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Autore: Altair13Sirio    22/08/2016    5 recensioni
Sveglia. Corri. Ruba. Mangia. Menti. Dormi.
Ripeti.
Questa è la vita della quattordicenne Riley, scappata di casa a undici anni e diretta verso il Minnesota piena di speranze. Una volta arrivata lì, però, Riley si è resa conto che quel posto che chiamava "casa" non era più tanto accogliente e sicuro per lei, e non volendo arrendersi e tornare indietro, ha deciso di andare avanti e vivere la vita a modo suo.
Così Riley ha deciso di dimenticare il passato e di diventare una persona nuova, una persona che niente ha a che fare con la Riley del passato; quella bambina che adora giocare a hockey, sempre in vena di scherzare, non c'è più. Riley ormai non prova più emozioni, e si limita a vivere per strada come una delinquente, in attesa di qualche evento che dia una svolta alla sua vita.
Allo stesso modo vivono le sue emozioni, che rassegnate, incapaci di togliere dalla testa della ragazza quell'idea che la fece andare via, continuano a occuparsi di lei nella speranza di farle fare le scelte giuste.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riley Andersen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Riley aprì la porta con delicatezza per non fare rumore e diede un’occhiata alla stanza; la casa era avvolta nella penombra e non riusciva a distinguere niente in quel modo. Dal silenzio che regnava nel soggiorno, però, avrebbe detto che Duncan fosse già a letto…
In punta di piedi, la ragazza scivolò dentro e richiuse con cautela la porta per evitare di fare rumore. Non voleva svegliare il ragazzo proprio ora che era tornata; tutto quello che voleva era sparire tra le coperte del suo letto, sperando di non dover più avere a che fare con quella pessima giornata che aveva avuto. Evidentemente, il destino aveva deciso che, invece, Riley avrebbe dovuto passare un altro brutto quarto d’ora, prima di porre fine a quella giornataccia.
<< Era ora che tornassi… >> Sussurrò una voce pesante nella stanza. Era Duncan, e non era affatto contento; anzi, era molto irritato.
Riley si congelò e trattenne il respiro come per evitare di farsi individuare nel buio. Una mossa inutile, visto che il ragazzo accese a luce di una lampada accanto alla poltrona su cui stava seduto. Quella era la poltrona di Riley, e lui la occupava come per dire che fosse sua… Vide il suo sguardo spento e si sentì ancora più in pericolo.
Il ragazzo si alzò lentamente e raggiunse la ragazza fino a sfiorarla con il naso. La guardò dall’alto verso il basso, come era solito fare, ma questa volta con astio, sentendosi preso in giro. La ragazza avvertì un terribile tanfo di alcol quando le alitò in faccia, e allora capì che la situazione era peggio di quanto immaginasse; Riley sapeva perché fosse irritato, e sapeva anche di aver provato a forzare la situazione in modo da poter tornare a casa il più tardi possibile per non affrontarlo, ma non avrebbe voluto vederlo in quello stato: le faceva paura, quando la guardava a quel modo… << Bella sorpresa, farmi aspettare sveglio per tutta la notte… >> Commentò ghignando perfidamente. Era furioso e ubriaco, Riley poteva intuirlo dal suo tono e da come faticasse a pronunciare alcune parole.
<< Duncan, non è come pensi… >> Mormorò balbettando la ragazza nel tentativo di farlo calmare. Allungò le braccia per cercare di frenarlo e spiegargli tutto con calma. << E’ successo qualcosa… >>
<< E’ SUCCESSO CHE MI HAI PRESO IN GIRO, PUTTANA! >> Esclamò afferrandole i polsi e stringendoglieli con forza. La spinse contro un muro e le urlò in faccia. << E’ questo il modo per ripagarmi, dopo tutte le cure che ti ho dato?! >> Adesso stava esagerando; probabilmente avrebbe anche potuto aspettarselo che Riley lo avrebbe giocato quella sera, e avrebbe anche dovuto comprendere che lei non era interessata a lui. Ma sembrava che al disappunto di essere stato lasciato solo in attesa di quella "sorpresa", Duncan avesse aggiunto parecchio alcol e aveva finito per perdere la testa.
Riley stava cominciando a piangere. Perché nessuno la ascoltava? << Ti prego… >> Cercò di spiegare la situazione, ma Duncan non le diede ascolto e riprese a urlarle contro.
<< Pensi di potermi fottere come fai con il vecchio del negozio? Oppure come gli sbirri che ogni volta ti rilasciano andare? Sei solo una puttanella ingrata! >> I suoi termini non la offendevano; era abituata a sentire di peggio, ma il tono con cui si espresse il ragazzo la spaventò veramente. << Pensi davvero che io sia come quelli lì? Credi che solo perché sei piccola non ti possa fare niente? >> Era davvero odioso, e nonostante la stesse spaventando, Riley sentì crescere una grande ira dentro di sé, sentendosi presa in giro e tormentata da tutti quelli che la circondavano.
Chissà come, Riley trovò il modo di reagire e guardò Duncan dritto negli occhi per mostrargli tutta la sua rabbia:<< SONO STATA AGGREDITA, PEZZO DI IDIOTA!!! >> Gridò con tutta la forza che riuscì a trovare. In un attimo l’espressione di Duncan cambiò, facendosi sorpresa e leggermente intimorita. L’urlo che aveva lanciato Riley doveva averlo destato dalla sua furia, e forse anche dall'alcol, ma non pensava che lo avrebbe addirittura impressionato così. Sembrò quasi preoccuparsi per lei, come se fosse in grado di provare dei sentimenti.
Riley approfittò dello sconcerto di Duncan per divincolarsi dalla sua presa e si mise a raccontare la situazione. Si puntò un dito alla guancia dove era stata colpita e mise in bella mostra il taglio. << Guarda! Guarda qua! Sono stata sorpresa da un tizio dai capelli rasati e i suoi leccapiedi, questo pomeriggio. >> Disse strattonando via le mani del ragazzo che cercava di riavvicinarsi. << Dicevano che hai un debito con loro! >> Andò dritta al punto, non volle perdere tempo in chiacchiere, visto che Duncan era così instabile quella sera. Sembrò accorgersi del suo graffio solo in quel momento. << Mi hanno picchiata, e hanno detto che faranno di peggio se non ti sbrighi a chiudere quel tuo cazzo di debito! >> Sull’ultima parte Riley mentì un po’, ma immaginava che le avrebbero detto qualcosa del genere, se non fosse riuscita a scappare e fosse rimasta con loro.
Duncan era sconvolto. Solo in quel momento si accorse dello stato in cui era Riley, e sembrò dispiacersene. << Riley… >> Mormorò il suo nome incredulo. Le mise una mano sulla guancia ed esaminò la ferita con occhi sgranati mentre lei girava la testa di scatto per lasciargliela vedere.
<< E’ solo un graffio… >> Cercò di fare la dura lei, anche se avrebbe fatto sembrare la situazione molto meno tragica.
<< Quel tipo aveva un cobra tatuato sulla nuca? >> Chiese preoccupato, lasciando scivolare via tutta l'aria da ubriaco che aveva mostrato poco prima. Riley strinse le spalle, non ricordando un simile particolare. Duncan la fissò a quel modo per un minuto intero, poi indietreggiò e mormorò qualcosa tra sé e sé. << Ha superato il limite… >> Dopo aver detto qualcosa che Riley non comprese, si voltò verso la ragazza, che intanto era andata a sciacquarsi la faccia nel lavandino della cucina.
La strinse con forza, facendole sentire calore con le proprie braccia. << Mi dispiace che abbia dovuto passare tutto questo. >> Le disse all’orecchio, sperando che lei comprendesse. Ma comprendere cosa? Era stata colpa sua per non aver pagato quei tizi, e ora Riley era stata picchiata; avrebbe rischiato di prenderle anche da lui, se non avesse tirato fuori la grinta per parlargli!
<< Non fa niente… >> Sussurrò abbozzando un sorriso e poggiando la testa sulla sua spalla. << Cerca solo di risolvere questa faccenda al più presto, okay? >> Ma che stava dicendo? Avrebbe dovuto sgridarlo, dirgli di essere un idiota insensibile e che se ne sarebbe andata via se non si fosse dato una calmata, e invece lei si lasciava abbracciare a quel modo e lo perdonava? Che diavolo ti passa per la testa, Riley?
Duncan allontanò il proprio viso dal corpo di Riley e sorrise un po’ divertito. << Come hai fatto a toglierteli dai piedi? >> Ghignò nascondendo appena una certa irritazione al pensiero di quei teppisti. << Li hai convinti con le tue doti oratorie? >>
Riley sorrise prendendolo in giro. << Mi sono fatta strada a furia di calci. >> Disse mettendo un forte accento sull’ultima parola, e diede uno shiaffo su una natica del ragazzo per buttarla sul comico. Cominciò a dirigersi verso la propria camera da letto. Duncan ghignò compiaciuto, forse aspettandosi quella risposta.
<< Ti sei spaventata? >> Chiese facendosi serio un attimo dopo. Riley si fermò rivolgendo le spalle al ragazzo.
Quello era un argomento che non toccavano mai. La paura, il dolore, la tristezza, erano tutti sinonimi di debolezza, e per questo Riley aveva imparato a disfarsene sin da subito, per poter sopravvivere in strada; quella era una domanda a trabocchetto, lo sapeva. Ruotò appena la testa per poterlo vedere con la coda dell’occhio nella penombra e sorrise. << Certo che no. >> Rispose con semplicità prima di tornare a dirigersi verso la sua stanza, lasciando Duncan solo nel soggiorno, che abbandonò dopo alcuni secondi.
In realtà aveva avuto paura, ma in un altro momento della giornata: pochi minuti prima, quando Duncan aveva cominciato a urlarle contro; quello sì che le aveva fatto davvero paura…
Riley, chiusasi in camera sua, si fiondò sul proprio letto sfondato, sulla quale era posata una pesante coperta blu a quadri neri; non si disturbò nemmeno a spogliarsi o a raddrizzarsi sul materasso, rimase a fissare il soffitto con occhi inespressivi, ripensando alla giornata che era appena passata.
Che diavolo ti è preso? Pensò muovendo piano la testa di lato. E’ andato tutto diversamente da come ti aspettavi.
Non siamo riusciti a imporci. Fece una voce irritata nella sua mente. Ecco che ricominciava a girarle la testa, come ogni notte, quando cominciava a riflettere.
Ha reagito in modo inaspettato, però è sempre Duncan… Disse in risposta un’altra.
E’ pericoloso, ma potrebbe anche essere la nostra salvezza… Commentò un’altra voce che sembrò spaesata.
Riley afferrò il cuscino che giaceva al limite del letto e se lo schiacciò sopra la testa, cercando di scacciare quelle voci così fastidiose; era impossibile riflettere o riposare! Era a pezzi dopo quella giornata e loro non la lasciavano dormire. Cosa diavolo c’era ancora da fare perché potesse dirsi conclusa, quella serata?
Non gli abbiamo parlato di Andy. Sgranò gli occhi stupita; si rese conto all’improvviso di aver completamente omesso la parte in cui veniva salvata da un ragazzo sconosciuto incontrato per strada. Perché?
E’ nipote di un poliziotto. Si rispose, pensando che la parentela con il tutore della legge sarebbe stata un problema per Duncan. Ma Riley non fu tanto convinta di quell’idea…
A un tratto sentì qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni, e allora si ricordò di avere ancora il coltellino rubato al ragazzo che l’aveva aggredita; lo estrasse e lo guardò alla luce fioca della strada. Quel coltello le ricordava Andy, e come quel ragazzo che l’aveva aiutata quel giorno, le dava una strana sensazione; era come se provasse una sorta di pietà per quel ragazzino così gentile e ingenuo, oltre a un senso di gratitudine che la stava tormentando, e volesse tenerlo al sicuro dai guai di ogni genere: quei teppisti avrebbero potuto scoprire dove abitava, se suo zio avesse saputo del suo incontro con Riley sarebbe potuto finire nei guai, Duncan avrebbe potuto rendergli la vita un inferno, per gelosia…
Gelosia?! Quella parola fu urlata nella mente di Riley senza nemmeno un buon motivo; la ragazza si sentì oppressa da una marea di pensieri e domande senza risposta, che finì per riassumere in una sola: Che cosa sta succedendo?
Aveva bisogno di aria, improvvisamente aveva cominciato a sentire caldo e il suo cuore aveva accelerato i battiti; si guardò intorno e sospirò in affanno. Si alzò dal letto e raggiunse rapidamente la finestra che aprì senza cerimonie. L’aria fredda della notte invase la sua stanza e Riley sentì un improvviso sollievo darle un po’ più di vitalità. Dopo aver preso un bel respiro di aria fresca, la ragazza bloccò le ante della finestra in modo che non sbattessero per il vento e tornò a letto, sdraiandosi parallela al materasso, questa volta.
Rimase a fissare il soffitto con preoccupazione. C’era silenzio, anche le vocine nella sua testa si erano zittite, come se aspettassero che dicesse qualcosa, che desse un segno di vita. Ma il silenzio era la sua unica arma in quella battaglia, e aveva paura che non fosse abbastanza; cosa avrebbe fatto di fronte ai teppisti che volevano i loro soldi? E cosa avrebbe fatto di fronte a Duncan esigendo ciò che aveva sempre bramato? E come si sarebbe comportata davanti a quel sempliciotto di Andy, se lo avesse dovuto incontrare di nuovo? Sarebbe rimasta in silenzio, o sarebbe scappata un’altra volta?
Un battito del suo cuore la fece sussultare, ricordandole di essere ancora viva. Alzò un braccio e scrutò i contorni delle proprie dita che venivano colpiti dalle deboli luci della strada, passanti per la finestra aperta. << Che sia davvero diventata pazza, finalmente? >> Mormorò tristemente, ricordando una volta in cui fantasticò sul perdere la ragione. << Oppure… E’ qualcos’altro a destabilizzarmi così? >>
   
 
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