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Autore: The Custodian ofthe Doors    19/08/2016    1 recensioni
Come si definisce l'importanza di un eroe? Le sue sole imprese possono dirci quanto esso sia stato grande?
Dalle azioni di un uomo si delinea il suo successo ed il ricordo che il mondo terrà di lui, le folli gesta di chi è stato designato come eroe ed è destinato all'immortalità.
Loro non sono altro che mezzi eroi invece, nessuno li ricorderà mai, non saranno i protagonisti di leggende fantastiche e racconti mozzafiato, nessuna canzone verrà composta e cantata alla vivace fiamma di un falò nelle notti stellate, nessun bambino desidererà mai esser come loro, ripercorrere i passi di chi ha lottato, ha sofferto ed è morto come semplice soldato senza poi ricevere la corona d'alloro.
Perché loro erano lì, ma questo non conta.
Loro erano solo Mezzi Eroi e sempre tali sarebbero rimasti.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Half Heroes


15.Ethan Nakamura- La legge del Taglione.


Lui non lo sapeva, non poteva sapere. Lui non era stato riconosciuto da sua madre quando era al Campo in pace e serenità, non sapeva com'era, come ci si sentiva ad essere parte di qualcosa. Nessun simbolo luminescente gli aveva gridato l'appartenenza alla sua famiglia, nessun misericordioso dio era calato su di lui per far chiarezza, per salvarlo dai mostri che lo tormentavano, dentro la sua anima e fuori.
Era troppo tardi quando successe, o forse aveva aspettato proprio il momento peggiore, col senno di poi, sapendo chi era sua madre, questa gli sarebbe sembrata l'opzione più probabile, ma la dea che gli aveva dato la vita sussurrò al suo orecchio proprio quando tutti si preparavano per l'attacco di Crono al Campo, quando quel luogo che lo aveva preso con sé solo per dovere stava per accogliere tutti quegli esseri affini, quei mostri che lui sentiva suoi fratelli molto più dei semidei che gli ronzavano attorno come api operose, quando ormai Ethan aveva fatto la sua scelta già da molto tempo e gli mancava solo l'ultimo passo per abbandonare per sempre quel confine che un tempo per lui fu franco e che non era diventato altro che l'ennesima prigione.
Era la vendetta che si accese scintillante nel suo cuore, ardendolo vivo senza ucciderlo, alimenta dall'odio e dal potere di sua madre.
Nessuno si era stupito più di tanto quando il simbolo violaceo era apparso sopra la sua testa, non c'era stato neanche tempo per uno stupido inchino, come da prassi. No, non si poteva pensare a questo in un momento del genere; però il Campo intero si era fermato per un paio d'ore per assistere al finto funerale di quei due pariti per distruggere la Principessa Andromeda, ma non potevano fermarsi un secondo per lui, per battergli la mano sulla spalla e dirgli che forse questo era un buon presagio, che sua madre lo vegliava nel momento del bisogno.
Il ricordo della nave lo innervosì più di quanto già non lo fosse, e pensare che ci sarebbe dovuto esser anche lui la sopra, che Jackson non si era fatto il minimo scrupolo a mandare tutto a puttane, ad uccidere assieme ai mostri anche tanti altri semidei, tanti ragazzi come loro. La bile gli risalì nello stomaco, bollendo e ribollendo rabbiosa: avrebbe avuto la sua vendetta, si, ora lo sapeva con certezza, come avvertiva la battaglia giungere facendo tremare la terra, riempiendo di terrore tutte quelle fragili figurette bardate da guerra e non pronte a morire. Come sentiva lo spirito di sua madre carezzargli l'orecchio con parole soavi, proposte di vittoria, di gloria. Non l'aveva vista, no, lei no, ma il Rosso si, quello lo aveva visto. Il rosso denso e grumoso del suo sangue, quando gli era stato proposto “quel qualcosa in più”, la promessa d'indipendenza, di forza, di rimanere nella storia.
Ma qual'era il prezzo?
Occhio per occhio. Ecco il conto.
Ricordava il dolore lancinante, mentre due dita incandescenti s'infilavano nella sua cavità oculare e stringevano senza pietà o delicatezza il bulbo fremente, che come se avesse vita propria tremava nella preghiera di esser risparmiato, mentre al suo fianco il gemello piangeva disperato la sua dipartita. Poi improvvisamente la consapevolezza che qualcuno si stava avvicinando, che il campo si sarebbe presto animato di cadaveri, di anime che avrebbero gridato le loro maledizioni, invocato la loro vendetta. Non era più la sicurezza della guerra che si faceva vicina, era l'avvertire, il sentire, che qualcosa di simile a lui stava per arrivare.
Dentro le trincee i nemici erano eruttati dal Pugno di Zeus, mostri spaventosi a fianco di semplici ragazzini come loro si erano palesati con modi silenziosi riversandosi contro altri semidei che si urlavano muti ordini da una parte all'altra, mentre la terra cominciava a tingersi di rosso come il suo sangue.
Il clangore delle spade senza voce, i ruggiti afoni e solo le sue urla a riempirgli le orecchie sotto le quali l'alito velenoso di sua madre faceva da sfondo con la sua risata.
Eppure in tutto quel dolore, in tutte quelle urla -le sue­- con il suo bulbo oculare stretto in pugno, Ethan sapeva che potevano vincere, che avrebbero vinto, che la sua cecità non sarebbe stata vana, che solo un miracolo avrebbe salvato il Campo.
Il miracolo c'era stato, ovviamente, come potevano essere sfortunati gli eroi?
Erano solo una massa di frignanti ragazzini che si autodeprimevano piangendo la tranquilla vita che non avrebbero mai avuto, che si dannavano per poter sopravvivere e si illudevano di essere gli unici a provare quel dolore. Non capivano, non volevano capire, che dal lato opposto al loro c'erano altri ragazzi del tutto identici al loro stupido riflesso che temevano per le stesse cose, che avevano tributato tanto, forse troppo, a quella battaglia, ma che a differenza di chi era rimasto fedele all'Olimpo avevano avuto il coraggio di staccarsi da chi li aveva gettati in quel gioco senza vincitori solo per il puro gusto di farlo, non volevano capire che dall'altra parte c'erano ragazzi che erano disposti a dare tutto per la propria libertà, per il proprio onore e la propria felicità, per la vita che gli Dei si divertivano a dargli e togliergli a loro piacimento.
Si rodeva il fegato nella rabbia di chi non lo capiva, di chi si ostinava a seguire quei falsi dei, nel rimpianto di aver abbandonato la sua famiglia, nel dolore per aver perso un occhio della testa ma non aver ancora ottenuto niente.
Ma poi si fermava e prendeva un bel respiro. Non era mica uno stolto Ethan, sapeva che doveva aspettare, che loro erano numericamente più forti e più organizzati, che prima o poi la vita avrebbe servito a tutti il suo conto.
Si ripeteva che non gli importava, sino a che non ci credeva, e allora, quando vacillava si ricordava dei suoi veri compagni, di chi lo aveva trovato e curato, malgrado in quel momento il dolore lo avesse fatto cieco.
Ethan si fidava di loro, avvertiva la vendetta, la delusione e la rabbia impregnare i loro cuori fino a farli marcire, assieme ad un miscuglio di altri sentimenti che non gli interessava conoscere. Paradossalmente gli erano bastati quei sentimenti tormentati per fargli capire che quello era il suo posto, che la sua fiducia non sarebbe andata ad un sorriso gentile ed un incoraggiamento vuoto, ma alle dure parole di un rapporto militare, ad un ragazzo dal volto da uomo che gli diceva di fare attenzione ma di non rimanere li fermo a far nulla, che se volevano realizzare il loro sogno dovevano combattere, anche senza un occhio.
Si erano presi cura di lui, con i loro modi spicci e concisi, lo avevano addestrato ed Ethan era diventato forte, era diventato importante, si era sentito per una volta parte di qualcosa.
Ironico.
Tutte quelle anime tormentate gli erano affini, comprendevano il suo dolore, l'abbandono e la rabbia e anche mentre per la seconda volta tutto il suo mondo si tinse di rosso, Ethan seppe che non avrebbe mai dimenticato i loro volti, le loro voci, le loro storie, la paura di morire, la voglia di tornare a casa e riabbracciare chi li amava, le lacrime nascoste e la grande forza di chi aveva deciso di ribellarsi; non avrebbe dimenticato la voglia di vendetta nei confronti di chi li aveva messi al mondo per gioco o per errore e poi si era stufato come un bambino con un giocattolo nuovo.
No, non li avrebbe dimenticati, così come non sarebbero stati dimenticati dai “buoni”, che per tutta la vita avrebbero convissuto con il peso delle loro morti. Eroi che si credevano salvi ma che furono maledetti da ogni singolo ragazzino che, terrorizzato, esalò l'ultimo respiro senza poter vedere il loro sogno realizzato. Quei vincitori che avevano salvato solo chi amavano, solo chi ne valeva la pena, e non lui dalla sua oscurità.
Avrebbero avuto ciò che si meritavano, ciò che gli spettava.
La gloria ha un prezzo, come ogni cosa. Scheletriche figure di ragazzi, bambini morti per colpa dell'abbandono dei genitori, della famiglia, degli dei, degli amici, li avrebbero tormentati per sempre come tormentavano l'anima di Ethan che per l'eternità si sarebbe domandato se aveva fatto la cosa giusta, se aveva lottato inutilmente per un sogno utopistico che non avrebbe mai raggiunto. Se sua madre non l'avesse fregato e gli avesse presentato un conto più alto del dovuto, o se magari abbia cercato di salvarlo, di renderlo cieco per non fargli vedere quanta crudeltà il mondo ospitava, quanto al giustizia non fosse sempre giusta.
Sarebbe stato il suo tormento eterno, come eterni sarebbero stati gli incubi dei vittoriosi.
Occhio per Occhio. Era questa la legge del Taglione.
   
 
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