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Autore: HikariMoon    07/08/2016    2 recensioni
VERSIONE RISCRITTA
Sono passati quattro anni dal ritorno dei Maestri della Luce dal futuro. Quattro anni in cui Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo hanno cercato di riprendere le fila della propria vita.
Ma è arrivato il momento che i Guerrieri di Gran RoRo tornino a combattere per i sei mondi. Guidati da una verde farfalla i quattro si ritroveranno finalmente catapultati a Gran RoRo. E ad attenderli ci saranno vecchi amici e una misteriosa ragazza.
Ben presto, si renderanno conto di come il mondo che hanno lasciato non sia più lo stesso e che molte cose non potranno più essere come prima.
Una nuova battaglia sta per iniziare, ma prima scopriranno che un’altra missione li attende: salvare una vecchia amica.
Genere: Angst, Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideto Suzuri, Kenzo Hyoudo, Mai Viole/Shinomiya, Nuovo personaggio, Yuuki Momose
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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CAPITOLO 2

Il cielo era tinto di colori soffusi. Un’atmosfera di pace e silenzio permeava il luogo, così lontano dalla città ancora addormentata.

I vialetti erano sempre deserti fino a tardi. Era solo da un paio d’anni che per l’anziano custode era iniziata una puntuale consuetudine.

Il sole sorgeva, lui andava ad aprire il cancello e il ragazzo arrivava. Silenzioso, sostava all’unica lapide sempre piena di fiori e poi se ne andava prima che arrivassero altri visitatori.

Alzò lo sguardo dal libro e lo scorse da lontano. Trovava commovente l’assiduità con cui il ragazzo veniva a commemorare la persona che aveva perso.

Riabbassò lo sguardo sul libro e si ritrovò, nonostante tutto, a sorridere al pensiero che, come molte mattine, la solitudine del ragazzo sarebbe stata presto timidamente interrotta.

Yuuki, nel frattempo, osservava la lapide dell’amata sorella e pensava. I ricordi che lo riportavano a un tempo perduto più lontano. La memoria che faceva riaffiorare un sorriso diverso.

Sfiorò con la mano la fotografia e si rimise in piedi bruscamente, gli occhi che non riuscivano a staccarsi dalla foto.

Un rumore di passi alla sua destra lo fece voltare. Il suo sguardo incrociò quello di una ragazza, ferma poco distante. Lei sorrise e per lunghi minuti rimasero in silenzio.

“Non volevo disturbarti. Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

Yuuki sorrise, ormai rassegnato  al fatto di non poter convincere diversamente la ragazza. Una routine che si ripeteva ogni qual volta lei non aveva altri impegni.

“Elisabeth, sarei tornato a piedi, come sono venuto.”

L’interpellata scosse la testa. “Nessun problema. Mi fa piacere.”

Yuuki annuì e i due si voltarono verso la lapide, ognuno immerso nei propri pensieri. Elisabeth ogni tanto lo guardava di sottecchi e si chiedeva se mai sarebbe riuscita a capire l’enigma che Yuuki Momose costituiva. Conoscerlo da tre anni non sembrava essere sufficiente. Sembrava uno di quei personaggi indecifrabili dei romanzi che leggeva o delle favole che sua madre le raccontava. Allo stesso tempo tristi e fieri.

Forse era quello che, per un breve periodo, l’aveva convinta di provare qualcosa di più per lui. La speranza, che un giorno lui avrebbe ricambiato, aveva però avuto vita breve.  Aveva capito subito che il cuore dell’ex-Guerriero Bianco era chiuso in una barriera più invalicabile di quelle che creava con le sue carte.

Fortunatamente la loro amicizia era sopravvissuta all’infatuazione, ma da allora si era sempre chiesta perché Yuuki avesse alzato quella barriera. Per non soffrire ancora? O per proteggere ciò che custodiva?

Purtroppo non aveva trovato la risposta in ciò che lui le aveva raccontato. In un certo senso sentiva che la difficile infanzia, la sua vita a Gran RoRo e le avventure con i Maestri della Luce fossero solo la punta dell’iceberg. C’era un tassello importante del suo passato che, lo percepiva, lui non le aveva raccontato.

Forse per quello lo sentiva distante anche quando erano vicini.

Intuiva che la risposta fosse legata anche a Kajitsu, la cui ombra sembrava permeare ogni sua parola. Come onnipresente era il rimorso di non averla salvata e la sofferenza per l’impossibilità di continuare la battaglia per la verità. Ma, quando parlava di lei, c’era una luce diversa nel suo sguardo.

Come in quel momento, perso nei suoi ricordi. Quando lo guardava, provava lo stesso fastidio che sperimentava davanti ad un reperto archeologico che non riusciva a interpretare.

“Posso farti una domanda?”

Si accorse troppo tardi di aver parlato. Yuuki annuì e lei fu costretta a prendere un respiro, nel tentativo di riordinare le idee e capire che cosa chiedergli. Sapeva che non si sarebbe sfogato, le aveva fatto capire da lungo tempo che era qualcosa che doveva affrontare da solo. Ma la solita domanda fu l’unica che affiorò alla sua mente.

“Perché non riesci ancora a superare il senso di colpa?”

Yuuki la guardò e alzò un sopracciglio. Elisabeth abbozzò un sorriso e si dondolò sui piedi, iniziando a giocherellare con la borsa. Dopo qualche istante, abbassò lo sguardo sulla lapide e si chiese se non fosse stata troppo brusca e ripetitiva. Probabilmente si era stufato di avere a che fare con le sue ansie, neanche fosse sua madre.

Rendendosi conto dell’imbarazzo dell’amica, Yuuki sorrise. Ammirava la sua tenacia e il suo desiderio di comprendere le cose. Elisabeth era riuscita in quegli anni a diventare quasi una sorella per lui e il suo ottimismo era stato, insieme agli altri Maestri della Luce, ciò che aveva reso sopportabile la vita separata dal resto del mondo che era costretto a vivere.

Ma la verità era troppo complicata.

“Le avevo promesso che l’avrei protetta ad ogni costo, che saremmo riusciti a essere felici.” Mise le mani in tasca e alzò lo sguardo verso l’orizzonte.

La voce di Yuuki fece sussultare Elisabeth che si voltò verso di lui sorpresa. Non si aspettava che le avrebbe veramente risposto.

“Nessuno può controllare ciò che gli riserva il futuro.” Lei lo sapeva bene, come sapeva che bisognava sempre andare avanti.

Yuuki sospirò. Guardò un’ultima volta la lapide e s’incamminò lungo i vialetti. Elisabeth rimase immobile qualche istante, prima di raggiungerlo e affiancarlo.

“È diverso. È stata tutta colpa mia.”

Elisabeth si morse un labbro e fece per replicare, ma non trovò niente da dire. Che cosa poteva fare lei per convincerlo del contrario?

“Sarei dovuto scappare, portarla al sicuro. Invece mi sono fatto stupidamente convincere.”

Yuuki si fermò, cogliendo di sprovvista Elisabeth che avanzò di qualche passo. La ragazza si voltò verso di lui, sentendosi in colpa per averlo spinto a parlare. Rivivere l’accaduto di certo non lo aiutava.

“Non ho fatto niente per fermarla. Avrei dovuto cercare di dissuaderla.”

“Lei ha preso la sua decisione. Non pensi che come te sarebbe stata pronta a fare qualsiasi cosa per la vostra felicità?”

I loro sguardi s’incrociarono ed Elisabeth sorrise incoraggiante. Lui rimase in silenzio, consapevole che aveva ragione ma incapace di accettare che, tra loro due, fosse stata lei a pagare per le loro scelte. Avrebbe meritato lei una vita normale, libera dal Nucleo Progenitore.

“Devi liberarti dal senso di colpa, Yuuki.”

L’ex-Guerriero Bianco scosse la testa lentamente ed Elisabeth si rassegnò. Era certa che Yuuki sarebbe riuscito ad andare avanti, ma ognuno affrontava il dolore in modo diverso. Forse, per lui, la ferita era ancora troppo fresca.

Nessuno dei due disse altro. Alla fine, Elisabeth lo prese a braccetto e si rincamminò verso l’uscita. Sorrise, cercando di riportare il buon umore ad entrambi.

“Forza, torniamo a casa. Se non facciamo un duello di Battle Spirits, oggi pomeriggio non ti lascio uscire!”

Yuuki sogghignò, lasciandosi guidare. “Sicura di voler perdere?”

Elisabeth sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia. “Cosa ti fa credere che io perderò?”

Quando vide che stava per aprire bocca, la ragazza si allontanò da lui e gli colpì il braccio con il dorso della mano. “Non volevo una tua risposta!”

La risata di Elisabeth riempì l’aria e Yuuki alzò le mani in segno di resa. Insieme, si avviarono verso la limousine che li aspettava.

Mentre camminavano, Yuuki sorrise al pensiero di come la ragazza lo spronasse come un tempo faceva Dan. Non avrebbe mai potuto ringraziarla a sufficienza. Avrebbe meritato che gli raccontasse la verità sul suo passato. Che non era solo Kajitsu che lui piangeva, che era la speranza di poterla rivedere un giorno a non farlo soccombere al dolore.

Che era stato sognare Kajitsu a risvegliarlo dal coma.

Finalmente seduto accanto ad Elisabeth, il paesaggio che sfilava fuori dal finestrino, Yuuki arrivò a risolvere il dubbio che lo tormentava da giorni.

Non poteva raccontare a Elisabeth del sogno di tre anni prima né delle strane sensazioni che provava da settimane, ma era arrivato il momento di parlarne con gli altri Maestri della Luce.

Sperava che le sue non fossero illusioni, che quelle sensazioni fossero veramente legate a Gran RoRo. Era solo in quel mondo che poteva espiare i suoi sensi di colpa.

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Hideto si fermò vicino a una roccia per asciugarsi il sudore. Davanti a lui si stendeva il deserto australiano.

“Hideto.”

Sbattè le palpebre e si voltò di scatto, guardandosi attorno. Solo deserto, a perdita d’occhio.

Si voltò di nuovo e, quello che vide, lo lasciò di stucco. A pochi metri da lui, l’aria vibrava. Un bagliore di luce la squarciò e apparve un paesaggio che conosceva bene, Gran RoRo.

“Guerriero Blu.” Sgranò gli occhi.

Qualcuno gli stava delicatamente scuotendo la spalla. Hideto, ancora intontito dal sonno, dovette impiegare qualche secondo per accorgersi che l’aereo era molto più silenzioso di quello che ricordava. Iniziò lentamente ad aprire gli occhi.

“Mi scusi, l’aereo è atterrato. Deve scendere.”

Si sollevò e si guardò attorno. L’hostess gli stava sorridendo. Aggrottò la fronte cercando di ricordare il sogno che stava facendo.

“L’aereo…”

Annuì, decidendo di lasciar stare il sogno. “Sì, scusi.”

Si slacciò la cintura e pochi istanti dopo scese dall’aereo. Per ritirare lo zaino lo attendeva un’altra fila. Solo con i suoi pensieri, Hideto cercò di riafferrare il sogno che stava sbiadendo nella memoria.

Era certo che c’era qualcuno che lo chiamava e che riguardava Gran RoRo.

Hideto non credeva molto al caso. Gli piaceva pensare che, se tutti loro erano diventati Maestri della Luce, ci fosse un motivo sotto. Perciò, era convinto che sognare Gran RoRo, dopo che per settimane aveva avuto la sensazione di essere chiamato, dovesse significare qualcosa.

Afferrò lo zaino e si fermò. Gli altri avevano avuto le sue stesse sensazioni? Avrebbe dovuto prepararsi a due nuovi guerrieri che sostituissero Dan e Clarky? Sospirò: non sarebbe stata un’impresa facile.

“Potrebbe sbrigarsi? Non è l’unico che deve ritirare il bagaglio!”

Si riscosse dai pensieri e si allontanò velocemente verso l’uscita, ignorando l’occhiataccia dell’altro viaggiatore.

Immergendosi nel confusionario via vai di persone, Hideto decise che non aveva senso preoccuparsi in anticipo. La cosa migliore era parlare con gli altri. Insieme avrebbero capito che cosa stava succedendo… sempre se non era soltanto la stanchezza che decideva di vendicarsi.

Sbuffando per il caldo, mitigato fino a quel momento dall’aria condizionata, raggiunse la fermata della corriera. In attesa di incontrare gli altri, aveva tutto il tempo di tornare a casa e farsi una doccia. Magari riusciva anche a fare un duello con il suo inossidabile nonno.

Sorrise, ripensando a tutta la fatica che aveva fatto per recuperare il rapporto con la sua famiglia dopo la drastica decisione di cinque anni prima. Era letteralmente scappato da casa. Alla fine, però, avevano capito la sua necessità di fuggire e ora non si opponeva, generalmente, al suo desiderio di esplorare.

Sapeva, però, che quello che li aveva resi veramente orgogliosi era stata la sua decisione di iscriversi a medicina.

Se solo Dan, Clarky e Kajitsu fossero stati con loro, sarebbe stato perfetto. Anche accettare che la loro battaglia per la verità andasse a rilento sarebbe stato più facile.

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Kenzo cominciava a credere di aver sbagliato libro. Le righe sembrano essere scritte in una lingua straniera. Le leggeva ma non capiva mezzo concetto. Ogni tanto spostava lo sguardo sul computer accesso, giusto per mostrarsi impegnato.

Era distratto, ma non era colpa del caldo.

Beati i suoi compagni di classe, pensò osservandoli di sottecchi. Se la ricerca andava bene, non sarebbe certo stato per merito suo. Si mosse e la sedia cigolò nel silenzio. Faticò a trattenere uno sbuffo.

Come poteva pensare ad altro che non fosse trovare una spiegazione razionale al sogno di quella notte? Finché erano state le sensazioni delle settimane precedenti, le aveva bollate come suggestioni.

Ma il sogno? Non ricordava di averne fatto di più strani… ok, forse c’era stata quella volta che aveva sognato di essere inseguito da un sashimi gigante. Kenzo rabbrividì al pensiero e si obbligò a concentrarsi sul sogno. Era a Gran RoRo e tutto sembrava così vivido che, una volta svegliato, si era sorpreso di non essere lì.

Qualcuno lo aveva chiamato e ricordava distintamente di aver cercato un varco.

Arrovellandosi, era poi arrivato alla conclusione che dovesse essere in qualche modo collegato alle strane sensazioni.

Quello che non capiva era perché adesso?

Kenzo iniziò a scarabocchiare sul quaderno. Gli sembrava strano che Gran RoRo fosse di nuovo in pericolo dopo così pochi anni. E di certo non era l’umanità a essere pronta a riunirsi con il Mondo Altrove.

Anche ipotizzando la prima soluzione, non era del tutto convinto. Come aveva fatto Magisa a non accorgersi di una minaccia così vicina? E chi avrebbe sostituito Dan e Clarky?

Certo non invidiava questi ipotetici nuovi guerrieri, costretti a entrare in un gruppo affiatato e a essere inesorabilmente confrontati con i due predecessori.

Sarebbe stato quasi meglio che fossero sostituiti tutti. Tanto, se anche Magisa fosse riuscita ad aprire un varco per il futuro, cosa diceva loro che Clarky avrebbe rinunciato alla vita che si era costruito? E Dan? Non era mai riuscito a credere veramente che l’apparizione del Nucleo significasse la salvezza di Dan.

Voleva crederci, ma razionalmente la possibilità che fosse vero era minima. Ma fino a quanto la scienza poteva essere tenuta in conto quando si parlava di Gran RoRo?

Voleva trovare le risposte, ma ne aveva paura. Per tutti era più facile aggrapparsi alla flebile speranza che un giorno avrebbero rivisto Dan, piuttosto che arrendersi ad un’ipotetica realtà.

Forse, era arrivato il momento di parlarne con gli altri. Confrontandosi con loro, avrebbe scoperto se erano solo sue paranoie oppure sensazioni condivise.

Doveva solo trovare il modo di introdurre il discorso.

Tornò a fissare i libri da cui stava cercando di raccogliere il materiale per la ricerca. Provò a concentrarsi, ma la sua testa non voleva collaborare.

Tutta colpa sua che aveva deciso di incontrare i compagni di classe proprio quella mattina. Fortunatamente non mancava molto tempo, dopotutto avevano già pranzato…

Sgranò gli occhi e alzò lo sguardo verso l’orologio, accorgendosi di un piccolo insignificante dettaglio. Era in ritardo, mostruosamente in ritardo. Aveva meno di un’ora e doveva anche riportare libri e quaderni a casa.

Si alzò di scatto, raccogliendo in furia tutto il materiale, quasi spaventando gli amici.

“Scusate, ma devo scappare. Sono già in ritardo!”

Non aspettò neanche risposta e si fiondò fuori dalla porta dell’aula, accompagnato dai loro saluti.

Zaino in spalla, corse giù per le scale. Ovviamente, con quel caldo, si era dovuto dimenticare dell’ora.

Se solo non avesse rifiutato l’offerta dei genitori. Non essendo una persona particolarmente sportiva, ora gli avrebbe fatto comodo un passaggio in auto. Doveva solo pregare di essere fortunato con le coincidenze della metropolitana. Incrociando le dita, sarebbe arrivato velocemente a casa sua.

Ma ci sarebbe voluto un miracolo per arrivare in tempo all’appuntamento sulla spiaggia. L’unico lato positivo del momento era che non aveva più tempo per rimuginare su quanto successo. Era già tanto se riusciva a concentrarsi sul correre e scansare le persone.

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Mai mosse la mano in segno di saluto e si allontanò lungo il marciapiede, lasciando che le amiche si rimmergessero nella folla che assediava la spiaggia.

La ragazza si risistemò gli occhiali da sole e sorrise, iniziando a canticchiare l’irritante canzoncina con cui una delle sue amiche le aveva torturate per tutta la mattina. Sbuffò e scosse la testa, chiedendosi per quanto tempo le sarebbe rimasta fissata in testa.

Sopra di lei il cielo era azzurro e il sole luminoso. Era una giornata così meravigliosa da farle quasi dimenticare il caldo.

Pochi minuti dopo, scorse la sua meta, lo stesso punto in cui quattro anni prima si erano incontrati lei e Kenzo. Accelerò il passo e, una volta arrivata, posò la borsa a terra. Senza esitazione salì sul muretto, sedendosi con le gambe ciondolanti sull’alta protezione della spiaggia.

Chiuse gli occhi e inspirò l’aria mossa da una leggera brezza.  Prese la bottiglietta e bevve un sorso d’acqua, sogghignando nel vedere sotto di lei la folla di bagnanti. Era decisamente sollevata di essersi allontanata almeno un po’ da tutta quella confusione.

Controllò che la vicina fermata del tram fosse ancora vuota e spostò lo sguardo sull’orizzonte lontano. Riprese a canterellare, ma dopo pochi minuti infilò la mano nella borsa e tirò fuori il proprio lettore digitale. Ben presto, Mai chiuse fuori dalla sua mente le risate e le voci che provenivano da sotto, immergendosi nella lettura dell’ultimo romanzo che sua sorella le aveva consigliato.

“Sorpresa!”

Mai sobbalzò e non riuscì a trattenere un gridolino. Fu solo un colpo di fortuna che non le fece perdere l’equilibrio e far cadere in picchiata il lettore. Si afferrò al muretto con una mano e chiuse gli occhi, iniziando a contare lentamente per calmare i battiti del cuore e il proprio istinto che gridava vendetta.

Arrivata a nove, decise che il colpevole meritava la sua ira e si voltò. Sorridente, Hideto era accucciato accanto a lei.

“Hideto Suzuri! Tu sei…”

La ragazza strinse le labbra e socchiuse gli occhi, intenta a trovare una parola efficace a mostrare il suo disappunto senza offendere troppo l’amico. Hideto intanto non riusciva a non mostrarsi divertito, soprattutto vedendo l’espressione indignata e incerta di Mai. Il sorriso gli sparì dalle labbra quando la borsa di Mai gli arrivò sulla testa. Fece appena in tempo ad alzare le braccia per difendersi e a sedersi per terra, unico modo per evitare di perdere l’equilibrio.

“Sei un’idiota, Hideto!” Mai sorrise, vanificando in parte l’intento bellicoso.

Hideto scansò il secondo tentativo di Mai di colpirlo con quell’arma impropria e si alzò in piedi. Si fissarono e Mai cercò di mostrarsi molto offesa.

“Pari?” Il ragazzo le porse la mano, ricevendo in cambio un radioso sorriso.

Appena in piedi, i due si abbracciarono. Mai fu la prima a staccarsi.

“Allora, da quale parte del mondo sbuchi questa volta?”

“Oh, non molto lontano. Ero in Australia.”

La ragazza si scansò e lo colpì con la mano sul braccio. “E cosa aspettavi a rispondermi?”

“Sai com’è… i preparativi, il viaggio… mi sono accorto dell’email solo una volta tornato in città.”

La risposta spontanea fu per entrambi quella di scoppiare a ridere. Mai si afferrò al suo braccio, nel tentativo di calmarsi. Ma nessuno dei due ci riuscì per lunghi istanti. Alla fine, si voltarono a fissare il mare e il cielo percorso da bianche e vaporose nuvole.

“Allora, cosa mi racconti del tuo viaggio?”

Hideto non se lo fece ripetere due volte. Amava raccontare i suoi viaggi, non per vantarsi dei posti che aveva visto, ma perché gli piaceva condividere quelle esperienze con gli amici e le persone care. Soprattutto perché c’era più di qualche aneddoto divertente da riferire.

“… e così l’incredibile avventura di Hideto per tornare in Giappone ha raggiunto la sua conclusione.”

Mai non sapeva se ridere o scuotere la testa rassegnata.

“Lo sai che potevi avvertire, vero? Avremmo potuto sempre rimandare.” Sorrise divertita. “Poi non ti lamentare se ti faccio delle foto quando crolli addormentato.”

“Sai che non sarei mai mancato.” Hideto sorrise. Soprattutto perché erano ormai un paio di mesi che riuscivano a tenersi in contattato solo con email e telefonate. “Ma se poi è questa la mia ricompensa…”

“Ok. Niente foto.” La ragazza si allontanò e incrociò le braccia, inclinando la testa e sorridendo giocosa. “Almeno per questa volta.”

Hideto aprì bocca per replicare, ma la sua attenzione fu attratta dalla persona che stava arrivando dietro a Mai. La ragazza si accorse della sua espressione e si voltò. Hideto aveva già alzato la mano in segno di saluto.

Yuuki ricambiò e si fermò accanto ai due amici.

“Credevamo ti fossi dato alla macchia, Hideto. Capisco che il caldo può essere insopportabile a Tokyo…”

L’ex-Guerriero Blu sbuffò. “Mi sono fatto distrarre dal viaggio, ok? Penso che il ritorno sia già stata una punizione sufficiente.”

L’amico lo guardò con curiosità al che Hideto si limitò a sorridere imbarazzato. “Diciamo che potrei aver battuto il record dei viaggi improvvisati.”

Mai trattenne una risata solo per l’occhiataccia che Hideto le lanciò. Stava per cambiare discorso, quando il ragazzo sorrise con aria cospiratoria.

“Allora, come va con il ragazzo di cui ci parlavi Mai?”

La ragazza sgranò gli occhi, colta alla sprovvista. Sperò di non essere arrossita. “Ma che t’importa?”

“Scusa se mi preoccupo per te. Pensa se fosse uno di quei ragazzi asfissianti…” Sogghignò. “Non te lo scrolleresti più di dosso.”

Mai sbuffò. “Per favore, so badare a me stessa.”

Hideto si picchettò con il dito il mento. “Pensandoci, in caso di bisogno, potresti chiedere aiuto a Yuuki.”

I due ex-Guerrieri aggrottarono la fronte. “Ma sì, potresti chiedergli di fare lo sguardo di ghiaccio.”

Yuuki alzò i sopraccigli, faticando a trattenere un sorriso. Mai sbattè le palpebre. “Cosa?”

Hideto sorrise entusiasta e alzò il pollice. “Fuga assicurata!” Vedendo le espressioni poco convinte dei due, roteò gli occhi.

“Lo stesso che avresti fatto se Kajitsu fosse andata al liceo.”

L’ex-Guerriero blu scrutò il volto dell’amico e dopo pochi istanti sgranò gli occhi.

“Lo hai già fatto! Diamine, deve essere stata una scena memorabile, vederti in modalità fratello geloso. Chi è stato lo sfortunato?”

Mai stava seriamente contemplando la possibilità di scoppiare a ridere. Vedere i tentativi di Yuuki di evitare di rispondere a Hideto era piuttosto spassoso. Facendo appello al proprio buon cuore, però, decise di concludere la questione.

“Hideto, te lo ripeto. Non ho bisogno di guardie del corpo.”

L’attenzione del ragazzo fu effettivamente attratta dalle parole di Mai. Sospirando le passò un braccio attorno alle spalle.

“Appunto. Io stavo proponendo una soluzione che contemplasse un’uscita di scena per lo meno dignitosa dello sfortunato…”

Nessuno nel gruppo riuscì più a trattenere le risate. Poco lontano da loro, il tram si fermò sferragliando e una testa di riconoscibilissimi capelli verdi fece capolino dal mezzo di trasporto e s’infilò di corsa nel piccolo sottopassaggio. Kenzo ne sbucò trafelato pochi istanti dopo.

Il ragazzino, che fino a quel momento si era sentito in colpa per il ritardo, si fermò e fissò gli amici, perplesso nel vederli quasi piegati dalle risate. Per un brevissimo istante, pensò di poter essere lui il soggetto della loro ilarità. Scosse subito la testa a quel pensiero e percorse di corsa gli ultimi metri che lo separavano dagli amici.

Gli altri tre Guerrieri si accorsero allora dell’arrivo di Kenzo, si ricomposero velocemente e sorrisero con affetto nel vedere il più piccolo del gruppo quasi piegato dallo sforzo e in cerca di riprendere fiato.

“Scusate il ritardo.” Kenzo inspirò e sorrise. “Non mi ero proprio accorto dell’ora.”

Hideto gli posò una mano sulla spalla. “Lo sai che non serviva che corressi, vero? Ti aspettavamo.”

Ci fu un attimo di silenzio. Kenzo si risistemò gli occhiali e aspettò di aver sufficiente ossigeno nei polmoni prima di rispondere leggermente indispettito.

“Io ci tengo alla puntualità. Stavo facendo una ricerca e non ho guardato l’ora.” Non che quella fosse la verità, ma per il momento non aveva particolare importanza. Non era neanche una completa bugia: l’ora non l’aveva effettivamente guardata.

“Non sia mai che il nostro piccolo genio non riesca nei suoi mirabolanti progetti!”

Kenzo roteò gli occhi, chiedendosi come facesse a sopportarlo.

“Non è questo il punto! Hideto, qualche volta sai essere così infantile!”

Mai e Yuuki si guardarono divertiti, abituati ai siparietti tra i due amici. Poi la ragazza decise di intervenire per evitare una delle loro interminabili e amichevoli litigate.

“Kenzo, lo sappiamo. La vita di ciascuno di noi è importante come questi incontri. Su cos’era la ricerca?”

Con improvvisa chiarezza, il ragazzino iniziò a raccontare con sempre maggior slancio argomento della ricerca, lo stesso su cui quella mattina gli era stato impossibile concentrarsi. Doveva essere la vicinanza con i suoi amici, concluse Kenzo. Ora non gli restava che trovare un modo per introdurre il discorso sogni e sensazioni. Ignaro che anche gli altri tre stessero pensando la stessa cosa.

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Chiacchierando i quattro si erano allontanati dalla spiaggia, decisi a trovare una zona più tranquilla e magari più fresca. In accordo, avevano imboccato una delle stradine che portava verso la zona alta delle colline e all'area residenziale che costeggiava la spiaggia.

La loro scelta finale cadde su un piccolo parco, dove già in precedenza avevano trascorso qualche pomeriggio. Panchine all’ombra, solo qualche anziano e un gruppetto di mamme con bambini che giocavano sulle giostre. Perfetto per godersi a pieno la loro compagnia.

I Maestri della Luce si fermarono su una panchina un po’ in disparte, isolata com’era dalla giostre. Kenzo e Mai si sedettero subito, la seconda sollevata di poter posare la borsa piena degli oggetti da spiaggia. Hideto si limitò a posarsi allo schienale e Yuuki a un albero vicino.

Tra i loro discorsi, si erano brevemente soffermati sui progressi che stavano avendo con la battaglia per la verità di Gran RoRo. Decisi a non rovinarsi la giornata, avevano solo constatato i pochi risultati che stavano ottenendo e di come le persone, quando non erano coinvolte in prima persona, tendessero a dimenticare tutte quelle cose lontane dai problemi della vita quotidiana. Soprattutto poiché Gran RoRo, nella sua breve e improvvisa comparsa, aveva lasciato uno strascico di dubbi e paure.

Poi, inesorabilmente il discorso era passato su Gran RoRo e sull’acceso dibattito riguardante le probabilità che il varco tra i due mondi si aprisse di nuovo per loro. E come ogni volta erano due le direzioni prevalenti: la scientifica e rassegnata constatazione di Kenzo che neppure nel 2561 l’umanità aveva rivisto Gran RoRo e l’incrollabile fiducia di Yuuki.

Hideto sospirò, quando per l’ennesima volta la loro discussione arrivò a un punto morto, e decise che era il momento giusto per scoprire se i sogni e le sensazioni volessero dire qualcosa di più.

“Sarebbe bello avere almeno un segno, vero? Qualcosa per farci capire che Gran RoRo non ci ha dimenticato.”

Sorrise e guardò gli amici, sperando che vedere sui loro volti un segno di conferma. E non dovette attendere molto per vedere Mai e Kenzo sgranare gli occhi e Yuuki staccarsi dall’albero.

“Avete avuto anche voi la sensazione di essere chiamati?” Kenzo faticava a trattenere la propria eccitazione. Quella volta sarebbe stato contento che le sue teorie scientifiche avessero torto.

Mai annuì. “Proprio stanotte ho avuto un sogno. Arrivavo a quella che sentivo essere una porta per Gran RoRo.” Poi il sogno era diventato meno piacevole, ma non aveva nessuna intenzione di ripensarci.

“Anche io qualcosa di simile. E ricordo distintamente che c’era qualcuno che mi chiamava.” Hideto aggiunse dopo aver ripensato al breve sogno interrotto sull’aereo.

“È vero. Anche io mi sentivo chiamare.” Mai sarebbe voluta restare con i piedi per terra, ma non riusciva a impedire che la speranza aumentasse nel suo cuore.

“Idem per me. Non possono essere solo coincidenze. Tu Yuuki?” Kenzo era euforico.

L’ex-Guerriero Bianco si limitò ad annuire. Aveva provato anche lui quelle sensazioni durante le precedenti settimane. Aveva sempre sperato che fossero collegate al sogno di tre anni prima, l’incontro con Kajitsu che lo aveva risvegliato dal coma. Ma nessun sogno era mai stato simile a quello. Scosse la testa per scacciare quei pensieri e si voltò verso gli amici.

“Pensate anche voi che possano avere un collegamento con Gran RoRo?”

Nessuno ebbe il coraggio di confermarlo ad alta voce, quasi per paura che convincersene non avrebbe fatto altro che far svanire tutto. Ma quanto potevano essere alte le probabilità che tutti e quattro facessero sogni simili la stessa notte? Senza contare che tutto era sembrato così reale.

Hideto stava per dire qualcosa, ma la voce gli morì in gola e ne uscì solo un flebile suono strozzato. I tre amici si voltarono verso di lui preoccupati, ma ogni loro domanda fu resa inutile quando una piccola e luminosa farfalla verde volteggiò in mezzo a loro. Sgranarono gli occhi uno dopo l’altro. Non riuscivano a credere a quello che vedevano. Pensarono a un’illusione, a un gioco di luci, ma quella farfalla era impossibile da confondere con altro. Se non altro, la scia luminosa che si lasciava alle spalle non dava adito a dubbi.

Come se avesse capito di aver attirato la loro attenzione, la farfalla si librò attorno a loro. Tutti trattennero il respiro, un po’ per lo shock e un po’ per il timore che quella fosse solo frutto della loro immaginazione, pronta a scomparire da un momento all’altro.

Se non era quello un segno di Gran RoRo, poco altro sarebbe potuto esserlo.

L’insetto si allontanò da loro, volteggiando delicatamente fino a posarsi sul tronco di uno degli alberi di fronte.

Un attimo dopo, Mai e Kenzo si erano alzati di scatto dalla panchina, gli occhi sgranati come quelli di Hideto e Yuuki, che era leggermente impallidito. Nessuno di loro era in grado di distogliere lo sguardo da ciò che ero loro apparso davanti.

Appena sfiorato il tronco, la farfalla si era dissolta e al suo posto era apparsa Kajitsu. Identica al giorno di sei anni prima in cui l’avevano persa, l’abito scuro che sfiorava l’erba.

La ragazza, spirito o illusione che fosse, si voltò e sorrise loro. Un istante dopo, un pallone le sfrecciò davanti. L’urto con un tronco riscosse i quattro, che sbatterono le palpebre come risvegliati da un sogno.

Tre bambini corsero davanti a loro e ridendo recuperarono il pallone, tornando subito dopo dalle madri.

Davanti a loro Kajitsu si era dissolta, quasi a convincerli che fosse veramente tutto frutto della loro fantasia. Stavano quasi per crederci, ma il loro sguardo fu attratto da uno scintillio verde. La farfalla era riapparsa all’entrata del parco e li invitava a seguirla.

“Avete visto anche voi? Non me lo sono immaginato?” chiese Kenzo, azzardandosi a rompere il silenzio. Il ragazzino si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sulla punta del naso.

Hideto ridacchiò. “Mi auguro vivamente di no. Se non è vero, l’alternativa è che siamo tutti impazziti. Non molto invitante, a parer mio.”

“O potrebbe essere una trappola.” Tutti si voltarono verso Yuuki, concordando con un unanime silenzio. Non sarebbe stata la prima volta che succedeva.

“Chiunque c’è dietro sa che le avremmo riconosciute”, concluse il ragazzo. Non voleva fidarsi, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che sarebbe stato diverso.

“Il punto è: siamo disposti a correre il rischio?” Mai espresse la domanda che tutti si stavano ponendo. Ma come potevano far finta di niente davanti a quella che poteva essere un’occasione da non sprecare?

La farfalla, però, sembrava non avere intenzione di assecondare i loro dubbi e iniziò ad allontanarsi. E così i quattro ex-Maestri della Luce risposero d’istinto, iniziando a correrle dietro.

Non si preoccuparono neppure di verificare se qualcuno si fosse accorto di qualcosa.

Fuori dal parco, proseguirono nelle stradine quasi deserte, dove incrociavano solo qualche passante solitario che si limitava a fissarli per qualche istante con sguardo perplesso.

Nonostante le strade fossero abbastanza in ombra, grazie agli alberi, i quattro risentivano comunque del caldo, ancora abbastanza intenso seppur l’estate fosse quasi finita. E man mano che passavano i minuti, gli effetti si facevano sentire. La farfalla, infatti, era già riuscita a distanziarli.

Il più sconsolato del gruppo era Kenzo, ben consapevole di essere tra tutti quello meno allenato.

“Non ci posso riuscire!” Si pentì subito di aver parlato, sentendosi venire meno l’ossigeno nei polmoni.

Mai scosse la testa e gli afferrò la mano. “O tutti o nessuno, Kenzo.”

Il ragazzino si sforzò di sorridere per mostrare la sua gratitudine e annuì, cercando di trovare la forza necessaria per continuare. Fosse stato per loro, Mai, Hideto e Yuuki avrebbero rallentato, ma avevano paura che così facendo avrebbero perso la farfalla e con essa la possibilità di rivedere Gran RoRo.

Svoltarono a un angolo e videro davanti a loro i binari del tram. A pochi passi dalla sbarra abbassata si fermarono, silenziosamente grati della possibilità di riprendere fiato. Non si dovettero neppure preoccupare di perdere la farfalla, che si era fermata poco più avanti, vicino al parapetto del canale poco oltre ai binari.

Kajitsu era riapparsa per un fugacissimo istante, giusto il tempo di scorgere la nuova trasformazione prima che il treno passasse davanti a loro sferragliando. Per pochi istanti capelli e lembi di vestiti furono scossi dalla ventata d’aria.

Una volta che il treno fu passato, c’era di nuovo solo la farfalla che aveva ripreso ad allontanarsi.

E così la corsa ricominciò, quasi un’assurda caccia al tesoro senza fine, dove l’unico indizio era una verde farfalla che per brevi istanti diventava l’immagine della piccola Kajitsu. Ogni volta era una visione fugace: seduta sopra a un muro, in mezzo alla strada, appoggiata a un palo. Indizi che indicavano una metà che esisteva ma che sembrava non arrivare mai.

Se dovevano essere sinceri, era diventato ancora più difficile seguire il minuscolo insetto e non solo per i crampi ai muscoli. Le strade di Tokyo erano affollate e ogni metro che facevano significava evitare di scontrarsi con un passante.

Il loro terrore più grande si materializzò quando arrivarono a un incrocio. La farfalla non si vedeva da nessuna parte. Ansanti, si guardarono attorno con ansia crescente. Il sudore colava giù dalla schiena e rendeva i loro vestiti appiccicosi. Avevano perso la loro occasione? O era stato tutto solo un’illusione fin dall’inizio?

Poi, la videro ed emisero un sospiro, improvvisamente sollevati. Kajitsu era ferma oltre la strada, dall’altra parte del passaggio pedonale. Invisibile a tutti, dietro alla folla in attesa di attraversare, sembrava volerli rassicurare che li avrebbe aspettati.

Un camion passò loro davanti, coprendo la loro visuale. Un attimo dopo, il semaforo si fece verde. Iniziarono ad attraversare, ma la farfalla aveva sostituito di nuovo la figura evanescente.

Ormai era solo l’adrenalina che li spingeva ad andare avanti, strettamente ancorata alla speranza di rivedere Gran RoRo. Il forsennato battito dei loro cuori non era dovuto solo alla corsa.

Dentro di loro, ciascuno dei quattro si chiedeva per quanto sarebbero andati avanti. Sapevano tutti benissimo che non avrebbero potuto proseguire ancora molto. Era un miracolo che Kenzo avesse resistito così a lungo, ma gli altri non erano messi meglio.

La farfalla, per loro fortuna, continuò solo per pochi minuti fino a quando raggiunse un edificio dotato di terrazza sopraelevata adorna di verdi aiuole.

Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo si fermarono ai piedi della rampa di scale. Non sentivano quasi più le gambe e l’ossigeno che respiravano a grandi boccate sembrava non bastare mai. Se avessero avuto le forze per parlare, uno di loro avrebbe sicuramente evidenziato come fosse ironico il fatto di essere ancora una volta lì, in quel luogo che conoscevano così bene.

Superata la sorpresa, i loro sguardi si alzarono verso l’alto e videro l’evanescente Kajitsu di fianco al muretto che cingeva il giardino. Si fissarono in silenzio, finché Kajitsu sorrise e lentamente si avviò tra le aiuole. Anche senza quella conferma, sapevano di essere arrivati.

Si guardarono un attimo e annuirono, avviandosi su per le scale. Hideto sbuffò e borbottò qualcosa, mentre Kenzo sembrava sul punto di alzare bandiera bianca. Nonostante la fatica, riuscirono ad arrivare tutti insieme sulla terrazza, giusto in tempo per vedere Kajitsu svanire tra le siepi.

La seguirono lentamente, un po’ per riprendere fiato, un po’ per l’emozione e un po’ per l’ondata di ricordi che la loro mente tirò fuori. Erano successe tante cose in quel luogo. Non tutti erano stati presenti in ognuna di esse, ma nel corso degli anni era capitato loro di ripercorrere ogni minimo dettaglio della loro avventura a Gran RoRo e di quella nel futuro.

Qui, inconsapevolmente, per la prima volta tutti i Maestri della Luce erano stati riuniti.

Qui, Yuuki e Kajitsu avevano portato Dan a Gran RoRo.

Qui, Mai aveva aperto per Dan il portale del futuro.

Qui, avevano scoperto che Yuuki si era risvegliato.

Era un luogo che aveva segnato tante loro avventure.

Era come se un cerchio si stesse ora richiudendo, riportandoli nel luogo dove tutto era iniziato. Erano cambiati, erano cresciuti, avevano sofferto. Forse non ci sarebbero più stati Dan, Clarky e Kajitsu. Sarebbe stato diverso. Ma loro erano di nuovo lì, almeno loro più forti di prima.

Si fissarono in silenzio, la stanchezza dimenticata, vedendo riflessi negli occhi degli altri la stessa speranza, lo stesso dubbio, la stessa sorpresa di ritrovarsi proprio lì. Ad un passo da Gran RoRo.

Non potevano essere solo coincidenze.

“Maestri della Luce.”

La voce li riscosse dai loro pensieri. Si voltarono di scatto e videro Kajitsu a pochi metri da loro. Nonostante l’emozione, si resero contro che c’era qualcosa che sembrava fuori posto. La voce di Kajitsu era allo stesso tempo la stessa di allora, ma contemporaneamente aveva qualcosa di diverso. Anche Yuuki aveva corrugato la fronte, lui che avrebbe riconosciuto la voce della sorella tra mille. Non era la sua voce. Non del tutto.

Quella consapevolezza li fece scattare sull’attenti, la possibilità che tutto fosse una trappola si stava rimaterializzando. L’aria si fece tesa. Kajitsu li fissava. Per un istante, lungo poco più di un battito di ciglia, la maschera, che era riuscita spesso a nascondere le emozioni della fu giovane Momose, sembrò vacillare su quell’eterea illusione. Dubbio? Confusione? Non riuscirono a interpretarlo, perché subito ogni emozione tornò a essere celata nelle iridi chiare. Non disse nulla, si voltò e riprese a camminare.

I quattro rimasero immobili, finché non scomparve dietro una siepe. Sapevano che l’unico modo per scoprire la verità era seguirla. Dopotutto, avevano saputo fin dall’inizio che potevano correre dei rischi. Ora non potevano tirarsi indietro. Ripromettendosi di stare attenti a qualsiasi cosa, la seguirono.

Davanti a loro, la terrazza terminava sulla città. I palazzi si stagliavano nel cielo azzurro del pomeriggio e Kajitsu era ferma di fronte al muro. Non avevano bisogno di guardare per sapere che quello era lo stesso identico luogo in cui altre due volte si era aperto un portale.

Avanzarono e si fermarono a pochi passi. Sulle spine e con l’adrenalina a mille, il gruppo attese una mossa della figura. Yuuki, per alcuni assurdi istanti, sperò che tutto quello fosse reale. Che quella fosse veramente la sua amata sorella. Ma sapeva che non era possibile. Sperava solo che non ci fosse qualcuno che, ancora una volta, usava il suo nome per i propri scopi.

Kajitsu si librò nell’aria, posandosi sul muretto. Non appena la videro muoversi, gli ex-Maestri della Luce trasalirono e arretrarono di un passo istintivamente.

La ragazza strinse le mani al petto e si voltò verso di loro. Il volto non tradiva nessuna emozione, ma lo sguardo non riusciva a celarle del tutto dietro le iridi. Erano emozioni confuse, che loro non riuscirono a definire.

Speranza e diffidenza si mischiavano in egual modo nei quattro, che faticavano a capire quale delle due fosse dominante.

Kajitsu tese le braccia verso di loro. Una luce verde e iridescente la avvolse. Le ali del suo abito si dischiusero.

“Maestri della Luce, il regno di Gran RoRo ha ancora bisogno del vostro aiuto.”

Sembrava quasi un’implorazione. Una sincera e accorata richiesta di aiuto. Ma quanto potevano crederci?

Yuuki fece un passo, fissando l’illusione. “Chi sei?”

Lo sguardo della ragazza si spostò per brevi istanti sul Guerriero Bianco. Esitò nel rispondere. Abbassò le braccia.

“Chi vi ricondurrà a Gran RoRo, se lo desidererete.” Non era la risposta che volevano sentire. E lo sapevano tutti, anche chi o cosa aveva creato quell’illusione di Kajitsu.

Hideto affiancò Yuuki. “E se non volessimo venire?”

Kajitsu sorrise amaramente. “La scelta è solo vostra. Restare o venire, sta a voi deciderlo.”

Non diede loro il tempo di dire altro. Si lasciò cadere all’indietro e scomparve alla loro vista. Corsero in avanti, più per istinto che per paura che quell’illusione potesse farsi male. Arrivati al muretto, un’inattesa raffica di vento scosse i loro capelli.

La ragazza si librava nell’aria, simile alla farfalla di prima. Li fissò ancora per un istante, poi la luce attorno a lei si fece più intensa e il suo corpo si dissolse in una miriade di farfalle che si fusero in un unico punto luminoso. Un secondo dopo, si creò un varco luminoso, percorso da lampi di energia.

“Risponderete alla chiamata del Nucleo, Maestri della Luce?”

E rimasero soli. Solo loro e la scelta che dovevano fare. Bastava lanciarsi e sarebbero stati catapultati in una nuova avventura. A Gran RoRo. Un sogno che inseguivano da quattro anni.

Ma cosa li avrebbe attesi oltre il varco? Magisa? Un nuovo pericolo? O una trappola?

Non c’era niente che potesse rassicurarli. L’unica certezza era che il portale non sarebbe rimasto aperto all’infinito.

Kenzo deglutì. Cercò di ripercorrere ogni istante di quel pomeriggio, tutte quelle strane sensazione delle settimane precedenti, sperando di trovare un indizio su che cosa gli aspettasse. Poi, corrugò la fronte quando ricordò quello che aveva detto poco prima l’illusione.

“Ma se rifiutiamo, chi prenderà il nostro posto? Non credevo che i Maestri della Luce fossero così comuni…”

Anche quella era una domanda cui avevano cercato risposta in quegli anni. Perché loro? Ma neppure Yuuki era riuscito a dare una vera spiegazione. C’erano delle leggende. Lui e Kajitsu li avevano trovati per la luce dei sei simboli che custodivano. E tutto finiva lì.

Ma sapevano che accettare non era mai stato un obbligo. Mai, Hideto e Kenzo ripensarono a Julian, di come lui avesse scelto di smettere di essere il Guerriero Rosso. Poi, era arrivato Dan. Non poterono evitare, a quel pensiero, di accettare a malincuore che sia Dan sia Clarky sarebbero stati sostituiti.

“Prima o poi ne arriverà un altro. Magari domani. O fra anni.” Yuuki fissò il portale. Anche lui sarebbe potuto essere sostituito. Se la voce di Kajitsu non lo avesse risvegliato, lui sarebbe ancora su quel letto. O peggio.

Hideto sospirò. Incrociò le braccia e sorrise, tentando di alleggerire un po’ la tensione.

“Chi sceglie per primo? Posso raccogliere dei rametti, se volete.”

Gli altri non risposero ma si voltarono a guardarlo. Yuuki aveva alzato un sopracciglio, Mai sorrideva e Kenzo lo fissava come a volergli dire niente di più intelligente, Hideto?

In realtà, apprezzavano il tentativo del Guerriero Blu. Il problema era che non potevano scegliere lasciando al caso. Era una decisione che ciascuno di loro doveva prendere. Da solo. Ed era più facile a dirsi, che a farsi.

Nonostante tutto, però, Yuuki sapeva di aver già scelto. Gran RoRo era la sua vera casa. Aveva già fallito troppe volte, in passato, a difenderla. E non erano solo gli errori di una vita che lo tormentavano. Era arrivato il momento di affrontare i fantasmi del passato. Questa volta, avrebbe cercato di rimediare ai suoi sbagli stando dalla parte giusta. Era pronto a pagare per le sue scelte e a dimostrare di essere cambiato.

“Io vado.”

Nessuno si sorprese di quelle parole. Sapevano che Yuuki aveva un legame molto diverso dal loro con quel mondo.

Hideto non poteva certo vantarsi di essere la reincarnazione di un granroriano, ma non poteva neanche dimenticare quanto Gran RoRo lo avesse cambiato. Se si ripensava a tredici anni, faticava a riconoscersi.
Aveva smesso di avere paura. Aveva un debito enorme con quel mondo. E se c’erano i tanti amici di laggiù che avevano bisogno di aiuto, non si sarebbe tirato indietro.

“Io sono pronto. Trappola o non trappola, siamo i Maestri della Luce. Riusciremo a cavarcela.”

Kenzo sorrise. Aveva ragione. Erano riusciti a trionfare quasi sempre, ognuno di loro dando il proprio contributo. Se doveva essere sincero, in quegli ultimi anni e soprattutto da quando era andato nel futuro, si era dedicato maggiormente ai suoi studi piuttosto che ai combattimenti di Battle Spirits. Non sapeva quanto avrebbe potuto aiutare, come duellante, ma dentro di sé sentiva di non potersi sottrarre alle sue responsabilità.

“Se hanno bisogno di noi, non possiamo deluderli.”

Mai sorrise, grata che anche i suoi amici sarebbero stati con lei in quell’avventura. In fondo, Mai aveva deciso. Lei era il Guerriero Viola. Dan e gli altri non c’entravano in quello. Era arrivato finalmente il momento di lasciare indietro il passato. Era pronta ad accettare l’assenza delle persone a lei care. Era pronta a combattere e lottare per chi aveva bisogno di essere protetto. Se ce ne fosse stato bisogno, era pronta a essere una guida e una fonte di speranza. Come nel futuro. In quegli anni aveva capito che le ferite l’avevano resa più forte. E non sarebbe stata sola.
I suoi occhi brillarono di determinazione.

“Gran RoRo ci aspetta.”

Erano i Maestri della Luce. Insieme, quanto confortante era pensarlo, erano pronti ad affrontare qualsiasi cosa.

Ma c’era un’ultima cosa che dovevano fare. Avvertire le famiglie. Sei e quattro anni prima erano partiti senza avvertire nessuno, ora sarebbe stato diverso. Fin da quando avevano iniziato a sperare in un ritorno a Gran RoRo, più che altro assecondando la fantasia, avevano ripensato più volte a cosa avrebbero fatto. Da allora, ciascuno di loro, teneva un’email pronta. In attesa solo di quell’insperato giorno per essere inviata, continuamente aggiornata negli anni.

Mai prese il computer dalla borsa e lo posò sulla panchina. Con pochi rapidi gesti, inviò la sua email ai genitori e alla sorella. Poi, fu la volta di Kenzo e Hideto che la inviarono alle proprie famiglie. Tutti e tre inviarono email leggermente diverse agli amici più stretti. Infine Yuuki, che la inviò a Elisabeth.

Pochi minuti dopo, erano veramente pronti. Hideto fu il primo a prendere l’iniziativa e salì sul muretto.

“Forza, credo che abbiamo fatto attendere fin troppo i nostri amici.”

Kenzo, seppur titubante, si fece aiutare da Hideto che lo issò al suo fianco. Yuuki salì a sua volta. Poi, lui e Hideto strinsero le mani di una sorridente Mai e la issarono accanto a loro.

Era arrivato veramente il momento. Presero tutti un respiro, cercando di tenere a bada il mare di emozione che rischiava di sopraffarli. Mai tornò, istintivamente, a stringere le mani di Yuuki e Hideto.

“Insieme.” Il sorriso non le aveva ancora lasciato le labbra.

I due ragazzi annuirono e Hideto strinse la mano del più piccolo. Kenzo, dal canto suo, continuava a lanciare sguardi preoccupati tutt’attorno, il suo disagio evidente.

“Non per fare il guastafeste, ma se non ci sbrighiamo, penseranno che vogliamo buttarci di sotto…”

Che, a dirla tutto, non sarebbe stato troppo lontano dalla verità. Ma nessuno di loro aveva voglia di spiegare alla polizia che avevano un validissimo motivo.

“Al tre?” Kenzo non vedeva l’ora di ritrovarsi di nuovo con i piedi per terra.

Gli altri tre Maestri della Luce annuirono.

“Uno.” Hideto prese ancora l’iniziativa. Aveva imparato che, per nascondere la paura, era il modo migliore.

“Due.” Kenzo si costrinse a non pensare all’altezza, sapeva che il trucco era non guardare in basso.

“Tre!” Mai e Yuuki lo dissero quasi in sincro.

E fu il momento. Come un’unica persona, forse solo Kenzo leggermente trascinato, i quattro si lanciarono verso il portale.

Per un istante, rimasero sospesi sulla strada. Poi, un lampo bianco li avvolse.

Tutto scomparve attorno a loro. E, al loro passaggio, il varco si dissolse, come se non fosse mai esistito.

I Maestri della Luce si ritrovarono avvolti dall’oscurità, a malapena rischiarata da lampi multicolore di energia. Una forza li spingeva avanti, verso un nuovo varco luminoso.

La luce si fece accecante e sciolsero le mani per proteggersi gli occhi. Al di là di quel portale, li attendeva Gran RoRo.

SPAZIO DELL’AUTRICE:

Salve. Ecco qui il secondo capitolo della versione 2.0. Rispetto al precedente, è molto più simile alla vecchia versione. Ci sono però parti che sono state tagliate, alcune scene e alcuni dialoghi sono un po’ diversi. Spero in ogni caso che, rileggere questo capitolo pubblicato più di un anno fa, vi faccia comunque piacere e non vi abbia annoiato.

Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. È sempre piacevole leggere le vostre recensioni e sapere che ne pensate.

A questo proposito, ringrazio tutti coloro che hanno recensito e/o hanno inserito la storia nelle preferite o nelle seguite: HikariBashin12, lalla20fairy, ShawnSpenstar, _Mamoru_ e _Secretly_scricc. E ovviamente ringrazio anche chi solo legge.

Angolo della pubblicità. Se non lo avete ancora notato, ho inserito anche un nuovo capitolo di “Battle Spirits Moments”: You Are My Strength, i pensieri di Dan prima di scomparire. Cosa aspettate? Andate a leggerla. ;)

Il prossima aggiornamento non arriverà prima del 15. Forse un paio di giorni dopo.

A presto, HikariMoon

  
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