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Autore: Old Fashioned    24/08/2016    10 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 23

Quando la sera successiva si recò alla chiesa, Stuart era piuttosto inquieto.
Il maggiore Linwood aveva telefonato due volte nel corso della giornata, per ricordare che l’indomani sarebbe venuto a prelevare il prigioniero.
Astutamente aveva evitato in entrambi i casi di parlare direttamente con lui, limitandosi a lasciargli detto di attenderlo per la mattina dopo.
Una vecchia tattica: in quel modo il destinatario del messaggio poteva solo limitarsi a prenderne atto, senza alcuna possibilità di interloquire.
Era una serata pessima, si sentiva sfiduciato e stanco per vari motivi. Aveva perso due bravi piloti in combattimento, la Luftwaffe aveva tartassato ben bene tutta la costa e il nuovo aereo che gli avevano promesso era stato assegnato a un altro Squadron.
E poi c'era la faccenda di von Rohr.
Ricordava un aneddoto che aveva letto in Accademia: una volta avevano chiesto a Giulio Cesare quale fosse la morte migliore, e lui aveva senza esitazione risposto 'quella inaspettata.'
Il che era sacrosantamente vero. Tante volte aveva parlato con persone che dopo poco erano decedute, non ultimo il povero Guthrie, che era stato abbattuto in combattimento alcune ore dopo avergli chiesto se il Cavaliere era tornato, ma trovava terribile conversare con qualcuno sapendo già come e dove sarebbe morto.
Soprattutto perché quel qualcuno non gli era indifferente.

Cupo e teso entrò nella canonica, e per prima cosa andò a controllare che il salotto fosse a posto. Diede un'occhiata tutt'intorno, ma non scorse nulla di diverso dal solito, quindi pose sul tavolino la bottiglia migliore che era riuscito a trovare e accese il candelabro, poi andò a chiamare von Rohr.
Il tenente lo seguì docile, man mano che approfondivano la reciproca conoscenza appariva sempre meno ombroso, e si accomodò nella solita poltrona con un movimento che ormai denotava una certa confidenza.
“Come va la sua fasciatura, maggiore Stuart?” domandò per prima cosa.
“Me n'ero quasi dimenticato. Me l'ha sistemata così bene che non mi accorgo nemmeno di averla addosso.”
Il maggiore si passò soddisfatto la mano sull'avambraccio bendato, quindi versò due bicchieri di vino e ne porse uno a von Rohr.
Il tenente lo accettò senza difficoltà, segno che pian piano si stava abituando anche a quello.
Involontariamente, Stuart sospirò. L'idea che il giovane ufficiale stesse lentamente prendendo confidenza con lui gli faceva stringere il cuore. Ormai si fidava, e lui stava per tradirlo.
Si chiese cos'altro avrebbe potuto fare, ma per quanto pensasse non gli veniva in mente nulla a parte atti che avrebbero comportato un'accusa di alto tradimento.
Era forse un vile? Faceva il suo dovere di ufficiale e non tradiva la Patria oppure anteponeva la propria salvezza al comportarsi con onore? Se l'era chiesto tante volte, senza peraltro mai raggiungere un verdetto.
La voce di von Rohr lo distrasse dalle sue meditazioni: “La vedo pensieroso.”
Stuart alzò bruscamente la testa. “Mi scusi, ero distratto,” disse in fretta.
“L'ho notato. Qualcosa non va?”
“Io... pensavo alla mia fidanzata,” rispose il maggiore, cercando scampo nella prima cosa che gli veniva in mente. “La mia fidanzata. Margaret. Lei ha una fidanzata, tenente?”
Il giovane lo fissò esterrefatto. “Io? No di certo!”
“No?”
L'altro si strinse nelle spalle e scosse la testa.
La questione delle fidanzate era un problema che nell'arco della sua breve vita non si era mai posto. Sapeva che un giorno avrebbe dovuto sposarsi, per dare figli al Reich, ma al momento la cosa gli pareva lontana da lui come l'idea di andare sulla luna o sul fondo dell'oceano.
“Non mi interessano le ragazze,” aggiunse candidamente.
L'altro non poté impedirsi di assumere un'espressione stupefatta. “Prego?”
“È così,” fu la risposta, pronunciata con commovente innocenza. “Chi vorrebbe mai perdere tempo con quelle creature vanitose e sciocche quando ci sono così tante cose da imparare sugli aerei?”
“Oh, un sacco di gente, mi creda,” gli assicurò il maggiore, cercando di ignorare il tremito che l'aveva invaso alle parole del suo interlocutore.
“Volare è così bello,” riprese von Rohr con aria sognante dopo qualche secondo di silenzio. “Se potessi, vorrei fare come i rondoni, che trascorrono la vita in volo.”
In quell'istante un soffio di vento sollevò la tenda di una finestra.
Il maggiore si voltò inorridito in quella direzione e realizzò, in un secondo di raggelante consapevolezza, che la finestra non era chiusa. Se l'era dimenticata. Aveva controllato tutto, ma quella no.
Ed era a meno di un metro da von Rohr.
Istintivamente guardò il tenente, questi gli restituì lo sguardo. Ci fu un attimo di immobilità cristallizzata in cui persino le fiammelle delle candele sembrarono smettere di tremolare, poi, rapido come un felino, il giovane ufficiale balzò fuori e scomparve nella notte.
Subito Stuart si precipitò alla finestra, e nel debole chiarore che essa spandeva sul selciato lo vide rotolare agilmente, rialzarsi in piedi e correre via.
L'unica cosa che poté fare fu attaccarsi al telefono e dare l'allarme.

Finalmente libero, von Rohr correva con quanto fiato aveva in gola. Doveva andarsene, mettere più distanza possibile fra sé e quella base di Tommies.
Avrebbe pensato dopo, con calma, a cose pratiche come soldi, mezzi di trasporto, abiti civili e documenti. Adesso l'unica cosa che contava era andarsene da lì ed evitare di farsi catturare di nuovo.
Si appiattì ansante contro la parete di un hangar. Alle sue spalle il silenzio della notte era lacerato da clamori sempre più forti, segno che il maggiore aveva già dato l'allarme.
Provò una fitta di nostalgia al pensiero di Stuart, subito rimpiazzata da un più consono sentimento di rivalsa.
Volevi tenermi in gabbia, eh? Beh, l'uccellino è volato via.
Da qualche parte venivano accesi dei riflettori. Von Rohr si costrinse a non guardarli, sapeva che se l'avesse fatto avrebbe perso l'adattamento delle pupille all'oscurità e sarebbe diventato come cieco.
Scivolò rapidamente dall'altra parte dell'hangar e riprese la fuga.
Alle sue spalle i clamori si erano fatti più violenti, e si sentiva anche qualche sparo.
Il giovane tenente corse via e man mano che si allontanava il sentimento di rivalsa si trasformava in autentico trionfo. Maggiore Graf, sto arrivando! pensava, capitano Müller, ragazzi, torno da voi!
Gli sembrava quasi di sentire tra le mani la barra del Messerschmitt 109. Inconsapevolmente mosse il pollice come per posizionarlo sul pulsante che comandava le mitragliatrici.
Poi uno sparo echeggiò nel buio.
   
 
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