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Autore: Najara    25/08/2016    3 recensioni
La Macchina è tornata e fin da subito ha un nuovo numero per Shaw. Le avventure per i nostri eroi non sono finite così come le sorprese.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Bear, Root, Sameen Shaw
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quarto capitolo: Bad Timing

 

Shaw aprì gli occhi e si guardò attorno. Fusco era legato ad una sedia a un metro da lei, che era nella stessa situazione, ma lui non si era ancora svegliato, non aveva acquisito la sua resistenza ai tranquillanti con nove mesi di somministrazioni. Tese i polsi per testare la solidità dei legacci e fece una smorfia.

“Questa è sveglia.” Un uomo le si avvicinò e lei gli fece una parodia di sorriso.

“Non ti piacerà quello che ti farò quando mi sarò liberata.” Un altro uomo entrò nella stanza ridendo.

“Siamo già alle minacce?”

“Tu?” Shaw fissò stupita Igor Selkov, il suo numero. “Non dovresti essere in una cella?”

“Sì, ma abbiamo un buon avvocato e degli amici influenti.”

“Abbiamo?” Chiese lei dandosi della stupida ancora una volta, avrebbe dovuto sapere che la Macchina non si sarebbe interessata a un piccolo rapinatore, doveva esserci qualcosa di più sotto. L’uomo sorrise.

“Non sai con chi hai a che fare, vero?” Altri uomini erano presenti nella stanza e Shaw gettò loro un’occhiata. Gorilla pieni di tatuaggi e croci d’oro. Sameen fece roteare gli occhi infastidita: mafia russa.

“Esatto.” Una donna entrò nella stanza, elegante e gelida. “Mi fa piacere incontrarti di persona, non credevo di essere così fortunata quando ho mandato i miei uomini a prendere il detective Fusco.”

“Allora lo spiacere è tutto mio.” Le rispose Shaw, immobile e indifferente sulla sedia.

“Dimmi, per chi lavori?” Un ampio sorriso si aprì sul volto della donna legata.

“Davvero? Vuoi giocartela così? Senti, mettimi un proiettile in testa e facciamola finita, tanto non dirò nulla.” La donna estrasse la pistola e la puntò direttamente alla testa di Lionel.

“Così andrebbe meglio?” Il sorriso di Shaw si fece sarcastico.

“Spara a lui, spara a me, nell’ordine che preferisci. Non ho preferenze.” La donna rimase immobile per un lungo istante senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, poi premette il grilletto. Shaw non batté ciglio e la donna abbassò il braccio. La pistola non era carica.

“Scoprirò quello che succede in questa città, abbiamo dovuto abbassare la testa per qualche tempo, ma sembra che soffi un vento nuovo e ho tutte le intenzioni di prendermi il mio posto al sole.”

“Sì, ti servirebbe un po’ di colore.” Commentò Shaw lanciandole uno sguardo di valutazione.

“Posso farle un buco in testa?” Chiese allora Igor.

“Forse, ma prima direi di raffreddarle un po’ l’animo. Magari parlerà quando inizierà a perdere le dita, le orecchie o il naso.”

“Capo!” Due uomini entrarono nella stanza, tra di essi tenevano legata una donna. Shaw non mosse un muscolo, me sentì il cuore accelerare: Root.

“E questa chi sarebbe?”

“Salve, puoi chiamarmi Root, tu invece sei Marika Petrovoska, figlia del boss della mafia russa Dimitriv Petrov. Come sta il paparino? Oh, ops, è morto. Ucciso da Samaritan per l’esattezza.” Fece un sorriso compiaciuto che non scomparve dal suo volto neppure quando l’uomo che le stava accanto le tirò un pugno nello stomaco.

“Cosa fai qui? E chi è Samaritan?”

“Sono venuta a salvare loro.” Con la testa indicò lei e Fusco. “Il resto scopritelo da sola.”

“Brava, hai trovato i tuoi amici, ma per il resto, direi che hai fallito.” La donna sorrise, ma nel suo sguardo vi era della fredda rabbia.

“Succede anche ai migliori, chiedilo a papà.” Root si strinse nelle spalle e lanciò un’occhiata a Shaw che distolse lo sguardo da lei.

“Mettete nella cella anche lei. Uno dei tre parlerà, prima o poi, e mi divertirò più del previsto a vederli soffrire.” La nuova leader della mafia russa lasciò la stanza seguita da un paio di gorilla, ma con loro rimasero Igor e tre idioti armati.

“Che spreco.” L’uomo che aveva eseguito la rapina qualche ora prima, osservò Root mentre la mettevano su una sedia e la legavano. “Una creatura così bella.” La donna gli fece una smorfia disgustata, ma lui le si avvicinò, le posò la mano sulla gamba e risalì lungo la coscia.

Shaw sentì il sangue ribollirle nelle vene, ma non mostrò nessuna emozione, era brava anche a non provarle, ma se vedere una pistola alla tempia di Fusco non le aveva dato neanche un brivido, anche perché sapeva riconoscere una pistola scarica, quell’uomo che toccava Root la faceva impazzire.

“Non lo farei se fossi in te.” Mormorò Root all’uomo che si era avvicinato ancora.

“E perché no?” Chiese lui e Root strinse le ginocchia, poi le ruotò spezzandogli la mano con quella netta torsione. L’uomo urlò di dolore stringendosi al petto l’arto ferito e Root ricevette uno schiaffo che le spaccò il labbro, ma che non le fece smettere di sorridere. Così ricevette un pugno e poi un secondo e un terzo. Shaw sentiva le mani prudere, ma non era riuscita a liberarsi, le serviva ancora qualche minuto.

“Ti aveva avvisato.” Disse e i due gorilla si voltarono a guardarla, fermandosi.

“Ne vuoi un po’ anche te?”

“Perché no…” Si strinse nelle spalle e ricevette un manrovescio. Almeno avevano smesso di picchiare Root.

“Metteteli nella cella, quando usciranno sarà passata a entrambe la voglia di sorridere.”

La cella era frigorifera, come Shaw aveva intuito. Erano in un mattatoio, dopo tutto si parlava di mafia, giusto? Certi classici erano intramontabili.

Fusco si mosse un poco mentre lo spostavano, ma non si risvegliò. La porta si chiuse e loro rimasero sole.

“Sei stata gentile a fermarli.”

“Ti avevo detto che non volevo più vederti.” Ritorse lei armeggiando con le corde ai polsi.

“Avevi promesso di spararmi, ma visto che probabilmente ti avevano tolto le pistole potevo rischiare.” Root le sorrise e Shaw digrignò i denti, un ultimo colpo deciso e si liberò, nel pugno la piccola lama che aveva nascosto nella manica della giacca. Si alzò e raggiunse Root puntandole il coltellino alla gola.

“Però ho questo.” I loro occhi si intrecciarono.

“Fallo.” Mormorò Root. “Fallo, perché io non vivo…” Shaw la prese per la gola impedendole di continuare.

“Non usare le sue parole!” La lasciò andare e si voltò, rabbiosa, accanendosi contro la porta nel tentativo di aprirla.

“Vuoi sapere cosa sono?”

“Sei un mostro ecco cosa sei.” Shaw si voltò a guardarla e Root inclinò la testa sorridendo appena.

“Questo lo ero anche prima, io, te, il boyscout, siamo mostri, lo sappiamo.”

“Smettila di giocare con me, se vuoi dirmi cosa sei dimmelo e basta.”

“Un clone.” La parola rimase sospesa nell’aria fredda della cella.

“Cosa?”

“La Macchina ha deciso di darsi alla clonazione umana. Dopo tutto la tecnologia per farlo esiste, ma sequenziare un genoma senza fare errori fatali è troppo complesso per noi o per un normale calcolatore, di certo non per lei.” Sorrise a quel pensiero e si strinse nelle spalle.

“Un clone.” Ripeté Shaw scuotendo la testa. “Non è possibile, perché hai i suoi ricordi?”

“Oh, questa è la parte che ti divertirà.” Root sorrise, ironica. “Ha avuto l’idea da te, o meglio, dal modo in cui Samaritan ti ha torturato.” Shaw scosse la testa incredula. “Sì, Sameen, ha impiantato tutti i ricordi della vera Samantha Groves in me. Dice che ciò che ci determina è ciò che abbiamo vissuto. Nella mia testa i ricordi di Root sono verità, come se li avessi vissuti io stessa.”

Shaw scosse la testa eppure lei aveva ancora l’impressione di aver ucciso Reese in migliaia di simulazione e di essersi uccisa, di aver avuto un momento di felicità con Root e… si interruppe.

Root, non abbiamo tempo per queste stupidaggini metafisiche, dobbiamo uscire di qua.”

Root? Dunque…?” La donna si liberò a sua volta delle costrizioni e si sedette più comodamente sulla sedia.

“Stai zitta e aiutami.” Ancora una volta colpì la porta sperando di farla cedere.

“Lo sai che così non si aprirà, vero?”

“E dunque ti arrendi? La mia Root non lo farebbe.”

“La tua Root?” Un sorriso malizioso le illuminò lo sguardo.

“Diavolo, Root! Aiutami!”

“Non si aprirà così, ma non crederai che sono venuta qui senza un piano?” Shaw finalmente si arrese e si voltò a guardarla.

Finch? Senza John non credo possa fare granché.”

“Non lo sottovalutare.” Shaw si strinse le braccia attorno al corpo, il freddo iniziava a penetrarle nelle ossa. Root sorrise, le labbra della giovane ormai erano viola, ma non sembrava infastidita dal freddo.

“Lo sai che è scientificamente provato che unendo il calore dei nostri corpi sopravvivremmo più a lungo?”

“Nei tuoi sogni, Root.” Vide la donna sorridere divertita.

“Non solo nei miei sogni e questo è un ricordo vero, tutto mio.” Sorrise ancora, maliziosa. “Come un altro ricordo… tu, io, un letto, nessun vestito, un discorso in sospeso…”

Root…” Il tono ammonitore di Shaw non spaventò la donna neanche per un istante.

“Sì, Sameen?”

“Se non la smetti chiederò ai bambinoni qui fuori di farmi cambiare cella frigo.”

“Non riuscirai a starmi lontana, io e te ci apparteniamo.” Questa volta non c’era ironia o malizia nel suo tono. “E lo sai, c’è un posto speciale per me, nel tuo piccolo cuore da sociopatica.” Sorrise dolcemente nel vedere il turbamento nei suoi occhi a quelle parole. Per la prima volta da quando si era liberata si alzò e lentamente la raggiunse. Le lasciò il tempo per scansarsi, ma Shaw non lo fece.

Sameen…” Mormorò soffiando il nome sulle sue labbra. “Tu sei mia e io sono tua.” Non si mosse eppure le sarebbe bastato un piccolo movimento per allacciare le loro labbra. Non si mosse, aspettando che fosse Shaw a farlo. Lasciando a lei il potere di decidere.

“Non posso.” Disse lei, la voce pervasa da un indecisione che non le si adattava.

“Sì che puoi. Ci è stata data una seconda possibilità. La Macchina ha deciso che non poteva fare a meno di me e io so che non posso fare a meno di te.” Shaw sentiva l’emozione nelle parole della giovane nelle quali c’era anche una punta di disperazione.

Erano sole, loro due, erano sempre vissute sole. Root: costantemente nascosta passando di lavoro in lavoro senza legarsi a nessuno; e lei: menomata, incapace di provare sentimenti, psicologicamente impossibilitata a legarsi. Eppure si erano trovate, oh quanto l’aveva irritata Root all’inizio, sempre a punzecchiarla, sempre a infastidirla, ma poi aveva capito che erano anime affini, anime solitarie che finalmente avevano trovato un posto sicuro, una nell’altra.

Ma Root era morta e l’ultima cosa che lei le aveva detto era di andarsene altrimenti le avrebbe sparato lei stessa. Quante volte aveva ripensato a quel momento, quante volte aveva desiderato poter tornare indietro per cambiare posto con lei. Per salvarla.

“Siamo qui, ora, io e te.” Le mormorò ancora Root e lei eliminò la distanza che le separava, baciandola. Le sue labbra erano fredde, gelide quanto le proprie, ma non aveva importanza, quel bacio sigillava il loro amore, che Shaw sapeva di non avere ancora la forza di ammettere ad alta voce.

La sua mano salì a sfiorarsi dietro l’orecchio in un gesto automatico, ma incontrò le dita di Root che le accarezzarono il collo. Si separarono, gli occhi di Root brillavano di gioia.

“Ora possiamo uscire da qui.” Annunciò la donna, sorridendo.

“Non ci hai messo in questa situazione, apposta, vero?” Chiese allora Shaw, consapevole che non sarebbe stato così impossibile.

“No, certo che no, ma perché non approfittarne un po’? Dovevo fare in modo che mi ascoltassi e farci chiudere insieme in una cella frigo sigillata mi è sembrato un’ottima idea.” Sorrise di nuovo maliziosa. “Coltello, grazie.” Tese la mano e Shaw glielo consegnò. “Questa cella frigorifera è state costruita recentemente e per essere a norma deve essere dotata di un sistema di sicurezza che ne permette l’apertura dall’interno.” Mentre parlava tamburellava sulla fredda parete della cella con il manico del pugnale. “Ovviamente lo hanno manomesso, ma…” Si interruppe sorridendo soddisfatta, poi piantò il pugnale nella parete.

“Ti ricordo che se rompi uno dei tubi contenente il gas refrigerante siamo morti.”

“Sì, tesoro, la sicurezza come prima cosa.” Si voltò a guardarla e sorrise. “Lo vedi come lavoriamo bene insieme?” Shaw alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì ad impedirsi un sorriso.

Un grugnito avvertì le due donne che Fusco si stava svegliando.

“Benvenuto al Polo Nord, bello addormentato.” Lionel sbatté le palpebre confuso e di certo le parole di Root non lo aiutarono.

“Che diavolo sta succedendo?”

“La mafia russa. Puntavano a te, hanno capito che eri troppo spesso coinvolto in azioni della polizia poco chiare, in particolare la finta morte di Elias e hanno deciso di rapirti per avere delle risposte. Shaw è stata un piacevole bonus.” Spiegò Root chiaramente informata dalla Macchina, alle sue ultime parole guardò Shaw con gli occhi che brillavano e un sorriso malizioso sulle labbra. “Posso capirli perfettamente…”

“Quindi io per te sarei un bonus? Un di più?”

“Un magnifico di più del quale non riesco a fare a meno.” I loro sguardi si intrecciarono, un sorriso divertito apparve sulle labbra di entrambe.

“Davvero? Adesso vi mettete a flirtare? Sono legato come un salame, siamo in una cella frigorifera della mafia russa e voi flirtate?” Fusco scosse la testa esasperato.

“Oh, Lionel, abituati, Root ha un pessimo timing.” Shaw guardò la donna con un sorrisino sulle labbra.

“Oppure ho il migliore che ci possa essere.” Le rispose lei, divertita dalla situazione.

“Oddio, sono pazze…” Le due donne si sorrisero, poi Shaw andò a liberare il detective e Root tornò al suo lavoro sulla parete.

Root ci tirerà fuori in un attimo.” Disse a Fusco.

“E quando saremo fuori?” Sul volto di Shaw si aprì un ampio sorriso, preannuncio di guai.

“Allora potremo divertirci.”

Dopo aver inciso la parete Root ebbe accesso a dei fili elettrici, trafficò alcuni secondi, poi si voltò con un sorriso.

“Et voilà.” Disse appoggiando la mano alla porta e aprendola.

Shaw sorrise gettandosi in avanti, seguita dalla donna. Quando Fusco uscì a sua volta le due donne erano le uniche rimaste in piedi.

“Credo che non si aspettassero di vederci… non è stato molto divertente.” Si lamentò Shaw.

“La porta a destra.” Disse Root afferrando una pistola da terra. Raggiunsero la porta insieme e la donna fece cenno di aspettare. “Ci sono due guardie pesantemente armate qua fuori, ma la polizia farà irruzione tra: tre, due, uno.” Uno scoppio e delle urla seguirono quell’annuncio. “Finch ha fatto la sua parte.” Ascoltò le istruzioni della Macchina e aprì la porta. “Le guardie sono fuggite e ora noi ce ne andiamo, meglio non farci trovare qui.”

Un’automobile si fermò e loro vi salirono.

“Sono contento di vedere che il suo piano ha funzionato, signorina Groves. Malgrado quello che ha rischiato per rimanere sola con la signorina Shaw.”

“Quindi era proprio tutto pianificato.” Mormorò l’interessata, scuotendo la testa, ma sul viso aveva un ghigno divertito. Finch sorrise nel capire che il colloquio tra le due donne si era risolto per il meglio.

“Ne dubitavi Harry? Così mi offendi.” Gli rispose Root.

“No, non dubiterò mai di lei e riguardo al fuggire so che è una maestra. Se, poi, assieme a lei c’è la signorina Shaw allora non conosco qualcuno capace di fermavi.”

“Ehi, quattrocchi, c’ero anche io.”

“Un aiuto impareggiabile, Lionel, hai dormito tutto il tempo.” Gli ricordò Shaw, poi abbassò lo sguardo stupita, Root fissava la strada, ma aveva intrecciato le dita con le sue.

“Comunque non si scherza con la mafia russa e a me non va di essere nel loro mirino.”

“Mi sono occupato anche di questo detective Fusco. Non la disturberanno più.” Non aggiunse altro, ma se Finch affermava qualcosa del genere probabilmente aveva ragione. “New York si sta svegliando dallo stordimento provocato da Samaritan, sento che i guai sono solo incominciati.”

“Vuoi dire che non sono mai finiti, Harry. Ma dopo tutto per questo siamo qui, no?” Root sorrise all’uomo che la guardava nello specchietto. “Di nuovo in sella, assieme.” La sua mano si strinse con più forza attorno a quella di Shaw.

“Sì, signorina Groves, ha ragione.” Finch sospirò, davanti a quel lavoro infinito, ma Shaw e Root sorrisero. Fino a quando esisteva un mondo di esseri umani ci sarebbero stati numeri da salvare o numeri da fermare. Quello era il loro lavoro e lo avrebbero fatto assieme.

 

 

 

Note:

E questo era l’ultimo capitolo… cosa ne pensate? Root effettivamente non é Root, ma al contempo è Root… Shaw sembra aver dipanato la matassa, per una che non prova sentimenti ha ben chiaro per chi batte il suo cuore, clone o non clone. J

Ci sarà ancora un piccolo epilogo, per ora grazie mille a tutte le lettrici che mi scrivono un commento (il capitolo con un giorno di anticipo è un regalo per voi) e anche a quelle/i silenziose/i.

A presto!

Ciao ciao

  
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