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Autore: Kaho    28/04/2009    2 recensioni
«È sempre stato un bambino speciale, gentile e dolcissimo di natura. Non credo di aver mai incontrato nessuno che lo odiasse seriamente, perché è capace di farsi amare. È…» La vide sfiorare il pianoforte con le dita, come se lo accarezzasse. «Come il suono d’un pianoforte.»
Realizzò in quel momento che quella madre, con la sua schiena ricurva, non avrebbe potuto cullare nessun altro bambino se non suo figlio e lei, Éclair Tonnerre, s’era già innamorata d’uno sconosciuto che calzava alla perfezione con la descrizione d’un principe.
[Éclair-centric] [accenni ÉclairTama e TamaHaru]
Partecipante alla V Disfida indetta da Criticoni!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Tamaki Suoh
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ouran Koukou Host Club © Bisco Hatori.

Titoli dei capitoli e favole appartengono © Jean de la Fontaine.

Lithium © Evanescence.

 

 

A Deda, un misero tentativo di ringraziamento per l’AMV.

Sei un tesoro e un mostro con Sony Vegas (per me XD)

 

 

 

Haven’t had a dream in a long time

 

 

Parte I – La fille

 

 

L’estate l’avvertiva sulla sua pelle, come una fastidiosa mosca che non riusciva a schiacciare.

A suggerirglielo non erano né il calore del sole, né la brezza che veniva del mare poco lontano da casa, né le ciliegie, che cominciavano ad arrossarsi come se si fossero scottate; ma il suo vestito di seta, pulito e fresco, che si intrufolava fra le gambe umide di sudore.

Éclair arricciò il naso piegando appena il capo, per nascondere la smorfia sotto l’ombra del parasole portato dalla sua dama di compagnia.

La pelle cominciava a bruciarle per l’attrito fra le gambe ed era quasi certa che quella sera avrebbe dovuto concedersi un po’ di tempo in più nella vasca da bagno, per massaggiare la carne arrossata; nemmeno la carezza morbida della seta aveva potuto evitarle l’irritazione cutanea.

Non si permise di dimostrare il proprio malcontento: non si mise a piangere, non esalò nemmeno un accenno di capriccio, si limitò, invece, a buttarsi addosso una ventata d’aria con un gesto secco del ventaglio, tirando le labbra in una piccola smorfia di sconforto.

«Signorina Éclair, ha caldo? Vuole tornare al fresco all’interno della villa?»

Éclair non avrebbe mai compreso l’ansia delle sue dame di compagnia: d’altronde, lei conosceva solo velluto e seta.

Piegò appena il capo di lato ed osservò con una certa  alterigia la giovane donna, che dimostrava non più di trent’anni, con in viso un’espressione nervosa; era evidente il desiderio di compiacere la padroncina.

Sapeva di essere ritenuta dai domestici quasi più severa del padre, così differente dalla sua dolce, frivola madre.

Éclair aveva quel genere di occhi che davano i brividi alle persone e, pienamente consapevole di questo, sfruttava il proprio dono per piegare al proprio volere chi la circondava.

Certe volte, si concedeva di credere di aver avuto in dono le iridi di ghiaccio dalle decine di fatine che popolavano le favole notturne delle sua balie anche se, a dire il vero, Éclair preferiva le streghe e, ascoltando i lieti fini delle favole, le veniva sempre da sorridere.

«Continuiamo a camminare, tesoro, oggi è una giornata luminosa.»

Udì la cameriera sospirare non appena deviò il suo sguardo sulla figura di sua madre, stretta in un corpetto dorato che la faceva sembrare ancora più magra e piatta, come se non avesse dato mai vita ad una creatura. Spesso Éclair aveva sentito pettegolezzi secondo cui lei era una figlia illegittima di qualche dama di compagnia, ma non vi aveva mai creduto: sua madre avrebbe manifestato segni di rifiuto verso di lei, se non fosse stata sua figlia. Era quel genere di donna che non poteva tollerare di essere invidiosa – anche se, disprezzando la felicità altrui, di fatto lo era – e di cui si poteva essere solo gelosi, felice con un bel vestito addosso e la mano anelata di suo marito stretta sul fianco.

Ogni volta che la guardava, Éclair alzava leggermente il mento e la sua bocca si piegava appena all’ingiù; così sua madre diventava ancora più allegra.

«Èclair, ho poco tempo prima del mio viaggio in Giappone e vorrei passarlo con te e tua madre. Non vorrai rattristarla vero?»

Le lenti degli occhiali di suo padre scintillarono sotto i raggi di giugno e la sua mano strinse le dita affusolate di sua madre. Éclair osservò la scena e abbassò gli occhi, compita.

«No, certo. Vi seguo.»

Avanzò lungo il sentiero di ghiaia, stringendo appena le labbra, e seguì le spalle scoperte di sua madre e quelle ricurve e abituate al lavoro d’ufficio di suo padre. Pensò, non per la prima volta, che nessuna di esse era fatta per darle amore.

 

Don’t want to let it lay me down this time,

Drown my will to fly,

Here in the darkness I know myself,

Can’t break free until I let it go (let me go)

 

 

 

 

 

Semplicemente uno studio sul personaggio di Éclair, che appare soltanto nell’anime.

Mi ha sempre affascinata tantissimo, con il suo sorriso languido, la fredda sfacciataggine e quel binocolo, oh quel binocolo *_*!

E lo ammetto senza problemi: ebbene, io tengo alla Éclair/Tamaki. ù_ù Haruhi la lascio al Diavolo (Kyoga <3) o ai due teneri esserini (alias i gemelli *.*).

Ma non vi preoccupate, questa storia contiene solo Éclair/Tamaki one-side e un zic di TamaHaru. Rimedierò in futuro a questa pecca? Forse. XD

 

Partecipante alla V Disfida indetta da Criticoni (http://www.criticoni.net/).

Prima e ultima volta che ci partecipo, giuro, certi nomi degli altri concorrenti mi hanno veramente fatto venire la pelle d’oca. XD

 

Betata da Tinebrella, alias Val.<3

 

Nient’altro da dire, penso. Ritorno a italiano. ;_;

Ma voi qualcosa da dire l’avrete, sìììì? *_* Prego, fatelo fatelo!

 

Kaho

 

 

 

  
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