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Autore: Meer    28/04/2009    2 recensioni
Mädchen. E’ stata una parola che adoravo, fino all’età di 12 anni. Era dolce, alle mie orecchie, il suo suono… Non avrei mai pensato che, un giorno, avrei desiderato non sentirla mai più…
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa

Piccola premessa… Ovviamente, tutto ciò che compare nelle mie fanfiction, situazioni e sentimenti, sono pura invenzione… Spero di non offendere nessuno, perché non è mia intenzione. Ringrazio anticipatamente coloro che leggeranno e chiunque volesse, in caso, lasciarmi un commento… Danke.

 

Mädchen.

E’ stata una parola che adoravo, fino all’età di 12 anni. Era dolce, alle mie orecchie, il suo suono…

Non avrei mai pensato che, un giorno, avrei desiderato non sentirla mai più…

 

 

Kein MädchenIch bin ein Junge

 

Bill!!!!”

La voce di mio fratello chiamava insistente il mio nome dall’anticamera, da almeno due minuti, mentre io, lesto, correvo da una parte all’altra della stanza, afferrando tutto ciò che avrebbe potuto servirmi e lo gettavo, alla rinfusa, all’interno dello zaino.

Bill!!! Muoviti! Abbiamo appuntamento con Georg fra meno di un’ora e prima devo passare da Ecko!”

“Eccomi, eccomi!!!” esclamai io, all’improvviso, saltando fuori dalla mia camera.

Tom, fermo sulla porta, sorrise, veloce, prima di svanire, lasciandomi per l’ennesima volta indietro. Iniziai a correre, lo zaino che sbatteva contro la schiena, mentre lo inseguivo giù per le scale. Uscito in strada, un secondo dopo di lui, lo trovai fermo, le sopracciglia sollevate, che sogghignava “Andiamo…” disse.

Sorridendo a mia volta e di ottimo umore, perché finalmente entrambi eravamo riusciti a completare in tempo tutti i compiti, ottenendo così il permesso alla libera uscita, camminavo, parlando allegramente con mio fratello, saltellando felice e ridendo continuamente finché all’improvviso, lui non si fece serio per un secondo, fissando davanti a sé, poi alzò le sopracciglia, veloce, ricominciando a sogghignare.

Davanti a noi, il suo negozio preferito.

Felice di vederlo contento, sorrisi a mia volta, seguendolo sino all’ingresso del negozio. Tom, veloce, si lanciò subito al suo interno. Io, dietro di lui, dopo aver gettato una veloce occhiata e aver notato i molti clienti presenti, tutt’altro che desideroso di spingere, per una cosa che non mi interessava, optai per osservare la vetrina finché lui non avesse finito.

Tornai perciò sui miei passi, gettando una veloce occhiata alla merce in esposizione. Rapidamente annoiato, iniziai a fissare l’etere, pensando ad altro.

Das ist ein Mädchen…”

Un brivido, veloce, mi attraversò la schiena. Dentro di me, nonostante ancora non mi fossi girato, si fece improvvisamente largo la certezza che con “Quella è una ragazza…” chiunque avesse parlato, si stesse riferendo a me.

Deglutii, poi mi voltai.

Un ragazzo biondo, che aveva più o meno la mia età, mi fissava, sogghignando.

Lo osservai, alcuni secondi, incapace di spostare lo sguardo, una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Sentendo salire l’ansia, mi morsi le labbra poi, all’improvviso, sentii la rabbia montare.

Smettendo di pensare, gli gettai un’occhiataccia, e, correndo nel negozio, per raggiungere Tom, passandogli accanto, sbottai, le sopracciglia corrugate “Fuck you!”

La temperatura corporea aumentata di diversi gradi per il nervoso, all’interno del negozio, imprecai a lungo, prima di riuscire a trovare mio fratello che, perso nei suoi pensieri, se ne stava inginocchiato, scegliendo un cappello.

Non appena l’ebbi individuato, mi lanciai verso di lui, intercalando imprecazioni a spiegazioni. Tom, ancora inginocchiato, mi osservava il cappello in mano, il volto tranquillo poi, alla fine, rispose “E’ solo un idiota che non ci vede, Bill… Non merita nemmeno che ti incazzi…”

Lo fissai, sconvolto, un paio di secondi, prima di ricominciare ad imprecare. Uscendo dal negozio, sempre più irritato all’idea che mi si potesse davvero scambiare per una ragazza, consapevole che avrei dovuto attendere che Tom avesse comprato quel benedetto cappello, prima di riavere la sua attenzione, al culmine dell’irritazione, decisi di telefonare a Gustav.

Il mio amico non appena gli ebbi spiegato la situazione, tacque per alcuni secondi, completamente sconvolto, prima di concludere con le stesse parole di mio fratello che quel ragazzo era solo uno stupido idiota, che non capiva nulla.

Una volta finito, dopo aver imprecato per tutta la strada, sempre più nervoso, mentre Tom cercava inutilmente di convincermi a non prendermela, alla fine, anche Georg, una volta messo al corrente, aveva espresso lo stesso parere.

Uno stupido idiota che avrebbe fatto meglio a farsi controllare al più presto la vista.

Infine, anch’io, sebbene ancora irritato, mi ero lasciato contagiare ed avevo iniziato a scherzarci sopra, cercando di non pensarci.

 

E’ iniziato così.

Per una stupida battuta detta fuori da un negozio.

E’ iniziato così, diventando sempre più grande mentre il numero degli idioti che incontravo sulla mia strada, velocemente aumentava.

Ora Tom non ride più, quando qualcuno allude alla faccenda.

Ora, di solito, non mi arrabbio più, quando qualcuno fa delle insinuazioni.

La rabbia e i tentativi di passarci sopra sono mutati in qualcosa di diverso.

Sono stanco di sentirmi dire quella cosa.

Stanco di essere additato come una “femminuccia”.

Non sono una ragazza.

Io sono Bill.

Un ragazzo che, come il proprio fratello ed i suoi amici,, vorrebbe non sentire mai più parlare di questa cosa…

mentre la rabbia si tramuta in tristezza…

 

 

 

  
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