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Autore: Luxanne A Blackheart    23/08/2016    1 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Roxelana ed Ibrahim si incontrarono verso le due del pomeriggio nel cortile, quello nel quale c'erano tutti quei fiori e lì dove lei ed Ibrahim si erano congedati la prima volta. Una carrozza nera, non quella reale, ma con gli stessi stalloni forti e bellissimi, li aspettava. Il cocchiere era un uomo di colore, uno schiavo, con la faccia per metà ustionata.
Ibrahim si era cambiato d'abito, aveva indossato qualcosa di più semplice e che non evidenziasse il suo status reale. Alla cinghia dei pantaloni era appesa una sciabola e un pugnale era stato abilmente nascosto negli stilavi neri in pelle di cavallo; a contornare il tutto c'era un mantello nero in lana. Quando Roxelana lo raggiunse, il Gran Visir la squadrò con un sopracciglio sollevato, borbottandole un irritato -Siete in ritardo!-
-Ad una donna serve del tempo per prepararsi. - Rispose Roxelana con aria superiore, non accettando la mano di Ibrahim per salire sulla carrozza, bensì quella del cocchiere dalla faccia ustionata. -Su, Ibrahim, muovetevi, siamo in ritardo!- Disse, notando che il Gran Visir se ne stava lì impalato, senza muoversi.
-Se solo fossi Selim, in questo momento ve la farei vedere io. - borbottò, salendo sul veicolo e sbattendo la portella con violenza. Roxelana sussultò ed Ibrahim ne approfittò per guardarla. Aveva indossato un abito lungo e semplice color violetto, i capelli rossi erano intrecciati in una lunga treccia che la sfiorava la vita e aveva fatto anche qualcosa agli occhi, considerato che il loro verde sembrava più evidente del normale.- Siete diversa. -
-In che senso?- Domandò Roxelana, giocherellando con l'orlo della manica. Si sentiva a disagio, sapeva che non doveva uscire con lui, neanche sotto ordine di Selim. C'era qualcosa di... sbagliato.
-Non sembri più la ragazzina insopportabile che eri quattro mesi addietro. Hai fatto qualcosa agli occhi, sembrano più... grandi. - Ibrahim tossì a disagio, muovendosi leggermente sul posto.
-Si chiama trucco. Sai, le donne lo mettono. - Era strano, notò Roxelana , la facilità con cui passavano a darsi del 'voi' a quella del darsi del 'tu'. Era più facile, pensò , parlargli come se fosse suo amico. - Stavi cercando di farmi un complimento? -
-No, per niente. - Borbottò Ibrahim, levandosi il mantello di dosso e porgendoglielo. - Indossalo. -
-Perché dovrei? E' tuo, non lo voglio. -
-Le nostre tradizioni, rispetto a quelle del tuo paese d'origine, sono diverse. Le donne quando sono in pubblico, si coprono il capo. A Palazzo le donne sposate lo fanno, lo avrai notato... - spiegò Ibrahim, preferendo agire da solo e tirando la rossa per un braccio verso di lui, tant'è che la ragazza gli cadde addosso maldestramente. L'uomo afferrò il capo d'abbigliamento, con movimenti molto delicati per i suoi standard. Quando ebbe finito, sorrise compiaciuto. - Inoltre devi coprire tutto quella seta. I poveri potrebbero strappartela di dosso con tutta la carne, o hai dimenticato le tue origini? -
-Come ti piace, non è vero? - Roxelana lo guardò, assottigliando gli occhi. - Avere il controllo su tutto e su di me. Dopo tutto questo tempo cerchi ancora di farlo, ma non hai capito che io non ti appartengo?-
-E non mi interessa averti, Roxelana. Traggo piacere dal portarti alla disperazione e poi devo ancora vendicarmi per quello schiaffo. -
-Smetti di chiamarmi così, il mio nome è Hurrem. -
-No, il tuo nome è Roxelana e lo sarà per sempre. Il tuo primo nome da schiava è stato questo e per me è questo il nome che ti dona maggiormente. Non mi sembra che tu sorrida così spesso. - Ibrahim ghignò, guardando fuori dal finestrino. Finalmente si muovevano.
-Tu non me ne dai motivo. E adesso lasciami godere questi attimi. - Rispose Roxelana con aria da superiore, osservando dalla parte opposta. Avevano lasciato il castello e adesso cominciavano a spuntare le prime abitazioni dei sudditi. -Non riesco più a sopportarti. Non mi sei affatto mancato in questi quattro mesi. -
-Fidati che la cosa è reciproca. - Ibrahim si girò di scatto per guardarla. - Che cosa hai intenzione di fare adesso?-
-Non lo so. Fare compere, osservare la città, parlare con esseri diversi dagli eunuchi e le donne. - Roxelana scrollò le spalle, osservandosi le mani rovinate dal lavoro. Nonostante la sua posizione in quel momento, ovvero nuova Favorita del sultano, ciò che aveva subito al villaggio non sarebbe cambiato. Il passato, i ricordi e la sofferenza non potevano essere cancellate così facilmente dalla memoria di una persona. Essi ti entravano nella carne, lacerandola e bevendone la più piccola goccia di sangue, strisciavano come serpenti nelle ossa e si appiccicavano lasciandoti quel freddo particolare che neanche il più potente dei fuochi celestiali avrebbe potuto scaldare. E lei sentiva freddo, lo pativa tremendamente durante le ore della notte, il giorno, quasi sempre. Le uniche volte in cui si sentiva calda era durante quei pochi secondi in cui lo sguardo di Ibrahim si posava sul suo viso, mettendola straordinariamente a disagio.
-Mi stai ascoltando, rossa? - Roxelana sussultò e arrossì quando Ibrahim la scosse per un braccio per destarla dai suoi pensieri.
-Uhm, no, scusami... Mi stavo pensando. -
-Sì, certo. Ad ogni modo stavo dicendo che non dovresti parlare con altri uomini al di fuori del sultano e lo sai bene. - Ibrahim la guardò disinteressato, come se quella frase l'avesse pronunciata quasi ogni giorno. -Ti lascerò da sola per circa mezz'ora, ti dispiace? -
-Perché? - Domandò d'istinto la rossa, dimenticandosi chi aveva di fronte e anche sembrando maleducata. Era stata una domanda spontanea, era uscita prima che lei riuscisse a dare un freno alla bocca. Infatti Ibrahim alzò un sopracciglio, guardandola stupito.
-Come, prego? -
-Ti ho domandato il perché. Selim ti ha mandato per stare con me, non per fare i tuoi affari in qualche... bordello. -Borbottò la rossa, incrociando le braccia al petto e guardando l'espressione sbalordita del Gran Visir. Era rimasto letteralmente a bocca aperta. -E non mi guardare così. Io verrò con te.-
-Io non ho parole per esprimere ciò che adesso sento di dire, ma forse è meglio. -
-Già, forse è meglio. -
Roxelana gli sorrise falsamente, ignorandolo per i successivi minuti e per quasi tutto il resto della loro 'gita turistica'.


*** ***
La mano di Roxelana era stretta attorno al suo avambraccio mentre passeggiavano molto lentamente per la città. C'era il mercato, quindi venditori di ogni tipo urlavano per attirare l'attenzione di possibili clienti, offrendo la loro migliore mercanzia. C'era pesce, pane, verdure, vini pregiati, armi da fuoco e seta della miglior qualità e dai colori talmente sgargianti e meravigliosi da indurre la ragazza a comperare tutta la bancarella in legno; insomma tutto ciò che una persona desiderava.
Nell'aria si sentiva lo stesso odore di arance e mandarini, che Roxelana aveva respirato la prima volta che aveva messo piede nel suolo della capitale ottomana. Anche se, quella terra adesso, era tutta fangosa e faceva sprofondare i sandali che la rossa indossava; qualche giorno addietro aveva piovuto e le strade si erano inondate d'acqua piovana, rendendo difficile il passaggio di carrozze e muli.
-Pesce fresco, appena pescato! Venite, miei signori, guardate com'è bello questo pesce! - Urlava una donna dalla vita piena e dai seni così prosperosi che rischiavano di schizzare fuori dal vestito logoro e sudicio che indossava.
-Guardate che uva bella che abbiamo oggi! Bella l'uva, belle le donne, belli tutti!- Gridava un uomo di bassa statura, di circa sessant'anni dalla folta barba bianca e senza capelli. Lui sembrava essere più ricco di ciò che appariva l'altra donna per la qualità dei suoi vestiti.
-Vieni con me, devo sbrigare una faccenda. - Ibrahim la tirava rudemente per il braccio sinistro, facendosi strada fra la gente , che li osservavano incuriositi. Per quanto l'uomo avesse cercato di nascondere il suo status sociale e la sua ricchezza, era il suo atteggiamento a tradirlo. Aveva quel modo di camminare che lo differenziava dal resto del popolo. L'andamento fiero, le spalle dritte, il modo in cui il suo sguardo sembrava non posarsi su nessuno dei volti dei presenti, l'espressione del viso... Nessuno dei popolani camminava così, neanche Selim stesso, a dire il vero.
Quando svoltarono l'angolo, Roxelana riuscì a sentire l'indistinguibile odore del mare e del porto, il suono del verso dei gabbiani che volavano all'altezza della superficie del mare, alla ricerca di pesce fresco di cui potersi nutrire. C'era confusione e non si capiva molto, poiché le navi attraccate al porto avevano portato un gran numero di persone.
-Non voglio che tu faccia parola di ciò con nessuno, neanche con Selim, sono stato chiaro? - Il Gran Visir l'afferrò per il mento, costringendola a sollevarsi sulla punta dei piedi per guardarla negli occhi. Il tocco delle sua dita fredde sulla sua pelle calda era come se l'inferno e il paradiso si fossero incontrati e il suo alito che le solleticava la fronte era una sorta di brezza piacevole e primaverile a cui non avrebbe rinunciato facilmente. Perché provava tutte quelle strane emozioni quando lui la toccava? -Selim non è al corrente, quindi gradirei che tu non ne faccia parola, per quanto mi disgusti domandarti un simile favore. -
-Sono capace di mantenere i segreti, Gran Visir. - Roxelana alzò il mento, aggrappandosi alla sua giacca per raggiungere la sua altezza. Sentiva la rabbia fumare e ardere nelle vene, urlandole di colpirlo così forte da rovinargli il suo bel viso. Ma qualcosa la fermò, quando notò che i suoi occhi quel giorno fossero verdi, verdi come il mare ad una certa profondità.
Tutti quei sentimenti contrastanti, l'avrebbero fatta impazzire.
-Bene. - Ibrahim si schiarì la gola, lasciandola andare e intimandola a seguirlo su una delle navi pirata che stranamente le sembrava famigliare. Tuttavia, prima che potesse compiere un solo passo, una gabbia umana, contenente schiavi di ogni razza, sesso ed età, le passò davanti. Fra i poveri malcapitati c'era anche una bambina, non doveva avere più di sette anni. Il suo visino era ricoperto di sangue e sulle braccia erano rimaste più ossa che carne. Era uno scheletro umano, ricoperto di sangue.
-Oh, Allah, perché permetti tutto ciò? E' solo una bambina... - Il suo corpo si ricoprì di brividi di disgusto, mentre cercava di trattenere conati di vomito e lacrime di dolore. Brutti ricordi riaffiorarono all'improvviso nella sua mente.
-Non guardare, rossa, non c'è niente che tu possa fare per loro. Nessuno ha aiutato te. -
-Io sono stata più fortunata... - Roxelana deglutì prima di pronunciare quelle fatidiche parole, si sarebbe odiata per i prossimi mesi a venire. - Avevo te a proteggermi, nonostante tutto. -
Ibrahim la guardò e cercò di dire qualcosa, ma fu interrotto da uno schianto di qualcosa di pesante. L'uomo sospirò, offrendole il braccio e dicendole: - Vieni, sbrighiamo questa faccenda e dopo continuiamo, altrimenti non riuscirai a guardare niente. -
Roxelana annuì, seguendolo sull'asse di legno che faceva da collegamento da terra all'imbarcazione. Le urla provenivano dalla camera del capitano e quando notò le persone che stavano bisticciando, Roxelana sorrise.
-Dio mio, da quando sei rimasta incinta sei diventata ancora più insopportabile! - La voce di Drake era talmente disperata, da risultare squillante.
-Non nominare il nome di Dio invano! E poi, mio caro capitano, sei stato tu a mettermi incinta! Questo bambino è mio quanto tuo! -
-Sono un pirata, cosa vuoi che me ne importi del tuo dio? Il mio unico dio è il mare! E non era il nome di Dio che invocavi quando questo bambino è stato concepito. - Roxelana arrossì, spalancando gli occhi. Quel pirata non aveva proprio tatto. Fiammetta spalancò gli occhi, guardandolo come se fosse un cervo e lei il suo cacciatore. Si guardò attorno, cercando qualcosa da buttargli contro e alla fine decise di afferrare due bottiglie di rum, le quali volarono a velocità supersonica, scontrandosi contro la parete opposta.
-Non puoi lanciare le mie bottiglie di rum così! Per i sette mari, è greco quello! -
-Il tuo rum te le puoi infilare direttamente su per il... -
-Molto bene, è sempre un piacere constatare che voi due non cambierete mai.- S'intromise Ibrahim, guardandoli con un sopracciglio sollevato. - La prossima volta lancerò un pugnale affilato ad uno dei due per farvi smettere di urtare i miei poveri nervi! -
-Ibrahim! - Esclamarono sorpresi i due coniugi, notando la rossa e l'uomo fermi sull'uscio della porta ad osservarli.
-Già, sono io, è questo il mio nome. - Ibrahim alzò lo sguardo, annoiato, ma per quanto cercasse di negarlo, sulle sue labbra c'era un vero e proprio sorriso di affetto.
-Dio, come mi sei mancato! - Fiammetta gli corse incontro, abbracciandolo calorosamente. - Ti sei perso un po' di cose ultimamente, fratello. -
-No, Fiammetta, Drake mi ha mandato una lettera in cui esprimeva la sua gioia per il suo bambino. Complimenti per il nome, Dionysio. -
-Si chiama Costa, in realtà. Il mio Drake adora scherzare. Non chiamerò mio figlio come un ubriacone. - Fiammetta si sporse verso Roxelana, abbracciandola allo stesso modo. - Ciao a te, Hurrem. Sempre insieme, vedo. -
-Piccoli incidenti di percorso. - Borbottò Ibrahim, afferrando due sacchetti d'oro e lanciandogli al fratello, che li prese al volo. - Per il piccolo, sono un regalo dallo zio. Ne riceverete due ogni mese, non voglio che mio nipote, sangue del mio sangue, muoia di fame. -
-Che cosa?! - Fiammetta, così come Roxelana, era rimasta sbalordita. Non si aspettava un gesto simile. -Ibrahim, non voglio i tuoi soldi, lo sai benissimo che noi... -
-Sono un regalo, li ho messi da parte per voi. Quando nascerà il piccolino, scrivetemi, così potrò venire e comprargli qualunque cosa egli desideri. - Ibrahim sorrise, imbarazzato, accarezzando il ventre gonfio della donna. -Abbi cura di te, Fiammetta. -
La bionda era cambiata, pensò Roxelana, dall'ultima volta che l'aveva vista. Era ovviamente incinta, quindi era ingrossata, ma quei chili in più che aveva acquisito le addolcivano il viso, facendole illuminare gli occhi chiari. Si notava che i neo genitori fossero felici di stare insieme, nonostante i loro bisticci.
Inoltre indossava un abito femminile rosso, che le metteva in evidenza la pelle bianca, i capelli chiari e gli occhi azzurri, oltre al ventre pronunciato.
Era adorabile il modo in cui accarezzava, quasi d'istinto e senza accorgersene, la sua pancia. Sarebbe stata un ottima madre, nonostante il suo... lavoro.
Drake, dal canto suo, rimaneva sempre lo stesso. Stesso fisico, stessi occhi azzurri come il mare aperto, stessi capelli nerissimi e stesso modo di vestire piratesco. Le uniche pecche, forse, erano le rughe sulla fronte, le quali stavano cominciando ad essere evidenti.
-Sei uno stronzo, Ibrahim, ma ti voglio bene. - Drake gli corse incontro, abbracciandolo e sussurrandogli all'orecchio in modo tale da non farsi sentire: -Vieni da noi questa sera, festeggiamo prima di partire. Puoi? -
-Per voi due questo ed altro. -
I due fratelli sorrisero, felici, per poi salutarsi.
Quando Roxelana fu finalmente scesa sulla terra ferma, guardò il Gran Visir.
-Perché mi guardi? -
-Perché sei un uomo strano, Ibrahim Pascià. - Roxelana scrollò le spalle, sentendosi pervadere dalla stanchezza. -Andiamo a palazzo ora, Selim mi aspetta. -
-Come mai così presto? Dovremmo ritornarvi fra tre ore... Hai qualche malore? -
-No, semplicemente ho visto tutto ciò che volevo vedere. - Roxelana sorrise enigmatica, lasciando un confuso Ibrahim qualche passo più indietro. Era fra le nuvole, non pensava a ciò che stava facendo, né tanto meno a dove metteva i piedi, infatti si scontrò contro una vecchietta, la quale cadde rumorosamente al suolo.
-Oh Cielo, scusatemi, non vi ho vista! Venite, vi aiuto. - Roxelana si abbassò, aiutandola a sollevarsi da terra, ma la donna le afferrò le braccia, stringendole fino a farle sanguinare e con gli occhi opachi le disse: - Vy budete yego padeniye , yego ubiytsa, umeret' za vashe delo . Vash rebenok budet proklyat , Roksolana , vashi volosy budut zametili . Ty plachesh' i ne dyshat krov' do kontsa vashikh dney.
La donna parlava in russo per non farsi capire. Roxelana spalancò gli occhi, urlando fino a farsi perdere la voce. Sentì in lontananza la voce di Ibrahim chiamare il suo nome, mentre la vecchia rideva mostrando i suoi denti appuntiti da strega.
-Roxelana! Dove sei? - Urlava Ibrahim, cercandola disperato, ma la rossa non gli avrebbe dato risposta, poiché era svenuta per il dolore di quelle parole : “Sarai la sua rovina, la sua assassina, morirà per causa tua. Il vostro bambino sarà maledetto, Roxelana, i tuoi capelli ti hanno macchiata. Piangerai e respirerai sangue fino alla fine dei tuoi giorni.”
   
 
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