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Autore: Blablia87    19/08/2016    5 recensioni
Cosa si può fare, in 180 giorni?
Alle volte, si può cambiare una vita intera.
[AU][Tematiche delicate]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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[14:36] Cosa gli hai detto, esattamente, di me? JW
 
 
[14:39] Praticamente niente. Solo che sei un nostro consulente esterno e lavori all’università. GL
[14:40] Perché? GL
 
 
 
[14:46] John? GL
 
 
 
 
-180
Il Professor Watson è decisamente un uomo singolare.
 
Ha guardato distrattamente la stanza, appena entrato qui dentro - poco più di una pigra rotazione della testa - per poi raggiungermi con passo zoppicante, apparentemente poco impressionato dalla ragnatela di fili che si snoda lungo il soffitto.
 
Si appoggiava al bastone solo per camminare, scordandosi totalmente di usarlo quando ha smesso di farlo. Posava il peso su entrambi i piedi senza distinzione, eppure sembrava incapace di compiere un movimento cinetico in assenza di sostegno.
 
Era evidente che fosse una zoppia psicosomatica, e non ci vuole un grosso sforzo di inventiva, per farla risalire all’incidente occorso in missione.
 
A incuriosirmi era in realtà il fatto che un professore di Neuroscienze fosse incapace di comprendere che a inchiodarlo al suolo è il cervello, e non i muscoli della gamba sinistra.
 
Poi ho capito.
Lo sa.
 
È cosciente di trasportarsi dietro un fardello irreale.
 
Arrivare a formulare che si stesse in qualche modo punendo e approdare al sempre sopravvalutato senso di colpa è stato un attimo.
 
Più o meno la stessa frazione di tempo trascorsa tra il mio evitare di stringergli la mano e presentarmi - chiedendo invece per quale grave mancanza si sentisse così colpevole da menomarsi volontariamente – ed il suo uscire dalla porta con passo marziale e, assai poco sorprendentemente, postura corretta.
 
Ho come l’impressione che mio fratello cenerà da solo anche questa sera.
 
 
 
 
 

 
[14:51] Se è per qualcosa che ha detto… Fa sempre così. GL

 
 
 

-180
Come dicevo, uomo singolare, il Professor Watson.
 
Inaspettatamente è ricomparso alla mia porta un’ora più tardi, periodo presumibilmente passato in giardino, a giudicare dallo strato di fanghiglia che gli sporcava le scarpe e copriva il puntale in gomma del bastone.
 
È rimasto in piedi accanto all’ingresso della dépendance, ancora una volta senza appoggiarsi al suo sostegno.
 
“Come ha fatto?” Ha domandato, asciutto.
 
“A fare?” Ho ribattuto, tornando con lo sguardo al monitor.
 
“Lo sa, cosa.”
 
Ecco,  è stato il suo tono. Quel velo di fastidio che lasciava volutamente trasparire e quella punta di curiosità che, invece, non voleva che mi arrivasse.
 
“È stato abbastanza facile, a dire la verità.”
 
Ha ascoltato la mia spiegazione con attenzione, gli occhi fissi nei miei. Non ha fatto attenzione al fatto che gesticolassi goffamente, in una pallida imitazione di me stesso. No. Gli occhi sul viso, sempre.
 
È rimasto in silenzio qualche secondo, quando ho smesso di parlare, concentrato su chissà quale pensiero.
 
“Saprebbe dirmi altro, sul mio conto?” Ha chiesto quindi, socchiudendo gli occhi.
 
“Certo. Mi basta il suo cellulare.”
 
Si può capire molto, dal cellulare di una persona. Nello specifico, dal suo ho dedotto l’esistenza di un fratello (che poi ho scoperto essere una sorella, c’è sempre qualcosa…) con problemi di dipendenza dall’alcool e divorziato da poco, con il quale il Professore ha un rapporto rado e poco profondo, evidentemente conflittuale in un passato recente (non è nell’elenco delle chiamate, e il loro ultimo scambio di messaggi risale a Natale: un messaggio anonimo inviato di certo a più persone.)
 
Il suo viso mentre elencavo piccoli tasselli della sua esistenza è stato il più strano miscuglio di emozioni che avessi mai visto durante una delle mie spiegazioni. Era sorpreso, ma non sconvolto; attento, ma non turbato. Gli si leggeva negli occhi la più limpida forma di curiosità e, dopo mesi di sguardi carichi di pietà mal celata, è stato un balsamo avere di fronte qualcuno che mi ascoltasse così intensamente.
 
“Incredibile.” Ha commentato, dopo qualche secondo.
 
Incredibile.

In tutta la vita mai nessuno aveva detto una cosa simile. Tanto meno Lestrade, o i suoi uomini, alla fine di ogni caso consegnato su un piatto d’argento davanti ai loro occhi miopi e menti limitate.
 
Credo che lo stupore di quell’attimo mi si sia letto sul viso, perché ha aggiunto: “Davvero straordinario.” Dopo poco, avvicinandosi di nuovo (ancora una volta le mani sul bastone ed il peso sbilanciato) ha continuato: “Quindi, al momento, lei sa molto di me ed io assai poco di lei.”
 
Descrivermi è stato facile, rapido. Consulente investigativo. Violino. Alle volte muto per giorni interi.
 
Capire che chi avevo descritto era una persona che non mi somiglia più, è stato più lento.
 
E molto più faticoso.
 
 
Ad ogni modo, dopo cena parleremo dei casi.
 
A quanto pare, mio fratello è riuscito ad avere compagnia per il pasto serale, alla fine.
 
 
 
 
 
[17:41] Avevi ragione. JW
 
[17:43] Ho paura a chiederti su che cosa… GL
[17:44] Sul fatto che la polizia non consulta i dilettanti. JW
 
[17:46] È incredibile, vero? GL
 
 
 
[17:57] Sì… Decisamente, sì. JW
 
 
 
 

 
 
Non scrivevo su quest’agenda da mesi.
Ella sarebbe molto fiera di me, probabilmente.
 
Il fatto è che…
 
Non lo so, in realtà. È solo lui, credo, in tutta la sua...
 
Il suo dono, direi.
 
Dio, se sentissi un mio studente parlare in questa maniera ad un esame delle capacità intellettive di qualcuno, lo boccerei immediatamente.
 
Greg non mi ha aveva detto che le sue condizioni fossero così gravi, quando ho chiesto qualche informazione sull’uomo dal quale mi stava mandando, carico di fascicoli sui quali lavoro da tempo.
“Un incidente”, lo ha definito. “Un incidente durante un caso”.
 
Ad ogni modo, nonostante il suo atteggiamento borioso, quello che è in grado di fare nell’analisi logica di fatti e particolari è davvero prodigioso.
 
Farò qualche ricerca su di lui più tardi, se la ricezione del mio smartphon migliorerà.
 
Adesso devo prepararmi per la cena.
 
E per la prima “sessione” di studio dei casi in compagnia di Sherlock Holmes
 
 
 
 
 
“Vuole uscire?”
 
“Come, scusi?”
 
“Le ho chiesto se vuole uscire. Vedo che spesso osserva la portafinestra, cos—“
 
“Se volessi davvero uscire, Professore, lo avrei fatto.”
 
 
 
“C’è un gradino, le guide dei vetri scorrevoli. Non credo che possa attraversarlo da solo.”
 
“Possiamo cortesemente concentrarci sull’uccisione di questo avvocato? Il fascicolo dice che sospettate della moglie.”
 
“Ha confessato.”
 
“Quindi perché stiamo ancora parlando di loro, esattamente?”
 
“Perché non sono convinto della confessione.”
 
“Interessante… Motivi specifici? Cos… CHE DIAVOLO PENSA DI FARE?!”
 
“Lei cosa crede che stia facendo?”
 
“LA SMETTA! ADESSO!”
 
“Tolga la mano dai raggi, o si farà male.”
 
“Smetta immediatamente di spingere questa dannata sedia, o sarà lei a farsi molto male!”
 
 
 
 
“Non è meglio?”
 
“Sono quasi caduto. E lei si è quasi reso zoppo, questa volta sul serio.”
 
“Ma almeno adesso ho tutta la sua attenzione. E poi il fresco della notte aiuta a mantenersi svegli.”
“Vogliamo ricominciare?”
“Signor Holmes.”
“Va bene… Mi dispiace, la riporto dentro.”
 
“Sherlock. Mi chiami Sherlock. Ma non mi spinga mai più da nessuna parte, sono stato chiaro?!”
 
“Vuole rimanere qui, allora?”
 
“Eravamo rimansti alla confessione, mi pare. Al fatto che non la convinca.”
 
“Lo prenderò come un . Non mi convince, perché credo soffra di DSM.”
 
“Disturbo istrionico di personalità… Interessante. Perché lo pensa?”
 
“Beh, durante il colloquio…”
 
 
 
 
 
-179
 
Sono quasi le quattro del mattino, e il Professor John Watson se n’è appena andato. Il caso è complesso, ma sento che ne riusciremo a venire a capo.
L’avvocato di una grande azienda farmaceutica è…
 
Al diavolo.
 
Mi ha portato oltre la portafinestra semplicemente perché “la stavo osservando”.
 
Ha capito con uno sguardo che non sarei mai stato davvero capace di attraversarla da solo.
 
Le ruote si sono impuntate, per poco non sono caduto in avanti. Per cercare di riportare indietro il peso del Titanic ha finito col prendere una storta, cadendo a terra.
 
Un attimo, e si è rimesso in piedi, prendendo meglio le misure per portarci entrambi al di là dei binari.
 
Mi chiedo cosa spinga qualcuno a fare una cosa simile. Mi chiedo perché io non sia furioso, per questa sua decisione. Non sono un maledetto oggetto da spostare a piacimento.
 
Io…
 
Ho sentito il vento, il freddo.
 
Vorrei odiarlo, e potrei farlo con facilità, ma sarebbe ingiusto.
Stavo realmente guardando oltre i vetri.
 
 
179 giorni all’ultimo ostacolo, poi, finalmente sarò libero.
 
 
 
 
 
 
Mi accorgo solo ora che John ha scordato qui il suo bastone.
Deve averlo poggiato al divano sul quale stava seduto quando ha deciso di portarci entrambi a congelare nella notte della campagna inglese.
 
 
Psicosomatico.
 
 
Lo sapevamo entrambi.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
 
Un messaggio velocissimo solo per ringraziarvi.
Non mi aspettavo un riscontro simile, dopo la pubblicazione del primo capitolo, e la cosa non può che farmi felice. ^_^
 
A presto,
B.
   
 
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