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Autore: Laylath    20/08/2016    2 recensioni
(Legato alla serie Un anno per crescere, quindi è consigliabile aver letto l'opera principale e gli spin off).
Raccolta di one shot sui vari protagonisti di Un anno per crescere: prima, seconda e anche terza generazione che avete avuto modo di vedere solo nell'epilogo.
Saranno di vario tipo, ma fondamentalmente restano sul genere slice of life.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Protagonisti: Henry Hevans


Resistere

 
Fronte contro Aerugo, 10 settembre 1882

Una folata di caldo vento riesce ad aprire i lembi sgualciti della tenda color verde scuro, rischiando di far volare i fogli sullo zaino usato come tavolino. Granelli di sabbia e terriccio si vanno a posare sulla carta leggermente stropicciata, mischiandosi con le poche parole scritte con difficoltà da una penna scadente. Un secondo dopo vengono spazzate via con impazienza da una mano che tuttavia, sporca d’inchiostro, lascia alcune macchie sulla superficie giallognola della carta di bassa qualità.
Merda!” sibila Henry Hevans accorgendosi del danno provocato e trattenendosi dal provare a pulire quel disastro con le dita. Non può permettersi di rovinare ulteriormente il foglio: la carta scarseggia lì al fronte e già è stato costretto a diminuire le pagine della sua corrispondenza; la necessità l’ha spinto anche a ridurre la sua calligrafia in modo da far stare più parole nella stessa riga.
Il sergente posa il fucile sul bordo dei fogli per impedire che possano volare via per una nuova folata, poi si guarda attorno, quasi ad assicurarsi che non ci sia nessuno a cogliere quel momento, e si concede di abbandonare la posizione a gambe incrociate sul terreno per assumere quella più volubile delle ginocchia contro il petto, le braccia a circondare gli arti inferiori.
Il rumore delle granate continua a farsi sentire, troppo vicino per i suoi gusti, come per quelli di qualsiasi soldato di trincea. Ormai sa che non lo abbandonerà per il resto della sua vita: quelle bombe continueranno ad esplodere nella sua testa a prescindere dal tempo passato, dal luogo dove si troverà. Ci saranno sempre, così come i corpi dilaniati dei suoi compagni caduti, con i loro occhi a fissare il vuoto in un’ultima espressione di supplica e di terrore, i loro arti sparsi in quei maledetti corridoi di terra che paiono ormai la loro prigione e la loro tomba.
Henry si tappa le orecchie e serra gli occhi, mentre una singola lacrima gli brucia nell’estremità dell’occhio destro prima di colare sulla guancia sporca di polvere, lasciando una strana scia chiara dai bordi più scuri. Ha ventiquattro anni, ha tutta la vita davanti a sé: non vuole morire in quel posto come il resto del suo plotone, ingoiato dall’ingiustizia della guerra in nemmeno due mesi di tempo. E’ rimasto solo lui, non perché sia il migliore, ma solo perché finora è stato il più fortunato: in trincea i bei voti in Accademia contano ben poco.
Ma ci sono momenti, come quello che sta vivendo, in cui gli pare maggiormente orribile essere ancora lì, a rischiare la morte ogni giorno, a subire la fame, le privazioni, gli stenti di una guerra che lui non sente veramente sua. Gli pare solo un incubo fatto di trincee, un labirinto di cui pare non esserci via d’uscita.
No, no! – si dispera, rialzando la testa e scuotendola con decisione – se cadi in questo vortice è la fine, lo sai bene!
Ripensa a quel soldato visto il giorno prima, mentre veniva portato a forza dai suoi compagni in infermeria. Nessuna ferita, solo la follia della trincea, così veniva chiamata dai veterani: quel ghigno assente, eppure isterico, quelle strane contrazioni della mano e della testa che si girava di scatto. C’era qualcosa di inumano in quel ragazzo che non doveva essere molto più grande di lui, tanto che i suoi stessi commilitoni evitavano di guardarlo apertamente, come se fossero in parte consapevoli di averlo in qualche modo perso.
Pensa ad altro, cretino! – ansima Henry, mentre quel viso stravolto dalla follia non va via dalla sua mente – Pensa ad altro!
Con disperazione abbandona la posizione seduta e gattona fino alla sua cassetta personale, sotto il pagliericcio dove dorme. Si sfila la catenina di metallo che indossa al collo e infila con mano tremante la piccola chiave nella serratura. Apre il coperchio con foga e posa immediatamente le mani su delle lettere meticolosamente impilate una sopra l’altra, in quattro gruppi differenti a seconda del destinatario.
E’ come se quel contatto sia la migliore medicina: le immagini del paese tornano alla memoria, riuscendo ad allontanare per qualche miracoloso istante i suoni e gli odori della guerra. Sente di nuovo il vento che fruscia gentile fra gli alberi, la profumata erba dei prati incolti, le risate di Andrew e Laura.
Si immagina di nuovo accanto a loro, felice, sereno, come durante il periodo d’oro che era stata la sua infanzia e adolescenza: il tempo in cui era forte, sicuro di sé, in cui si sentiva padrone del mondo.
In realtà non sei riuscito nemmeno a proteggere tua sorella…
Gli viene spontaneo pensarlo mentre la sua mano destra si posa contemporaneamente su due pacchi di lettere: su uno, nelle buste, si legge la calligrafia ordinata di Andrew, nell’altro quella più inclinata di Laura. Le conosce a memoria, tutte quante, la loro corrispondenza da quando era entrato in Accademia e la sua vita aveva preso una direzione che l’aveva portato in quella tenda militare.
Speranze, sogni… sono l’unico rifugio a cui aggrapparsi.
Dannazione, sua sorella ha partorito un bambino poco più di un mese e mezza fa: un maschio a cui ha dato il nome Heymans, su suggerimento di Andrew. Deve farsi forza, deve tornare da loro.
Andrew prima o poi si sarebbe sposato con Ellie, lui doveva essere il testimone di quel matrimonio.
Devo tornare… devo resistere!
Serra le labbra con forza, fino a quando non sente il sapore del sangue.
All’improvviso nuove urla, molto vicine alla sua tenda: dai richiami si capisce che una granata ha fatto una strage poco distante. Soccorsi, medici, chiunque possa aiutare per salvare il salvabile… quanti? Un paio? Prima che le ferite consumino pure loro dato che ormai sono a corto anche di medicinali decenti, tanto che i medici operano senza anestetico.
“Ehi, tu! – chiama un tenente sconosciuto, affacciandosi alla sua tenda con aria trafelata – stanno tentando di sfondare nel settore ovest, c’è bisogno di tutti gli uomini possibili! Prendi il fucile e seguimi!”
“Signorsì!”
Il sergente Henry Hevans risponde prontamente agli ordini, gli occhi grigi che tornano quelli sicuri e pronti di sempre, quelli che per istinto piacciono ai superiori. Difatti il tenente si concede un istante per annuire in segno d’approvazione prima di scomparire fuori dalla tenda.
Tornerò – si dice ancora Henry, chiudendo a chiave la cassetta e rimettendosi la catenina al collo – ci sono troppe cose che devo fare!
Prendendo il fucile e alzandosi, si concede di guardare quella lettera che avrebbe tanto voluto iniziare, nella quale ha fatto solo in tempo a scrivere la data. Scuotendo il capo con decisione abbandona i progetti per il futuro per tornare al presente della guerra.
 
Una decina di secondi dopo la tenda è vuota e una nuova folata di vento riusce a penetrare, facendo volare via i fogli non più trattenuti dal fucile.
Uno arriva fino alla cassetta di metallo, quasi si volesse unire alle altre lettere.
E’ quello con la data.
10 settembre 1882.

 
 





____________
Welcome back!
Nel senso, bentornata a me dopo le vacanze estive.
Prima di buttarmi in un anno per crescere 2, stasera è venuto fuori questo frammento sparso, non del tutto privo di un motivo specifico che però non vi posso dire :P

   
  
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