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Autore: musicislife17    18/08/2016    1 recensioni
In una New York confusa ed elettrizzante come sempre, le vite di tre ragazze cresciute insieme si mescolano e si confondono: Jackie, una giornalista in gamba, ambiziosa e indomabile, in lotta con il proprio caporedattore e con i suoi sentimenti; Autumn, innamorata della musica e dei musicisti, in fuga costante dalla paura di vivere, alla ricerca di tutto e di niente; Annie, innocente per definizione, attratta allo stesso tempo dall’acqua santa, uno studente diligente e amorevole, e dal diavolo, un tatuatore senza tatuaggi, con cui deve fare i conti per la prima volta nella sua vita.
Storie di amore e di amicizia si susseguono nella anormale quotidianità di una famiglia senza precedenti, mentre il passato dei protagonisti sfuma in un presente avvincente e in un futuro indeterminabile. E in mezzo a loro musica, arte, lavoro, sogni e desideri, paure e gelosie, in un crescendo infinito...
-ANCHE SU WATTPAD-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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N.d.A.
Ecco il nuovo capitolo, questa volta lasciamo Jackie per seguire un po’ Autumn (e non solo…).

Noto con gioia che diversi utenti stanno leggendo/seguendo la storia e questo mi rende piena di orgoglio. Come sempre, se avete commenti, giudizi e consigli da darmi aspetto ansiosamente le vostre recensioni. Ogni critica costruttiva è ben accetta.
Grazie mille a chi recensisce, segue, mette tra le storie preferite o ricordate Three Lives 
e anche ai timidi lettori silenziosi,
musicislife17




Come promesso da Gabriél, Autumn cominciò subito a lavorare come cameriera a L'angle des artistes. Aveva già avuto esperienze simili nei vari viaggi che aveva compiuto, perciò non le fu difficile adattarsi alla routine giornaliera del posto. Inoltre Gabriél era stato disponibile ad aiutarla per ogni evenienza, perciò non aveva nulla da temere.

Ad Autumn piaceva lavorare lì. Non solo era circondata da un’atmosfera stimolante, dato che il locale era frequentato davvero da artisti di ogni sorta, ma aveva anche modo di abituarsi nuovamente alla realtà comune, alla vita normale. Cominciò ad imparare le facce dei clienti abituali, oltre ai suoi amici di vecchia data, e le abitudini di ognuno di loro. Garrett era sempre il primo ad arrivare all’apertura, alle otto e mezza del mattino. Si sedeva nell’angolo a lui riservato e meditava pensieroso sui suoi numerosi carteggi. Non era di grande compagnia, chiuso com’era nel suo mondo, ma ogni tanto Autumn scambiava quattro chiacchiere con lui su argomenti vari, letteratura in particolare. Senza bisogno di domandare, Garrett riceveva ad intervalli regolari una tazza di the nero che Autumn imparò a servirgli non appena era terminata quella precedente.

Durante la mattinata si alternavano clienti occasionali a volti conosciuti, più che altro studenti del vicino Lincoln Center. Soprattutto all’ora di pranzo e in prima serata, quando i corsi mattutini e pomeridiani concludevano. E Autumn si divertiva ad ascoltare i loro discorsi, le scaramucce che avevano avuto con i professori o i colleghi, le ambizioni e i sogni che li animavano. Andavano a L'angle des artistes come se per loro fosse una seconda casa e questo riscaldava il cuore della ragazza, che rivedeva se stessa in loro.

Alle undici del mattino poi si presentavano i suoi amici e Autumn rideva sempre in loro compagnia, nel vedere come Izzy e Kim discutessero costantemente o riprendessero Sybil per essere così distratta e stralunata. Per non parlare di come Gabriél rimproverasse i suoi clienti più rumorosi e assomigliasse più ad un padre alle prese con i figli capricciosi. Era uno spasso continuo stare a sentire quei quattro, sembravano usciti da una sitcom televisiva.

Perciò i giorni della nuova vita di Autumn trascorrevano in pace e normalità, tra un caffè servito qui e una fetta di torte di mele là.

Un pomeriggio il locale era più tranquillo del solito, colpa della pioggia fitta che bagnava New York da diverse ore e del fatto che il weekend non c’erano lezioni alle varie accademie artistiche lì vicino. Perciò Gabriél e Autumn si godevano un raro attimo di pausa, in compagnia, per modo di dire, di Garrett. Seduti entrambi agli alti sgabelli del bancone, stavano scambiando quattro chiacchiere quando il cellulare del proprietario squillò. A vedere la faccia perplessa di Gabriél durante la telefonata, Autumn si chiese cosa fosse successo. Gabriél termimò la chiamata con uno sbuffo.

-C’è un problema con dei fornitori- disse lui senza aspettare la domanda della cameriera -Un casino, anzi. Dovrei andare subito a controllare- aggiunse, grattandosi nervoso la barba.

-Vai pure, qui ci penso io- si offrì Autumn subito.

-Sicura?-

Autumn fece un ampio gesto con la mano per indicare il fatto che il posto era a tutti gli effetti vuoto. Gabriél scoppiò a ridere e le strinse la spalla.

-Hai ragione, te la puoi cavare benissimo, querida- affermò convinto.

Perciò infilò la giacca, afferrò l’ombrello e con un saluto uscì nella pioggia fitta.

Autumn si guardò intorno annoiata. Non c’era nulla da fare, il locale era in ordine e Garrett era immerso nei suoi scritti, quindi non le parve il caso di disturbarlo. Decise allora di concedersi un po’ di relax. Cercò nella sua borsa e tirò fuori il libro che stava leggendo negli ultimi tempi e che per abitudine portava sempre con sé. Era interessante, forse triste, ma le piaceva. A tal punto che fu presa dalla lettura e distolse l’attenzione solo quando i campanelli sulla porta d’ingresso tintinnarono, annunciando l’arrivo di qualcuno.

Alzò lo sguardo pensando di trovarsi di fronte Gabriél, ma non era lui. Era un cliente, un giovane uomo in una pesante giacca marrone. Era  mediamente alto, ma aveva un fisico molto prestante e ben disegnato, come si intravedeva dalla maglia a righe bianche e nere. I jeans neri erano bagnati, colpa della pioggia ancora battente, così come gli scarponcini di pelle. E anche il bel fedora color crema non aveva potuto far molto per proteggere il viso dall’acqua.

Sul volto del ragazzo Autumn soffermò lo sguardo. Era inevitabile, era davvero affascinante. Mentre si avvicinava ad uno dei tavoli, proprio di fronte al bancone, sedendosi e sfilandosi la giacca bagnata con un fluido gesto delle braccia, Autumn osservò di nascosto come i riccioli castani e umidi che sfuggivano dal fedora contornassero il viso dalle fattezze eleganti, nobili si sarebbe potuto dire. Il naso affilato, la bocca carnosa e rossa come il sangue, piegata in un accenno di velato sorriso e circondata da baffi e pizzetto ben curati intorno alle labbra. Era da molto tempo che Autumn non rimaneva colpita così tanto dalla bellezza di un uomo.

Il ragazzo si guardò intorno e Autumn si riprese dalle sue riflessioni, posò il libro e si diresse verso il tavolo.

-Benvenuto, come posso servirti?- gli chiese gentile.

L’uomo stava cercando qualcosa nella sua borsa, quando sollevò gli occhi su di Autumn. Lei rimase immobile, senza respiro, stregata da due iridi più grige del cielo in quel momento. Occhi limpidi, trasparenti quasi, magnetici e innaturali. Bellissimi.

-Oh, ciao. Vorrei un caffè forte, nero, se non ti dispiace. E una fetta di meringa al limone, so che qui è ottima- rispose l’uomo altrettanto cortese, la voce baritonale resa leggera dal sorriso sulle labbra. Aveva atteso un attimo prima di parlare, come se volesse raccogliere prima i suoi pensieri. E in quell’attimo aveva fissato i suoi occhi in quelli di Autumn senza battere ciglio.

-Arrivano subito- annuì Autumn e velocemente tornò dietro al bancone per preparare la richiesta.

Mentre era di spalle all’uomo, prese un profondo respiro. Era molto più affascinante di quanto pensasse, visto così da vicino. E poi quello sguardo intenso l’aveva fatta sentire in modo strano. Come quando un brivido lungo la schiena suscita la pelle d’oca sul resto del corpo. Una scarica elettrica che colpisce e si ritrae, lasciando distruzione al suo posto.

Scosse la testa, allontanando pensieri pericolosi. Doveva calmarsi e concentrarsi. Prese la tazza di caffè e il piatto con la torta e ritornò al tavolo.

L’uomo era assorto nella lettura di un volume spesso e inconsueto per l’aspetto. Solo una volta avvicinatasi, Autumn riconobbe l’argomento del libro dalle pagine ingiallite e zeppe di appunti e segni di matita. Era una partitura e, a giudicare dai numerosi pentagrammi, una partitura per orchestra. Sparse sul tavolo, l’uomo aveva disposto penne, matite e un quadernino. Si era anche tolto il cappello, lasciando liberi i lunghi riccioli che ora ricadevano sulla fronte in modo disordinato.

Autumn lasciò il cibo nel poco spazio libero lasciato sul tavolo ed ebbe modo solo di scambiare un sorriso di ringraziamento con l’uomo, prima di tornare dietro il bancone.

Ancora una volta, non aveva nulla da fare. Prese di nuovo il libro che stava leggendo prima dell’arrivo dell’uomo e riprese il punto in cui aveva lasciato il protagonista. Capì ben presto che l’attenzione per il libro era troppo scarsa adesso che di fronte a lei quell’uomo misterioso sorseggiava il suo caffè nero.

Si ritrovò molto più spesso di quanto non richiesto a guardare di sottecchi che cosa stesse facendo l’altro e a chiedersi con interesse chi fosse. Lui era assorto nelle note di quel volume, concentrato a tal punto che non sembrava neanche più rendersi conto di dove fosse. A volte borbottava delle parole fra sé e sé, come se stesse meditando ad alta voce, e allora prendeva appunti sulle pagine o sul quadernino, salvo scuotere la testa poco dopo, un’espressione corrucciata in viso, e cancellare quello che aveva scritto poco prima.

Autumn lo osservava con attenzione. In generale le piaceva analizzare le azioni delle persone intorno a sé, ma in quel caso particolare la affascinava la concentrazione dell’uomo sullo spartito. Era una relazione indipendente fra lui, le note e la musica che aveva in testa.

Presa dalla curiosità di sapere quale pezzo stesse studiando il cliente, Autumn lanciò un’occhiata alla partitura mentre andava a riempire ancora la tazza di caffè e a prelevare il piatto vuoto. Sapeva leggere bene la musica, perciò riconobbe con relativa facilità un’opera famosa e a lei nota. Non ne era certa al cento per cento, ma decise comunque di tentare un piccolo colpo di fortuna. Con un pizzico di audacia andò a scorrere la raccolta di CD di Gabriél, che risuonavano sempre in sottofondo nel locale. Fra quelli di musica classica ne cercò speranzosa uno in particolare e con grande gioia lo trovò. Lo prese e tornò dietro al bancone, dove si nascondeva lo stereo principale del locale. Tolse il CD precedente, chiedendo mentalmente scusa a Louis Armstrong, e inserì il nuovo. Premette play e attese che gli applausi della registrazione svanissero prima dell’esecuzione della sinfonia. E mentre il brano stava per cominciare, si risedette con calma e riprese ancora il libro, aprendolo alla pagina giusta.

La musica cominciò e si diffuse quieta in tutto il posto, invadendolo di note antiche ma sempre nuove ed emozionanti. Autumn sbirciò da dietro il libro la reazione dell’uomo.

Lui non sembrò far subito caso alla musica, ma quando finalmente il suono si fece strada nella sua mente, alzò la testa dalla partitura. Aggrottando la fronte, come se non sapesse bene cosa stesse succedendo, si guardò intorno, alle spalle, e infine individuò la cassa da cui proveniva la musica. Rimase un attimo a fissarla, come preso da una visione. Infine si voltò in direzione del bancone, un largo sorriso sul suo volto, piccole rughe di espressione intorno agli occhi socchiusi nel divertimento. Incrociò brevemente lo sguardo di Autumn, che sorrise divertita a sua volta e ritornò al suo libro come se niente fosse. Ma in realtà il suo cuore batteva un po’ più veloce e una felicità quieta le sbocciò in petto.

Trascorsero svariati minuti così, Autumn con il suo libro, l’uomo al tavolo con la partitura, entrambi legati dalla sinfonia che risuonava eterea. Nessuno dei due fece più molto caso all’altro, ma un sorriso inconscio danzava sulle loro labbra.

Prima del termine della sinfonia, l’uomo richiuse il volume e cominciò a raccogliere le proprie cose. Si rivestì, sistemò con cura il fedora sui riccioli ed estrasse il portafogli.

Autumn si alzò per saldare il conto e l’uomo la raggiunse, sempre con un piccolo ghigno nascosto dalla barbetta.

-Quattro dollari e quarantacinque centesimi- disse Autumn.

L’uomo le porse una banconota da cinque.

-Come hai fatto a riconoscere il brano che stavo studiando?- le chiese all’improvviso, senza più saper controllare la curiosità.

Autumn, che cercava intanto le monete per il resto, si complimentò interiormente con se stessa, compiaciuta.

-So leggere un po’ di musica. Non è stato difficile- rispose sincera.

L’uomo sembrò stupito, stando alle sopracciglia sollevate.

-Ti prego, conosco persone che lo fanno di mestiere e non avrebbero mai saputo riconoscere la Sinfonia numero 9 di Beethoven da una parte qualsiasi della partitura, nemmeno se ci fosse stato scritto in fondo alla pagina- sbuffò con una smorfia.

Autumn fece una piccola risata.

-Sarà stato un colpo di fortuna allora- alzò le spalle. L’uomo le sorrise.

-Complimenti lo stesso, sei molto brava. In più hai scelto l’esecuzione della Wiener Philarmoniker, se non erro. È una delle migliori- la gratificò cordiale.

Autumn portò dietro l’orecchio un ciuffo ribelle e seppe che in quel momento era arrossita. Ma insomma, pensò, non la si poteva proprio biasimare. Ricevere un elogio da una persona che aveva addirittura distinto l’esecuzione di una in particolare fra le migliaia di orchestre che avevano eseguito la sinfonia era davvero speciale. Che l’uomo a farle i complimenti fosse poi uno dei più belli che avesse visto da tempo era solo un bonus. Più o meno.

Porse il resto al cliente, con grande cura nel non sfiorargli la pelle nel processo, ma non poté fare a meno di notare le lunghe dita affusolate e i palmi curati delle mani dell’altro. Le punte delle dita sembravano invece consumate e callose.

Mani di un musicista, ebbe un'ulteriore conferma Autumn.

Lui prese le monete e le ripose in tasca, occhieggiando nel frattempo il libro che Autumn aveva lasciato lì vicino.

-Władysław Szpilman… fu un pianista notevole. Ed ebbe una vita tormentata- commentò indicando la copertina.

Autumn lo fissò meravigliata. Non solo aveva riconosciuto il libro e sapeva di cosa parlasse, anche se il titolo Il pianista dava un grande aiuto, ma aveva anche pronunciato il nome in modo corretto. Autumn non parlava di certo polacco, però coglieva all’ascolto una sfumatura diversa e più autentica di quel nome.

-Lo conosci?- chiese conferma.

-Certo. Ho letto anche il libro. Un po’ troppo triste per i miei gusti, ma emozionante- commentò assorto.

Quindi alzò di nuovo gli occhi su di Autumn e sorrise ancora.

-È stato un grande piacere. Ora devo andare, ma tornerò. Alla prossima- la salutò portandosi la mano alla visiera del cappello e con un cenno della testa.

-A presto- sussurrò solo Autumn, prima di vederlo uscire via, di nuovo sotto la pioggia di fine settembre.

Proprio in quel momento vide dalla vetrina anche arrivare Izzy, che si fermò a scambiare due parole veloci con l’uomo prima di entrare.

-Guarda un po’, è tornato il Maestro...- borbottò mentre richiudeva l’ombrello. Si fece largo fra i tavoli, per raggiungere il suo solito posto al bancone.

-Izzy, tu conosci quell’uomo?- chiese stupita Autumn.

Izzy annuì distrattamente, svolgendo dal suo collo la sciarpa di seta rossa.

-Certo, è un cliente abituale. A volte non si fa vedere per molto tempo, ma non è raro trovarlo qui. Forse è la prima volta che vi incontrate, vero?-

Autumn annuì veloce, in attesa che Izzy le dicesse finalmente chi fosse.

-Ebbene, tesoro, lui è l’ultimo enfant prodige della Juilliard, lo studente di direzione orchestrale più promettente dell’accademia, forse di tutta l’America. Molti lo chiamano il nuovo Bernstein, alcuni l’erede di Barenboim, altri lo accostano addirittura a Mozart per la sua genialità. Personalmente ritengo che siano giuste tutte queste opinioni-

Izzy sfilò teatralmente i guanti che indossava e li gettò sul bancone. Autumn trattenne il respiro.

-Si chiama Miłosz Romanski. Ma se chiedi in giro, lo conoscono tutti come Milo-

   
 
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