CAPITOLO
3
Elisabeth
continuava a camminare avanti e indietro per il
salotto. Ogni pochi secondi il suo sguardo cadeva sul cellulare,
stretto in
mano.
Sapeva
di star esagerando. Altre volte Yuuki era rimasto
fino a tardi con gli amici, qualche volta cenava anche con loro. Ma
questo non
riusciva a tranquillizzarla.
Se
gli fosse successo qualcosa? Se fosse successo qualcosa a
tutti i Maestri della Luce? Potevano
essere stati scoperti da chi aveva cercato di uccidere Yuuki cinque
anni prima!
Potevano essere stati rapiti. O peggio…
La
ragazza gettò il cellulare in un angolo del divano e si
sedette dal lato opposto, la testa tra le mani. Era da quella mattina
che aveva
una strana sensazione. Quasi un presagio. Non ci aveva pensato molto,
ma ora
cominciava a credere di aver sbagliato a non parlarne con Yuuki.
Alzò lo
sguardo.
Squilla.
Se
solo fosse dipeso da quell’ammasso di circuiti.
Lentamente,
riprese il cellulare e riprovò a chiamarlo
un’altra volta. Quasi non si sorprese quando
squillò a vuoto.
Stava
per rilanciarlo contro i cuscini, ma si accorse di una
notifica nella sua casella di posta elettronica.
Era
di Yuuki.
Aggrottò
la fronte. Perché le aveva inviato un’email? Un
messaggio era decisamente più semplice.
Allungò
il dito per aprire la busta digitale. Una soffusa
luce verde apparve sullo schermo. Si fermò e
sbattè le palpebre. Alzò lo
sguardo e vide volteggiare davanti a sé una piccola farfalla.
Una
farfalla verde. Luminosa.
Cominciava a credere di essere veramente esaurita.
Ignaro
del suo turbamento, l’insetto si diresse verso la
finestra seguito a ruota da una perplessa Elisabeth. Si
fermò di scatto. Per un
attimo aveva creduto di intravedere una ragazza al posto della
farfalla. Una
ragazza mostruosamente simile a Kajitsu Momose. Ma non era possibile.
La
farfalla continuava a volteggiare, ora ad un ritmo
diverso. Più frenetico, meno aggraziato. Fosse stata una
persona, Elisabeth
avrebbe detto che era stizzita o nel pieno di un attacco di panico.
Dopo
qualche volteggio insicuro, l’insetto tornò verso
di lei.
“Gran RoRo– ”
Elisabeth
arretrò di scatto e si guardò attorno. Era sola
in
quella stanza. Le farfalle non parlavano. Non poteva essere stato
l’insetto. La
ragazza tornò a voltarsi ma la farfalla davanti di lei si
dissolse in scintille
verdi.
Che
cosa diamine era successo? Non riusciva a crederci.
Forse presto si sarebbe svegliata e si sarebbe accorta che quei pochi
folli
minuti erano solo un sogno. Prima l’email di Yuuki,
poi…
Tornò
a guardare il messaggio ancora chiuso. Che le due cose
fossero collegate? Ancora scossa e confusa, Elisabeth si rimise a
sedere sulla
poltrona. Tenendo il cellulare stretto in mano, prese un respiro e
aprì il
messaggio.
“Elisabeth,
se stai leggendo questa email significa che sono tornato a Gran RoRo.
Oppure tu
e Mai vi state divertendo ad hackerare il mio
account…”
Un
sorriso sorse spontaneo sulle sue labbra. Allora era
vero. I Maestri della Luce erano tornati a Gran RoRo. Non
poté evitare, davanti
a quella consapevolezza, di sentirsi triste. Aveva sempre sperato che
un giorno
avrebbe visto anche lei il Mondo Altrove.
Non
era sicura di poter mai avere il coraggio di lasciare la
sua vita alle spalle, ma era sempre stato divertente immaginarlo. Senza
contare
il pensiero di fare un vero duello.
Il
suo sorriso vacillò. Yuuki le sarebbe mancato. I loro
duelli, le chiacchiere durante i pasti. E le sarebbe mancata Mai,
un’amica
trovata nel luogo più inatteso.
“Buona
fortuna Yuuki.” Si obbligò a sorridere ancora.
Doveva
essere felice per loro. “Buona fortuna Maestri della
Luce.”
E
si rimise a leggere la continuazione dell’email, ma
incapace di smettere di pensare che sarebbe stato bello se, anche lei,
fosse
stata un Maestro della Luce.
===============================================================================================
Aprirono
gli occhi. Davanti a loro c’era una distesa di
alberi. Oltre ad essi, si intravedevano rilievi montuosi color
rosso-marrone. A
Hideto ricordarono l’Australia e il Gran Canyon.
Istintivamente,
alzarono lo sguardo verso l’alto e, oltre le
chiome verdi, videro il cielo azzurro. Un cielo luminoso anche se privo
di
sole.
Dentro
di loro, stavano scoppiando dalla gioia. All’esterno,
facevano fatica a muoversi perché era veramente difficile
credere che dopo
tutto quel tempo fossero veramente lì. Erano tornati a Gran
RoRo. Quei luoghi,
soprattutto a Hideto, erano incredibilmente familiari. Li aveva
percorsi per un
po’ di tempo con quella banda di ladruncoli. Fortunatamente
poi aveva
incontrato Dan e Clarky.
“Non
vorrei sbagliarmi, ma questo posto –”
Non
riuscì a finire. Mai lo abbracciò di slancio,
seguita a
ruota da Kenzo. Insieme scoppiarono a ridere, quasi si misero a saltare
sul
posto. Dopo un attimo, Mai strattonò anche Yuuki
nell’abbraccio di gruppo. E non
importava se il Guerriero Bianco non apprezzava molto le manifestazioni
di
affetto così plateali. Erano a Gran RoRo.
Sapevano
che non sarebbe stato facile. Ma insieme e con
Battle Spirits avrebbero fatto del loro meglio.
Si
separarono e tornarono a cercare un punto di riferimento
qualsiasi.
“Siamo
senza dubbio in una delle aree del Regno di Rubino.”
Kenzo
annuì alle parole di Yuuki e continuò a fissare
il
sentiero tracciato sotto i loro piedi. Partiva dal nulla e finiva nel
niente.
Non che ci fosse da sorprendersi che quel luogo fosse poco trafficato.
Il regno
di Rubino era il meno popolato e i villaggi si concentravano
soprattutto vicino
ai corsi d’acqua.
Mai
si sistemò meglio la borsa sulla spalla, rimpiangendo di
essere andata in spiaggia e di ritrovarsi ora con un paio di infradito,
per di
più già messo a dura prova dalla corsa in
città. “Che si fa?”
Hideto
si dondolò sui piedi, senza sapere bene cosa
rispondere. Fu allora che notò qualcosa. Scrutando in quella
direzione,
intravide quello che sembrava un edificio.
“Lì
c’è qualcosa!”
Senza
esitare, si diressero verso il punto indicato.
L’edificio non era altro che una baracca pericolante
circondata da alberi
divelti o anneriti. Dietro, la parte rocciosa mostrava chiari segni di
frana.
Nell’insieme, lo stato pietoso della casa era ben
giustificato. I vetri erano
rotti, una parte del tetto era crollata per il peso delle macerie e
buona parte
delle assi era annerita dalle fiamme. Non c’era da
sorprendersi che fosse
abbandonata da così tanto tempo.
Hideto
si fermò a quella che sembrava l’entrata e si rese
conto che l’interno, se possibile, era in condizioni ancora
peggiori. Vetri
rotti e legni anneriti si mischiavano ai frammenti di roccia, il tutto
sovrastato da quelli che, con molta fantasia, si poteva intuire essere
i resti
di un piano superiore e del tetto.
Quando
il Guerriero Blu tornò a voltarsi verso gli amici, si
accorse che Kenzo aveva trovato una specie d’insegna semi
sepolta da terra ed
erba. Lui e Mai stavano cercando di ripulirla. Un attimo dopo, i due
trasalirono. La ragazza si voltò verso di lui.
“Era
uno dei ritrovi per duellanti di Battle Spirits.”
Tutti
spostarono di nuovo lo sguardo sui legni sconnessi e
anneriti.
“Perché
l’hanno lasciata andare in rovina in questo modo?”
Nessuno
di loro sapeva cosa rispondere alla domanda di
Kenzo. Yuuki, nel frattempo, aveva cercato di capire perché
quel luogo gli
sembrasse così familiare. Provò ad immaginare
come potesse essere stato e i
ricordi affiorarono nella sua mente.
L’oste alzò lo
sguardo, curioso di sapere chi si avventurasse per i boschi in
prossimità del
tramonto. Tra soldati e briganti, c’erano pochi pronti a
correre il rischio.
Era un ragazzo. Decisamente non del regno e decisamente qualcuno
d’importante,
visto com’era vestito.
“Cosa posso fare per
voi?”
Il ragazzo si limitò a
posare una carta sul bancone, spingendola verso di lui. Il granroriano
la prese
e non poté evitare di sgranare gli occhi. Yggdrasill,
Cavaliere d’Acciaio. Era
una carta rara, soprattutto in quelle zone. Pochi l’avrebbero
maneggiata con
così tanta disinvoltura. Dopotutto, per avere carte
così rare dovevi andare nei
centri maggiori o in un altro regno: due eventualità
altrettanto rare per gli
abitanti del regno rosso. E quelli erano solo i modi onesti per
ottenerla…
“Interessante. Cosa
dovrei farmene?”
Il ragazzo si allontanò
verso la porta. Dopo pochi passi, tornò a fissarlo.
“Consegnatela ad un
ragazzo che presto passerà di qua. È il Guerriero
rosso.”
L’oste faticò a non
guardarlo come se fosse pazzo. Tutti sapevano che i Maestri della Luce
erano
una leggenda. Certo, c’era qualche avventore che affermava di
averne incontrato
uno qualche decina di anni prima. E, poi, c’era Magisa.
Sempre pronta a
riempirgli la testa di vecchie leggende e a confermargli la loro
esistenza.
Dovevano bazzicare altri regni però: lui, in tutti i suoi
anni di vita, non ne
aveva mai visto nessuno.
“Come dovrei
riconoscerlo? E se mi chiede chi gliel’ha
lasciata?” Non fosse venuto nessuno,
poteva sempre venderla e ricavarne un piccolo gruzzoletto.
“Lo riconoscerete,
fidatevi. Il resto non è un problema che vi
riguarda.”
Tornò ad avviarsi
verso l’uscita e si fermò sulla porta.
“Un’ultima cosa. Vi
consiglio di fare come vi ho detto. Ingannatemi e io verrò a
saperlo.”
Un brivido corse su
per la schiena dell’oste. Yuuki uscì dalla locanda
e si avviò con passo rapido
verso una radura poco distante, incurante delle tenebre che si
allungavano tra
gli alberi.
Ad attenderlo, c’era
una ragazzina di qualche anno più giovane di lui,
tranquillamente seduta su di
un tronco. Non appena lui comparve, si alzò sorridendo.
“Yuuki, fratello mio.”
Con pochi passi, la affiancò.
“Tutto procede secondo i nostri piani, Kajitsu. Non resta che
attendere il suo
arrivo.”
Il ragazzo osservò le
ombre sempre più veloci del crepuscolo. Porse un braccio
alla sorella e le
sorrise.
“Si è fatto tardi.
Torniamo a casa, sorellina.”
Kajitsu annuì e posò
la mano sul suo braccio. Un attimo dopo, i due furono avvolti da uno
sciame di
farfalle e scomparvero senza lasciare alcuna traccia della loro
presenza.
Yuuki
si voltò verso la direzione in cui si intravedeva
ancora il deserto. Poco lontano da lì aveva affrontato Dan.
Quel giorno, non si
sarebbe mai aspettato che lui sarebbe diventato il suo primo vero
amico. Ma non
poteva farsi distrarre dalla nostalgia.
Kenzo
posò a terra l’insegna. “Quanto mi
piacerebbe ci fosse
qualcuno da queste parti. Avrei un sacco di domande da
fargli.”
“Io
non vedo nessuno a cui farle. Ma se hai imparato a
parlare con le piante…”
Il
ragazzino guardò Hideto di traverso, che faticava a
trattenere una risata. Aprì, bocca per rispondergli per le
rime ma la voce di
Yuuki lo interruppe. In quegli anni, Mai e Yuuki erano diventati
bravissimi a
percepire le avvisaglie di quelli che potevano diventare interminabili
battibecchi tra i due e riuscivano quasi sempre a spegnere il fuoco sul
nascere.
“Conosco
questa zona. Dovremo camminare per un po’ prima di
trovare qualche luogo abitato.”
Non
si poteva dire che quell’idea andasse a genio a qualcuno
di loro. Ma sapevano di non avere molta scelta. Si incamminarono
così verso
l’interno del bosco, in cerca di un sentiero qualunque.
Sembrava un’idea di
certo migliore che mettersi a vagare nel deserto. Dovevano pur in
qualche modo
racimolare qualche notizia sulla situazione di Gran RoRo, visto che
Magisa
aveva pensato bene di non presentarsi.
Camminavano
in silenzio, nessuno avrebbe ben saputo cosa
dire e, dopotutto, ognuno doveva ancora fare i conti con
l’ondata di emozioni
che tornare a Gran RoRo aveva provocato. Almeno il fatto di aver
avvisato le
loro famiglie li rassicurava. Non avrebbero mai voluto perdere il
rapporto con
loro, così faticosamente ritrovato.
I
quattro si fermarono di colpo e cercarono di individuare
la direzione di un fioco rombo, debole ma perfettamente udibile. Non ci
volle
molto che crescesse sufficientemente d’intensità
per capire cosa fosse:
un’astronave.
Fecero
appena in tempo ad alzare lo sguardo. Un’astronave
passò sopra di loro, sollevando polvere e foglie che
turbinarono attorno a
loro.
Mai
si sentì mancare il respiro. L’avrebbe
riconosciuta tra
mille: era la sua bellissima Limoviole.
Il
gruppo la seguì con lo sguardo mentre rallentava e si
abbassava oltre agli alberi. La cromatura viola si intravedeva tra gli
alberi e
anche gli altri arrivarono alla stessa conclusione di Mai.
“Andiamo!”
La ragazza non aspettò neppure la loro risposta.
Il suo entusiasmo era contagioso e anche gli altri si affrettarono a
seguirla.
“E
se è una trappola?”
Mai
cercò di scacciare quel pensiero. Non voleva neppure
presupporre che, anche a Serjou, potesse essere successo qualcosa. Non
dopo Dan
e Clarky.
“Non
lo sarà.” E voleva crederci con tutte le sue
forze.
“Non possiamo escludere che sia stata mandata da
Magisa.”
Con
il cuore in gola e mille domande, i quattro intravidero
la radura in cui era atterrata l’astronave. E non ci fu
più alcun dubbio che
fosse la Limoviole.
Una
volta raggiunto il limitare degli alberi, si fermarono.
Sapevano che avanzare era troppo pericoloso. Negli alberi, almeno,
avrebbero
avuto qualche chance di scappare. Osservarono l’astronave e
Mai strinse le mani
sui manici della borsa. Erano fin troppo evidenti i graffi e i danni di
armi da
fuoco che martoriavano le fiancate.
Stong
Il
gruppo sussultò, colto di sorpresa dal rumore del
portellone che si abbassava, e si mise sulla difensiva. Pronti a
scappare o ad
estrarre i propri mazzi, sperando che funzionasse ancora a quel modo.
Dopo
alcuni istanti lunghissimi, due persone apparvero e la
prima fece comparire un enorme sorriso sul volto di Mai. I due ci
misero pochi
per accorgersi di loro.
“Maestri
della Luce, sono onorato di potervi incontrare di
nuovo.”
La
Guerriero Viola non attese altro e percorse la distanza
che li separava, gettandogli le braccia al collo. A Serjou, colto alla
sprovvista, ci volle un attimo per ricambiare.
“Serjou,
non sai quanto sono felice di vederti!” Mai si
staccò da lui. Era a dir poco raggiante, facendo risaltare
ancora di più la
solita compostezza del granroriano.
“Sono
lieto anch’io di vederla, Lady Viole, e di constatare
che siete sempre più splendida.”
Hideto
finse una tossita. “Ovviamente sono lieto di rivedere
anche voi. È difficile trovare persone altrettanto
speciali.”
“Se
non vi dispiace, ci sarei anche io.”
I
Maestri della Luce si ricordarono solo in quel momento che
Serjou non era sceso da solo e la loro attenzione si
concentrò sul secondo
passeggero della Limoviole.
Era
alto, ad occhio e croce superava di un buon palmo lo
stesso Yuuki che era il più alto tra di loro. Ed era senza
dubbio un abitante
del villaggio Gurii, lo stesso di Zungurii: pelle ambrata, capelli
castani,
fisico robusto. A guardarlo, c’era qualcosa di familiare ma
nessuno di loro
riusciva a capire perché.
Il
granroriano ridacchiò vedendo le loro espressioni
confuse. “Non mi riconoscete?”
“No?”
Kenzo aggrottò la fronte, gli sembrava di non star
capendo qualcosa che sarebbe dovuto essere estremamente ovvio.
“Ammetto
che sono cresciuto un po’. Zungurii, non
ricordate?”
“ZUNGURII?”
Mai,
Hideto e Kenzo erano letteralmente scioccati e anche
leggermente imbarazzati di non essersi resi conto delle somiglianze.
Solo Yuuki
era riuscito a reagire meglio a quella rivelazione, l’unico
tra di loro che
conosceva un po’ meglio la peculiarità del tempo
su Gran RoRo. Dopotutto,
nessuno aveva dato loro la certezza che anche lì fossero
trascorsi gli stessi
anni della Terra.
Il
granroriano scoppiò a ridere vedendo le loro espressioni.
Non si era aspettato una simile reazione da loro, ma era alquanto
soddisfacente. Probabilmente il loro primo viaggio non era bastato per
permettere loro di afferrare il concetto di tempo su Gran RoRo.
“Cresciuto?
Stentavamo a riconoscerti!” Kenzo sbottò
irritato, più che altro con sé stesso per non
essersi ricordato di come
funzionasse Gran RoRo. Lo aveva anche studiato nel futuro.
Mai,
assorbita la rivelazione, si voltò verso Serjou.
“È
stata Magisa a mandarvi? Quando possiamo incontrarla?”
Quella
domanda attirò anche l’attenzione degli altri che
mostrarono la stessa espressione carica di aspettativa delle ragazza.
Serjou e
Zungurii si scambiarono uno sguardo preoccupato e il secondo non
riuscì a trattenere
una leggera smorfia, un cenno inequivocabile che chiedeva a Serjou di
prendersi
quel compito.
“In
un certo senso, possiamo dire che sia stata Maga Magisa
a mandarci qui. Temo, però, di non sapervi dire quando
potrete incontrarla. Ci
sono molte cose che dovete sapere.”
A
nessuno di loro sfuggì il tono grave del granroriano e
questo non fece che aumentare le domande che affollavano la loro testa.
Se era
successo qualcosa a Magisa, che possedeva il Nucleo Progenitore, cosa
si
potevano aspettare?
“Che
cosa è successo?” Kenzo non era sicuro di voler
avere
una risposta.
“Ogni
vostra domanda avrà la sua risposta, ma non è
questo
il luogo adatto. M.A.I.A. aspetta solo che risaliamo per riattivare i
motori.”
Mai
alzò un sopracciglio. “Maia?”
“Esatto,
Lady Viole. Multipurpose Advanced Intelligence
Android. M.A.I.A.”
Kenzo
si voltò di scatto verso Serjou, tanto che Hideto si
sorprese che il collo dell’amico non si fosse spezzato con un
sonoro crack.
“C’è
un’intelligenza artificiale?” Il ragazzino stava
letteralmente saltellando sui piedi e sembrava sul punto di fare una
corsa per
la Limoviole.
“È
l’ultimo miglioramento apportato. È in grado di
gestire
in modo remoto tutti i sistemi dell’astronave, controllando
in tempo reale i
parametri e i possibili danni.”
La
Guerriero Viola socchiuse gli occhi, incrociò le braccia
e cominciò a tamburellare per terra con un piede. Riusciva
davvero a incutere
timore.
“Non
mi sembri funzioni bene, allora. Potete spiegarmi come
mai le fiancate della Limoviole
assomigliano ad un colabrodo?”
Zungurii
si passò una mano tra i capelli.
“Diciamo
che non abbiamo avuto il tempo per sistemare i
danni… dopo che voi ve ne siete andati, le cose hanno
cominciato pian piano a
complicarsi.”
Hideto
sbuffò. Non che si aspettassero rose e fiori, ma la
situazione che si stava delineando era sempre più fosca.
“Immagino
che neanche di questo possiamo parlarne qui.
Giusto?”
Un
sottile ronzio sottolineò le sue ultime parole. Prima che
uno di loro si potesse chiedere che cosa fosse, si parò loro
davanti quello o
quella che poteva essere soltanto che M.A.I.A. Era un piccolo robot,
poco più
grande di un pallone ma di forma più ovale e schiacciata. La
superficie era
viola metallizzata e le parti argentate e nere costituivano
probabilmente i
suoi sensori esterni. La parte anteriore aveva uno stretto display su
cui erano
visualizzate due macchie verde acqua che sembravano rappresentare due
occhi.
Macchie i cui pixel avevano reso l’espressione del robot
piuttosto stizzita.
“I sensori a lungo
raggio hanno individuato la presenza
di un’astronave in avvicinamento.”
Kenzo,
che in quegli anni aveva guadagnato qualche
centimetro, si fiondò in avanti e afferrò
l’androide tra le mani, ignorando
completamente il suo possibile umore.
Il Guerriero Verde sembrava un bambino la mattina di Natale che
contemplava il
regalo che sognava da mesi.
“Non
ho mai visto una simile tecnologia! Sulla Terra siamo
ancora ad anni luce di distanza!”
Il
suddetto traguardo tecnico-scientifico cominciò ad
emettere suoni e bip sempre più concitati, avvertimenti del
suo crescente
fastidio. Quando si rese conto che Kenzo li stava completamente
ignorando,
l’espressione dell’unità si
trasformò in due macchie rosse oblique. Un secondo
dopo, un flash di luce intensissimo abbagliò il ragazzino,
che gridò e lasciò
la presa. M.A.I.A., invece, prese a volare attorno al gruppo in modo
quasi
isterico emettendo suoni striduli.
“Forse
avrei dovuto avvisarvi che M.A.I.A. è
un’unità
piuttosto suscettibile.”
Hideto,
che si era avvicinato a Kenzo e stava cercando di
capire se il robot fosse riuscito a provocare qualche danno,
sgranò gli occhi e
sbuffò.
“Magari
avresti potuto.”
Serjou
inclinò la testa. “Non immaginavo potesse
presentarsi
una simile situazione.”
Il
Guerriero Verde, nel frattempo, stava cominciando a
recuperare la vista. Nonostante vedesse il mondo attorno a lui ancora a
macchie, la prima cosa che fece fu cercare con lo sguardo la forma del
robot.
“Come
cavolo ti è saltato in mente!”
M.A.I.A.
virò bruscamente e si parò a pochi centimetri dal
volto del ragazzino, costringendolo ad un istintivo passo indietro.
“Non sono un
giocattolo ragazzino!”
Kenzo,
sforzandosi di non farsi distrarre dal perfetto
funzionamento del suo sintetizzatore vocale, strinse le labbra e i
pugni,
offeso dal sentirsi chiamare ragazzino da quello che non era che un
ammasso di
circuiti pre-programmato.
“Sono
un MAESTRO DELLA LUCE, per tua informazione, mucchio
di circuiti bruciacchiati!”
Non
riuscì neppure a finire di parlare. Vide l’ombra
dell’androide fiondarsi ad alta velocità verso di
lui, accompagnato da un
indistinguibile insieme di suoni. Poi sentì
l’impatto con il suolo e per
qualche istante vide nero.
“Kenzo!”
Mai
e Hideto corsero subito ad inginocchiarsi verso di lui
che si era portato le mani alla fronte. Il Guerriero Blu lo
obbligò subito a
guardarlo mettendogli tre dita davanti.
“Quante
sono?”
Kenzo
strizzò gli occhi e le fissò per qualche istante.
“Tre?” E tirò su con il naso.
I
due ragazzi accanto a lui tirarono un sospiro di sollievo,
ma si ripromisero che la situazione doveva essere sistemata. Questa
volta Kenzo
se la sarebbe cavata con un bel bernoccolo e un gran mal di testa, ma
non
poteva rischiare che il robottino, piccolo e decisamente letale,
provocasse
danni peggiori.
Il
suddetto robottino, intanto, sembrò aver sbollito la rabbia
e si voltò come se niente fosse verso Serjou.
“L’astronave
è sempre più vicina. Richiesta conferma per
manovra di allontanamento.”
Zungurii,
anche lui sollevato di vedere Kenzo rialzarsi
aiutato da Hideto, accennò verso l’astronave.
“Saliamo?”
Yuuki
annuì, seguito a ruota dagli altri che stavano
guidando un ancora confuso Kenzo verso la rampa.
Quest’ultimo, che si stava
sforzando di non mettersi a piangere, stava borbottando lamenti e
offese con un
filo di voce.
M.A.I.A
sfrecciò verso l’interno mentre il gruppo la
seguiva
più lentamente. Yuuki e Hideto, salendo, ebbero
l’impressione di vedere
un’ombra allontanarsi da dietro uno dei vetri e spostarsi
verso l’interno. I
due si scambiarono uno sguardo e Hideto scrollò le spalle.
Qualunque cosa fosse
lo avrebbero scoperto presto.
Serjou,
che aveva affiancato Mai nel supporto a Kenzo, notò
anche lui l’ombra e si voltò verso i due.
“C’è
ancora qualcuno che dovete conoscere.”
Kenzo
tirò su con il naso e si massaggiò la fronte.
“Se
è adorabile
come il robot, non credo di volerlo conoscere. Non credo reggerei ad un
altro
simile incontro.”
Zungurii
trattenne una risata, soprattutto a causa
dell’espressione omicida che il Guerriero gli aveva lanciato.
“Non
credo che lei cercherà di lanciarti qualcosa
addosso.”
Kenzo
emise un sospiro di sollievo, mentre gli altri Maestri
si scambiavano un rapido sguardo. Ci sarebbe stato decisamente un
ulteriore
compagno di viaggio.
L’interno
della Limoviole
non sembrava aver risentito della mancata manutenzione esterna. Anzi,
sembrava
pressoché identica all’ultima volta che vi erano
stati. L’unica differenza era
la presenza di una ragazza, in piedi accanto ad uno dei divani. Nessuno
ebbe il
bisogno di chiedere chi fosse la lei
in questione.
La
ragazza aveva capelli verdi che le sfioravano appena le
spalle e due ciocche più lunghe che le incorniciavano il
viso. Gli occhi erano
scuri.
Non
appena entrarono, strinse la mano sulla stoffa del
divano e abbozzò un sorriso tirato.
Per
lunghi istanti, nessuno di loro disse nulla. Serjou
intanto si era diretto alla postazione di comando e aveva attivato i
motori,
liberando M.A.I.A. dal compito di controllare il pilota automatico.
Per
tutto il tempo, la ragazza non aveva smesso di fissarli
in silenzio, quasi intenta a studiarli. Mai fu la prima a fare un passo
avanti,
lasciando a Hideto il compito di occuparsi di Kenzo.
“Piacere
di conoscerti. Io sono Mai.”
“Lo
so.” La ragazza si morse un labbro. Poi sorrise di
fronte all’espressione perplessa di Mai, che stava cercando
di capire se
l’avesse mai incontrata prima.
“Mi
hanno parlato moltissimo di voi… Serjou e Zungurii. Di
tutti voi.”
“Quindi,
sai chi siamo?” Hideto si voltò verso di lei dopo
essersi assicurato che Kenzo si fosse seduto.
La
ragazza si limitò ad annuire. Anche se non era
completamente una bugia, odiava mentire. Soprattutto con quelle persone
con
cui, secondo i piani, avrebbe dovuto trascorre un bel po’ del
tempo avvenire.
Ma non voleva che la guardassero in modo diverso. Non voleva che loro
credessero
che lei fosse un’altra.
Preferiva
fare in modo che lo scoprissero il più tardi possibile, mai
sarebbe stato
preferibile per lei ma sapeva che non era possibile. Sperava solo che,
quando
sarebbe successo, avrebbe saputo come dirglielo. Non voleva neppure
pensare a
come poter convincere delle persone che sapeva
di non aver mai incontrato, ma di cui conservava suo malgrado dei ricordi.
“Rimani
solo tu da presentarti, allora.” Kenzo, pur
tenendosi ancora la mano sulla fronte, sembrava star meglio e si era
voltato
per guardare meglio la nuova compagna di viaggio.
“Perché
non ci mettiamo tutti comodi? Il viaggio potrebbe
durare un po’.” Zungurii si sedette sul divano e
fece cenno agli altri di
imitarlo.
La
ragazza non se lo fece ripetere due volte e si sedette
accanto a lui. Non appena si fu sistemata, iniziò a
torturare la stoffa della
gonna con le mani. Mai, Yuuki e Hideto si sedettero invece sullo stesso
divanetto di Kenzo. Dopo qualche istante, la granroriana
tornò a guardarli.
“Sono
Aileen Dealan e vengo dal Regno di Smeraldo.”
“Quanto
tempo viaggi con loro?” Mai afferrò un elastico
dalla borsa e si legò i capelli in una coda alta, espediente
che negli anni
aveva cominciato ad usare per stare più comoda. Era curiosa
di sapere qualcosa
in più su di lei.
“Qualche
anno.”
Hideto
lasciò vagare lo sguardo oltre le vetrate attraverso
le quali si vedeva sfrecciare veloce il deserto. Su Gran RoRo doveva
essere
decisamente trascorso molto più tempo che sulla Terra. Si
voltò verso i due
granroriani.
“Esattamente
quanto tempo è passato dal giorno in cui ce ne
siamo andati?”
Zungurii
inclinò la testa e sembrò riflettere un attimo.
Per
i Maestri della Luce era un dettaglio fondamentale, che avrebbe
influito
pesantemente nel capire che cosa avrebbero dovuto affrontare.
“Non
molto. Ventiquattro anni.” Zungurii si portò una
mano
sotto al mento. “Più o meno.”
Kenzo
sbattè le palpebre sorpreso. “Ventiquattro anni?!?
Wow.” Si sistemò con un dito gli occhiali che gli
erano scivolati sul naso.
“Cioè, è un sacco di tempo! Per noi ne
sono passati solo sei.”
Il
granroriano scrollò le spalle. “Per noi non
è così
tanto... la vita su Gran RoRo ha una durata un po’ diversa da
quella umana.”
Nessuno
di loro commentò. Lontani da Gran RoRo e dal futuro,
in quegli anni quel dettaglio gli era sfuggito di mente. Era uno di
quei particolari
che facevano sembrare assurda la scioccante scoperta che avevano fatto
nel
futuro.
“Immagino
sarete curiosi di che cosa sia successo in questo
tempo.”
I
quattro ragazzi sussultarono e tornarono a concentrarsi su
Zungurii che li guardava sorridendo. Uno dopo l’altro
annuirono. Il discorso,
però, venne interrotto ancora prima di iniziare
dall’arrivo di M.A.I.A.,
annunciata da un sottile e prolungato ronzio nell’aria. Il
robot fece un giro
attorno a loro prima di fermarsi a mezz’aria proprio davanti
a Mai.
“Prima di ogni cosa,
ritengo di dovermi scusare Lady
Viole. In questo ultimo anno avrei dovuto occuparmi meglio dello stato
dell’astronave.”
Mai
sbattè le palpebre, confusa dal tono amareggiato del
robot e convinta che non fosse lei la persona con cui il robot si
dovesse
scusare. Era di certo infastidita dallo stato della Limoviole, ma non
per
questo si sarebbe messa in cerca di un capro espiatorio. Accorgendosi
di quanto
seriamente aveva preso la faccenda M.A.I.A., la ragazza sorrise e
scosse una
mano.
“Non
preoccuparti. Non volevo accusare nessuno.”
Un
bip gioioso venne emesso dall’unità. “La
ringrazio per la sua gentilezza, sarà uno sprone per
migliorarmi.”
Mai,
a quel punto, decise che era il momento migliore per
chiedere gentilmente all’unità di evitare in
futuro simili reazioni come quella
avuta con Kenzo. Quest’ultimo, però, la
batté sul tempo con un sonoro sbuffo.
“Cerca
di migliorare anche i tuoi parametri di
comportamento!”
L’espressione
entusiasta che era proiettata sul display
cambiò nel nanosecondo che le fu necessario per voltarsi
verso di lui.
“Nell’occasione
a cui fai riferimento, ho semplicemente
attivato i miei protocolli di protezione ragazzino.”
Il
Guerriero Verde prese un profondo respiro e iniziò a
contare fino a dieci. Stupido, robot
scostante. Arrivato a cinque, decise che probabilmente non
sarebbe bastato
neppure arrivare a cento.
“Ho
un nome, per tua informazione.”
M.A.I.A.
si esibì nella perfetta riproduzione di uno
sbuffò
scocciato.
“Ovviamente. Il mio
spazio di memoria è in grado di
conservare una quantità elevata di dati. I vostri nomi sono
tutti memorizzati.
Mai Shinomiya, il Guerriero Viola. Hideto Suzuri, il Guerriero Blu.
Yuuki
Momose, il Guerriero Bianco. Lenzò Kiodò
cioè tu.”
Un’altra
che storpiava il suo nome, pensò Kenzo. E pensare
che il suo nome non era neppure particolarmente difficile. La sorpresa
e la
rassegnazione, però, passarono in un attimo e il ragazzino
saltò su dal divano
e fronteggiò direttamente il robot.
“Allora
devi avere qualche errore nella memoria. Il mio nome
è K-E-N-Z-O H-Y-O-U-D-O.
Cerca di
memorizzarlo correttamente!”
Gli
occhi stilizzati sul display si ridussero a poco più di
due linee oblique. Mai, di fronte a quella scena, nascose il viso tra
le mani.
Hideto e Yuuki si scambiarono uno sguardo esasperato.
“I miei dischi di
memoria sono in perfetto stato. Tutti i
miei circuiti sono trai migliori prodotti della tecnologia del Regno di
Diamante.
Mi aspetto formali scuse, Bonzò.”
Kenzo
distolse lo sguardo dal robot per una frazione di
secondo, desideroso di trovare qualcosa da tirare contro a quel coso
fluttuante.
“Io
mi chiamo KENZO! K-E-N-Z-O. Non è un nome
particolarmente difficile! Perché me lo storpiate tutti? E
tu lo stai pure
facendo apposta!”
L’unità
iniziò a fischiettare e si voltò di lato. “Non
so di cosa tu stia parlando.” Tornò a
guardarlo. E dall’espressione si
sarebbe detto che ghignava. “Menzò.”
“Tu.”
Il ragazzino si sentì fremere le mani.
“Tu.” Ogni
pazienza aveva un limite. Era sicuro di aver raggiunto il proprio.
“Io
ti smonto con la stanghetta degli occhiali!”
Kenzo
si fiondò sul robot, ma gli sfuggì di lato. Un
attimo
dopo, i due si rincorrevano attorno ai divani. Il ragazzino sempre
più
inferocito dai suoni di risate che M.A.I.A. stava diffondendo a tutto
volume. Era
il solo pensiero di essere umiliato da un robot che gli dava la forza
per
correre. Almeno con Stella la rivalità era stata tra
scienziati!
“Non
voglio guardare.” Mai nascose la faccia dietro un
cuscino. “Farò finta che non stia succedendo
niente.”
Hideto
sorrise e scosse la testa, ancora incredulo di fronte
alla scena. “Certo che, Kenzo, se le cerca.”
Yuuki
annuì e preferì non commentare. In quei momenti
non
riusciva ad evitare di chiedersi come diamine avessero fatto a sconfiggere il Re del Mondo Altrove.
Zungurii
e Aileen, invece, osservavano la scena alquanto
divertiti, se non leggermente confusi. Il primo, ad un certo, punto
cominciò a
ridere a più non posso, incitando ora uno ora
l’altro dei due contendenti, che
si stavano lanciando offese a tutto spiano.
Dopo
qualche minuto così, tutti si cominciarono a chiedere
quando Kenzo si sarebbe reso conto di non poter avere la meglio.
“È inutile
che cerchi di raggiungermi. Non puoi competere
con il mio sistema dei nuclei.” Il
suono di una pernacchi accompagnò la
sua ultima parola. “Realizzato dai migliori
ingegneri del Regno di Diamante.
Pura tecnologia di Gran RoRo, ragazzino. Gli allievi hanno superato i
maestri
umani.”
Kenzo
frenò bruscamente. Dopo un attimo M.A.I.A. se ne
accorse e si fermò a debita distanza. Gli altri lo
fissavano, sperando che si
fosse calmato. Mai, dopo qualche istante di silenzio, trovò
il coraggio di
guardare.
Il
ragazzino stava inspirando aria in modo affannato, stanco
della corsa e fumante di rabbia. Ma lo sguardo che aveva negli occhi
faceva
capire che non aveva deciso di arrendersi. Se non altro, sembrava aver
raggiunto il punto di rottura. Gli amici se ne accorsero e Hideto
cercò di
attirare la sua attenzione, augurandosi di poter fermare Kenzo prima
che fosse
troppo tardi.
“Kenzo
.”
“Beh,
ti do la notizia del secolo piccolo robot bisbetico. E
cerca di prestare attenzione ai tuoi piccoli sensori di riconoscimento
sonoro.”
“Kenzo
–” Riuscì appena ad alzarsi. Troppo
tardi per fermare
la vendetta.
“I
granroriani che ti hanno creato, anzi tutti i
granroriani–”
Il
ragazzino inspirò, ignorando bellamente i gesti di Hideto
che gli chiedevano di fermarsi lì. Mai, rendendosi conto di
dove voleva andare
a parare, sgranò gli occhi.
“Sono
tutti, ma dico TUTTI –” La sua parte razionale era
ormai una vocina strozzata in un angolo della sua mente.
“ESSERI
UMANI!”
Hideto
si lasciò cadere sul divano con le mani a coprirsi
gli occhi. Ora era lui a non voleva vedere le reazioni dei granroriani
presenti. Mai scosse il capo rassegnata. Non era certo quello il modo
migliorare per dare loro quella notizia. E il silenzio che
calò nella Limoviole ne
sembrò la prova.
Come
se non avessero altri problemi. Hideto voleva
risvegliarsi e accorgersi di trovarsi in una realtà
parallela. Sperava proprio
che Kenzo avesse pronta una bella spiegazione. Gli dispiaceva solo di
non aver
un po’ di pop-corn. Ci sarebbe stato da divertirsi.
Gli
occhi visualizzati sul display di M.A.I.A. erano
diventati due cerchi perfetti, tondi come due piattini. Sembrava essere
entrata
in stand-by. E non era l’unica ad avere subito gli effetti
della rivelazione.
La sua stessa espressione, con leggere varianti, era dipinta anche sui
volti di
Aileen e Zungurii. Ed erano certi che ci fosse stata una leggera
sbandata
quando le parole avevano lasciato la bocca di Kenzo. Se anche Serjou
non era
riuscito a mantenere il suo perfetto self-control, voleva pur dir
qualcosa.
L’unica fortuna era che nessuno di loro fosse un Mazoku.
Quello sì che sarebbe
stato uno spasso.
Kenzo
fu colto alla sprovvista dall’improvviso silenzio.
Lentamente, si accorse delle espressioni scioccate dei granroriani e
quelle
esasperate e rassegnate degli amici. Fu un tempo sufficiente per
riacquistare
lucidità e rendersi conto della madornale gaffe che aveva
fatto.
Deglutì.
“Ops.” Mai alzò gli occhi al cielo e li
lanciò il
cuscino che aveva in mano. L’oggetto colpì Kenzo
sulla tempia. “Ehi!”
Non
volevano restasse un segreto, ma in quel momento non era
un dettaglio fondamentale. Ora, non restava altro che affrontarlo.
Zungurii,
intanto, alternava lo sguardo tra un Maestro e
l’altro, aspettandosi che da un momento all’altro
uno di loro dicesse che era
tutto uno scherzo. Ma sui loro volti trovava solo conferme.
“Questo
significa –”, il granroriano si grattò
la testa,
“cioè io… voi…
loro”. Alla fine gettò in aria le braccia.
“Ma non è possibile!”
M.A.I.A.
scelse quel momento per riattivarsi, il display che
riusciva a rappresentare sufficientemente bene la rabbia che dimostrava.
“Ovvio che non
è possibile! Il ragazzino non sa perdere e
si inventa le stupidità più assolute!”
Mai
si accorse dello sguardo infuocato di Kenzo e intervenne
prima che il discorso potesse degenere ancora.
“Non
è facile, lo so. Non lo è stato per nessuno.
Vorrei
potervi dire che non è così, ma è la
verità.” Sorrise cercando di essere
incoraggiante. Con lo sguardo intimò a Kenzo di tornare a
sedersi.
Nel
frattempo, la velocità della Limoviole
era pian piano diminuita fino a fermarsi del tutto.
Serjou la guidò in un anfratto tra due formazioni rocciose,
sufficientemente
nascosto per tenerli al sicuro ma abbastanza aperto per permettere loro
la
fuga. Fortunatamente entro un paio d’ore sarebbe stato buio,
continuare a
viaggiare non sarebbe stato sicuro neppure per possibili inseguitori
che
avrebbe quasi sicuramente interrotto le perlustrazioni.
Il
granroriano spense i motori e attivò il sistema di
stazionamento. Poi, si alzò dal sedile e raggiunse il gruppo
retrostante
fermandosi accanto a M.A.I.A. La rivelazione era stato uno shock, ma il
tempo
passato alla guida gli aveva permesso di riprendere il controllo.
“M.A.I.A. attiva
tutti i sistemi di
monitoraggio e avvisaci nel caso qualcuno o qualcosa entri nel raggio
d’azione
dei sensori.”
Il
robot, a quelle parole, dimenticò
la disputa con Kenzo e riprese il proprio ruolo di unità di
controllo.
“Collegamento attivo.
Il
radar non rivela nessun astronave o segno vitale nel perimetro dei
sensori.
Rimango comunque connessa al sistema di pilotaggio
automatico.”
Serjou
annuì e si voltò verso i
Maestri della Luce. Kenzo era tornato a sedersi tra Mai e Hideto e
fissava insistentemente
il pavimento.
“È
una cosa che abbiamo scoperto
nel futuro.” Hideto si chiese se sembrasse così
assurdo come suonava alle sue
orecchie.
“Cosa?”
Zungurii per poco non si
strozzò con la propria saliva, confermando al Guerriero Blu
che effettivamente
quell’affermazione sembrava follia.
Lo
sguardo risentito del ragazzo
incrociò quello imbarazzato del Guerriero Verde che in quel
istante avrebbe
voluto essere completamente inglobato dal divano. Dopo aver cercato il
consenso
anche nello sguardo di Mai, Hideto sospirò rassegnato.
“Partirò
un po’ più alla lontana.
Due anni dopo il nostro addio, Kazan ci ha chiamato nella sua epoca. In
qualche
modo, un gruppo di Mazoku era riuscito a rimanere sulla Terra e nel
corso dei
secoli aveva conquistato la maggior parte del
pianeta…”
Nessuno
di loro aveva avuto
l’intenzione di raccontare la loro avventura nel futuro
così presto. Dopotutto,
la loro principale preoccupazione era scoprire che cosa stesse
succedendo a
Gran RoRo.
Ora
che, però, non potevano più
tirarsi indietro, i tre Maestri che avevano viaggiato nel futuro si
alternarono
nel racconto il più possibile succinto di quello che era
successo.
In
muto accordo, rimasero vaghi
sui dettagli che riguardavano il modo con cui avevano salvato il
pianeta e
sulle decisioni che avevano preso Dan e Clarky. Introdurre anche quella
questione sarebbe stato da pazzi. Avrebbero solo aperto un contenitore
pieno di
vecchie ferite, deboli speranze e nuovi dolori che avrebbero solo
peggiorato le
cose di fronte alla nuova missione che li attendeva. Erano
già stati fortunati
che Zungurii non avesse ancora chiesto dove fosse Dan.
Non
avevano nessuna intenzione di
tentare nuovamente la fortuna. Almeno non finché Magisa non
fosse stata con
loro. Lei era l’unica che avrebbe potuto confermare
l’ipotesi di Clarky e forse
avverare le loro speranze.
Man
mano che il racconto
proseguiva, il gruppo si era sistemato sempre più
comodamente sui divani.
Serjou aveva servito un leggero thè e Zungurii, durante una
pausa, aveva
cucinato qualcosa di veloce da mangiare.
Arrivati
al fulcro della
questione, l’apporto di Kenzo si era fatto dominante
finché, con sommo fastidio
di M.A.I.A. era rimasto solo lui a parlare.
“La
corrispondenza tra i DNA è
stata pressoché totale. La conclusione a cui siamo arrivati
è che voi siete
degli umani e l’evoluzione su Gran RoRo ha modificato
soltanto il fenotipo
esterno.” Il ragazzino picchiettò il mento con un
dito. “In realtà, noi abbiamo
potuto fare la verifica solo con i Mazoku, ma non vedo il motivo per
cui non
dovrebbero avere questa stessa origine anche tutti gli altri.”
Kenzo
schioccò le dita e sorrise,
soddisfatto della sua spiegazione e certo di aver così
rimediato alla sua
infelice uscita. Zungurii, però, non sembrò molto
convinto e M.A.I.A. si esibì
in una pernacchia che il ragazzino finse di ignorare.
Aileen
e Serjou non manifestarono
apertamente la loro opinione, ma tutti sapevano che quella rivelazione
non era
facile da digerire. La prima, dopo l’iniziale stupore, si era
mostrata
affascinata dalla possibilità di un legame così
stretto tra granroriani e
umani. Il secondo, invece, sembrava star accogliendo tutta la storia
con la
solita e inossidabile calma, anche se si vedeva che era immerso in
qualche
profonda riflessione.
Zungurii,
rendendosi conto che
Kenzo non avrebbe ripreso a parlare e che li stava guardando pieno di
aspettative, si passò le mani sul volto per poi posare i
gomiti sulle
ginocchia.
“Vediamo
se ho capito. Nel
futuro avete trovato uno dei libri che il
Re del Mondo Altrove aveva scritto e lì avete trovato
notizie confuse su… un
possibile collegamento tra la Terra e Gran RoRo in tempi molto
antichi?”
Kenzo
tentennò la testa. “Più o
meno… non saprei quantificare quanto antichi, dato che le
linee temporali dei
due mondi sono così diverse. E poi non è che
abbiamo avuto molto tempo per
dedicarci all’aspetto prettamente archeologico della
vicenda.”
Il
granroriano si passò le dita
sulle tempie, nel vano tentativo di placare l’imminente mal
di testa, e riprese
a parlare.
“Poi,
curando un Mazoku vostro alleato
avete avuto la possibilità di confrontare i DNA e vedere che
combaciavano?”
Il
Guerriero Verde saltò
entusiasta sulla punta dei piedi, puntando un dito verso Zungurii.
“Esatto!
Sapevo che avresti capito Zungurii!”
Il granroriano sorrise
orgoglioso per poi
ridacchiare imbarazzato.
“Io
veramente ho capito metà di
quello che hai detto, Kenzo… e poi che cosa sarebbe
precisamente questo DNA?”
Kenzo
pensò di aver sentito male o
che Zungurii stesse scherzando. Spostò lo sguardo sugli
altri due granroriani,
sicuro che Aileen o almeno Serjou avrebbero ammesso di starli prendendo
in
giro. Ma trovò la stessa confusione. Sbuffò e si
portò le mani ai fianchi.
“Ma
per chi ho parlato fino ad
adesso?”
Mai
portò la mano davanti alla
bocca per soffocare una risata. Lei, Hideto e Yuuki si scambiarono
un’occhiata
divertita. In quei momenti, erano più che convinti che il
karma esistesse. Il
Guerriero Blu, tornando serio per non adirare ancora di più
l’amico, cercò di
farlo ragionare.
“Lo
sai che su Gran RoRo la
cultura e le conoscenze si sono sviluppate in modo diverso. Solo
perché in
certi campi sono molto più avanzati di noi, non significa
che lo siano in
tutti.” Un sorriso piegò le sue labbra.
“Per quanto ci siano stati umani di
epoche diverse, ammetterai che il DNA possa non essere stato sulla
lista delle
loro priorità.”
Il
Guerriero Verde strinse le
labbra e alla fine annuì.
“Ve
lo spiegherò un’altra volta.
Per il momento vi basta sapere che è una sorta di codice che
tutte le creature
viventi hanno e che è alla base di tutti i processi della
loro vita.”
Detto
quello, Kenzo incrociò le
braccia e tornò a sedersi.
Serjou
si schiarì la voce e
ottenne l’attenzione di tutto il gruppo.
“Questo
non toglie che sia una
scoperta sconvolgente. Temo che, dopo tutto quello che è
successo, non tutti
l’accoglieranno favorevolmente a Gran RoRo.”
Mai,
Hideto e Kenzo annuirono,
ricordando bene come i vari Mazoku avessero reagito a quella notizia.
Era
decisamente un argomento che avrebbero fatto bene a tirare fuori solo
in caso
di necessità e, possibilmente, una volta eliminato
ciò che minacciava Gran
RoRo.
“Ma
perché siamo anche così
diversi da voi terrestri?” Aileen non riusciva proprio a
capire come fosse
possibile. E non aveva nessuna intenzione di cercare tra tutte le sue
visioni
per vedere se ci fosse qualcosa che glielo spiegasse.
“La
nostra ipotesi è che siano i
diversi influssi del Sole e del Nucleo ad aver provocato differenze
anche molto
evidenti. Senza contare che la linea temporale di Gran RoRo
è molto più lunga
di quella terrestre.”
Yuuki
si limitò ad esporre quella
che era l’unica conclusione a cui, anche parlando tra loro in
quegli anni,
erano giunti.
“Effettivamente
potrebbe essere
una spiegazione sensata. Maga Magisa ci ha più volte parlato
della differenza
tra il Sole e il Nucleo Progenitore.” Le parole di Serjou
trovarono d’accordo
sia Zungurii sia Aileen.
Tutti
in realtà avrebbero voluto
fare altre domande, risolvere almeno qualcuno dei dubbi che quella
scoperta
aveva fatto sorgere. Ma sapevano tutti che non era quello
l’importante per il
momento. Yuuki fu il primo a cercare di reindirizzare il discorso
sull’elemento
cruciale per la loro missione: gli avvenimenti di quei ventiquattro
anni.
“Credo
che ora sia meglio tornare
sul discorso principale. Se non ci informate su quanto successo a Gran
RoRo,
non credo vi potremmo essere molto utili.”
Zungurii
annuì, ma poi vide Aileen
reprimere uno sbadiglio e il suo sguardo si spostò sulle
vetrate e si accorse
che la notte era già calata. Rendendosi conto per la prima
volta di quanto
fosse stanco anche lui, si voltò verso i Maestri della Luce.
“Che
ne dite se rimandiamo a
domani?”
Le
espressioni dei quattro ragazzi
mostrarono un po’ di disappunto. Pure Aileen e Serjou non
sembravano essere
troppo convinti, anche se entrambi si rendevano conto che la stanchezza
non gli
avrebbero certo aiutati.
Il
granroriano, che era convinto
di far loro un favore, si grattò la testa.
“Pensavo
fosse meglio. Magari
domani saremo finalmente tutti insieme. Spiegare tutto due volte non mi
sembra
molto utile.”
I
Maestri della Luce si guardarono
perplessi. Chi altri si doveva aggiungere a loro? Se era di Gran RoRo o
se era
Magisa, doveva pur sapere che cosa stesse succedendo. Gli unici nuovi
arrivi
potevano essere solo i Guerrieri sostituti…
Zungurii
stava capendo sempre
meno. Non credeva che pochi anni, sei avevano detto, potevano renderli
così
strani.
“Dan
e Clarky. Pensavamo sareste
arrivati tutti assieme.” Gli umani sussultarono
impercettibilmente. “Ma se
effettivamente sono passati degli anni, avremmo dovuto immaginare che
potevate
non vivere più così vicini.”
Se
il karma esisteva, per che cosa
stavano venendo puniti?
“Avere
intanto voi è fantastico,
ma spiegare tutto una volta sarebbe un grande aiuto.”
Mai
sospirò. “Non ci saranno altri
arrivi.”
Il
granroriano si zittì di botto e
la fissò come se le fosse appena spuntata una seconda testa.
La ragazza capiva
perché reagiva così ed era d’accordo
con lui. In normali circostanze, sarebbe
stato inconcepibile pensare che Dan e Clarky non volessero tornare. Ma
quelle
non erano situazioni normali.
Per
un attimo, tutti e quattro
pensarono che forse era meglio continuare a mentire e aspettare di
essere
riuniti con Magisa, prima di sganciare la bomba. Ma con che cuore
potevano
farlo? Alimentare le loro speranze, per poi frantumarle sarebbe stato
troppo
crudele. Meritavano la verità, anche se avrebbe fatto
altrettanto male.
Hideto
le posò una mano sulla
spalla, Kenzo sorrise incoraggiante e Yuuki annuì. Mai
annuì a sua volta e
inspirò, in cerca del coraggio per dire loro la
verità. In cuor suo, sperava
solo che trovassero la forza per accettarlo più velocemente
di quanto avesse
fatto lei. E quello che la preoccupava di più era Zungurii.
“Dan
e Clarky –”, inspirò e le sue
dita strinsero una ciocca di capelli. “Non sono
più con noi.”
Serjou
chinò la testa in silenzio
e Aileen sussultò, la sua mano che stringeva con
più forza la stoffa del
divano. Zungurii, invece, boccheggiò e tentò
più volte di dire qualcosa, ma la
sua bocca si muoveva senza proferir suono. Gli occhi gli si inumidirono.
“Cosa?”
Hideto
sospirò. “Clarky è rimasto
nel futuro per impedire che i nostri sforzi fossero vani. Dan
–” Si fermò, non
sapendo che cosa dire. Sorprendendolo, fu Mai a proseguire.
“Dan
è stato Dan. Se siamo qui a
parlarvi, è merito suo. Ha salvato il futuro e tutto il
pianeta.” Gli occhi le
erano diventati lucidi, ma l’orgoglio velava le sue parole.
Kenzo,
a quel punto, chinò il capo
sentendo riaffiorare il senso di colpa che mai lo aveva abbandonato del
tutto.
“Io
e la dottoressa Stella non
siamo stati in grado di capire come veramente
funzionasse la Rampa di Lancio.”
Mai
sorrise, gli passò un braccio
attorno alle spalle e lo strinse a sé. “Non
è stata colpa vostra. Ho accettato
ormai da tempo che Dan lo avrebbe fatto lo stesso. Anzi, credo ne
sarebbe stato
ancora più convinto.”
E
forse Dan se lo era sentito. Mai
aveva avuto quel dubbio per anni, ma più ci ripensava e
più quel saluto prima
di andare sul campo di battaglia le sembrava un addio.
Zungurii
si portò le mani al viso,
faticando a trattenere le lacrime e i singhiozzi. Si sentiva un bambino
piccolo
e gli dava fastidio, ma era più forte di lui.
“Mi
aveva promesso – ”, deglutì, “
– un duello.”
Yuuki
si rivide per un attimo nel
granroriano. Non era quello l’unico duello che Dan aveva
promesso. Anche quella
loro ultima rivincita sarebbe rimasta incompiuta per sempre.
“Mi
dispiace.” Mai sussurrò
appena. La realtà era che nessuno di loro sapeva come
consolarlo. Un silenzio
caricò di tristezza calò sulla Limoviole. Anche
M.A.I.A., collegata
all’astronave, aveva percepito il cambio di emozioni e aveva
abbassato un po’
le luci.
“A
questo punto, credo che la cosa
migliore per tutti sia andare a dormire. Oggi sono successe molte cose.
Proseguiremo il racconto domani.”
Nessuno
ebbe ora la forza di
protestare contro il suggerimento di Serjou. Una notte di sonno avrebbe
certo
aiutato a schiarirsi le idee e a metabolizzare quanto successo.
SPAZIO
DELL’AUTRICE:
Salve. Ecco qui il terzo
capitolo revisionato. Come avrete notato, la parte finale non era
presente
nella vecchia versione. Inoltre, anche in questo caso, ci sono alcuni
dialoghi
e alcune scene leggermente modificate.
Se vi va, fatemi sapere che
cosa
ne pensate.
Ringrazio tutti coloro che
hanno
recensito e/o hanno inserito la storia nelle preferite o nelle seguite:
HikariBashin12, lalla20fairy,
ShawnSpenstar,
_Mamoru_ e _Secretly_scricc.
E ovviamente ringrazio anche chi solo legge.
Vi do quindi appuntamento al
prossimo capitolo, l’ultimo di questo episodio,
già bello e scritto e che devo
solo controllare. Sarà più breve di questi, ma
penso che già così ci sarà
abbastanza carne sul fuoco. Finalmente comincerete a scoprire che cosa
sta
succedendo a Gran RoRo.
A presto, HikariMoon
P.S. per quanto riguarda la questione del DNA... non ho idea se fosse veramente o no una conoscenza comune a Gran RoRo. Ripensando agli episodi, non mi sembra ne abbiano mai fatto riferimento. Mi sono quindi basata sul fatto che, nel futuro, siano stati gli umani a fare i test che hanno scoperto la corrispondenza. Dopotutto, i Mazoku, con una vita decisamente più lunga e un gran numero di umani sottomessi, se avessero avuto interessi in quel campo sono certa che lo avrebbero approfondito in tutti i secoli del loro dominio. O non si sono mai interessati o gli studi sono stati fatti e tenuti segreti alla maggioranza. Per non parlare a Gran RoRo. Questa è comunque la mia opinione, se voi avete qualche informazione in più o qualche diverso punto di vista, sarò lieta di sentirli.