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Autore: Swamplie    20/08/2016    5 recensioni
School AU
Clarke Griffin è sul tetto del mondo, ammirata da tutta la scuola. Da tutti tranne che da Lexa Woods. L'indifferenza di Lexa nei suoi confronti è qualcosa che Clarke non sopporta, tanto che la sua prima missione è tormentare l'altra ragazza. Ma quando Clarke supera il limite, è costretta a lavorare insieme a lei per un progetto. Si rende subito conto di quanto poco conosce Lexa e se stessa, e capisce che ora tutto ciò che vuole è che Lexa la noti.
o
Clarke perde la testa per qualcuno che proprio non si aspettava.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Finn Collins, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
Conseguenze
 
Clarke sospirò pesantemente e poggiò il mento sulla mano. Un altro inizio, un’altra settimana, un altro insignificante lunedì era iniziato. Anche se al momento stava seguendo la sua lezione preferita, dibattito, era incredibilmente annoiata. Si divertiva a discutere con la gente, in questo era davvero brava, ma stare seduta e ascoltare stupide tecniche teoriche di dibattito non era la cosa che le piaceva più al mondo, e quindi si ritrovò a seguire con lo sguardo le gocce di pioggia sulla finestra.

Si stava giusto chiedendo se sarebbe successo qualcosa di interessante quel giorno, quando il professor Wallace bussò alla porta prima di aprirla ed entrare. Si avvicinò al professor Kane, che stava scrivendo qualcosa alla lavagna e gli mormorò silenziosamente qualcosa in modo che gli studenti non potessero ascoltare. Clarke cercò di aprire bene le orecchie per catturare qualche parola, ma non sentì niente. Quello scambio di battute l’aveva resa curiosa, non le piaceva non essere a conoscenza di tutto.

Inizialmente pensò di essere fortunata quando Kane chiamò: “Clarke Griffin”, ma poi realizzò che probabilmente era nei guai e si guardò intorno nervosa. Ovviamente, la maggior parte dei ragazzi stava guardando lei e lei con riluttanza di alzò dalla sedia.

“Puoi portare la tua roba.” Disse Wallace aspramente, guardandola con espressione accusatoria.

Si, era decisamente nei guai.

Sentendosi osservata dai suoi compagni di classe come mai era successo prima, sistemò le sue cose nella borsa e seguì il professor Wallace fuori dalla classe. Cominciò a camminare verso destra e sapeva che molto probabilmente si stavano dirigendo verso l’ufficio del preside. Andò indietro nel tempo con il pensiero, che cosa aveva fatto per guadagnarsi una gita nell’ufficio del preside? Niente oggi sicuramente, ma venerdì... Un sospetto si fece spazio nella sua mente. Aveva, in effetti, danneggiato il lavoro di un altro studente, ma non c’era nessuno che la stava guardando, o no? Non potevano provare niente, giusto?

Il suo stomaco fece un salto quando entrò nell’ufficio e vide Lexa seduta su una delle grandi sedie, voltata per metà verso il preside Jaha, che la guardava Clarke con un sguardo scuro. Il preside Jaha aveva appoggiato i gomiti sulla grande scrivania, le mani incrociate sotto il mento e un’espressione seria sul volto.

“Puoi sederti.” Disse a Clarke e lei obbedì in silenzio, facendosi cadere sulla sedia di fianco a Lexa. Poteva quasi sentire lo sguardo dell’altra ragazza bucargli la testa, il professor Wallace si muoveva dietro di lei, non intenzionato ad andarsene. Quel silenzio era probabilmente la cosa più orrenda che aveva vissuto finora.

Per sua fortuna (o forse no) finalmente il preside Jaha parlò.

“C’è stato uno spiacevole incidente riguardo un importante progetto del corso avanzato di biologia di uno studente.” Disse calmo. “Ne sai per caso qualcosa?”

“No.” Sputò Clarke, seguendo le sue due regole di sopravvivenza. Prima di tutto, in una situazione pericolosa: menti. Non doveva neanche pensarci due volte, ogni volta che si sentiva messa all’angolo, la bugia veniva fuori dalle sue labbra prima che potesse sbattere le palpebre. Seconda cosa: apparire seccata e negare ogni colpa. Probabilmente quella non la sua caratteristica più affascinante, ma era quello che era.

“Ovviamente no!” Scattò Lexa subito dopo di lei, facendo ribollire ancora di più la rabbia di Clarke. Non voleva neanche guardarla quella ragazza.

“Mi dispiace Clarke, ma in questo caso tu sembri essere la principale sospettata.”

Lo sguardo di Jaha la metteva molto a disagio, ma si rifiutò di guardare altrove, si rifiutò di mostrarsi debole.

“Come sapete che qualcuno ha rovinato il suo progetto?” Rispose Clarke. “Forse si è distrutto da solo!”

“Tutto il barattolo odora di veleno!” Wallace sembrava parecchio sconvolto. “È stato evidentemente aggiunto un liquido di qualche tipo, che non ha niente a che vedere con il progetto! Qualcosa di denso e rosso, molto rassomigliante allo smalto che hai sulle unghie in questo momento!” 

Clarke maledì se stessa quando si guardò le mani, e quasi cercò di nascondere le unghie nei pugni, anche se sapeva che ormai era troppo tardi. Doveva togliersi lo smalto la sera prima, si era già cominciato a rovinare e non era più carino. Alla fine però, era troppo stanca e ci aveva rinunciato, cosa di cui si stava pentendo molto in questo momento.

“E inoltre ti ho vista uscire di corsa dall’aula dopo l’ultima lezione di biologia” continuò Wallace. “Anche se non segui quel corso! Quello era l’unico momento in cui la classe è rimasta vuota prima e dopo il fine settimana, quindi non c’è altra possibilità. Puoi smetterla di mentire e ammetterlo ora!”

Clarke capì di essere stata beccata, non era stupida. Continuò però a fissare gli occhi del preside senza cedere. Non era il tipo di persona che ammetteva la sconfitta, doveva esserci una sorta di barriera fisica nella sua gola che le impediva di far venire fuori le parole ogni volta che si trovava in una situazione come quella.

“Vuoi darci una spiegazione?” Chiese il preside deluso.

Lei ancora non reagì.

“Lexa aveva lavorato duramente per quel progetto” continuò. “Ha trascorso tutta l’estate a fare ricerche per prepararsi. Il voto per questo progetto è fondamentale, molti studenti fanno affidamento su questo come merito per la domanda di iscrizione al college, può rappresentare una svolta per il futuro.”

Le parole di Jaha mossero qualcosa in lei. Da qualche parte, nel profondo, immaginò Lexa trascorrere le lunghe ore estive con un libro tra le mani, sprecando tutta l’estate per assicurarsi il miglior risultato in questo progetto. Era stato tutto per niente ora.

Si voltò a guardare la ragazza, ma quando incontrò l’odio nei suoi occhi, tutta la compassione che aveva provato fu lavata via in un istante. Lexa doveva solo incolpare se stessa per essere un’incredibile e noiosa nerd di biologia, ossessionata dall’essere la migliore in ogni materia. Le avrebbe fatto bene non vincere almeno questa volta, era il momento che qualcuno la buttasse giù dal piedistallo sul quale credeva di essere.

“Capisci che ci sarà una punizione per questo comportamento infantile, vero?” Chiese il preside. “Questo comportamento incredibilmente immaturo!”
Clarke lo guardò aspettando il verdetto.

“Lexa dovrà ricominciare tutto daccapo” disse. “Organizzare un nuovo progetto, fare tutte le ricerche. E inoltre dovrà essere al passo con tutti gli altri corsi. Quindi, fino a che non sarà più richiesto, sarai tu ad aiutarla a prendere il miglior voto possibile!”

“NO!”

Sia Clarke che Lexa si raddrizzarono sulle sedie e urlarono la loro protesta in perfetta sincronia. Clarke appariva totalmente furiosa, Lexa invece si ricompose velocemente.

“Volevo solo dire” disse “che non è necessario. Preferisco lavorare da sola, grazie. Sono sicura che farei un lavoro migliore.”

L’ultima parte fu seguita da un’occhiataccia lanciata in direzione di Clarke.

“Capisco che voi due non vi piacete” disse Jaha, “ma Lexa, hai davvero tanto da fare, e considerando che stai seguendo altri due corsi avanzati insieme, credo ti servirà aiuto. Mi preoccupo dei miei studenti, e c’è un limite a quello che posso pretendere da loro!”

Lexa non sembrava più convinta di prima, ma Jaha non si arrese.

“Potrà aiutarti per ogni cosa, davvero.” Aggiunse. “tutte le ricerche noiose, se ti serve qualcuno per andare dall’altra parte della città a cercare il materiale giusto... ogni tuo desiderio sarà un comando per Clarke, penso che questo te lo deva. Clarke, ti assicurerai di dedicare il tuo tempo prima, o se serve, dopo la scuola per aiutare Lexa. Ho anche notato che condividete delle ore libere. Approfittatene.”

Clarke pensò subito di essere stata condannata ad una vita intera di schiavitù. Lexa, invece, sembrava essere più sollevata di prima, e questo non fece che peggiorare il supplizio di Clarke.

“Bene.” L’altra ragazza acconsentì e si sistemò più comoda sulla sedia.

“È sistemato allora” annunciò Jaha. “Sono davvero deluso dal tuo comportamento, Clarke. Telefonerò ai tuoi genitori. Per ora, aiutare Lexa per il progetto sarà la tua punizione, e fino a che ti impegnerai e le sarai utile, non avremo problemi. Se rifiuti questo provvedimento, dovremo prendere in considerazione altre possibilità che senza dubbio non faranno una bella figura sulla tua domanda d’iscrizione al college, capito?”

Tutto ciò che poté fare fu annuire.

“Bene.” Disse “Buona fortuna, Lexa. Dato che Clarke non sembra volersi scusare, voglio almeno io offrirti le mie scuse per questa situazione. So che quel progetto era importante per te.”

Lexa annuì brevemente, prima di alzarsi e lasciare la stanza senza degnare Clarke di uno sguardo.

Cazzo. Questa volta aveva davvero combinato un casino.
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“Okay, aspetta! Fammi capire.” Disse Octavia con gli occhi spalancati e gesticolando in aria con la mani. “Se stata nominata schiava personale di Lexa per il resto del semestre?”

La folla la costringeva a urlare e questo decisamente non fece sentire meglio Clarke.

“Abbassa la voce, idiota!” Sbottò lei. “Sono nella merda fino al collo, non c’è bisogno che tutta la scuola lo sappia!”

Stavano guardando uno degli allenamenti di football di Finn, e c’erano almeno altri 20 studenti sulle gradinate intorno a loro. Tutti sembravano impegnati però.

L’espressione sconvolta non lasciò il volto di Octavia, ma si ricompose abbastanza da abbassare la voce.

“Oh mio dio.” Quasi sussurrò. “Mi dispiace tanto! Come riuscirai a sopravvivere? Questa è seriamente la cosa peggiore che abbia sentito in vita mia.”

A quelle parole Clarke riprese a lamentarsi nell’angoscia e nascose il volto tra le mani.

“Non credo che così la aiuti.” Osservò Raven e poi provò consolarla con dei colpetti sulla spalla. “Va bene Clarke. Finirà presto. Tra l’altro, probabilmente neanche Lexa è felice di lavorare con te. Senza offesa, con lei sei stata una stronza da quando vi conoscete.”

Clarke si raddrizzò di colpo e la guardò storto.

“Che vuol dire? Stai dicendo che non se lo merita?”

Raven la guardò sapendo di stare camminando sul ghiaccio.

“Voglio dire...” cominciò “Ci sono un sacco di persone in questa scuola che ti infastidiscono, ma Lexa sembra essere l’unica a prendersi tutta questa merda da te.”
Clarke la fulminò con lo sguardo.

“Sei troppo buona tu. Cambia.”

Poi sospirò e la testa le ricadde tra le mani.

“Jaha ha chiamato i miei.” Borbottò. “Sarà divertente parlare con loro stasera.”

“Si?” Octavia rise.

Alzò la testa e le lanciò un’occhiataccia.

“Si.” Ringhiò. “Sono molto emozionata, non vedo l’ora.”
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Alzò lo sguardo dallo schermo del computer e trasalì quando sentì il suono della porta di casa aprirsi. Poteva sentire le voci di Abby e Jake che entravano e scaricavano la spesa della settimana. Clarke ora stava affrontando un dibattito interno. Doveva fuggire ora che i suoi genitori erano occupati? Doveva nascondersi nella sua stanza e fare finta di non esistere fino a che si sarebbero scordati di lei? O doveva andare in cucina, essere la figlia più dolce e disponibile del mondo e sperare che in qualche modo loro si dimenticassero della telefonata del preside?

Fece un respiro profondo o cinque, e decise che l’ultima opzione era l’idea migliore che le potesse venire. E lentamente si avviò verso la cucina.
Non appena attraversò la porta, si raddrizzò e si stampò un sorriso in faccia.

“Ciao mamma, ciao papà.” Disse, maledicendosi per il tono un po’ troppo vivace della sua voce. “Avete bisogno di aiuto con queste?”

Potè quasi sentire un vento freddo attraversare la stanza quando i suoi occhi incontrarono quelli di suo padre e videro la delusione che li riempiva.

“Non pensi che prima dovremmo parlare della telefonata che ho ricevuto da Thelonius oggi pomeriggio?” Disse severamente.

La voce di Abby fu la prima a riempire la stanza.

Clarke deglutì. Quindi non aveva funzionato. Allontanò gli occhi dalla madre, preferendo guardare la finestra.

“Si”  borbottò.

“E capisci quanto è stato imbarazzante per me ricevere una sua chiamata riguardo a qualcosa del genere mentre ero a lavoro?!”

Clarke non riuscì a non alzare gli occhi al cielo e questo portò suo padre ad intervenire.

“Hai compromesso il progetto di un altro studente!” disse alzando la voce, qualcosa che accadeva solo in rare occasioni. “Cosa avevi in mente, Clarke!? Come hai potuto fare una cosa del genere ad una tua compagna di classe?”

Clarke si irritò a queste parole. Suo padre faceva sembrare Lexa la vittima, quando in realtà anche lei nei confronti di Clarke era stata sempre cattiva.

“Se la conosceste pensereste anche voi che se l’è meritato!” Urlò.

“Questo è ciò che dici per difenderti?” Abby ribattè. “Non è abbastanza! Tuo padre e io ti abbiamo insegnato altro! Ti sei almeno scusata con questa ragazza?”

Il silenzio di Clarke parlò da solo e Abby sospirò prima di continuare.

“Allora penso che fino a che non ti dimostrerai dispiaciuta per le tue azioni, non ti sarà più permesso andare dai Blake. So del tipo di feste che organizzate in quella casa, per non parlare del tipo di persone che frequenta il fratello di Octavia. Ovviamente stanno annebbiando il tuo giudizio, quindi voglio che tu stia lontana dalla loro casa per un po’.”

“Cosa?!” Clarke cominciò a protestare. “Ma mamma…”

Abby sollevò una mano per zittirla.

“Octavia è una ragazza dolce e qui sarà la benvenuta, ma la mia decisione è questa. Devi essere punita per il tuo comportamento.”

“Ma ho già avuto la mia punizione!” Piagnucolò Clarke. “Dovrò trascorrere il resto del semestre, forse anche di più, con la ragazza che odio!”

“Capisco che sei arrabbiata” disse Jake, più tranquillo di prima. “Ma questo ti farà bene. Ora ritorna in camera tua.”

Clarke poteva quasi sentire la rabbia uscirle dalle orecchie mentre cadde di peso sul suo letto. La prima cosa che fece fu chiamare Octavia.

“È peggio di quello che pensavamo.” Disse prima che l’altra ragazza potesse dire pronto.

“Oh no” disse Octavia. “Che è successo?”

“A quanto pare mi è stata proibita casa tua.”

“Mi stai prendendo in giro? Non possono farlo!”

“Possono e l’hanno fatto.” Disse Clarke e ringhiò contro il cuscino. “Fino a che ‘non mi dimostrerò dispiaciuta per le mie azioni’. Come se succederà!”
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Clarke rimase di cattivo umore per tutta la notte, persino nei sogni ed era ancora arrabbiata mentre camminava verso scuola il giorno dopo. Quello sarebbe stato il primo giorno di lavoro con Lexa, e gli stava andando incontro come si va incontro all’Apocalisse.

A peggiorare la situazione c’era il fatto che si era dovuta alzare più presto del solito per incontrare Lexa in biblioteca prima che iniziassero le lezioni. Si, solo il pensiero era così incasinato, che non era neanche riuscita a fare colazione. E Clarke amava la colazione.

C’era esattamente solo un’altra persona in biblioteca quando attraversò le porte, oltre alla donna che lavorava lì. Quella persona era Lexa, che la stava aspettando seduta su una poltrona vicino una grande finestra. Indossava un paio di jeans grigio scuro strappati con una maglietta nera larga, i boccoli chiari tutti raccolti su una spalla. Aveva le gambe incrociate, così presa dal libro che stava leggendo che non si accorse di Clarke fino a quando lei non occupò la poltrona di fronte. Poi saltò un po’ per la sorpresa e Clarke beccò se stessa quasi a... sorridere? Cosa era successo improvvisamente al suo cattivo umore?

“Ciao” disse.

Lexa rispose con un cenno della testa, prima di piegare l’angolo della pagina che stava leggendo e mettere il libro nella borsa. Clarke vide di sfuggita una spaventosa copertina con un bouquet di fiori sanguinante. Ovviamente Lexa leggeva cose di quel tipo. Per un momento Clarke si era quasi scordata che Lexa era in realtà una strega dell’inferno.

Incrociò le braccia e osservò in attesa Lexa, rifiutandosi di essere la prima a parlare. Lexa la fissò per un po’ di tempo prima di alzare le sopracciglia.

“Allora, immagino che non vedi l’ora di iniziare.” Disse.

Clarke voleva fare quella ragazza a pezzi, e probabilmente era anche evidente perché un sorrisino mosse le labbra di Lexa.
Tornò però subito seria.

“Non ho il tempo di cominciare un altro modello del ciclo dell’acqua,” sospirò “quindi dovrò fare un progetto completamente nuovo.”

“Che sarebbe?”

Lexa la guardò con rabbia per un momento prima di continuare.

“Bè, non lo so ancora.” Disse “Idee buone abbastanza per il voto che voglio, non vengono facilmente. Per ora mi aiuterai a trovare un tema.”

Clarke sbuffò.

“Lo sai che io non ne so assolutamente niente riguardo salvare il pianeta bla bla roba nerd, vero?”

“Oh lo so” rispose Lexa con tono di superiorità “Dovrai leggere e cercare. Sai leggere?”

Clarke sentì la rabbia riaccendersi in lei con incredibile forza, era troppo furiosa per risponderle.

“Ho già preso alcuni libri per me.” Indicò una pila sul piccolo tavolo tra di loro. “E alcuni per te.” E indicò un’altra pila più grande vicino alla prima. “La sezione di biologia è laggiù, in caso avessi bisogno di leggere altro.”

E poi cominciò a mostrare a Clarke i capitoli a cui era più interessata e voleva un riassunto, ma dato che Clarke stava morendo di noia dentro, non ascoltò una parola di quello che Lexa stava dicendo.

Quando qualche minuto dopo finalmente lasciò la biblioteca, sia i suoi passi che il suo zaino erano più pesanti.
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20 minuti e la tela era ancora vuota. Intatta. Poteva sentire dentro di lei la frustrazione crescere. Non era la prima volta che le succedeva. Anzi. Non si sentiva veramente ispirata da più un anno.

Più di un anno.

Com’era possibile? Prima era la più brava della classe in arte. Poteva riempire tela dopo tela con dipinti straordinari, che riuscivano a parlare dritti all’anima della gente che li guardava.

In qualche modo, una sorta di vuoto era cresciuto piano dentro di lei. All’inizio non se ne era accorta, ma seduta al banco con le tela bianca di fronte a lei, era ormai dolorosamente ovvio: Clarke non sapeva più dipingere.

“Metti il pennello sulla tela e comincia a dipingere!” La voce della professoressa Indra interruppe i suoi pensieri. “Ti conosco, Clarke. So che verrà fuori qualcosa di meraviglioso se t’impegni un po’ di più. In questi giorni non sei più tu! È arrivato il momento di sfidare te stessa. Esci dalla tua zona di sicurezza, prova a vedere le cose da una nuova prospettiva. Sono sicura che raggiungerai risultati migliori come mai prima.”

Clarke offrì un sorriso alla professoressa così entusiasta. Era bello avere qualcuno che credeva in lei. Neanche Clarke si riconosceva in quei giorni. Sentiva come se si fosse rotto qualcosa dentro di lei molto tempo fa, e non aveva idea di come ripararlo.

Continuò a fissare quello spazio per il resto dell’ora. Quando suonò la campanella, sia Clarke che la tela erano ancora vuote.

 
Eccoci qua!
Vi ringrazio per le recensioni del primo capitolo, per aver deciso di seguire e preferire questa storia. E un enorme grazie anche da parte dell'autrice, che è davvero contenta dei vostri commenti.

Clarke sta cominciando a cambiare? Forse ancora no. Ma non ci metterà molto, fidatevi.

Spoiler titolo prossimo capitolo: 'La casa di una sconosciuta'. Clarke comincia a conoscere qualcosa di più su Lexa.
  
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