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Autore: La_Folie    20/08/2016    1 recensioni
Che cosa succederebbe se una giovane ragazza italiana vincesse una borsa di studio per andare a studiare in Inghilterra e realizzare il suo sogno?
Questo è il caso di Giulia che decide di accettare il suo destino e di mettersi alla prova andando a vivere a Londra e di Jamie, la cui vita verrà stravolta da qualcosa di inaspettato.
Amici, alcool, feste, premiere, viaggi, sfilate di moda, musica e cinema sono all'ordine del giorno per Jamie.
Musica, danza, cinema, teatro e scuola sono la vita di Giulia.
Ma allora come faranno a scontrarsi due mondi così differenti, ma anche così simili?
Che cosa li porterà ad odiarsi e poi ad amarsi?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO V
Sensi di colpa


Jamie's P.O.V.
 

Da quel giorno erano passate due settimane. Due delle più stressanti che io abbia mai vissuto, tanto da farmi pentire, per una buona parte, di quello che avevo fatto; anche perché vedevo la mia famiglia allontanarsi da me.
I miei genitori, non appena furono tornati a casa, mi vennero a urlare contro l'enorme cavolata che avevo fatto e che questa volta non me l'avrebbero fatta passare liscia. Inoltre mi spiegarono i motivi della loro decisione di accogliere una sconosciuta in casa: mamma e papà avevano sempre voluto una figlia femmina di cui occuparsi, ma essendo ormai in là con gli anni, la mamma non poteva più avere bambini e, non riuscendo ad adottare una ragazza adolescente, avevano trovato la soluzione dell'ospitare, anche se temporaneamente, una ragazza straniera in casa.
Ora che sapevo ciò che c'era sotto, mi sentivo maggiormente in colpa per ciò che avevo combinato, perché avevo tolto ai miei la possibilità di realizzare un sogno, quando loro, invece, mi supportavano in tutto e per tutto.
Sam, dal canto suo, non mi rivolgeva la parola, ma lo vedevo sereno e quasi sempre sorridente davanti allo schermo del cellulare a messaggiare con qualcuno. Avendo sentito qualche conversazione tra lui e la mamma, sapevo che si sentiva ancora con quella ragazza italiana, alla quale si erano affezionati tanto velocemente, ed ero venuto a conoscenza che ogni tanto usciva con lei.
Da quello che avevo capito, adesso alloggiava, in attesa di trovare una sistemazione migliore, in un motel poco fuori Londra e aveva trovato lavoro in uno Strarbucks Coffee per riuscire a mantenersi.
I sensi di colpa mi stavano uccidendo da dentro, quindi avevo deciso di rimediare allo sbaglio che avevo commesso andando alla sua ricerca per tutta Londra, per poterla convincere a tornare a casa. Mi sarei persino sacrificato, ospitandola nella mia dépendance. Tutto ciò, a patto che lei avesse rispettato la mia privacy e non mi avesse venduto a nessuna testata giornalistica.
Volevo riconquistarmi la fiducia della mia famiglia passo passo e per questo motivo non chiesi nemmeno a Sam dove la potessi trovare, ma vagai per tutta la città alla sua ricerca per svariati giorni.

Quel pomeriggio, mentre tornavo da un pranzo di lavoro e mi dirigevo a piedi verso la mia casa nel cuore di Londra, passai casualmente per Vigo Street fermandomi ogni tanto ad osservare le vetrine delle grandi firme e quando arrivai vicino alla boutique della Burberry pensai che proprio lì accanto si trovava uno Starbucks. Così lasciai perdere i capi d'abbigliamento e mi diressi verso quel bar e, appena entrato, rimasi un po' perplesso dall'eleganza che caratterizzava quel luogo. Solitamente i bar sono molto moderni, mentre questo aveva le pareti color rosso borgogna e dei divani chester che davano al locale un tocco di classe.
Lentamente mi diressi verso un tavolo libero, lontano dagli sguardi indiscreti e dalle vetrine, e vi presi posto. Dopo aver letto un paio di messaggi che mi erano arrivati, posai il mio iPhone sul tavolo e presi il menù lì vicino per scegliere cosa ordinare. Mentre ero immerso nella lettura per la mia scelta, si avvicinò qualcuno che cercò di attirare la mia attenzione.
«Buon pomeriggio, Signore. Posso prendere la sua ordinazione?» Mi domandò una voce femminile con uno strano accento inglese. Avevo già sentito questa voce da qualche parte, così quando abbassai il menù per dare il mio ordine, rimasi come folgorato.
L'avevo trovata. Finalmente, dopo una settimana estenuante di ricerca l'avevo trovata. Ma ora che lei si trovava davanti a me, in carne ed ossa, non riuscivo più a tirar fuori la voce, nemmeno per salutarla, e il discorso che mi ero preparato se n'era andato a farsi benedire.
D'altro canto, anche lei, come me, era sorpresa di vedermi lì; ma la sua espressione stupita mutò troppo in fretta, facendola tornare ad un atteggiamento serio e professionale.
«Ripasso tra poco, visto che non ha ancora scelto niente.» Disse per poi voltarsi, ma prima che si allontanasse dal tavolo la richiamai per darle l'ordine e poi, dopo averla vista scarabocchiare sul taccuino che aveva in mano il nome del frappuccino che avevo chiesto, scomparve nella stanza situata dietro al bancone.
Nel frattempo che aspettavo la mia ordinazione, mi ero accorto di qualche occhiata curiosa che stavo ricevendo e di alcuni commenti che le persone sedute lì vicino stavano facendo sottovoce... come se io non avessi le orecchie per sentire ciò che dicevano sul mio conto o occhi per vedere chi stavano indicando. Quello che però mi infastidì più di tutto furono i commenti poco carini che fecero su quella povera ragazza che era venuta per chiedermi cosa desideravo prendere.
Dopo un paio di minuti la vidi comparire nuovamente nella sala con in mano un vassoio contenente una bottiglia d'acqua, un bicchiere e il mio frappuccino. La ragazza si avvicinò al mio tavolo e cominciò a poggiare velocemente sul ripiano tutto ciò che aveva in mano, mantenedo, però, lo sguardo basso, e, non appena lasciò anche l'ultimo oggetto che aveva nel vassoio, si voltò immediatamente per defilarsi. Fortunatamente i miei riflessi furono pronti e, non appena fece un passo per andarsene, allungai una mano e la bloccai per un polso, facendola, di conseguenza, voltare verso di me.
«Aspetta.» Le dissi, solamente.
Lei si voltò verso di me e, sempre mantenendo lo sguardo basso, mormorò «Devo andare. Sto lavorando.»
Lei fece per voltarsi nuovamente, ma la bloccai nuovamente. 
«Devo parlarti.»Le dissi brusco, ma lei scosse la testa in senso negativo.
Aveva ragione. Infondo, se fosse successa anche a me una cosa del genere, neanche io avrei voluto più avere a che fare con l'autore di tutti i miei problemi.
«Lasciami andare. Non posso e non voglio parlare con te e se mi trattieni ancora, mi farai solamente licenziare.» Mi disse con un tono tagliente, mentre liberava il suo polso dalla mia presa.
«Ti prego. » Le dissi disperatamente. «A che ora finisci il turno?»
Non potevo perdere l'occasione di parlarle, ora che l'avevo trovata. Pensavo che non mi avrebbe risposto e che avrebbe scosso nuovamente la testa, invece, capendo che non me ne sarei andato facilmente senza averle parlato, mi disse flebilmente «Tra mezz'ora».
«Allora ti aspetto qui.» La informai, per poi lasciarla tornare al suo lavoro.

Giulia's P.O.V. 

In quel momento tante domande stavano affollando la mia mente. Perché era qui? Come aveva fatto a trovarmi? Era stato Sam a dirgli dove lavoravo? Di che cosa voleva parlarmi? Ma la domanda che mi stava assillando di più era perché cercava proprio me, visto che era stato lui stesso a cacciarmi da casa sua. Ero confusa dal suo atteggiamento e non sapevo proprio come comportarmi. Non appena mi aveva lasciato libera, ero corsa nel retro per aiutare Emily a preparare altre miscele per i frappuccini.
Quando sono andata via da casa Bower, ho cercato un qualsiasi lavoro che mi potesse permettere di mantermi qui a Londra e di pagare le bollette e l'affitto della camera del motel dove alloggiavo. Dopo tre giorni di ricerca, chiesi nuovamente a Emily se avesse visto in giro qualche annuncio e lei mi rispose affermativamente, trascinandomi dopo le lezioni allo Starbucks dove adesso lavoravamo entrambe dopo il termine delle lezioni in accademia. Io lavoravo per necessità, mentre lei per mettersi qualcosina da parte e per «non lasciarmi ad affrontare tutto da sola».
Dopo due settimane passate insieme, potevo affermare di aver trovato in lei una buona amica e cominciavo a fidarmi. Inoltre le avevo fatto conoscere Sam e ogni tanto uscivamo in giro per Londra. Stavamo diventando un trio inseparabile, visto che non passava un giorno in cui non ci sentivamo per telefono o non ci incontravamo per fare un giro per la città.
«Chi è quel figo che ti ha trattenuta per chiederti il numero?» Mi chiese la mia pazza amica, non appena mi vide rientrare in cucina e appoggiarmi con il corpo alla porta chiusa alle mie spalle.
«Non mi stava chiedendo il numero.» Risposi leggermente alterata dalla sua insinuazione. Mi aveva cacciata di casa, quindi figuriamoci se mi avrebbe mai potuto chiedere il numero di telefono. Inoltre non ero per niente il suo tipo: lui era molto altezzoso e viziato ed io una semplice ed umile ragazza che aveva sempre dovuto lottare per ottenere le cose che desiderava.
«Se non ti ha chiesto il numero, allora che cosa voleva da te?» Mi domandò, smettendo per un momento di girare la crema che aveva nella pentola davanti a sé, per girarsi a guardarmi.
«Non lo so nemmeno io che cosa vuole.» Sospirai, facendo un'alzata di spalle per farle capire che davvero non conoscevo il motivo per cui era qui.
«Come non lo sai?! Allora, chi è?» Mi chiese ancora più incuriosita dalla mia risposta.
Sospirai nuovamente prima di risponderle «Colui che mi cacciata di casa».
«Aspetta, tu adesso mi stai dicendo che quel figo biondo seduto al tavolo quattro non è qui per chiederti il numero, ma è, in realtà, quel bastardo che ti ha buttata fuori di casa, col rischio di farti tornare in Italia?!» Esclamò alzando la voce di un'ottava.
«Esattamente.» Dissi rimettendomi in piedi per poi andare a prendere il barattolo con il cacao in polvere e avvicinarlo alla postazione della mia amica.
«Ha detto che vuole parlarmi.» Dissi dopo un paio di minuti trascorsi in silenzio a lavorare.
«E tu che gli hai risposto?» Mi chiese voltando il capo verso di me, mentre io rimasi concentrata a mescolare il latte caldo con il cacao.
«Gli ho detto che stavo lavorando e che non potevo fermarmi a chiacchierare, altrimenti mi avrebbero licenziata.» Dissi con falsa calma, perché effettivamente mi stava torturando il fatto di voler conoscere il vero motivo per cui si trovava qui. La mia amica sbuffò e uscì fuori dalla cucina per poter andare a servire i frappuccini che nel frattempo le erano stati chiesti di preparare, mentre io continuai il mio lavoro tranquillamente.
Ad un tratto, però, sentì la porta sbattere e questo mi fece spaventare non poco. Quindi mi portai una mano sul cuore per far rallentare i battiti e mi girai verso la fonte del rumore, per poi ritrovare la mia amica appoggiata alla porta con la bocca aperta.
«Che succede? Sembra che tu abbia visto un fantasma.» Le dissi ridacchiando per la sua buffa espressione.
«Lu...Lui è an...ancora qui.» balettò scioccata.
«Lui chi?» Chiesi non capendo a chi si riferisse.
«Lui! Il tuo padrone di casa!» Sussurrò.
«Davvero?» Domandai sorpresa. Ormai pensavo che avesse perso le speranze. Era passata più di mezz'ora da quando ero entrata in cucina per dare una mano ad Emily e sinceramente non mi ero nemmeno resa conto che era finito il mio turno.
«Penso che sia davvero una cosa importante, se è rimasto qui ad aspettarti.» Mi disse la mia amica, avvicinandosi. «Inoltre il tuo turno di lavoro è terminato. Tra mezz'ora arriva Rob e così anch'io vado a casa.»
«E quindi? Che cosa dovrei fare secondo te?» Le domandai non seguendo la sua logica del mettermi fretta per farmi andare via.
«Cosa devi fare?! Devi andare a parlare con lui!» Mi urlò, mentre mi slacciava velocemente il grembiule e mi spingeva verso la porta. Mi consegnò il mio giubbotto di pelle nera e la mia borsa dello stesso tessuto e dello stesso colore dell'indumento che mi era stato messo in mano. Inoltre mi disse, mentre mi consegnava un caffè, che per qualsiasi cosa lei ci sarebbe stata e che mi avrebbe chiamata quella sera stessa per sapere come era andata la nostra conversazione.
Così, sospirando, indossai il giubbotto, sistemai i manici della borsa nell'incavo del gomito sinistro, mentre con la mano destra reggevo il caffè e con quella opposta reggevo saldamente il cellulare. Salutai Emily con un bacio sulla guancia ed uscì lentamente dalla cucina per poi dirigermi verso il tavolo del fratello di Sam.


To be continued...

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Buon pomeriggio a tutti!
Finalmente, tra un'ora di pausa e l'altra a lavoro sono riuscita a finire di scrivere il capitolo e a pubblicarlo.
Inoltre vi posso anticipare che ho quasi ultimato il prossimo, quindi, probabilmente tra due settimane sarà tutto vostro.
Passando a parlare del capitolo...
Giulia ha trovato un lavoro che l'ha condotta a stringere una forte amicizia con Emily e a delle belle sorprese, come Jamie!
Il bell'attore è tormentato dai sensi di colpa. chissà se riuscirà a farsi perdonare.
Che cosa succederà?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Spero che continuerete a seguire questa storia.

Vi ricordo la mia pagina facebook dove potete seguire e trovare news, curiosità e spoiler riguardanti le mie storie e i personaggi, così se avete delle domande da fare potrete scrivermele direttamente qui e non solo nelle recensioni: →
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Ora vi lascio andare
A presto!
La_Folie
   
 
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