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Autore: Carme93    23/08/2016    1 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo sedicesimo

Comportarsi da Campione
 
«Porca Morgana» sbottò James, attirando l’attenzione di tutti i presenti in Sala Grande.
«Il grande Potter se l’è fatta addosso!» strillò Dominique, nascondendo la bacchetta.
James furioso non smetteva di spostare lo sguardo dalla divisa bagnata a sua cugina, che gli stava dichiarando apertamente guerra. Come se non avesse già fin troppi problemi! Tipo essere stato scelto come Campione di Hogwarts.
«Smettila, sei ridicola» sibilò Robert, affiancando l’amico.
«Oh, non ho paura di te Cooper» ribatté Dominique.
«Domi, sul serio non è il caso» provò Matthew, dietro di lei.
«Perché smettere?» domandò Danny Baston. «Lui vuole stare al centro dell’attenzione!».
«E vuole anche i mille galeoni di premio!» rincarò Tylor Jordan.
«Mettete via le bacchette. Adesso».
Tutti si voltarono verso il professor Paciock, che li squadrava severamente a braccia conserte. James, Robert, Danny, Tylor, Dominique e persino Benedetta si affrettarono a riporre la bacchetta.
«Così va meglio. Ora se non volete che prenda provvedimenti, sedetevi e fate colazione. Non voglio sentire altre polemiche. È chiaro?» chiese severo il professor Paciock. Qualcuno borbottò un Sì, signore o un Va bene, signore, gli altri rimasero in silenzio guardandosi in cagnesco e Dominique si andò a sedere con Matthew al tavolo di Corvonero.
«Jamie, devi mangiare» lo esortò Benedetta, riscuotendolo dal suo torpore. Il ragazzo aveva fissato con odio la caraffa del succo di zucca per almeno cinque minuti come se la colpa di ciò che gli stava succedendo fosse sua. Scrutò la compagna per un attimo e la trovò davvero bella con la quella espressione corrucciata e dolcemente preoccupata. Prese la brioche di zucca che gli porgeva e gli diede un morso, scoprendo che dopotutto aveva una fame da lupi. Dopo averla ingoiata in pochi bocconi, allungò la mano per prenderne un’altra dal vassoio.
«Ora ti riconosco» sussurrò Benedetta con un lieve sorriso.
In quel momento arrivarono i gufi con la posta. «Mmm forse avrei dovuto raccontare ai miei di ieri sera» disse pensieroso James.
«Beh sicuramente lo sanno. Mia zia li avrà avvertiti appena ti ha congedato» replicò Robert.
«Quella è una strillettera?» chiese preoccupata Benedetta. James e Robert fissarono il gufo reale che portava una lettera scarlatta. Di certo quella era una strillettera.
«Mi sa che i tuoi non l’hanno presa bene» commentò Demetra.
«Mica è colpa di Jamie!» protestò Robert.
«E questo gufo non appartiene a nessun membro della mia famiglia» disse James, staccando la busta, che aveva iniziato a fumare dai lati, dalla zampa del pennuto. Pochi istanti dopo la voce di una donna paralizzò l’intera Sala Grande. James, inorridito, aveva già mollato la busta sul tavolo.
«JAMES SIRIUS POTTER, QUESTO È SOLO L’INIZIO. L’ORDINE DELLA FENICE SARÀ PUNITO PER AVER SCONFITTO IL SIGNORE OSCURO. IL PRIMO SARAI TU, JAMES SIRIUS! E POI SEGUIRANNO I TUOI FRATELLI ED I TUOI CUGINI. L’ORDINE RIMARRÀ STRAZIATO DALLA VOSTRA MORTE E SOLO DOPO LO ANNIENTERÒ! PREPARATI, HOGWARTS, LA MIA VENDETTA SARÀ TERRIBILE! DIVERTITI DURANTE IL TORNEO, PICCOLO POTTER. PRESTO I PUROSANGUE RIPRENDERANNO IL POTERE».
Il silenzio nella Sala era totale. Di solito ad una strillettera seguivano risate di scherno per il povero malcapitato, ma questa volta nessuno aveva il coraggio di aprir bocca. James deglutì più volte a vuoto, non distogliendo gli occhi dai resti della lettera. Non aveva la forza di guardare i suoi amici.
«Andiamocene via da qui» ruppe il silenzio Robert. James, Benedetta e Demetra lo seguirono subito nella Sala d’Ingresso.
«Jamie?» tentò debolmente Benedetta.
Il ragazzo si passò una mano sul volto e provò a sorridere, ma gli uscì più che altro una smorfia. «Per una volta non mi sarebbe dispiaciuta una strillettera da mia madre».
Gli altri tre sorrisero lievemente alla battuta.
«E ora?» domandò Demetra.
«Ora, niente» replicò Robert. «Non cambia nulla».
«Come no?» ribatté perplessa Benedetta.
«No. Noi credevamo già che James non avesse messo il suo nome nel Calice e soprattutto che chiunque l’abbia fatto al suo posto non volesse fargli un piacere. Ora ne abbiano la certezza. Piuttosto dovremmo preoccuparci degli altri figli di membri dell’Ordine della Fenice» spiegò pratico Robert.
«Ma la Scuola è protetta» tentò Demetra.
«Anche quando veniva mio padre era protetta. Senza contare Albus Silente. E evito di ricordarti che cosa ha passato, perché non finiremmo più» mormorò James. «Comunque dobbiamo preoccuparci anche per i figli dell’Esercito di Silente, ho paura che la pazza non faccia la minima differenza».
«Lo credo anche io» concordò Robert.
«L’ultima volta è morto un Campione. Spero che tu sia il prossimo!».
I quattro si voltarono di scatto e si trovarono faccia a faccia con Marcus Parkinson, Serpeverde del loro anno.
«Sparisci» sibilò James estraendo la bacchetta.
«Mammina non ti ha insegnato le buone maniere?» replicò Parkinson.
«Attento, Parkinson. Stai attaccando briga. Sono dieci punti in meno per Serpeverde» intervenne Benedetta, spingendo di lato James e Robert.
Parkinson rise sprezzante. «Non mi fai paura, mezzosangue».
«Ti sei appena guadagnato una punizione, Parkinson. Stai sicuro che informerò immediatamente la Preside e la professoressa Shafiq del tuo linguaggio» disse il professor Williams, sulla soglia della Sala Grande. «Quanto a voi tre filate a lezione» aggiunse indicando Demetra, Benedetta e Robert. «Potter, la Preside ti vuole parlare. Vieni con me».
«Ci vediamo in classe» sussurrò Benedetta e lui annuì prima di voltarsi e seguire Williams in silenzio.
«Prof, ma i miei?» chiese titubante James al quinto piano, incapace di stare zitto più a lungo.
«Tuo padre è venuto stamattina presto. È dovuto scappare quasi subito: i Neomangiamorte hanno creato dei disordini a Piccadilly. E la Preside lo informerà immediatamente della strillettera. Credo che abbiamo avuto l’onore di sentire la voce della tanto temuta Signora Oscura».
«Ne avrei fatto a meno» mormorò James.
Il professor Williams per conto suo non fece alcun commento e si fermò solo di fronte ai gargoyle della Presidenza.
«Siamese» sussurrò l’insegnante ed i gargoyle si spostarono rivelando una scala a chiocciola. «Vai, la professoressa McGranitt arriverà a momenti. Vedi di non fare guai mentre sei solo».
«Alla faccia della fiducia» bofonchiò James.
«Fa’ poco lo spiritoso se non vuoi far compagnia a Parkinson. Oggi non è giornata» ribatté Williams.
Rimasto solo James mise piede sul primo gradino e la scaletta si mosse da sola verso la cima. Entrò nello studio circolare e si guardò intorno. Non era la prima volta che vi entrava, l’unica differenza è che questa volta era sicuro di non aver infranto nessuna regola. Lo studio era perfettamente in ordine. Suo padre gli aveva raccontato che ai tempi di Silente era pieno di strani strumenti, ora vi era un’ampia libreria stracolma di libri. Dietro la scrivania della Preside come sempre erano appesi i ritratti addormentati dei sui predecessori e soprattutto la spada di Godric Grifondoro. Aveva una specie di ossessione per quella spada. Si avvicinò nella speranza di riuscire a prenderla prima dell’arrivo della Preside.
«Ragazzino insolente, chi ti ha dato il permesso di toccarla?» sibilò una voce poco distante. James sussultò e si voltò verso il quadro di Severus Piton.
«Io volevo solo provarla» mormorò il ragazzo.
«Sei un arrogante, proprio come tuo padre» continuò ancora il ritratto.
«Su, Severus lascialo in pace» intervenne bonariamente Silente nella cornice accanto.
«Mio padre non è arrogante!» disse James piccato.
«Tuo padre non è arrogante, ma hai la stessa capacità di ficcare il naso dove non dovresti» disse una voce, ben nota, alle sue spalle.
James si affrettò a rimettere la spada nella teca e si voltò verso la Preside. «Buongiorno, professoressa… Ehm, io ero solo curioso».
«La prossima volta tieni a freno la tua curiosità. Ora, siediti» gli ordinò la Preside, prendendo posto dietro la scrivania. «Sulla strillettera non credo che ci sia molto da dire, infatti non è per questo che ti ho chiesto di venire qui. Tu hai domande in proposito?» esordì subito.
James rifletté per un attimo e ripensò ai commenti pronunciati poco prima con i suoi compagni. In fondo non vi era nulla da chiedere. Proprio come aveva detto Robert: la sua situazione non mutava poi tanto.
«No grazie, Preside» rispose educatamente, ma comunque ancora più perplesso non comprendendo perché l’avesse convocato se non vi era nulla da discutere.
«Solitamente, come tuo padre forse ti avrà raccontato, i Campioni, per ovvi motivi, sono esentati dagli esami di fino anno. Tuo padre stesso non li sostenne quando partecipò al Torneo. Ora, nel tuo caso la situazione è diversa. Quest’anno dovrai affrontare i G.U.F.O., sono sicura che tu abbia contezza della loro importanza, per cui non puoi essere esentato. Il massimo che ti posso proporre è di sostenere gli esami ad agosto al Ministero della Magia».
«Se accettassi dovrei farli da solo?».
«Naturalmente. Si tratta di un’eccezione, visto e considerato che il Torneo assorbirà parte del tuo tempo. Ti posso concedere qualche giorno per riflettere, ma non molto per una questione di organizzazione».
«No, non ho bisogno di riflettere. Anche se sarà pesante preferisco fare gli esami con i miei compagni» disse James. Senza contare che dovrei studiare in estate pensò, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce.
«Sei sicuro, Potter?».
«Sì, professoressa».
«Bene, allora puoi andare. Dì al professor Finch-Fletchley che eri nel mio ufficio».
«Sì, grazie professoressa». James si avviò verso l’uscita, poi, però, si fermò. «Posso farle una domanda?» chiese tornando sui suoi passi.
«Sì, Potter» rispose la donna, scrutandolo con la consueta severità anche se il giovane poté cogliere un guizzo di curiosità nel suo sguardo.
«Perché ha nominato me Prefetto e non Danny Baston?».
La Preside si sistemò gli occhiali quadrati sul naso e si prese qualche secondo prima di rispondere: «Semplicemente perché ho ritenuto che tu fossi più adatto all’incarico».
James la fissò sorpreso. «Non ho capito» disse sentendosi terribilmente stupido.
La professoressa sospirò. «Potter, non credo che ci sia molto da capire».
«Ma professoressa! Danny ha sempre avuto voti più alti dei miei. È il miglior Grifondoro del quinto anno!».
«Permettimi di dissentire. La migliore Grifondoro del quinto anno è senz’altro la signorina Merinon, non per niente l’ho nominata Prefetto. Scelgo i Prefetti valutando sia il loro profitto sia la loro condotta. E il signor Baston non ha mai avuto una condotta eccelsa».
James era incredulo: quel discorso non aveva senso. Che fosse impazzita sul serio?
«Ma la mia condotta…».
«Potter» lo interruppe ella bruscamente, «ho nominato te perché mi aspettavo che l’assumerti una responsabilità del genere ti aiutasse a maturare e soprattutto sapevo come avresti usato la spilla. Fin adesso devo dire che non sono rimasta delusa».
James continuava a fissarla. «Dieci minuti fa giocavo con la spada di Grifondoro…» mormorò titubante.
La professoressa McGranitt sbuffò e disse: «Questo perché sei ancora terribilmente infantile! Ma come tuo padre non hai mai sopportato le ingiustizie. Mi aspettavo, e ripeto non sono rimasta delusa, che avresti usato il tuo nuovo potere per tenere a bada i bulletti. Ed è quello che stai facendo. Non usi sempre metodi ortodossi è vero, ma il signor Lux mi ha detto che ogni sera sei andato a trovare il signorino Avery in infermieria per tutta la sua degenza. E non è l’unico che hai aiutato. Probabilmente l’avresti fatto anche senza spilla, ma devi ammettere che così puoi far forza sulla tua autorità e non infrangendo le regole a tua volta».
Il Grifondoro era basito e letteralmente senza parole.
«Hai delle buone qualità James, sfruttale nel migliore dei modi. Ed ora vai, i Prefetti non saltano le lezioni» sentenziò la donna in tono definitivo. «Buona fortuna per il Torneo».
*
«Oggi faremo una lezione pratica» esordì il professor Williams, fissando gli allievi del terzo anno. «Seguitemi».
«Speriamo bene» sussurrò Roxi. «I folletti dell’anno scorso sono indimenticabili».
«Non ti lamentare» borbottò Frank, che di certo non aveva scordato quella famosa lezione di Difesa in cui Robards aveva liberato i folletti della Cornovaglia ordinando loro di acchiapparli e rimetterli in gabbia. Non che le lezioni successive fossero andate meglio per lui. Decisamente non amava Difesa. Sospirò, pregando di non fare una delle sue figuracce.
Il professore li guidò verso i sotterranei fino ad un’aula in disuso. Era molto buia e polverosa, ma molto più ampia delle aule utilizzate comunemente ed il soffitto era particolarmente alto.
«La Preside mi ha concesso di usare quest’area come Sala duelli o come preferite chiamarla» disse Williams, facendo apparire dal nulla una cassa e con un altro gesto della bacchetta accese le torce appese per tutto il perimetro della Sala. L’ambiente si schiarì notevolmente, ma rimase comunque cupo. In un angolo in fondo c’erano banchi e sedie accatastati. «Bene» riprese Williams, sedendosi sulla cassa, «oggi affronteremo una creatura abbastanza diffusa. Intanto potete sedervi».
I ragazzi, che erano rimasti impalati all’in piedi, si sedettero a terra. Roxi sembrava a suo agio a gambe incrociate. Grifondoro e Serpeverde, come di consueto, si sedettero separati in due schiere; ma ciò che risultò evidente, e non piacque nemmeno a Williams, fu che i Grifondoro a loro volta erano divisi in due: da una parte Roxi, Frank e Gretel, dall’altra Calliance, la sua gemella, Granbell e Hans. L’insegnante comunque non commentò, probabilmente ritenendo che fosse compito di Neville risolvere la questione in qualità di Direttore di Grifondoro.
 «Ma perché lei sulla cassa e noi sul pavimento sporco?» chiese aspra Nadine Parkinson di Serpeverde.
«Perché sulla cassa non entrate tutti» rispose pacato Williams. «Comunque puoi sempre sederti qui, se non ti interessa dei tuoi compagni». L’insegnante si alzò e Nadine ne approfittò subito insieme alla sua migliore amica, Merope Granbell, nonché gemella di Alcyone. «Ora che siete soddisfatte, posso andare avanti» sbuffò Williams. Le due annuirono e lo ringraziarono in modo palesemente falso. «Allora, la creatura è già in questa stanza. Secondo voi cos’è?».
Occhiate spaventate li furono rivolte da tutta la classe ed i ragazzi iniziarono a guardarsi intorno preoccupati come se dovessero essere attaccati da un momento all’altro.
«Non è dentro la cassa, vero?» strillò terrorizzata la Parkinson, seguita immediatamente da Merope.
«No» rispose annoiato il professore. «Cercate di ragionare».
«Come fai ad essere così tranquilla?» sussurrò Frank a Roxi.
«Mica Williams è come Robards! Fa finta di essere sadico, ma non lo è. Non ci metterebbe davvero in pericolo. In questi due mesi ha testato le nostre capacità» replicò lei.
«Infatti. E dubito che dopo il disastro con gli incantesimi di Disarmo ci farebbe fare qualcosa di pericoloso» concordò Gretel.
«E comunque è chiaro cosa c’è qui dentro» sospirò Roxi, inclinando la schiena ad appoggiandosi con le mani a terra. «Tuo padre ed i miei zii ce l’avranno raccontato un milione di volte».
Frank la osservò confuso. Le lezioni di Difesa non gli piacevano e basta. In quel momento pensava solo di voler uscire di lì. Roxi sbuffò ed alzò gli occhi al cielo e mentre la classe stava per piombare nel panico, credendo di essere circondata da chi sa cosa, alzò la mano.
«Sì, Roxi?».
«Scommetto che c’è un molliccio».
Frank rimase a bocca aperta per la sorpresa e la chiuse solo ad una gomitata di Gretel. Quella lezione gli piaceva sempre meno. Non era da lui mentire, ma una merendina marinara non l’avrebbe rifiutata in quel momento. No, non poteva mostrare a Calliance e compari la sua peggior paura.
«Esatto. E dove pensi che sia?» domandò ancora il professore, ignorando il commento di Hans E che cavolo è?
Roxi strinse gli occhi e perlustrò la stanza, poi scrollò le spalle. «Tra il muro ed i banchi?».
«Molto bene, Roxi. E sei in grado anche di spiegare ai tuoi compagni cos’è un Molliccio?».
Roxi si trattenne dallo sbuffare, si era già pentita di aver risposto. La prossima volta avrebbe lasciato il compito di farlo a Frank od a Gretel. Proprio non sopportava partecipare attivamente alle lezioni, preferiva stare in un angolo a disegnare. Per giunta quell’aula la ispirava particolarmente. Si concentrò e ricordò le parole ripetute più volte da zia Hermione: «È un Mutaforma. Assume la forma di ciò che spaventa maggiormente chi gli si trova davanti».
«Perfetto. Quindici punti a Grifondoro. Ora, i mollicci sono classificati come creature oscure in quanto si nutrono di paura. Delle nostre paure. Sconfiggerli non è troppo difficile in sé, basta ridere; ma vi assicuro che non è semplice ridere delle proprie paure, è molto più facile ridere di quelle degli altri. Ora lo affronterete uno alla volta. La formula è riddikulus. Prima di iniziare, però, vorrei che chiudeste tutti gli occhi». I ragazzini incuriositi obbedirono. «Pensate alla vostra paura più grande. In quella si trasformerà il molliccio. Infine pensate a qualcosa che possa renderla ridicola». Nell’aula per alcuni minuti si sentirono solo dei borbottii o sussurri, poi il professore riprese a parlare: «Pronti?».
Frank aprì gli occhi di scatto e lo fissò terrorizzato. No, che non lo era. I suoi compagni comunque avevano annuito tutti. Si voltò verso Roxi, che sembrava sempre più annoiata, e Gretel che era particolarmente concentrata.
«Perfetto, spostatevi verso quell’angolo, così lascerete tutto lo spazio necessario a Nadine, che per prima affronterà il molliccio».
«Cosa?! Perché io?» strillò la ragazzina.
«Perché mi è sembrato ti piacessero i privilegi!» replicò lui con un ghigno degno di un Serpeverde.
Roxi sorrise divertita di fronte all’espressione oltraggiata della compagna.
«Comunque essendo in tanti abbiamo un vantaggio nei confronti del molliccio, perché non saprà chi attaccare per primo. Se non siete particolarmente abili, non affrontatene mai uno da soli, mi raccomando. Fuori la bacchetta e preparati, Nadine. Hai pensato a ciò che ti spaventa di più?».
«Purché non sia un’unghia spezzata!» esclamò Lucy.
«O peggio le doppie punte nei capelli!» aggiunse in un tono falsamente scioccato Roxi.
Nadine le fulminò con lo sguardo.
«Sì, molto divertente. Ora tacete» sbuffò Williams. «Allora, se sei pronta sposto i banchi. Il molliccio ti verrà incontro. Tu fa’ come vi ho spiegato. Chiamerò io il prossimo. Tutto chiaro?».
I ragazzi annuirono.
«Sono pronta» disse Nadine, che non sembrava aver più molta voglia di mettersi in mostra. L’insegnante con un gesto della bacchetta spostò i banchi, come aveva predetto. I ragazzi impiegarono diversi secondi a capire che forma avesse assunto il molliccio, più che altro perché in un primo momento non lo videro neppure. Fu lo strillò di Nadine a costringerli a guardare verso terra, mentre un grosso topo squittiva incurante del terrore che aveva suscitato non solo in Nadine, ma anche in Lorein Calliance.
«Riddikulus» sbraitò la Serpeverde ed il topo si trasformò in una spazzola. «Che schifo, non comprerei mai una cosa del genere» sbottò mentre gli altri ridevano.
«Merope, tocca a te».
La ragazzina osservando disgustata l’ex-topo prese il posto della compagna. Immediatamente la spazzola mutò in una lucertola e dopo un momento di titubanza ella pronunciò la formula e l’animale divenne un mokessino dalla forma strana. Merope si voltò verso l’amica e con una smorfia divertita le disse: «Solo uno sfigato potrebbe usarne uno così brutto».
«Vi prego, uccidetemi. Non posso sentire certe cose» sussurrò melodrammatica Roxi a Frank e Gretel. La seconda ridacchiò, mentre il primo aveva un’espressione torva, che fece preoccupare entrambe le ragazzine.
«Che cavolo hai?» gli chiese Roxi.
«Non mi piace questa cosa» borbottò Frank in risposta.
«Questa cosa cosa?».
«Mostrare le proprie paure».
«Gretel, vieni tu» chiamò il professore. La ragazzina si alzò ed appena si avvicinò al mokessino, esso prese la forma di un cane.
«È un crup» sussurrò Roxi a Frank, indicandogli la coda biforcuta. «Hagrid ci ha spiegato la differenza a lezione, ricordi? Non sapevo che ne avesse paura».
«Magari non voleva che si sapesse» replicò l’altro a denti stretti.
Gretel fissava paralizzata l’animale che lentamente le si avvicinava. Ad un certo punto Roxi temette davvero che non ce la facesse ad affrontarlo, scattò in piedi pronta ad intervenire. Gretel, però, pronunciò con forza: «Riddikulus!».
Il crup cominciò a girare in circolo nel tentativo di mordersi la coda. Molti risero ed anche Gretel stessa si lasciò andare ad un risolino nervoso.
«Molto bene, Frank ora tu».
Il ragazzino non si mosse. Sentì una rabbia assurda: insomma non poteva sempre avere sfiga! Mancava pochissimo alla fine della lezione, mai avrebbero potuto affrontare tutti quel maledetto molliccio. E chi andava a chiamare Williams? Lui.
«Frank?» ripeté l’insegnante, perplesso.
«No».
Roxi si fece male al collo per quanto si voltò velocemente verso di lui a bocca aperta. Che aveva detto?
«Frank, alzati. Adesso» insisté Williams.
«No».
«O affronti il molliccio o ti metto in punizione» disse infastidito l’insegnante.
Frank non rispose e non si mosse dal suo posto, continuò a torturare i lacci delle scarpe.
«Contento tu. Roxanne, allora tocca a te».
Roxi avrebbe voluto trascinare in infermeria il suo migliore amico o quanto meno toccargli la fronte: doveva avere la febbre alta! Non c’erano dubbi. Comunque decise che non era proprio il caso di mettere ancora alla prova la pazienza di Williams. Non si sorprese minimamente quando il molliccio assunse l’aspetto di un vampiro vedendola. Era tutta colpa di Fred. Come sempre d’altronde. Avrebbe scommesso un botto di galeoni che la maggior parte delle fobie dei Weasley-Potter fossero nate a causa di suo fratello. Qualcuno urlò alle sue spalle, ma ella non fece una piega. Un vampiro, dopotutto non sarebbe mai stato peggio di Fred Weasley. Aveva un bel viso e le sue spalle erano cinte da un mantello elegante, peccato per quei canini troppo cresciuti che mostrava compiaciuto. In quel momento non aveva paura. Sapeva che non era vero e quello per lei faceva una differenza enorme. Sicura pronunciò la formula ed il vampiro iniziò a succhiare il suo stesso sangue. Sotto gli occhi schifati di molte ragazze e quello divertito dei ragazzi, in pochi secondi del vampiro non rimase che la pelle e poi essa scoppiò non lasciando più nulla.
«Ottimo, Roxanne. Una fantasia un po’ macabra, ma abbiamo sconfitto il nostro molliccio. Direi che la lezione è finita. Per la prossima settimana dovrete studiare il capitolo sui mollicci. Ed assegno cinque punti ai quattro che l’hanno affrontato. Potete andare. Frank, tu aspetta».
I ragazzi si affrettarono a raccogliere le borse ad uscire, chiacchierando eccitati della lezione e soprattutto del vampiro di Roxi. Le due Grifondoro, però, non si mossero. Avrebbero lasciato il loro amico solo se costrette. Williams le squadrò per un attimo, ma non li disse nulla. «Frank, il tuo comportamento costerà quindici punti a Grifondoro e per la punizione ti aspetto nel mio ufficio sabato alle otto. Chiaro?».
«Sì, signore» mormorò Frank. Dopodiché furono congedati ed appena furono fuori dalla Sala Roxi e Gretel lo trascinarono quasi di peso per un paio di piani. Quando si fermarono, Roxi sbottò: «Porco Merlino! Ma che caspita ti è preso?».
«Non è caldo» le comunicò Gretel dopo avergli tastato la fronte.
«Mi lasciate in pace!?» sbottò Frank allontanandole bruscamente.
«No! Mi dici che ti e preso?» ripeté di nuovo Roxi.
«Secondo me è una crudeltà costringere le persone a mettere in mostra le proprie paure» rispose con rabbia.
Roxi e Gretel si guardarono per un attimo e poi la prima disse in un sussurro: «Hai paura che se Calliance e compari scoprissero la tua, ne approfitterebbero?».
A malincuore Frank rispose: «Anche. Comunque lo considero ingiusto. Affrontare le proprie paure di fronte ad un pubblico del genere… voglio dire, non hanno bisogno della scusa per prendere in giro quelli come me…».
«Quelli come te cosa?» sbottò Roxi, fissandolo minacciosa.
«Quelli che in ogni modo vengono sempre presi in giro. Ci sono sempre queste persone» sussurro Gretel, scivolando a sedere con le spalle appoggiate al muro. Frank si era seduto sul piedistallo di un’armatura. «Io sono come te. Ti capisco. È sempre stato così. Per me la vostra amicizia è la cosa migliore che poteva capitarmi».
Frank non replicò e porto le ginocchia al petto abbracciandole con le braccia. Roxi non sapeva che cosa dire, così si inginocchiò davanti a loro e gli abbracciò entrambi, facendoli cozzare testa con testa. Naturalmente ignorò le loro lamentele.
«Io vi voglio bene!» decretò infine, come se quello chiudesse definitivamente la questione.
«Sì, ma gli altri… Ahi». Frank si massaggiò dove l’amica l’aveva pizzicato con forza.
«Per le più consunte mutande di Merlino» sbottò Roxi, «ora mi ascolterete bene entrambi! Non me ne sbatte un cavolo degli altri. È chiaro? Se sono così stupidi da trattarvi male, è un problema loro! Certa gente merita solo il nostro disprezzo. Non ci merita!».
«Veramente anche tuo fratello… insomma… l’altro giorno… l’abbiamo sentito quando ti ha detto che da quando stai solo in nostra compagnia e non lo ascolti più sei peggiorata» mormorò Gretel.
Roxi sbuffò: «Nemmeno lui merita niente. Infatti non gli parlo da allora! Ed adesso alzatevi, io ho fame! E domani abbiamo la verifica di Erbologia! E deve andarmi bene o mia madre mi ucciderà! E non penserete mica che io studi da sola! Mi avreste sulla coscienza!».
*
«Ehi» disse Albus, sedendosi su un divanetto scarlatto accanto a Frank, Roxi e Gretel. «Sono distrutto, questa riunione non ci voleva proprio».
«Mio fratello si è fissato» sbuffò Roxi infastidita.
«Senza contare che ha preteso di farla qui! Non so come abbia fatto a convincere Louis, Fabi ed Arthur! Di solito loro rispettano le regole!» continuò Albus, scuotendo la testa.
«Li avrà minacciati in qualche modo» sospirò Roxi. «Speriamo che non ci becchi nessuno. O nemmeno noi la passeremo liscia» replicò Roxi.
«Come è andata con Williams?» domandò Albus a Frank, che stava finendo un tema di Trasfigurazione.
«Bene» mormorò «è stato molto gentile. Sinceramente avevo un po’ paura».
«È normale. Non avevi mai preso una punizione» ridacchiò Roxi, alzando gli occhi al cielo.
Frank arrossì e scrollò le spalle. «Comunque» disse a beneficio di Al, visto che le ragazze gli avevano già fatto il terzo grado la sera prima. «mi ha dato la possibilità di spiegarmi ed ha accettato le mie scuse. Mi ha anche assicurato che, naturalmente, non era suo scopo mettere in imbarazzo qualcuno di noi».
«Che ti ha fatto fare?».
«Mettere in ordine i suoi libri. Non l’aveva ancora fatto da quando è arrivato ad Hogwarts… erano tutti negli scatoloni… molti erano di Difesa, alcuni sembravano più oscuri, altri erano più generici, incantesimi, trasfigurazione… ne ha tantissimi… può sembrare assurdo ma è stato quasi piacevole, non si è lamentato se ho sfogliato i libri di trasfigurazione ed ha risposto a qualche mia curiosità…e poi prima che me ne andassi mi ha detto che se ho difficoltà a lezione glielo devo dire senza alcun timore…».
Albus sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. «Zio Neville che ti ha detto?».
Frank sospirò. «Sono andato io a dirglielo. Lo sai, i miei vogliono che gli diciamo le cose subito…».
«Sì, anche i miei ragionano così. Ma non si è arrabbiato troppo, no?».
«No. Comunque lo sapeva già. Williams aveva parlato con lui dopo le lezioni. Mi ha chiesto di spiegarmi. Credo sia molto preoccupato. A me dispiace, ma non riesco a gestire questa cosa. Ho difficoltà a stare in compagnia di Calliance e gli altri. Mi ha sgridato perché mi sono comportato in modo maleducato con Williams. Mi ha promesso che mi aiuterà a superare questa cosa, insomma non posso essere sempre condizionato dalla presenza o meno di quei tre».
Albus annuì. «Per fortuna zio Neville è sempre molto comprensivo».
«Già vorrei averlo io un padre così» disse Gretel. Frank fece un lieve sorriso e si rimise a lavorare sul suo tema. Albus continuò ad osservarlo in silenzio seriamente preoccupato, non ci voleva uno psicomago per capire quanto fosse problematica la situazione: Frank chiamava gli atti di bullismo di Calliance, Granbell ed Hans questa cosa e non con il loro nome.
«Eccoci» annunciò tetro James, mentre toglieva il mantello da sopra la testa di Fabiana, Lucy, Louis ed Arthur.
«Bella la vostra Sala Comune» disse quest’ultimo ammirato. «Wow, voglio vedere il paesaggio! Peccato che sia buio!» aggiunse correndo verso le finestre.
Fabiana e Louis si guardavano intorno interessati, ma non particolarmente colpiti, in fondo anche il loro dormitorio era in una torre. Lucy, per conto suo, era già entrata nella Sala Comune di Grifondoro, così come se fosse a casa sua si buttò su una poltrona accanto al fuoco e sfacciatamente disse: «Quando siete pronti…».
«È andato tutto bene?» chiese Fred, spuntando dalle scale del dormitorio maschile.
«Sì, signore».
Tutti si voltarono verso James, il cui tono era stato particolarmente acido.
«Non sai quanto apprezzo che tu stia finalmente collaborando» sussurrò con voce suadente Fred.
«Speriamo che non si ammazzino di botte» sussurrò Albus, osservando preoccupato suo fratello e suo cugino.
«Io ho finito» disse sbrigativo Frank, scrivendo rapidamente le ultime parole.
«Ed io come lo copio?» chiese pensierosa Roxi.
«Mi dispiace, non sono riuscito a farlo prima» mormorò Frank sinceramente. «Però se mi dai una di quelle piume che falsificano la scrittura, te lo riscrivo».
«Lo sai che ti adoro?» esclamò Roxi, buttandoli le braccia al collo e schiacciandolo sul divano con il suo peso.
«Anche io» sussurrò Frank, a voce bassissima. «Ma non posso rimanere qui» aggiunse poi ad alta voce dopo che l’amica l’aveva liberato.
Il fantasma di parole non dette volò tra loro: Frank ormai la sera ritardava sempre l’ora di andare a letto e si alzava sempre prima in modo da non incontrare i suoi compagni da solo.
«Senti, se vuoi puoi andare in camera mia… Insomma Elphias ed Alastor non ti diranno nulla… Anche se non approvo che tu faccia i compiti a Roxi, naturalmente…» propose Albus.
«Ti prego, siamo tutti stanchi Al. Non mi fare la morale! Lo sai che odio studiare! Ma se non consegno il compito domani, Teddy si incavolerà di brutto».
«Grazie, Al» mormorò Frank.
«Allora vi date una mossa?!» li chiamò Fred con un tono di chi non ammetteva repliche e voleva essere obbedito immediatamente.
«Ehi, ma chi ti credi di essere?!» sbottò Roxi, incenerendolo con lo sguardo, mentre Frank e Gretel si dirigevano ai rispettivi dormitori.
«Il più grande» rispose saccentemente Fred. Dominique si schiarì eloquentemente la voce. «Il più grande dei ragazzi. Quindi comando io» precisò allora il ragazzo. Tre secondi dopo si ritrovò appeso a testa in giù.
«Dominique, fammi scendere immediatamente!» inveì contro la cugina.
«Sono io la più grande e comando io. Se non ti va bene, andrò immediatamente a comunicare al professor Paciock che nella nostra Sala Comune ci sono quattro studenti appartenenti ad altre Case».
«Non oseresti!» sbraitò Fred.
«Oh, sì» disse Dominique ghignando malignamente.
«Ok, ok, comandi tu! Ma quest’anno ti diplomi e poi io sarò l’unico capo! Ora fammi scendere, mi sta salendo il sangue alla testa».
Dominique agitò in modo disinvolto la bacchetta e Fred cadde sul pavimento con un sonoro Ahi ed una serie di imprecazioni che lasciò perplessi i più piccoli. Nessuno si era preso la briga di ammorbidirgli l’atterraggio. Fred gli fulminò tutti con lo sguardo e sedette su una poltrona a braccia conserte.
«Sedetevi tutti, così iniziamo la riunione» esordì Dominique.
Albus, Rose, Roxi, Fabi occuparono un divanetto; Louis sedette ai piedi di James su un tappeto dai ricami dorati ed Arthur raggiunse il suo gemello, Gideon.
«Il primo ordine del giorno è il comportamento di James».
Albus sospirò: non sarebbe stata una riunione tranquilla, suo fratello ero furioso.
«Il mio comportamento?!» strillò James, saltando in piedi e rischiando di schiacciare Louis.
«Sì, sei diventato un Campione Tremaghi non avendone i diritti! Lo sapevi che volevo partecipare! Ora devo sopportare Apolline che mi dice che il Calice ha preferito un ragazzino a me!» sibilò Dominique.
«Senza contare le tue responsabilità di Cercatore! Ma vuoi regalare la Coppa a Tassorosso?».
«VOI SIETE PAZZI! IO NON HO MESSO IL MIO NOME IN QUEL MALEDETTO CALICE! NON SO SE L’AVETE CAPITO MA UNA PAZZA MEGALOMANE VUOLE UCCIDERMI!» urlò James. «ED IO NON SONO UN RAGAZZINO! HO SOLO DUE ANNI MENO DI TE, DOMINIQUE! IL QUIDDITCH POI NON CENTRA NULLA! LE MIE CAPACITÀ DI CERCATORE NON SONO STATE INTACCATE! E SOPRATTUTTO È COLPA TUA SE L’ANNO SCORSO ABBIAMO PERSO LA COPPA!».
«James, smettila di urlare» provò flebilmente Albus. «Sveglierai tutti!».
«Ho lanciato un muffliato» lo informò Dominique, mentre Fred urlava a sua volta: «COLPA MIA?». Poi saltò addosso a James e Louis fece appena in tempo a spostarsi per non essere travolto.
«Smettetela» disse Albus, tentando di dividerli.
«SÌ, È COLPA TUA! SEI STATO TU A MANDARE ROXI IN CAMPO NONOSTANTE FOSSE STATA IN INFERMERIA FINO A DUE GIORNI PRIMA! SE LEI NON FOSSE STATA MALE IO AVREI PRESO IL BOCCINO! SEI UN CRETINO!».
«Ahi» si lamentò Albus, che era stato colpito da Fred nella foga.
«Basta così» disse Dominique ed agitò la bacchetta. James e Fred furono scagliati da parti opposte. «Cerchiamo di essere civili. Fred l’anno scorso hai fatto davvero una cazzata! Lo abbiamo visto tutti. È colpa tua se abbiamo perso».
Un silenzio assoluto seguì le sue parole, mentre doloranti i due ragazzi si rimettevano in piedi, fissandosi in cagnesco. «Ok, non avrei dovuto far giocare Roxi, ma Albus si è rifiutato fino all’ultimo! Lui non ha a cuore le sorti di Grifondoro. Perché non te ne vai con i Corvonero o meglio ancora con le Serpi visto che ti piace la loro compagnia?» sputò acidamente Fred. James fece per tornare all’attacco, ma una barriera invisibile, evocata da Domi, lo fermò.
«È con Scorpius che ce l’hai?» sbottò Rose, estraendo la bacchetta, prontamente sottrattale da Dominique. «Ho detto parliamo civilmente».
«Sì e non solo! Albus si è preso una cotta per la Dolohov!» sibilò Fred.
«Non è vero!» strillò Albus.
«Allora perché Jonathan Goldstain ti ha tirato un pugno durante Difesa? Lo sa tutta la Scuola! E lui non ti parla più perché hai tradito la sua amicizia!».
«È solo un idiota» sentenziò Rose.
«Io non ho fatto nulla. Jonathan ha frainteso!» si difese Albus.
«Non è questo il punto!» s’inserì con forza Dominique. «Non avete visto quello che sta succedendo? Dobbiamo allontanarci dagli elementi pericolosi».
«Pericolosi? Io. Sono. Una. Serpeverde!» disse a denti stretti Lucy.
«Tu sei un’eccezione. Purtroppo il Cappello all’epoca è impazzito. Un Weasley a Serpeverde… no, sul serio aveva bevuto…» sbuffò Fred.
«Io sto benissimo dove sono!» sibilò Lucy. «Il Cappello ha fatto benissimo!».
«Stai zitta ed ascoltaci» intervenne Dominique. «I Neomangiamorte stanno scatenando il panico e bisogna dare una risposta adeguata! Non è possibile che il figlio di Harry Potter si accompagni con un Malfoy».
Albus la fissò incredulo. «Draco Malfoy non ha nulla a che vedere con questa storia! Stavolta è dalla nostra parte!».
Dominique sospirò in modo teatrale e poi disse a Fred: «Mostrali il giornale».
«Non è necessario» lo bloccò astiosa Rose. «L’abbiamo già letto. Finnigan dice che i Malfoy sono coinvolti… anche Draco… ma Scorpius si fida di suo padre ed è sicuro che non si unirà mai ai Neomangiamorte!».
«Ed anche se lo facesse, Scorpius rimarrebbe dalla nostra parte!» aggiunse Albus.
«Non lo farà, siete solo degli ingenui. Non voglio più vedervi in sua compagnia o sarete considerati dei traditori» sentenziò Fred, lasciandoli a bocca aperta.
«Lo stesso vale per te Louis. Il fatto che ti sia avvicinato a Pauline Rosier non mi piace per niente. Stalle lontano o scriverò a mamma e papà» continuò Dominique.
«Tu non puoi darmi ordini!» si ribellò Louis.
«Voi state dando i numeri! Non ho più intenzione di ascoltarvi!» disse Albus alzandosi.
«Dove credi di andare?» gli domandò Dominique puntandogli contro la bacchetta.
«A letto. Domani mattina avrò Antiche Rune, Trasfigurazione ed Aritmanzia e voglio essere sveglio!».
«Torna a sederti, non abbiamo ancora finito» lo redarguì la ragazza.
«Non osare usare la magia su di me o lo dirò a zio Neville. Perderesti la tua tanto amata spilla da Caposcuola. Non credevo che l’avrei mai detto, ma mi manca Molly» disse Albus e si diresse a grandi falcate verso il dormitorio maschile. Nessuno osò fermarlo.
«Me ne vado anche io» avvertì Rose.
«Ricordatevi ciò vi ho detto» sibilò Fred, per poi rivolgersi ai rimanenti. «Fabiana lo stesso discorso vale per te».
La ragazzina, sentendosi chiamare in causa, arrossì violentemente. «Come scusa?».
«Non fare la finta tonta. Ti ho visto ad Hogsmeade appiccicata ad Emmanuel Shafiq. È un Serpeverde, quindi non puoi frequentarlo».
«Ma che dici?! Emmanuel è un ragazzo educatissimo e gentilissimo! Chissenefrega che è un Serpeverde!» sbottò la ragazzina sorprendendo tutti. «Voglio tornare nella mia Sala Comune!». Si alzò in piedi.
«Allora perché non vai?» ghignò Fred, vedendo che non si muoveva.
«Non mi riaccompagnate con il mantello?» ribatté ella incerta, cercando lo sguardo di James.
«No. Vuoi andartene? Vattene. Ti assicuro, per esperienza, che non è per niente piacevole farsi beccare durante le ore proibite da Sawyer. È più crudele di Gazza» rispose Fred.
Fabiana lo fissò impaurita e poi si rivolse di nuovo a James, il quale si alzò ed annuì. «Non ti preoccupare, Fabi».
«Non ti permettere, Potter» lo minacciò Fred.
«Il mantello è mio, faccio quello che voglio!».
«Dirò a tuo padre che gliel’hai rubato!».
Lily, rimasta in silenzio fino a quel momento, scoppiò a ridere: «Come se non lo sapesse già!».
«Vana minaccia» ghignò James. «Abbiamo già affrontato la questione molto tempo fa. Mio padre è un Auror, non il primo cretino che passeggia per le strade di Londra!».
«Se non mi lasci andare con James, dirò a Williams che mi hai portato qui con il ricatto!» scattò Fabiana.
«E io dirò a zio Charlie che sbavi dietro uno schifoso Purosangue!».
La faccia di Fabiana divenne tutta rossa e gridò: «RAZZA DI CRETINO, IO NON SBAVO DIETRO NESSUNO! E POI ANCHE IO SONO PUROSANGUE! MIA MADRE APPARTIENE AD UN ANTICA FAMIGLIA AMERICANA CHE SI È TRASFERITA IN GERMANIA!».
«Ora basta, tutto ciò è ridicolo! Arthur, Louis, Lucy venite!» disse James accennando al buco del ritratto. Li obbedirono tutti e tre e raggiunsero Fabiana che aveva già guadagnato l’uscita.
«Arthur! State lontano da quella ragazzina! Non dobbiamo familiarizzare con quelli di Durmstrang!» ammonì Fred.
«Anne Muller è simpaticissima!» replicò sorpreso il ragazzino.
«Ignoralo! Andiamocene!» disse James spingendolo fuori. «Quanto a voi, non voglio trovarvi qui quando rientrerò o vi giuro che farò rapporto a zio Neville!».
«Oh, che paura! È diventato un Prefetto Perfetto» lo derise Fred. James gli voltò le spalle e seguì gli altri cugini.
«Non ti azzardare a dire chi dobbiamo o non dobbiamo frequentare!» lo precedette Lily. «Su, Hugo andiamo a letto».
«Mi stai deludendo profondamente» sentenziò Roxi prima di seguire Lily.
«Vi accorgerete presto che ho ragione io!» sibilò Fred.
«Io ti credo» disse serio Gideon. «Mi occuperò io dei miei fratelli»
*
«Jamie, hai pensato a chi può essere stato a mettere il tuo nome nel Calice? La Selwyn deve avere qualcuno che l’aiuta. Qualcuno che si è infiltrato ad Hogwarts!».
James sollevò gli occhi dal suo piatto di stufato e fissò il fratello stupefatto: no, non aveva pensato ad un bel niente in quei giorni.
«Ha ragione, Al. Dobbiamo tenere gli occhi aperti» intervenne Robert.
«E chi potrebbe essere stato? Uno di Durmstrang?» chiese Demetra.
«Non possiamo escludere nulla. La spia potrebbe essere chiunque» replicò Robert. «Per esempio starei attento a Sawyer».
«Perché? Anche Gazza era cattivo con gli studenti, ma non credeva mica nelle idee dei Mangiamorte!» disse James.
«Era un Magonò, anche loro non sono ben visti da molti maghi. Comunque Sawyer è un ex galeotto».
«Cosa?!» esclamarono in coro Albus, Demetra e Benedetta. James sputacchiò succo di zucca.
«È stato scarcerato da poco. Credo sia stato condannato per omicidio giovanissimo».
«Stai scherzando?» chiese allibito James.
«Tua zia ha assunto un assassino?» domandò Demetra.
«A quanto pare, ma non so perché. L’ho scoperto ieri spulciando alcune vecchie copie della Gazzetta del Profeta in biblioteca. Ho intenzione di chiederglielo, comunque. Questa sera dopo le lezioni».
Gli altri annuirono. «Vuoi compagnia?» chiese incerta Benedetta.
«No, grazie. È meglio se vado da solo».
«Non so voi, ma io tra un quarto d’ora ho babbanologia. Raggiungo i miei compagni e vado. Ci vediamo a cena» disse Albus salutandoli.
«Dovremmo andare anche noi. Abbiamo Difesa».
James si affogò per la seconda volta.
«Che c’è?» gli chiese sorpresa Benedetta, mentre un ragazzino del primo anno seduto di fronte a James si allontanava disgustato.
«Oggi abbiamo Difesa!?».
«Sì, Jamie. Come ogni lunedì da due mesi a questa parte» replicò Robert alzando gli occhi al cielo.
«Oh, no! Mi sono dimenticato di fare il tema sui lupi mannari!».
«Complimenti, eh! Non hai nemmeno il tempo di copiarlo!» sospirò Robert.
«Magari se dici a Williams che non l’hai fatto apposta… insomma, dai, sei stato nominato Campione nemmeno quattro giorni fa… è normale se sei un po’ confuso…».
«Non sono confuso. Non ho avuto un attimo di tregua» sospirò James. «Su, andiamo. Williams non può essere peggio di Robards… lo spero, almeno…».
«Sai che fai? Diglielo prima, magari» gli suggerì Benedetta. James annuì ed una volta in classe fece come gli aveva detto. Il professore non ne fu particolarmente felice, ma accettò la sua promessa di consegnargli il tema prima delle lezione successiva. Le due ore trascorsero tranquillamente, anche se James non seguì quasi per nulla. Il sonno arretrato si fece sentire ancor di più dopo il pranzo. Rischiò di assopirsi un paio di volte, ma Robert gli tirò gomitate e calci negli stinchi svegliandolo sempre in tempo.
«James, puoi aspettare un attimo?» gli chiese il professor Williams, mentre gli altri ragazzi uscivano dall’aula.
James sospirò e si avvicinò alla cattedra, facendo cenno agli amici che li avrebbe raggiunti in Sala Comune.
«Professore» iniziò «le assicuro che le consegnerò il tema entro mercoledì, per domani non ce la faccio proprio! Ho gli allenamenti di Quidditch ogni sera. È anche per questo che mi sono dimenticato di fare i compiti nel week end e…».
«James, ascolta me» lo interruppe Williams. «Non ti ho chiesto di fermarti per il tema. Hai tempo fino alla prossima settimana per consegnarmelo insieme ai compiti che ho segnato oggi. Se non lo farai ti metterò una T, non è un problema». Non certo per te pensò stancamente James. «Anche se ti consiglierei di non andare in giro a giustificarti affermando che hai dovuto allenarti, non voglio diventare noioso come la professoressa Shafiq ma il Quidditch è un’attività extra per cui i giocatori devono impegnarsi per farlo quadrare con lo studio. Comunque non è questo che mi interessa. Dobbiamo fare in modo di salvarti la pelle. Le prove del Torneo per quanto debbano essere difficili non devono essere mortali, anzi; ma qualcuno sta giocando nell’ombra proprio per fare in modo che tu ci lasci le penne. Ora, la Flamel e Dumbcenka sono molto più avanti di te con la loro formazione magica e ritengo che tu debba cercare di colmare questo divario».
James era basito. «Mi sta dicendo che devo recuperare in meno di un mese due anni di Scuola?». Nella sua voce c’era una punta d’isterismo che a Williams non sfuggì. 
«James, credimi nessuno pretende nulla da te in questo Torneo se non che tu sopravviva» disse l’insegnante nel tentativo di tranquillizzarlo. Il ragazzo, però, si sentiva stanco sul serio: i G.U.F.O., Fred ed i suoi stupidi allenamenti spezza ossa, il Torneo. Troppe cose. L’avrebbero annientato ancora prima del Torneo, forse la Selwyn si sarebbe dispiaciuta per aver perso anzitempo il suo giocattolino. «Per questo ritengo tu debba seguire delle lezioni extra. Quanto meno di Difesa. Ed io sono più che disponibile a darti una mano».
«Sì, va bene» rispose svogliatamente.
«Guarda che non sei obbligato ad accettare, io lo dico per te» lo rimproverò Williams cui non era sfuggito il suo tono. James arrossì e chinò la testa. «Mi dispiace, signore. Sono solo stanco e confuso, ma le assicuro che le sono grato per la sua disponibilità».
«Se sei stanco, riposati. Potremmo cominciare da domani» replicò il professore con pacatezza.
«Ho gli allenamenti di Quidditch, signore. Tutte le sere, gliel’ho detto» sospirò James.
«Pensavo fosse un modo per dire che Fred vi sta mettendo sotto. Comunque non sarà così a lungo. Florian è venuto a lamentarsi da me e so che anche Katie Baston si è lamentata con la professoressa Shafiq. Più tardi andrò a parlare con la professoressa Jones, non è possibile che abbia concesso a voi Grifondoro di occupare il campo tutti i giorni. Tuo cugino sa essere molto persuasivo quando vuole, ma comunque non è giusto, anche le altre Case hanno il diritto di allenarsi. Per cui ci vediamo domani sera alle otto in quest’aula per iniziare».
«Grazie, signore».
 
   
 
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