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Autore: Sbirilla    20/08/2016    1 recensioni
«Severus!»
Lei aveva pronunciato il suo nome come fosse una preghiera. Non una supplica, di quelle ne aveva sentite tante negli ultimi due anni. Si vantava di non aver mai ceduto. Ma questa volta, per la prima volta, qualcuno – lei! – lo stava pregando solo di essere Severus e nessun altro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Malfoy, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Pioveva. Uno di quegli acquazzoni estivi in cui sembrava che tutto il cielo volesse venire giù. Severus era a casa, quel giorno non aspettava Lily. Durante l'estate avevano preso l'abitudine di accordarsi sui momenti in cui si sarebbero visti, anche se ogni tanto a lei piaceva comparire a sorpresa. Adesso non si vedevano già da qualche giorno.
Fuori infuriava il temporale e Severus ci mise un po' a distinguere il suono del campanello in mezzo al fragore della pioggia e dei tuoni, anche perché era un suono che non sentiva mai: nessuno andava a trovarlo. Si alzò dalla sua solita poltrona e si diresse all'ingresso. Quando chiese «Chi è?» non ottenne risposta, quindi aprì il portoncino. Sull'uscio c’era Lily, ma non sembrava lei. I capelli rosso fuoco non danzavano allegri intorno al suo viso, erano fradici e il vestitino a fiori in tessuto leggero le si era incollato addosso. Non sorrideva, teneva gli occhi bassi e tremava, forse per il freddo o forse per qualcos’altro. Sembrava piccolissima.
«Lily! Entra…»
Lei aveva mosso qualche passo verso l'interno della casa, come in trance, lasciandosi dietro piccole impronte e il fastidioso rumore di sandali bagnati sul pavimento.
«Lily che succede? Perché non ti sei Materializzata qui?»
Lei sollevò finalmente lo sguardo: aveva gli occhi gonfi e rossi, sembrava che stesse piangendo da secoli.
«Sev, io ho...ho bisogno...del mio migliore amico oggi, non del mio amante».
Lui sorrise debolmente «Spero di essere entrambi»
«Sei tutto» sussurrò lei un attimo prima di scoppiare di nuovo a piangere
Severus provò a sfiorarle una mano e si rese conto che era ghiacciata. Afferrò la bacchetta, fece scomparire i suoi vestiti bagnati e appellò una serie di asciugamani puliti. Cominciò ad asciugare la pelle gelata, con una tale cura e dedizione da farla smettere di singhiozzare. Piangeva ancora Lily, ma lo sguardo preoccupato e adorante di Severus e la sacralità di quel tocco, di cui aveva disperatamente bisogno, la tranquillizzarono. In quel momento seppe che aveva fatto bene a bussare alla sua porta, a cercare quell’unica ancora di salvezza in mezzo a un dolore in cui rischiava di annegare. Quando Severus terminò quel casto rituale, la pelle di Lily era asciutta ma lei tremava ancora. Appellò una coperta, la avvolse, la prese in braccio e la adagiò sul divano e lì iniziò a dedicarsi ai lunghi capelli rossi. Ci volle un bel po’ per asciugarli con l’aria calda che usciva dalla punta della bacchetta, mentre le accarezzava piano la testa. Si sentiva inadeguato, cosa avrebbe dovuto fare? Chiederle ancora il motivo di tante lacrime? Dirle qualcosa? Ma cosa? Non era mai stato bravo a consolare le persone, a malapena consolava sé stesso.
In quel momento Lily aveva bisogno proprio di quello: di silenzio e di carezze. Non avrebbe potuto sopportare domande, condoglianze, frasi fatte. Desiderò di poter rimanere per sempre così, in silenzio, con le dita di Severus a intrecciarle i capelli e le sue labbra a sfiorarle una spalla, avvolta in una coperta che odorava di lui.
Dopo quello che le era parso un tempo lunghissimo, trovò finalmente il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi.
«Sev...mia madre...è morta».
«Lo so» disse lui, le prese una mano tra le sue e la baciò. Si guardarono ancora per un po’, poi Lily cominciò a parlare pianissimo e lentamente. Gli raccontò tutto. Gli raccontò di come sua madre si fosse consumata lentamente dopo la morte di suo padre, fino a scivolare in quella malattia maledetta che non le aveva lasciato scampo. Gli raccontò di come si era sentita esclusa dalla sua famiglia, anche in un momento come quello, perché Petunia e Vernon non riuscivano a tollerare la presenza di suo marito. E così lei era stata costretta a rimanere lontana da sua madre, o ad andare a trovarla da sola, sopportando gli sguardi di rimprovero di sua sorella senza il sostegno di nessuno. Gli raccontò anche che sua madre parlava sempre di lui, continuamente. Julie Evans voleva davvero bene a Severus, si era affezionata a quel bambino così serio che ogni tanto compariva a pranzo o a cena e che rideva solo in presenza di sua figlia. Lo aveva considerato un figlio per tanti anni, e aveva sofferto quando si era resa conto che qualcosa si era rotto tra loro. Lily ogni tanto le aveva accennato a una guerra, senza entrare nei dettagli per non farla preoccupare troppo.
«Mi diceva “Tesoro, se la situazione è davvero così grave e pericolosa, dovresti provare a parlare con Severus. Quel ragazzo rientra a casa sempre molto tardi, sempre da solo. Se si fosse cacciato in qualche guaio? Questi sono momenti in cui è bene mettere da parte le scaramucce adolescenziali. Come ti sentiresti se gli succedesse qualcosa?” Mi sentivo sempre molto male quando mia madre faceva discorsi come questo. Lei non sapeva che tu...che eri già al servizio di quell’uomo orribile. Sarebbe morta di dispiacere se solo l’avesse saputo». Severus sospirò e abbassò lo sguardo, a disagio. «E quando abbiamo cominciato a.... a vederci, non ho avuto il coraggio di confidarmi con lei. Ho litigato con tutti, sono scappata di casa per sposarmi. Cosa avrebbe detto sapendo che tradisco l’uomo per cui ho lasciato la mia famiglia? Mia madre era una brava persona, non avrebbe mai tradito mio padre. E per quanto non andasse d’accordo con mio marito, non mi avrebbe perdonata per questo comportamento ingiusto e irresponsabile».
«Lily...anche tu sei una brava persona».
Tornarono per un po’ al silenzio. Avevano toccato tutti gli argomenti di cui non parlavano mai, e questo li faceva sentire strani. L’assurda dittatura di Severus, che decideva implicitamente cosa dire e cosa non dire, cosa mostrare e cosa nascondere, era stata abolita. Tutte le regole del loro fragile e irreale mondo infrante. Non sapevano più cosa dire. Fu Severus a rompere il silenzio.
«Ti ricordi quella volta, quando tua madre mi beccò di notte in camera tua perché non volevo tornare a casa?»
Lei sorrise, immensamente grata per quel cambio di argomento. «E come dimenticarlo? Tu ti prendesti solo un rimprovero dai miei genitori e ti rispedirono a casa… ma a me fecero una paternale di ore e ore sul sesso sicuro e su quanto fossimo giovani. Mi interrogarono su tutte le regole della scuola, per assicurarsi che mai e in nessun modo tu saresti potuto entrare nel mio dormitorio. Cavoli, avevamo appena quindici anni, il sesso non era ancora neanche nei nostri pensieri!»
«Beh, parla per te» Severus aveva sollevato il suo proverbiale sopracciglio «non sai proprio niente di come sia difficile quell’età per un ragazzino!»
Lei rise «Ti piacevo già allora?»
«Mi piaci da sempre».
«Anche tu» sussurrò lei, in un soffio, per poi aggiungere «Beh, comunque eri un ragazzino pervertito».
«E tu eri una ragazzina terribilmente sexy».
Lily arrossì. «Mi trovi ancora sexy?»
«Lily…» Severus si era fatto serio. Le scostò una ciocca di capelli dal viso, e nel farlo sussurrò «Tu mi fai perdere il senno» La ragazza fece una risatina «La cosa ti diverte?»
«Far perdere il senno a mister ho-sempre-tutto-sotto-controllo? Oh, mi diverte parecchio!»
Lui le diede un lievissimo bacio sulle labbra, poi si allontanò. «Già, ma non oggi. Oggi hai bisogno del tuo migliore amico, e io sto provando ad esserlo».
«Ci stai riuscendo perfettamente Sev. Senti… hai da fare oggi? Posso rimanere un altro po’ qui con te?»
«Puoi rimanere tutto il tempo che vuoi».
 
Poco dopo Lily si addormentò, stremata dal dolore e dalle lacrime di quella giornata. Lui si scostò, la sistemò sul divano adagiandola su una serie di cuscini che aveva appellato dalla camera da letto, e si sedette sulla poltrona ad osservarla. Gli sembrava quasi di vedere il dolore diffondersi nella mente e nel cuore della ragazza, ombre cupe invadere i suoi occhi luminosi dietro le palpebre chiuse. Conosceva bene quella sofferenza, pur essendo consapevole che fosse diversa per ognuno. Si ricordava perfettamente quando era toccato a lui provare quel dolore lancinante al centro del petto.
Era una mattina di dicembre, a Hogwarts Serpeverde e Grifondoro del sesto anno stavano seguendo una lezione di Difesa. Non ricordava neanche chi fosse l’insegnante quell’anno, ma non avrebbe mai dimenticato il viso di Lumacorno, quando era entrato in aula chiedendo che il signor Piton uscisse un attimo a parlare con il Preside. Aveva un’espressione tristissima e contrita. Severus pensò di essere stato accusato di qualche guaio, e di aver deluso per qualche motivo il suo Capocasa. Si era alzato infastidito, era uno dei migliori studenti della sua Casa, soprattutto in pozioni, e non capiva cosa potesse essere successo per chiamarlo in presidenza. Lumacorno non parlò per tutto il tragitto fino al gargoyle di pietra. Severus era stato in quella stanza già una volta, quando quell’idiota di Black lo aveva quasi fatto uccidere. Lì si era reso conto che Silente non era altro che un vecchio pazzo, come i suoi compagni di Casa gli ripetevano da anni, e aveva deciso che sarebbe stato il più possibile alla larga dal Preside.
«Buongiorno, Severus». Era prima volta che il vecchio lo chiamava per nome. Anche lui sembrava triste. Lo fece sedere sulla sedia di fronte alla scrivania e gli raccontò una storia strana che aveva a che fare con sua madre, con il sudicio fiume che scorreva accanto a casa sua e con suo padre, che era scomparso.
«Non conosciamo ancora la dinamica esatta dell’incidente, le autorità babbane stanno indagando». Incidente. Silente e Lumacorno avevano usato quella parola per indicare la morte di sua madre. Ma Severus non aveva bisogno di indagini, non aveva bisogno delle autorità babbane per sapere cosa fosse successo tra Eileen e Tobias. Il Preside e il professore gli fecero le condoglianze, si offrirono di fare qualcosa per lui, gli dissero che poteva rimanere a Hogwarts se voleva stare in compagnia. Oppure poteva tornare a casa, dai parenti se ne aveva, o stare da qualche amico. Poteva rimanere via quanto voleva, tanto le vacanze di Natale sarebbero arrivate a breve e per uno studente brillante come lui non sarebbe stato grave saltare qualche lezione. Lui non aveva risposto nulla, si era limitato ad annuire. Lumacorno gli era sembrato quasi spaventato dallo sguardo buio di quello studente così schivo e straordinariamente intelligente.
Mezz’ora dopo, aveva raccolto la sua roba in un baule ed era tornato in presidenza, dove Silente aveva predisposto una Passaporta per tornare a Cokeworth. Attraversando i corridoi, aveva incontrato gli occhi verdi di Lily. Gli era parso che lei volesse dirgli qualcosa, ma alla fine era rimasta in silenzio e aveva abbassato lo sguardo. Lui aveva continuato a camminare e aveva raggiunto il Preside.
«Severus, per quanto intollerabile sia questo dolore, vorrei che ricordassi che a tutto c’è una via d’uscita e che chiedere aiuto non è mai un disonore».
«Non ho bisogno di aiuto, signore».
«Lo immaginavo. Sappi solo che Hogwarts sarà sempre la tua casa. Qualunque cosa succeda fuori e dentro queste mura, qui troverai sempre qualcuno a tenderti la mano».
Non aveva perso neanche tempo a rispondere, o a chiedersi cosa significassero le parole del Preside. Aveva afferrato la Passaporta ed era tornato a Spinner’s End. Si era seduto sulla poltrona, quella stessa poltrona in cui era sprofondato adesso con gli occhi fissi su Lily, e si era sentito terribilmente solo. Non importava che fine avesse fatto suo padre, se fosse ancora vivo e se avesse intenzione di tornare. Lui non era mai stato un vero genitore. Ma Eileen… non era stata la migliore né la più affettuosa tra le madri, ma era stata sua madre. Qualcosa di lei gli scorreva nelle vene: non solo il naso adunco e i capelli corvini, da lei aveva preso anche l’ambizione, la passione per le pozioni, la precisione nello studio. Il fatto stesso di essere un mago lo doveva al dna di sua madre. Tobias, invece, gli aveva regalato solo un carattere burbero e schivo.
Severus aveva passato diversi giorni su quella poltrona, era uscito solo per il funerale. C’erano soltanto lui, il parroco e i genitori di Lily. Si era sentito terribilmente a disagio. Silente era comparso verso la fine della cerimonia, a ripetergli che poteva tornare a Hogwarts se voleva. Lui aveva detto di no ed era rientrato a casa.
Il giorno dopo sentì un lieve ticchettio alla finestra del salotto. Era un gufo reale. Severus aprì la finestra e prese delicatamente la lettera legata alla zampa del volatile. La busta aveva il sigillo dei Malfoy, il che lo sorprese abbastanza. I Malfoy erano una delle famiglie più in vista di tutto il mondo magico. Aveva conosciuto Lucius Malfoy al primo anno di scuola: era più grande di lui di cinque anni, e all’epoca era il prefetto di Serpeverde. Un ragazzo brillante, dai modi affettati, che lo aveva subito preso in simpatia, chissà poi per quale motivo. Severus era felice che quel ragazzo più grande chiedesse il suo parere su varie questioni, parlasse con lui dei fatti di attualità e si complimentasse per i suoi ottimi voti. Aprì lentamente la busta, aspettandosi delle fredde e formali condoglianze, ma la lettera era troppo lunga per trattarsi solo di quello. Forse Lucius voleva parlargli del Signore Oscuro: tutti a scuola sapevano che era stato marchiato. Tobias era un babbano e aveva probabilmente ucciso sua madre, una strega purosangue. Forse i Mangiamorte volevano chiedergli qualcosa in merito. Il ragazzo sprofondò di nuovo nella poltrona e lesse la lettera: nessun accenno a suo padre, né ai Mangiamorte né al Signore Oscuro. Lucius si dichiarava addolorato per il suo recente lutto, si scusava per non aver partecipato al funerale e si offriva di aiutarlo a superare il brutto momento. Ricordando con affetto i momenti passati insieme a scuola, si offriva di ospitarlo a Villa Malfoy per le vacanze di Natale e per tutto il tempo che gli fosse servito a riprendersi dalla gravissima perdita. Severus aveva piegato la lettera. Si sentiva completamente solo da mesi, da quando aveva irrimediabilmente perso la sua Lily. Da allora non si era più sentito veramente vicino a nessuno, i suoi compagni di Hogwarts non erano dei veri e propri amici. Ma quella lettera era una mano tesa verso di lui. Ci aveva pensato un po’, poi aveva messo un po’ di vestiti in una borsa e si era presentato a Villa Malfoy, pensando che si sarebbe sentito a disagio in mezzo a tutto quel lusso. Ma Lucius non lo aveva messo a disagio, neanche per un attimo, e quando suo padre a cena aveva iniziato a fare domande strane sulla morte di Eileen lui aveva cambiato argomento, togliendolo dall’imbarazzo. Quel giorno, Severus aveva trovato un amico.  
 
Mentre lui era immerso nei suoi ricordi, Lily si stava svegliando. Le sembrava di aver dormito per mesi.
«Ehi. Vuoi che ti prepari qualcosa? È quasi ora di pranzo».
«Sev... io...ehm...Grazie ma adesso devo andare, devo organizzare il funerale e avvisare i parenti...dare una mano a Petunia…»
«Posso fare qualcosa per te? Vuoi che venga al funerale?»
«Lo faresti?»
«Certo. Posso disilludermi, nessuno si accorgerà che sono lì».
«No. Io… Io vorrei accorgermi della tua presenza. Vieni, ti prego, e non disilluderti».
«D’accordo Lily. Tutto quello che vuoi».
Il funerale si svolse il pomeriggio successivo, nella piccola chiesetta in cui era stata seppellita anche Eileen. Lily era in prima fila, sottobraccio a suo marito, e piangeva silenziosamente. In fondo alla chiesa, un ragazzo vestito di nero stava in piedi, il labbro inferiore che tremava leggermente. La sua espressione seria e triste non cambiò al passaggio della bara in cui riposava quella donna che lo aveva trattato come un figlio. Non cambiò quando James Potter abbracciò e baciò sua moglie, sostenendola per evitare che crollasse. Non cambiò neanche quando Sirius Black fece per attaccarlo e Remus Lupin dovette fermarlo, per rispetto del luogo e della situazione. Rimase immutabile perfino quando il marchio nero sulla pelle candida iniziò a bruciare procurandogli un dolore insopportabile. Non si mosse di un millimetro: sapeva che il Signore Oscuro lo avrebbe torturato per non aver risposto immediatamente, ma non importava. Nulla importava, soltanto Lily.
 

 
   
 
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