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Autore: Sbirilla    04/09/2016    1 recensioni
«Severus!»
Lei aveva pronunciato il suo nome come fosse una preghiera. Non una supplica, di quelle ne aveva sentite tante negli ultimi due anni. Si vantava di non aver mai ceduto. Ma questa volta, per la prima volta, qualcuno – lei! – lo stava pregando solo di essere Severus e nessun altro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Malfoy, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Gli incontri tra Lily e Severus si intensificarono dopo la morte di Julie. Il modo in cui si era preso cura di lei e il coraggio con cui si era presentato al funerale, senza maschere, lo facevano apparire quasi un eroe agli occhi della ragazza. A colpirla soprattutto era stato un dettaglio che aveva notato solo qualche giorno dopo: lei aveva passato tutto il funerale al braccio di suo marito, che la aveva abbracciata, baciata e sostenuta e non si erano lasciati un solo momento. Si ricordò di quell’orribile contatto tra il braccio del suo amante e quello di Narcissa Malfoy. Il pensiero la pizzicava ancora, come una spina. Quanto doveva aver sofferto Severus nel vederla con James tutto quel tempo? Eppure era rimasto lì.
Quello che Lily non sapeva era che Severus avrebbe affrontato di peggio. Voldemort non avrebbe perdonato facilmente un ritardo di molte ore: lo aveva torturato a lungo, la notte dopo il funerale, e in alcune altre occasioni. Arrivava in ritardo alle riunioni, era impreciso nello svolgere gli ordini e già un paio di volte aveva dovuto rifare una pozione. Aveva cominciato a distrarsi sempre più spesso. Piccole disattenzioni, ma che in una persona come lui erano segnale di grande inquietudine e che nel suo Padrone provocavano immensa stizza. Voldemort non lo avrebbe ucciso: nutriva troppe speranze per quel giovane dalla mente disciplinata eppure creativa, sarebbe bastato ancora un po’ di addestramento e quel ragazzo sottile e silenzioso sarebbe diventato la sua macchina da guerra personale. Ma bisognava controllarlo, in un modo o in un altro, e Severus non era facile da controllare. Non urlava neanche durante le torture, composto e fiero come sempre. Le cruciatus che subiva dopo questi suoi comportamenti gli torturavano il corpo, ma la sua mente era tormentata da altro. Quelle cose non erano da lui. Cosa gli stava succedendo? Riusciva ad occludere la mente appena in tempo, quando iniziavano le sue punizioni, e il Signore Oscuro non riusciva a trovare la fonte di tanta distrazione, ma lui sapeva perfettamente quale fosse il pensiero che gli rubava il sonno, l’attenzione e la lucidità. Lily. Qualunque minuto trascorso senza di lei gli sembrava irrimediabilmente sprecato, qualunque attività che non la riguardasse gli appariva senza scopo. Era stato terribile scoprire che questa cosa fosse più forte di lui, più forte della sua inespugnabile mente, più forte delle sue maschere visibili e invisibili. Quello che provava per Lily era più forte di qualunque altra cosa. Si sentiva debole, uno sciocco sentimentale senza cervello. Doveva farla finita con lei: era sposata con quell’idiota di Potter. Non la avrebbe avuta mai per davvero. Stava consumando la sua mente sopraffina, i suoi poteri, la posizione che aveva faticosamente raggiunto tra i Mangiamorte, per nulla. Eppure ogni volta che lei entrava a casa sua e si offriva a lui come una docile preda, ogni volta che lo guardava con quegli verdi che gli toglievano il fiato, ogni volta che assaporava il gusto di Lily e sentiva il suo profumo lieve tra le lenzuola, tutti i suoi buoni propositi svanivano.
 
Quel pomeriggio, al funerale di sua madre, Lily lo aveva amato più che in qualsiasi altro momento, e aveva desiderato averlo accanto sempre, sentirsi addosso il suo sguardo di ossidiana, farsi accarezzare dalla sua voce di seta. Così adesso si recava a Spinner’s End anche ogni giorno, e lui era sempre lì. James la guardava entrare e uscire di casa e non le diceva mai niente: sua moglie aveva subito una perdita gravissima, era devastata, e lui doveva solo lasciarla in pace. Almeno così pensava, immaginando che trascorresse quelle ore a casa dei suoi a sistemare la roba di sua madre, o a parlare con le sue amiche oppure con Petunia. Forse il dolore le aveva riavvicinate. Ma mai, mai nella vita avrebbe pensato che sua moglie uscisse di casa per andare da Severus Piton.
Non si vedevano ormai da quattro giorni, l’appartamento di Spinner’s End era vuoto. Lily era stata attenta ad ogni minimo segnale, tesa come una corda di violino nell’attesa del segnale che Severus fosse rientrato in casa. Dove poteva essere da così tanto tempo? Forse a Villa Malfoy? Ma perché non l’aveva avvisata di un soggiorno così lungo? Forse lavorava nella base segreta di Voldemort? Rabbrividì. Quattro giorni in compagnia di quell’essere infernale! Infine un dubbio strisciante, fastidioso, si insinuò nella sua mente e le bagnò le guance di lacrime: e se lui avesse messo fine all’incantesimo che la legava alla casa? Questo non poteva voler dire altro, se non che Severus si fosse stancato di lei. Che l’avesse lasciata. Senza preavviso. Immersa in questi cupi pensieri, non si era neanche accorta che suo marito stava rientrando da un turno di lavoro. I suoi li aveva ridotti al minimo, dopo il lutto non se la sentiva di stare in mezzo alla gente né credeva di poter essere d’aiuto ai suoi colleghi.
«Ciao amore! Come stai?» James le aveva lasciato un bacio sulla guancia. Era così dolce, così dolce. Ma non era Severus.
«Bene… bene. Al lavoro, tutto bene?» mormorò distrattamente.
«Sì tesoro, mi dispiace di aver fatto più tardi del solito. Ci sono stati diversi attacchi a villaggi babbani, nella zona di Bristol. I Mangiamorte hanno fatto una carneficina, hanno preso uomini, donne e anche bambini. Mi dispiace raccontarti questa cosa amore, ma è bene che tu stia attenta, esci spesso da sola in questo periodo».
«I Mangiamorte? A Bristol?» Severus era lì, ecco. Era lì.  
«Nelle vicinanze. Hanno preso diversi paesi e villaggi, la battaglia è durata alcuni giorni ma i colleghi hanno voluto coinvolgermi visto che…insomma, visto che tu non stai bene. Adesso però c’è da indagare, avvisare le famiglie delle vittime eccetera. Non sai quanto sia felice, Lily, che tu non sia al lavoro in questi giorni».
«Già…già» Lily sembrava in trance «molte vittime hai detto…»
«Una strage, tesoro. Non voglio raccontarti i dettagli»
«No certo, certo. Anche tra i Mangiamorte ci sono state vittime?»
«Uno. Uno è morto, è stato Moody a finirlo. Lui adesso è al San Mungo, ha riportato alcuni danni e non ho potuto parlargli quindi non so i dettagli. Ma uno è morto, uno di quei bastardi è morto almeno»
Un dolore sordo si fece strada nel suo petto. Uno di quei bastardi è morto. Severus non era morto, non poteva essere morto. E non aveva ucciso nessuno, tantomeno un bambino. Dovette respirare a fondo e autoconvincersi che lui non fosse assolutamente coinvolto in quella questione, e quella notte non dormì, attaccata alla flebile speranza che lui sarebbe tornato a casa. Sarebbe tornato. Ma il giorno dopo non era ancora successo niente. Così prese la borsa e disse a James che sarebbe stata per un po’ a Cokeworth, nella casa dei suoi, e che voleva stare sola. Invece si materializzò a casa di Severus: lì avrebbe aspettato il suo ritorno, o la conferma che non sarebbe tornato mai più.
Aspettò un giorno e una notte, senza dormire, mangiando appena per non crollare. Il giorno successivo, all’alba, uno schiocco la avvisò che qualcuno era entrato in casa. Non poteva essere sicura che fosse lui, così si diresse guardinga nell’ingresso con la bacchetta tra le mani. Era lui. Il suo cuore fece un tuffo nel riconoscere la figura sottile ammantata di nero. E poi un altro nel rendersi conto di come fosse ridotto. Zoppicava, si reggeva il braccio sinistro con il destro come temendo che potesse cadere da un momento all’altro, ed era piegato in due da chissà che dolore. Ma il peggio doveva ancora vederlo: quando il ragazzo si voltò verso di lei, aveva uno sguardo che la spaventò. Gli occhi arrossati erano ridotti a due fessure, le labbra contratte in una smorfia di dolore, e diversi tagli gli attraversavano il viso. Adesso poteva vedere anche il braccio sinistro: fiotti vermigli scaturivano da quell’orrendo marchio.
«Lily! Che ci fai qui?» ringhiò come un animale ferito, sembrava orripilato dalla sua presenza.
Lily non riusciva a muovere un muscolo, la bacchetta ancora alzata.
«Sev! Sev sei ferito…che ti è successo?»
Lui emise un basso grugnito e si voltò dall’altra parte «Niente. Ma non sono disponibile per…incontrarti, adesso. Vattene»
«No che non me ne vado, tesoro fatti controllare, spiegami cos’è successo ti prego» si era avvicinata, e aveva sfiorato il suo mantello. Una pessima mossa, evidentemente.
«Ti ho detto che non posso venire a letto con te Lily, vattene»
Lily dovette trattenere le lacrime «Mi offendi, Severus. Non sto con te per il sesso!»
«Tu non stai con me!» urlò così forte che il dolore si moltiplicò in ogni fibra del suo corpo, ma non gli importava. Voleva solo che se ne andasse.
Lily aveva capito: lui la stava allontanando, la stava aggredendo perché non voleva farsi vedere così, non voleva raccontarle i dettagli di quell’attacco che lei sicuramente[F1]  non avrebbe apprezzato, e soprattutto non voleva farsi aiutare. Quella situazione le ricordò dolorosamente un momento simile. Il momento in cui le loro vite erano cambiate. Ma stavolta non si sarebbe fatta fregare dalle urla e dagli insulti di Severus. Non se ne sarebbe andata. Si avvicinò ancora un po’ a lui, appellò una poltrona dal salotto e, suo malgrado, Severus vi si accasciò. Il dolore era tale da impedirgli di respirare. Lily si accovacciò accanto alla poltrona, per avere il viso alla stessa altezza del ragazzo, ma lui non sollevò lo sguardo.
«Hai ragione, non sto con te. Ho un marito. Un bravo ragazzo, gentile e premuroso. Che mi fa divertire, mi ascolta e mi ama. Un bel ragazzo, anche» a quel punto, Severus si sentì in dovere di sollevare un sopracciglio e grugnire. «Ma non sono con lui. Sono qui. Sai da quanto tempo sono qui? Da più di ventiquattr’ore. Ho lasciato mio marito solo a casa, inventando orribili scuse per venire da te, per sapere se fossi ancora vivo e se volessi stare ancora con me. Hai idea del perché abbia fatto tutto ciò? Perché ti amo, Severus. E, nonostante tu faccia di tutto per farmi credere il contrario, so che mi ami anche tu. Sei un uomo intelligente e questo ti fa credere di poter capire e controllare tutto. Ma questa cosa non la puoi capire e soprattutto non la puoi controllare. Neanche io posso, e fidati a volte lo vorrei. Sarebbe facile non amarti, e invece ti amo. E qualunque cosa tu dica io non me ne andrò prima di sapere che stai bene. Quindi per favore non rendere la cosa più difficile» Lily sospirò, aveva concluso la sua arringa. «Adesso scendo giù in cantina a cercare qualcosa che ti aiuti».
Finalmente il ragazzo sollevò il viso. Per svariati secondi non disse nulla, ma piantò due occhi di brace nei suoi. Poi mormorò «Accio» e una serie di bende, creme e ampolle fluttuò fino a lui dall’armadietto della cucina. Lily si sentì morire. Aveva lasciato l’occorrente a portata di mano. Probabilmente sapeva già cosa sarebbe successo, quando era uscito di casa alcuni giorni prima. Si chiese con un brivido se fosse successo già altre volte, ma ricacciò indietro le lacrime e piano si mise ad aprire i flaconcini, non sapendo bene cosa fare.
«Prima la rossa, poi la viola» Severus sussurrò, il respiro mozzato dal dolore. Lei aprì le due boccette e delicatamente lo aiutò a berne il contenuto. Lo guardava con una tenerezza infinita, incapace di dire qualsiasi cosa. Il colorito del ragazzo stava passando lentamente da un bianco cadaverico al suo normale pallore, segno che la pozione Rimpolpasangue stesse facendo il proprio dovere. Il liquido viola era invece un’invenzione di Severus, placava lievemente il dolore delle cruciatus che aveva invaso ogni muscolo, tendine e nervo del suo corpo.
Mentre lui si abbandonava sullo schienale della poltrona, leggermente più rilassato, Lily gli tolse il mantello impolverato. Al di sotto, la camicia nera era intrisa di sangue all’altezza dell’addome. La ragazza inorridì, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere. Aprì i bottoncini della camicia e numerose ferite e lividi si presentarono alla sua vista, orrende macchie di colore sulla pelle candida.
«La pomata nel barattolino è per i lividi, invece la boccetta più piccola è…»
«…essenza di dittamo, lo so. Non sei mica l’unico che conosce le pozioni, qui» Lily fece un breve sorriso per stemperare la gravità di quel momento «Tre gocce su ogni ferita, così tamponiamo subito la fuoriuscita di sangue. Però li disinfettiamo tutti questi tagli, eh?» Continuò lentamente a spogliarlo, con le piccole dita che si muovevano delicate a scoprire nuove linee vermiglie su quel corpo che tanto amava. Il cuore le batteva all’impazzata. Sospirò a lungo, prima di dire «I miei colleghi non usano fruste. Ed è difficile che lancino una cruciatus, se devono difendersi uccidono e basta…»
Lui la interruppe sprezzante «I tuoi colleghi non distinguono una bacchetta da un cucchiaio!»
Lei si limitò a guardarlo, severa. «Chi ti ha fatto questo, Sev? È stato lui? Voldemort?»
Severus si irrigidì nel sentire quel nome che lui stesso non osava pronunciare «Sì»
«Perché?»
«Non ne voglio parlare»
Lily abbassò lo sguardo, capendo che non era il caso di insistere. Ricominciò a tamponare tagli e ferite con una benda intrisa di pozione disinfettante. Lui le guardava le mani in contemplazione, come fossero un miracolo. A un certo punto inspirò più volte, e poi pianissimo disse «Mi sono rifiutato di uccidere una ragazza»
«Una ragazza?»
«Una ragazzina, avrà avuto sì e no 15 anni»
«E perché avresti dovuto ucciderla?»
«Era una babbana» lui rispose con una tale semplicità che gli occhi di Lily divennero lucidi. Però non l’aveva uccisa.
«L’hai salvata allora»
«No. Lucius l’ha uccisa. E se non lo avesse fatto, non sarei qui a raccontartelo. Eravamo molto vicini, così il Signore Oscuro crede che sia stato io a lanciare la maledizione. Ma mi ha punito lo stesso, sai, per aver tentennato».
«Ti ha fatto tutto questo solo perché non volevi uccidere una ragazzina innocente?»
Le labbra di Severus si arricciarono in un ghigno amaro «Il mio padrone non accetta esitazioni, Lily»
Lei si sollevò, guardandolo di nuovo negli occhi «Non è il tuo padrone, Severus. Tu non gli appartieni» sospirò. «Sei un ragazzo così intelligente e abile, non conosco nessuno come te. Sei naturalmente incline a qualunque tipo di magia, hai un intuito straordinario, non c’è un solo incantesimo che tu non conosca e non padroneggi alla perfezione. Puoi fare qualsiasi cosa. Non è questa la tua strada, non è l’unica almeno» poi tornò ad occuparsi delle sue ferite, consapevole che non avrebbe ottenuto risposta. «Adesso facciamo un bagno rilassante, eh?» cercò perfino di sorridere.
«Lily, posso…posso fare da solo. Se vuoi tornare a casa…»
«Oh, lo so tesoro, che puoi fare da solo. Vieni con me» lo prese per mano, aiutandolo ad alzarsi, e poi guidandolo lentamente verso il bagno in fondo al corridoio. Riempì la vasca di acqua calda, poi vi versò qualche goccia di un infuso rilassante.
Severus si immerse, finalmente docile e tranquillo. Era sopraffatto dalle attenzioni di Lily. Non ricordava nessuno che si fosse occupato di lui in quel modo. Perfino Eileen, povera donna, a un certo punto aveva smesso di accarezzarlo. Lui aveva imparato a fare tutto da solo e a non accettare mai aiuto da nessuno. Quante volte era tornato a casa da un incontro con il suo Signore in quelle stesse condizioni, aveva preso le pozioni e si era curato da solo, come poteva, soffocando gemiti di dolore? Quante volte aveva sopportato stoicamente la sofferenza perché nessuno, intorno a lui, si era proposto di alleviarla? E adesso si trovava in debito con Lucius e con Lily.
Lei intanto aveva finito di strofinare dolcemente la sua pelle, per togliere ogni residuo di polvere e di sangue. Lo fece alzare, lo avvolse in un asciugamano pulito e prese ad asciugargli i lunghi capelli corvini. Lui rimase in silenzio assoluto, per poi mormorare «La pomata, sui lividi». La ragazza sorrise, aprendo il barattolino e accarezzando laddove la pelle era diventata violacea.
«Bene, adesso sei tutto lindo e profumato. Pronto per il riposino!» Lo condusse in camera da letto, gli infilò un pigiama leggero perché non premesse sulle ferite e lo fece sdraiare.
«Lily, grazie» deglutì a vuoto. Non doveva essere una parola facile da pronunciare. «Torna a casa adesso, riposati. Non è necessario che tu stia qui a vegliarmi» aggiunse con un breve sorriso.
«Severus» lei lo sovrastava, in piedi accanto al letto, e il suo tono non ammetteva repliche. «Voglio stare con te. Riposerò qui» e così dicendo, si stese delicatamente accanto a lui e chiuse gli occhi. Severus si era addormentato, stremato da quel mix di pozioni. Lily invece era in dormiveglia. Non riusciva a rilassarsi completamente, attenta com’era ad ascoltare il minimo lamento e a rimanere immobile per non muovere il materasso.
Dopo un’oretta, in effetti, sentì un mormorio sommesso. Non capì cosa stesse dicendo, ma Severus aveva pronunciato il suo nome. Aprì gli occhi di colpo «Sev, tesoro! Severus… stai bene?»
Lui si voltò lentamente, a cercare gli occhi di Lily nella penombra della stanza, e quando li trovò si avvicinò così tanto al suo viso che le loro bocche si sfioravano. Le fece il solletico, quando aprì la sua per mormorare «Lily, io ti amo». La ragazza rimase immobile, senza fiato. Dopo alcuni secondi, finalmente si ricordò come immettere aria nei suoi polmoni e gli si sospirò sulle labbra. «Ti amo» lui lo disse di nuovo, accarezzando ancora la bocca di Lily con le sue labbra sottili. A quel punto lei sorrise, sollevando una mano sui capelli corvini di Severus.
«Anch’io ti amo, Sev» non seppe neanche dove aveva trovato la forza di dirlo.
Lui intanto aveva sollevato una mano, con gran fatica, e le stava sfiorando una coscia, risalendo lentamente con i polpastrelli sul fianco e sulla schiena per poi sussurrare «Facciamo l’amore»
Lei rise «Tesoro, conserva il tuo ardore per un’altra volta. Sei stanco adesso, riposati»
«No»
«Ma se non hai neanche la forza di baciarmi come si deve?»
Lui la volle contraddire, baciandola con passione, ma evidentemente aveva usato l’ultimo residuo di energia perché un secondo dopo crollò di nuovo sul cuscino, addormentato.

******************************************************** Nota dell'autrice: mi scuso per avervi fatto attendere un'eternità, ma questo capitolo proprio non ne voleva sapere di venir fuori! Non è stato facile confrotarmi con alcuni temi che mi spaventano e mi toccano da vicino come il dolore fisico, ma alla fine eccolo qua! Spero che sia valsa la pena di aspettare per sentire finalmente il sospirato Ti Amo di Severus, e attendo le vostre recensioni :)
   
 
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