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Autore: FlameWolf    21/08/2016    12 recensioni
Mi volto verso mio nipote, che ormai sta piangendo a squarciagola. Ripenso alla prima volta che l'ho visto, al suono della sua risata, a quella gioia sempre presente nei suoi occhi. Immagino i miei vicini, la gente del villaggio venire qui per strapparmelo via, per ucciderlo.
Sospetto, rabbia, ira.
Dopo questa edizione non avremo veramente nient'altro.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Angelie Asimar, studentessa, Distretto 2

Voilà. In meno di un paio di minuti la mia avversaria è a terra. Kendra prova a rialzarsi; evidentemente non ha ancora capito di non avere speranze. Appoggio il piede sulla sua schiena, le prendo il braccio e glielo tiro indietro con forza, storcendoglielo. Questa inizia ad urlare per il dolore, spaventata dalla possibilità che glielo possa rompere.
“Mi di-dispiace” grida con fatica

“Ripetilo” le ordino lasciando un po' la presa, permettendole di esprimersi al meglio
“Sei tu la migliore, non ti sei scopata nessuno per vincere”
“Meglio”. La lascio di scatto, facendola sbattere contro il pavimento. Mi aveva proprio fatto incazzare. Come osa sminuire le mie capacità? Se ho vinto è perché sono forte. Mi sono fatta il culo per arrivare fino a qui, e le mie cicatrici lo dimostrano.
Almeno ha avuto le palle per dirmelo in faccia, a differenza di tutte le altre comari. Rimane comunque il fatto che si è messa contro la tipa sbagliata. Le tiro un calcio sul fianco per sfogarmi.
“Lasciala stare Angie, è solo un'invidiosa” mi riprende Thomas, vicino alla porta della palestra. Lascio stare la lurida per terra, mentre mi avvicino al mio amico. La mia popolarità ha subito un calo da quando ho vinto la gara per diventare tributo, ma grazie al cielo non tutti mi hanno tradita.
“Arrivo” rispondo cercando di recuperare il buon amore. Non è giusto scaricare la mia frustrazione su i miei amici, non se lo meritano.
Thomas mi guarda divertito “Ricordami di non farti mai incazzare, sai diventare terribile” sorrido; oh sì, posso diventarlo benissimo. Mi dirigo verso le docce, ho deciso di prepararmi qui per la mietitura. Non ha senso passare per casa, i miei li ho già salutati questa mattina, e li rivedrò anche dopo ai saluti. Per l'occasione ho scelto un abito bianco a pois neri, evitando di indossare dei tacchi troppo esagerati. Sono già abbastanza alta di per mio, in fondo.

Thomas mi aspetta fuori dalla palestra, insieme a qualche altro compagno di accademia. Alcuni sono felici della mia elezione, affermando che me lo sono meritata, altri invece confessano di provare un po' di invidia. Solo uno, un bambino, mi chiede se ho paura.
“Ovvio che no”. I giochi sono la cosa più emozionante di sempre. Ho sempre visto alla tv le edizioni precedenti e ho ammirato il coraggio, l'abilità e l'intelligenza dei vincitori, anche se ho sempre ovviamente tifato per il mio distretto. Volevo essere una di loro e a breve lo sarò. Quando tornerò sarò vista da tutti come un'eroina, un modello da seguire. Il distretto 2 non vince da ben sette anni, troppo tempo, ha bisogno di un vincitore. I tributi precedenti sono stati una delusione pazzesca, soprattutto quelli maschili che negli ultimi tre anni non hanno visto neppure la prima alba. Qualche pazzo sostiene che c'è perfino una maledizione. Si pensa che il tributo maschile della ventunesima edizione, Achille Pelide, abbia maledetto il distretto prima di morire, ed è per questo che nessuno vince più.

Osservo uno dei poster di Achille Edipo, candidato tributo. Sostiene di poter spezzare il malocchio, in quanto condivide il nome del tributo morto quattro anni fa. Quel ragazzo ha avuto la brillante idea di cavalcare l'onda dell'ignoranza a proprio vantaggio. O almeno spero. Rimarrei delusa se credesse veramente a quella storia. Non mi sembra il tipo però, mi ha sempre dato l'impressione di essere una persona seria. Non mi dispiacerebbe averlo come alleato in caso, sembra sapere il fatto suo.
In questo momento è qui nella piazza, in un angolo, in meditazione e in silenzio. Mi avvicino e lo saluto cortesemente. Penso sia importante stabilire un buon rapporto con i propri potenziali colleghi.
“Scusa, non mi va di parlare” replica per poi abbandonarmi. Che razza di tipo. Dietro i miei amici mi stanno ridendo alle spalle
“Lascialo stare Angelie! Quello è un pezzo di granito” mi rimprovera Glenda. Ha ragione, spero che cambierà atteggiamento in caso fosse eletto, o sarà un problema.
Mi ricongiungo ai miei amici fino all'inizio delle danze. L'accompagnatrice di quest'anno è una certa Lauren, una ragazzina con dei capelli dai colori improponibili.
“Salve distretto 2! Come butta?” ci urla addosso come se ci stesse scaldando per un concerto. Non sono sicura che mi piaccia il suo stile di conduzione, mi sembra quasi che dissacri gli Hunger Games. Chiacchiera a lungo di cose già sentite, facendoci venire a tutti un gran sonno. Per fortuna dopo un'oretta la sindachessa si appropria del microfono e decide di tagliare corto, arrivando al momento tanto atteso.
“Credo che la signorina Lauren abbia parlato abbastanza anche per me, dunque direi di annunciare i tributi. Quello femminile è Angelie Asimar”. Tutto il distretto mi dedica un lungo e caloroso applauso che mi accompagna fin sopra al palco. Il mondo sembra così piccolo da quassù, mi sento potente come una dea. Tutti gli sguardi sono puntati su di me e so di avere il loro tifo. Ho faticato per arrivare fin qui, ma ne è valsa la pena. Ora ho la certezza assoluta che questo è il mio posto.
“Per quanto riguarda invece il tributo maschile... Achille Edipo”. La sua strategia ha funzionato alla fine, i miei complimenti. Achille sale sul palco con un'espressione impenetrabile. Salendo fa un curioso tintinnio a causa delle numerose perline che decorano i suoi lunghi capelli neri.
“Mamma mia, ma siete tutti alti quest'anno!” Osserva Lauren notando questa nostra caratteristica in comune “Vuoi dire qualcosa al pubblico?”
Achille si rivolge verso la piazza e afferma “Vi ringrazio per l'opportunità che mi avete dato. Vi dimostrerò che non vi siete sbagliati. Raggiungerò il mio obiettivo costi quel che costi”. Detto questo si siede sullo sfondo, vicino a me e ai mentori. Dedica a tutti e tre un rapido saluto, per poi ascoltare concentrato il discorso di chiusura. Il mio istinto mi sta lanciando forti segnali d'allarme, non mi piace.

 

Esther Suzanne Grestan, studentessa/taglialegna, distretto 7

Finisco l'ennesima fragola, senza distogliere lo sguardo da quel pino nemmeno per un secondo. Questa non sono io, non riesco più a riconoscermi. La paura mi sta attanagliando, sento l'aria che non mi entra nei polmoni. È un incubo, nel corso degli anni non fa altro che peggiorare. Mi chiedo se sto per arrivare all'apice finalmente.
“Esther, non voglio vederti così abbattuta” mormora Caroline appoggiandomi la mano sulla spalla. Da quando quel bastardo di Snow ha fatto quell'annuncio, non mi ha lasciata sola neppure per un istante. Ha perfino dormito con me.

Lei sa, io so, tutti sappiamo che sono io la prescelta. Se pensano che mi penta per questo per il mio gesto si sbagliano di grosso. Lo rifarei altre dieci, cento, mille volte! Rispaccherei il cranio a quello stronzo per l'eternità. Se l'è meritato, anche se loro non mi credono. Se solo avessi delle prove a mio sostegno... Invece è la mia parola contro la sua fama e il suo lignaggio. Fanculo, fanculo, fanculo!
“Scusa Caroline, è che... cazzo!” sbraito sbattendo la gamba destra sul terreno. Caroline mi guarda preoccupata, sento che vorrebbe starmi più vicino, ma che non ha idea di come fare. È una brava ragazza, sono fortunata ad averla come amica. Mi sento in dovere di rassicurarla “Mi riprenderò, lo farò, come sempre. E solo che... è ingiusto” Non replica, appoggia la testa sulla mia spalla e chiude gli occhi. Non so cosa farei senza di lei, probabilmente sarei impazzita. Ringrazio lei e gli altri per avermi creduto. Vorrei solo che non fossero una minoranza.
“Credo in te. Tornerai” mormora cingendomi il braccio.
“È vero, ho delle possibilità” confesso. Non mi ritengo spacciata, so di cosa sono capace. Ciò non cancella però la paura e l'ingiustizia che sto per subire. Ho talmente tanta rabbia addosso che spaccherei qualcosa.
“Perchè non sei un uomo?” mi chiede Caroline all'improvviso, stringendomi ancora più forte “Sarebbe molto più facile” borbotta. Le do una pacca sulla schiena, concordando con lei, anche se per altre ragioni. Forse se avessi un pene non avrei vissuto queste ultime tragedie. Non è giusto, non è giusto.
Aiuto Caroline a rialzarsi e ritorniamo insieme a casa per prepararci. La mia casetta è piccola, molto spartana, ma in fondo ci vivo da sola, non ho bisogno di grandi spazi o lussi. Non smetterò mai di ringraziare la signora Smith per la sua falsa adozione dopo la morte dei miei. Se non fosse stato per lei a quest'ora sarei dentro ad uno di quegli orribili istituti. Ogni tre mesi le porto un regalino: un mazzo di fiori, una torta, un soprammobile fatto a mano, qualsiasi cosa. Ieri le ho detto addio con un centrotavola. Per fortuna l'ha accettato. Temevo che non avesse creduto alla mia versione dei fatti, invece l'ha fatto. È proprio una brava donna. Non ha rivoluto neppure i soldi dei prestiti che mi ha fatto nel corso degli anni.
Indosso un abitino verde, lo stesso di ogni mietitura, mi sistemo i capelli e ho fatto.
“Sei pronta?” mi chiede Caroline
“Sì” rispondo tranquilla, aprendo il portone
“Non intendevo in quel senso” Sospiro. Da quando ho ammazzato quello stronzo ho sempre cercato di non farmi vedere in giro. In strada mi danno dell'assassina, della puttana, della figa di legno. Sono quest'ultimi due insulti però che mi fanno male. Non l'ho cercata io quella situazione. È stato lui a chiedermi di andare in un posto appartato per farmi vedere una cosa, e io cretina a fidarmi! Si era sempre comportato bene con me, non pensavo che... se non ci fosse stato quel sasso...
Al solo ricordo mi viene un forte mal di testa e mi risale la voglia di piangere. Caroline mi corre incontro, abbracciandomi forte
“Ti voglio bene Esther” mi sussurra dolcemente
“Anch'io. Sono forte, ce la farò” la rassicuro mentre contraccambio il gesto.

Il tragitto è meno peggio di quanto pensassi. Si limitano a guardarmi, ad indicarmi, a spettegolare senza pietà, ma ricevo pochi insulti. Mi regalano grazie al cielo anche qualche forma di supporto, proveniente da qualche giovane, ma sono pochi. Il mio cammino della vergogna dura veramente troppo, resisto a testa alta agli insulti veramente a fatica.
L'accompagnatrice è Paula, come sempre. È particolarmente entusiasta di partecipare all'edizione speciale e parla più del solito durante l'introduzione. Caroline è una fila davanti a me, e la vedo sbadigliare tutto il tempo. Sembra l'unica a non darmi eccessiva attenzione, sento gli sguardi di tutti gli altri addosso, soprattutto quello del sindaco. Chissà come sta gioendo sapendo che a breve sarò lassù. Sorride spietato quando Paula gli passa il microfono per annunciare il tributo femminile. La rabbia di stamattina riappare di nuovo. Digrigno i denti e stringo forti i pugni, mentre il sindaco mi chiama per nome, rivelando ufficialmente di fronte a tutta Panem che sono un'assassina. Mostro, se potessi ti riucciderei il figlio davanti agli occhi.
Mi dirigo verso il palco senza alcuna grazia, spingendo via le ragazze che mi impedivano il passaggio. Ricambio con forza lo sguardo d'odio del sindaco, fino a quando lui mi sputa in faccia. Una parte di me vorrebbe saltargli al collo, ma mi trattengo, non sarebbe la cosa più intelligente da fare. Mi asciugo il volto mostrandomi impassibile, mi posiziono in maniera marziale accanto a Paula, e le accenno un saluto con il capo. Che Panem capisca che sono superiore a tutti questi stronzi. Paula mi fa un accenno di sorriso, devo esserle piaciuta nonostante tutto.
“Il tributo maschile è Elyia Bolton” Trattengo a stento un'imprecazione. Perché fra tutti proprio quello stronzo? Si dirige spavaldo verso il palco, senza fermarsi a parlare con Paula, che sembra rimanerci parecchio male. Povera donna, a me fa un po' di pietà, sarà stupida, ma in fondo è buona. Elyia ha indossato una canotta per l'occasione, in modo da mettere in risalto i suoi muscoli. Allora non è così stupido come pensavo.
“Ciao assassina” mi apostrofa lui con disprezzo mentre Paula fa il discorso di chiusura
“Ciao Elyia, vedo che sei qui anche tu” gli faccio notare. Qualcuno deve fargli capire che non ha il diritto di fare il gradasso dato che non è neanche lui in una buona posizione.
“Sono qui perché l'ho voluto io, a differenza tua” risponde con maggiore rabbia, come se avessi colpito un nervo scoperto. Elyia non aggiunge altro, tornando nel suo silenzio abituale. Sta sempre zitto, apre bocca solo per combinare guai. Sappi che non ho intenzione di farmi affondare da te o da nessun altro. Voglio vincere.

 

David Conrad, studente, distretto 11

Osservo fuori dalla finestra ed intravedo la troupe sistemare le ultime cose prima della speciale mietitura. Fra loro spicca Mona, la nostra accompagnatrice, che urla ordini a destra e manca. Nonostante sia l'alba, la puttana è già truccata di tutto punto ed indossa talmente tanti gioielli che sono sicuro che luccicherà sotto la luce del sole quest'oggi. Mi chiedo come si possa essere così di cattivo gusto. Siamo nell'undici, uno dei distretti più poveri, la gente muore letteralmente di fame e questa ti sbatte in faccia la sua ricchezza senza alcun ritegno. Mi chiedo cosa ci sia dentro il cervello di queste persone, sporchi assassini che credono di essere i migliori al mondo. Quanto vorrei che implodessero in questo preciso istante tutti quanti.
Distolgo lo sguardo (è inutile incazzarsi fin dal primo mattino) e mi dirigo verso il parco dietro all'istituto. Non dovrebbe esserci praticamente nessuno a quest'ora. Ieri siamo andati tutti quanti a letto solamente quando il nostro cervello non ce l'ha fatta più e ci ha ordinato di chiudere gli occhi. È stato un delirio quest'ultima settimana: la gente scoppiava a piangere in continuazione, litigava per un nonnulla, non usciva più dalle proprie stanze oppure ha cercato disperatamente la vita in azioni sconsiderate, come Shelly che mi si è attaccata addosso come una sanguisuga ogni momento in cui eravamo soli, fregandosene se potevamo essere scoperti o meno. D'altronde siamo orfani, i soggetti in assoluto più a rischio di tutti. La nostra morte non provocherebbe dolore a nessuno, siamo solo dei pesi che possono essere tranquillamente buttati. Non valiamo un cazzo per nessuno.

Merda, non va bene, non riesco assolutamente a calmarmi. Ho talmente tanta voglia di urlare che...
“David?” Rachel anche tu sei sveglia? Mi volto. È dimagrita un sacco nell'ultimo periodo, non ho ricordi dell'ultima volta che mi sono fermato a parlarci per più di due minuti. Confesso che un po' mi mancano quei momenti in cui eravamo noi stessi. È passato così tanto tempo... una vita forse. Mi si avvicina titubante, come se temesse che scappassi “Stai bene?”
“Normale” rispondo come sempre. So che ho delle grosse difficoltà ad esternare i miei sentimenti, ma non ci riesco, davvero. Mi sono talmente messo sulla difensiva che non riesco più ad aprirmi agli altri.
“Non sembra” replica lei. Colpito ed affondato.
Cambio la mia risposta, ma mi esce più bruscamente di quanto volessi “In attesa, come tutti”. Non aggiungo altro, anche perché mi sembra di aver detto tutto.
Rachel rimane un po' in silenzio per poi uscire all'improvviso con un: “Ti ricordi quando eravamo bambini?”
“Non tantissimo” Sono sincero: la mia vita prima di venire qui mi sembra distante, irraggiungibile. Ho sempre cercato di pensarci il meno possibile; i ricordi sono dolorosi.
Rachel sorride da un lato solo “Io sì, non ho dimenticato il tuo sorriso, vorrei tanto rivederlo” Incrocio le braccia a disagio. Che senso ha parlarne? É pur sempre il passato. E poi cosa c'entra con la mietitura? Non capisco. Vorrei però lo stesso poter dialogare, ma non so cosa dire, temo che ogni mia parola sarebbe priva di significato. Rimango in silenzio dunque, come sempre. La delusione nel volto di Rachel fa malissimo. Ho finito di nuovo per ferirla. Sono davvero un povero coglione. “Buona fortuna per oggi” si congeda lei
“Rachel!” grido ancor prima di rendermi conto di cosa sto facendo. Sento di doverla fermare o rischio sul serio di perderla, così come tutti gli altri. Mi fido di lei, non mi ha mai tradito od abbandonato, non lo farebbe... no? “Nulla” concludo infine lasciandola andare, e forse perdendola per sempre. Sono uno stupido, un fottuto idiota. Cosa c'è che non va in me? Perché non le ho detto come mi sento, che ho bisogno di lei? Sono un fallito.
Mi liscio i pantaloni ed aspetto, in fondo non ho altro da fare. Davanti a me vedo passare nel corso delle ore numerosi orfani, più o meno depressi, più o meno nervosi. Indossano tutti una camicia bianca, unico capo elegante che ci ha donato l'orfanotrofio. Ci viene data al compimento del dodicesimo compleanno, come promemoria che i successivi sei anni saranno un concentrato di angoscia e terrore. L'ora è giunta, anch'io devo prepararmi.

Esco in gruppo insieme agli altri come da tradizione. Secondo gli educatori così facendo ci diamo forza l'un con l'altro, perché siamo fisicamente vicini e compatti. Io invece mi sento più solo, smarrito fra tanti altri simili con cui non condivido nulla a parte la disgrazia. In mezzo a questa gente non riesco ad intravedere neppure Rachel. Spero stia bene e che non le capiti nulla di brutto.
La cerimonia non sembra poi così diversa dal solito. È come sempre un festival della menzogna, dell'ipocrisia e della crudeltà feroce e spietata. Il tempo passa troppo velocemente e lentamente insieme. Vorrei soltanto essere altrove. Senza rendermene conto ho iniziato a schioccare le dita.

“Il tributo femminile...” Non Rachel, non Rachel, non Rachel! “ Alexys Sinclair” Tiro un respiro di sollievo. Già giusto, immagino che fra tutte era quella che aveva maggiori probabilità di finire qui. Chissà perché non l'ho realizzato. Non conosco una ragazza più inquietante ed instabile di lei. La gente la chiama malignamente “il demone del frutteto”. Ha molto odio dentro di sé, ma non posso non giustificarla. Credo che durante i giochi avrà modo di sfogarsi su molti poveri malcapitati. Indossa la camicia bianca di tutti gli altri orfani, e borbotta frasi incomprensibili per tutto il percorso.
“Wow, sei... strana” commenta Mona studiando l'aspetto di Alexys da cima in fondo, senza pietà.
“E tu sei vecchia. Ho più probabilità io di essere qui il prossimo anno rispetto a te” Sul palco cala un pesante il silenzio, solo sulla piazza qualche coraggioso si fa scappare una risata. Mona è esterrefatta, per non dire sconvolta. Incredibile come la superficialità di Capitol pesi anche su i suoi stessi abitanti. Dove la giovinezza e la bellezza significano tutto, se invecchi sparisci nel nulla. Penso sia una sorta di giustizia universale in fondo. È il sindaco a salvare la situazione riprendendo il discorso. Chiudo gli occhi e mi strofino i pantaloni in attesa.
“Il tributo maschile è invece David Conrad” Sgrano gli occhi dalla sorpresa, ma è solo un attimo. In fondo al cuore sapevo che sarebbe toccato a me. Non mi fido della mia gente, probabilmente fra gli orfani sono fra quelli con la fama peggiore a causa del mio carattere chiuso e freddo. Facile giudicarmi vero? Tanto questa notte sarete nelle vostre case, a dormire sogni tranquilli. Neanche lo sentirete l'odore di sangue nelle vostre mani.
“David?” mi chiama la capitolina. Devo muovermi, o mi verranno i pacificatori addosso. Cerco Rachel fra la folla, ma non la vedo, siamo semplicemente in troppi. Sono sicuro che stia piangendo.

Perdonami ti prego, dovunque tu sia.

 

Cassian Nayor, inoccupato, distretto 12

Apro gli occhi, il mondo è del solito colore indefinito, esattamente come ieri. Non sono peggiorato, posso considerarla una buona notizia, l'unica della giornata con enormi probabilità. Anzi, ne sono certo. Sospiro pesantemente, mentre avverto una miriade di rumori provenire dal resto della casa: mia madre che sta cercando i vestiti dal comò, mio padre che apre gli sportelli in cerca di qualcosa da mangiare, la vicina che cerca di buttare il figlio giù dal letto a forza di urla.
Mi muovo in maniera sicura dentro casa, so perfettamente la posizione di ogni mobile. La maggior parte di loro è collocata sulla sinistra e sono quasi tutti di piccole dimensioni perché non ce ne possiamo permettere di troppo grossi e sfarzosi. Inoltre da quando la mamma ha iniziato a peggiorare, papà ha cercato di rendere il percorso il più “amichevole” possibile, cercando con i pochi mezzi a disposizione di sostituire le parti di pavimento rovinate.
La cucina si trova subito dopo la camera dei miei. Papà sta ancora trafficando, è perfino più nervoso del solito. Si muove in maniera grossolana, spostando in continuazione barattoli di vetro
“Vuoi una mano?” gli chiedo. Esita un attimo prima di rispondermi
“No, no, tanto non c'è praticamente nulla. A parte il pane di ieri. Mi dispiace, ma deve ancora arrivarmi la paga”. Lo sento chiaramente sbattere la testa contro la credenza esasperato.
“Potrebbe andare peggio” provo a consolarlo, ma mi rendo subito conto di aver detto una stupidata
“E come?” domanda papà. Giro in automatico la testa dall'altra parte per non farmi vedere. Grazie al cielo è la mamma a salvare la situazione, come al solito. Arriva in cucina con il suo passo leggero, ma pur sempre lento. Passando mi accarezza i capelli, sa che mi siedo sempre allo stesso posto.
“Non fate così voi due. Questa potrebbe essere la nostra ultima colazione insieme” Potrebbe? Grazie per la fiducia mamma, ma ne dubito. Non sono esattamente un tributo ideale, né tanto meno un cavallo su cui scommettere. Questa volta evito di dire i miei pensieri ad alta voce, non voglio peggiorare l'atmosfera. Cerchiamo di parlare d'altro pur di distrarci, prendiamo in giro soprattutto Joe, l'accompagnatrice.
“Viene a prenderti Hunter” mi comunica mio padre al termine della conversazione. Assottiglio le labbra infastidito. Non ho bisogno di Hunter, so dov'è la piazza, non mi perderò. Ce la faccio benissimo da solo, non ho bisogno d'aiuto.
“Non fare quella faccia ragazzo, voglio solo che tu abbia un supporto emotivo e ho chiesto a lui. Non vorrai mica che ti accompagni il tuo vecchio? Sarebbe imbarazzante” Oppure potrei andare da solo e basta, molti lo fanno.
“Cosa faresti al mio posto?” gli domando sulla difensiva. Ci ha sempre protetti, ma non può capirci fino in fondo. I suoi occhi d'altronde sono perfetti, non indossa neppure gli occhiali. Lo sento sospirare pesantemente, incapace di replicare senza ferirmi. La mamma allunga il braccio e al secondo tentativo riesce ad appoggiarmi la mano sulla spalla
“Non c'è niente di male nel farsi aiutare” afferma per non so quale milionesima volta. Finisco per arrendermi, ma solo perché voglio che abbia un bel ricordo di questo penultimo momento insieme, per nessun altra ragione. Li saluto con affetto ed esco di fuori ad aspettare il mio amico.

Nell'attesa mi guardo intorno, cercando di identificare le ombre che mi circondano. Sorrido quando sento qualcuno passare nei dintorni, in segno di saluto. Fra i vari rumori capto i passi rapidi di Hunter “Ciao” lo saluto per primo
“Sei pronto?” mi chiede un po' titubante. Accenno di sì con la testa, per poi seguirlo, stando ad almeno una spanna di distanza. Hunter non sembra prendersela per il distacco, ma anzi continua a chiacchierare tutto il tempo, aggiornandomi sul distretto, sui pettegolezzi e descrivendo i volti delle persone di cui parla. Una volta lo facevo anch'io per la mamma, poi è successo quel che è successo.

“Hunter” squittisce una tipa con la voce acutissima. La sento avvicinarsi con passi molto rapidi. Ha addosso un pesante profumo alla violetta. D'un tratto si ferma, per poi esclamare “Oh, senza occhi!” Apro la bocca per lo sdegno, tranquilla cara, sono solo qui davanti! Che razza di coraggio. Se prima mi stava antipatica, ora la odio proprio. I due si scambiano qualche inconvenienza, ignorandomi completamente, poi grazie al cielo lei se ne va da dove è arrivata.
“Chi è quella stronza?” chiedo quando sono sicuro che sia abbastanza lontano
“Mary Mellark. È una gnocca da paura. Dovresti vedere che tette che ha”
“Ma è una stronza!” ribatto come se il concetto non fosse stato abbastanza chiaro
“Non prenderla sul personale, fa così con tutti” Ah, bene “Comunque me la farei lo stesso” Scuoto la testa esasperato. Capisco i tempi di magra, ma a tutto c'è un limite.
Hunter rimane al mio fianco anche durante la cerimonia. Joe ha la voce perfino più acuta di quella di Mary e, anche se non la vedo, so benissimo che ha sorriso che le arriva fino alle orecchie. Lo si capisce dal tono della voce. Mi sono sempre chiesto cosa ci trovino di divertente quelle.
Più il tempo scorre, più un'angoscia arcaica prende possesso di me. So di essere stato scelto, so di non avere speranze. Ho avuto una settimana di tempo per digerirlo. Eppure in questo momento stanno tornando a galla quei sentimenti che ho provato nell'ascoltare la notizia sulla venticinquesima edizione. Ho la certezza che tocchi a me: la mia condizione mi rende non occupabile, un peso morto per la società. Ero la scelta più logica e razionale. Non provo rancore verso la mia gente. Nei loro panni probabilmente avrei agito nella stessa maniera. Provo solo un senso di desolazione. E paura.
“Il tributo femminile è Marissa Mellark” Karma, sei tu? Sono stupito, pensavo che la mia compagna sarebbe stata una disabile, non di certo una versione povera della capitolina stereotipata. Un momento, lei sarà dunque la mia compagna di disavventura? Non so se ridere o piangere.
“Sono abilita! Come hanno potuto!?” si sfoga lei sul palco. È sorpresa, profondamente ferita, non credo non si aspettasse di essere così tanto odiata. Provo sentimenti conflittuali nei suoi confronti. Da un lato ho pietà di lei, so cosa prova, ma dall'altra l'idea che la mia vita possa difendere da lei...
“Il tributo maschile è invece Cassian Nayor” prendo un respiro profondo e mi avvio, cercando di mascherare il più possibile l'esitazione dei miei movimenti. Cerco di aiutarmi attraverso quel poco che intravedo: le forme e i colori vivaci indossati da alcuni. Mi guardo intorno cercando di mostrare uno sguardo vigile ed attento. Procedo con tranquillità perfino nei gradini che portano al palco. Durante il mio passaggio c'è un silenzio che favorisce la mia concentrazione. Finalmente, non ne potevo più di quel caos. Infine cerco l'ombra con la forma dei capelli più strana e mi avvicino. Deve essere per forza Joe, i capitolini si acconciano sempre in maniera strana.
“Vieni quei bel scheletrino” mi incoraggia lei. Eseguo all'istante e mi posiziono accanto a lei
“Cosa ci racconti?” mi chiede lei squittendo
“C'è molto vento quassù” replico, scatenando il lei una risata deliziata. Durante le poche domande successive cerco di non mostrarle il vitreo dei miei occhi, per questo sbatto spesso le palpebre o distolgo lo sguardo ad intervalli irregolari. Spero che gli sponsors pensino che sia solo timido, un po' strano, ma nulla di più. In qualche modo la mia recita funziona, anche se inizio a sentirne il peso. Voglio solo andare nel municipio e nascondermi dal resto del mondo per un po'. È chiedere troppo?

 

 

 

 

 

Cameo: Paula, Achille Pelide.

Nel prossimo capitolo passeremo ai saluti e i pov aumenteranno a 6 in modo da dare spazio a tutti. Forse diventeranno più corti, ma pazienza. Ne consegue che gli aggiornamenti subiranno un rallentamento.

Vi do anche alcune statistiche

 

Tributo più giovane: Liam (distretto 9, 12 anni)

Tributi più anziani: Adrian, Angelie, Achille (Distretto 1 e 2, 18 anni)

Età media: 15,9

Tributi votati perché ritenuti i migliori: 9

Tributi votati perché reietti: 7

Tributi votati per vendetta ai loro parenti: 5

Tributi “volontari”: 3

Tributi eletti per altre ragioni: 1 (Leggasi Liam XD)

 

 
  
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