole di bocca.
Isabella s’irrigidì. –Mi spiace non potervi offrire le dovute cure, ma spero che riusciate a raggiungere la Dimora prima di perdere completamente la vita. Il distretto controllato dagli Ospitalieri vi sarà ospitale, perciò passate di lì- gli suggerì alludendo agli uomini che le erano fedeli. –Ma per rispondere alla vostra domanda, vi basti sapere che io e Maria avremo modo di mostrarci in futuro…- sorrise.
Altair abbassò il capo e accennò un inchino. –Grazie ancora, Maestà-.
Altair sgattaiolò nel buio, ma improvvisamente Isabella lo richiamò ed egli si volse.
-Quasi dimenticavo- gli andò affianco, estraendo da una taschina ricamata nel vestito azzurro la piuma macchiata del sangue di suo marito. –Tenete- gliela passò in mano, e Altair non esitò a stringerla tra le dita.
-Perché fate questo?- chiese lui soave.
Prima che ella potesse rispondere col sorriso sulle labbra, si udì un grido:
-Isabella!- strillò una voce familiare, tuonante. –Isabella, ferma!-.
-Andate!- la donna lo spinse via e Altair corse nel corridoio dileguandosi nel buio avvolto nel grigio mantello.
Bonifacio e i suoi uomini giunsero dinnanzi ai cavalieri Ospitalieri al servizio della Regina, ed egli per primo non poté credere a ciò cui aveva assistito.
-Isabella! Perché?!- ruggì Bonifacio con la spada in pugno, puntandole la lama alla gola.
La donna diede ordine ai suoi uomini di non intervenire, mentre i soldati di Bonifacio si lanciavano all’inseguimento dell’assassino fuggito.
-Non sono dovuta a darvi alcuna spiegazione!- ribatté lei.
Il fratello di Corrado, in preda alla collera, la colpì alla tempia con l’impugnatura della spada e la donna si rovesciò a terra priva di sensi.
-Stupida puttana!- digrignò. –Andate, e portatemi la testa di quell’assassino!- impose ai cavalieri lì presenti.
Questi con la croce Ospitariera sull’uniforme nera non si mossero, e un grido spaventoso si levò dal petto dell’uomo.

-Non sono Rauf, stupido!- ansimò l’uomo dal cappuccio grigio.
Elena si scagliò su di lui e abbracciò il suo maestro, ma questi perse l’equilibrio e cadde di schiena sul tappeto della Dimora.
-Non è possibile!- strillò invasa dalla gioia, avvinghiandosi al suo collo e singhiozzando su di lui. –Non ci credo! Siete vivo!-.
Malik assistette alla scena cercando di dare un contegno all’immensa commozione che stava prendendo piede sul suo volto. –Già- sospirò smorzato.
Hani accennò appena un sorriso. –Elena, così lo ammazzi tu!- rise.
Il grigio copricapo gli scivolò sulle spalle così da mostrare il suo volto, ed Elena si stanziò dalla sua veste lo stretto necessario per osservare da molto vicino il nero di quegli occhi. –Maestro- mormorò.
Egli, in preda agli spasmi per via del veleno, tentò di sollevarsi e in suo aiuto accorse il Rafik che gli porse una mano, mentre l’allieva scivolava via dal suo corpo.
-Devi fare qualcosa… alla svelta…- disse Altair diretto all’amico senza un braccio.
-Immaginavo che fossi stato ferito; nulla se non il veleno avrebbe potuto farti cadere nelle mani nemiche; avanti, vieni- gli mostrò la strada fino nella stanza accanto.
Elena lo strinse ancora, sostenendolo per un fiancalo e aiutandolo a raggiungere il bancone al quale si appoggiò del tutto.
-Risparmia il fiato per quando starai meglio- gli suggerì Malik raggruppando tutto lo stretto necessario sul tavolo. –Limitati a fare un bel sorriso alla tua allieva, piuttosto, che era parecchio in pensiero- ridacchiò il Rafik accennando una buffa allegria.
Elena arrossì. –Non ero l’unica ad essere parecchio in pensiero- ribadì, e Malik le scoccò un’occhiataccia.
-Azzardati a farci prendere di nuovo un colpo del genere, e…- il Rafik non terminò la frase che Elena percepì le intere forze del suo maestro affievolirsi del tutto, e il corpo di Altair si accasciò per intero contro il suo.
-No!- gridò la ragazza spaventata.
Il battito del suo cuore stava rallentando, il suo respiro era smorzato dalla sola fatica di tenere gli occhi aperti; così, dopo pochi secondi, li chiuse e non li riaprì per molto tempo.


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Che palle!!! Quanto sto allungando sull’argomento veleno… vabbé, a parte questo, mi è piaciuto scrivere alcuni degli avvenimenti narrati qui. Non che ci sia tutta ‘sta allegria, lo ammetto, ma dubito fortemente che alcune parti non vi abbiano emozionato quanto me!!! XD Ebbene, non credo di avere grossi chiarimenti per questo capitolo, così passo ai ringraziamenti individuali.

Ecco chi ha aggiunto la mia ff ai suoi preferitiiiii:

_Angelic Shadow (aggiusta questo cazzo di PC!!! XD)
_Assassin (salveeee !!! Ma a quanto pare non ci conosciamo!!! XD Fa nulla!!! XD)
_Carty_Sbaut ( Sono contenta che questi ultimi capitoli ti appassionino tantoooo!!! Wuhhahahaha!!! Recensisci appena puoi!!! XD)
_Diaras (silenzioooooo!!! XD)
_goku94 (Bella frate! Allora, com’è stato questo macro chiappo? :D )
_Kasdeya (Però, ogni volta mi domando come tu abbia fatto a sorbirti 40 capitoli in una botta sola arrivando in così poco tempo a pari passo con gli ultimi post O___O XD!!! Spero che questo capitolo abbia lasciato il segno come quelli precedenti!!! XD)
_Lilyna_93 (saluti al vecchio accaunt!!!XD)
_renault  (ti muovi ad arrivare a leggere qui?!?!?!? XD Scherzo, fai con calma! Solo che sono impaziente di leggere cosa ne pensiiiii!!! XD)
_Saphira87 (allura… XD E sì, contenta che sia stata la tua la 100° recensione!!! XD Vado fiera del modesto successo della mia ff!!! Dunque, quali sono le impressioni del Gran Maestro Saphi? <.< XD )

E detto questo, vi saluto miei cari ascoltatori e vi do appuntamento al capitolo nel quale si scoprirà quale atroce fine farà il nostro assassino favorito! XD Me bastarda, me non vuole mandare avanti la storia!!! Me ha troppe idee drammatiche per il prossimo capitoloooo!!! XD
Un bacio a tuttiiiii
Elik.







   
 
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