Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Edward LoneBark    25/08/2016    1 recensioni
Una guerra che si trascina da tempi immemori sta per giungere al termine. Il destino ha schierato le sue pedine e attende la prossima mossa del nemico, mentre un ragazzo senza memoria cerca la propria identità, svelando misteri antichi di millenni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Infatti piovve per una settimana, una pioggia gelida e pesante, che impregnò la terra dura e argillosa e gonfiò il lago al centro della valle esterna. In quella interna, invece, tenne molti abitanti dei villaggi nelle loro case, impedendo loro di uscire a far legna per l'inverno.

Il forte del Primo Valico, invece, non si fermava mai. Sotto la pioggia i soldati si diedero da fare per coprire con un telone rinforzato da travi il cortile interno nel quale ci si allenava, che avrebbe dovuto resistere sotto il peso della neve quando sarebbero infuriate le bufere invernali, e uscirono ad abbattere alberi e raccogliere rami per scaldare il forte nei lunghi mesi di gelo.

L'ascia compì un ampio arco e si abbatté con violenza sul tronco, staccandone una miriade di schegge, tornò indietro e colpì ancora, scavando un solco ampio e profondo.

-Credo che tu non conosca il significato della parola riposo- ridacchiò Vivan, guardandolo faticare. -E' la prima volta da un anno che possiamo oziare senza che qualcuno venga a romperci e tu stai qui ad abbattere alberi-.

Hedras si fermò e alzò lo sguardo sull'amico. Ascia in pugno, aveva un aspetto quasi inquietante, notò Vivan. Alto, robusto, con le spalle larghe, e lunghi capelli scuri che coprivano gli occhi di bronzo, cerchiati di un'ombra scura che rendeva il suo sguardo sempre fosco e minaccioso, aveva lineamenti marcati che raramente abbandonavano la consueta espressione corrucciata per aprirsi in un sorriso. Spesso Vivan l'aveva sorpreso ad allenarsi nelle tarde ore prima del sonno. Più quello cercava la solitudine, più cercava di imporgli la compagnia, sperando di sciogliere il gelo che aveva nel cuore. -Avanti, vieni dentro a bere qualcosa di caldo- lo esortò.

Hedras scosse la testa, fradicio e ansante. -Non ho voglia di entrare e stare con le mani in mano. Se proprio tieni al piacere della mia compagnia, prendi un'ascia e mettiti al lavoro- replicò con un sorriso sardonico.

Vivan sbuffò. -Dannazione a te! Che male c'è a poltrire un po'?- borbottò, ma andò comunque a prendere un'accetta al capanno degli attrezzi per mettersi al lavoro.

Il bosco risuonava dei colpi delle asce, quelle dei soldati e dei poco numerosi boscaioli che erano usciti quel giorno. Andavano tutti a lavorare attorno ai villaggi e alle poche strade della valle, senza spingersi in profondità nella boscaglia. Quasi mai i soldati uscivano a raccogliere legna nella valle esterna. Era troppo scoscesa e portare il legname oltre il muro di protezione diventava un'impresa.

La muraglia era una costruzione possente, alta più di cinquanta braccia e spessa venti, che si ergeva in cima al valico, poco più avanti della fortezza, dotata di due torrette di guardia circolari agli estremi, dove si congiungeva con i versanti delle due montagne. In cima alle torri c'erano sempre due sentinelle, più due sul camminamento del muro, che osservavano la valle esterna.

-Non senti questo rumore?- chiese Hedras, fermandosi e tendendo l'orecchio.

-Quale rumore?- ribatté Vivan -sento solo i colpi di accetta-.

-Come di passi- rispose l'altro -tanti passi-.

Abbandonò l'attrezzo e si diresse vero la fortezza. La costruzione si ergeva in cima al passo, al quale si giungeva grazie a un sentiero che serpeggiava su per il fianco scosceso della valle. Lo percorse di corsa, con un oscuro presentimento, mentre Vivan lo seguiva confuso. -Dove stai andando? -gridò, correndogli dietro.

Il rumore crebbe. Ora sembrava proprio il frastuono di un esercito che si muove, lo scalpiccio di centinaia di piedi corazzati. Che diamine succede?

Superò la fortezza e salì di corsa gli scalini che portavano al camminamento della muraglia. Devo essere impazzito. Migliaia di nemici stavano attraversando la valle esterna e alcuni avevano già iniziato ad arrampicarsi su per il ripido versante del valico, puntando alle mura. Sembrava un mare nero fatto di lucide corazze nere, che avanzavano a passo di marcia producendo un fragore spaventoso. In lontananza scorse la sagoma minacciosa di una catapulta. Guardò frenetico le guardie, che si comportavano come se nulla fosse. Nessun allarme proveniva dalle torri di guardia.

Cosa mi prende? si chiese, strofinandosi gli occhi. La scena non sparì, né tantomeno il rumore.

-Cosa ti è preso?- esclamò Vivan ansante. -Sei impazzito?-

-Credo di sì- replicò Hedras. -Davvero non vedi niente?- fissando la valle esterna con orrore crescente.

-Cosa dovrei vedere?- ribatté l'altro, esasperato. -Stai cercando...-

Non ebbe tempo di finire la frase, perché una palla di fuoco colpì la merlatura, facendo cadere una guardia in fiamme giù dalla muraglia.

 

-Per Nexuras- esalò Vivan, cereo e con gli occhi sbarrati. Finalmente le sentinelle delle torri lanciarono l'allarme, un lungo suono di corno che rimbombò nella valle insieme al frastuono dei nemici. Pochi istanti dopo una torretta esplose in fiamme, colpita da una catapulta.

Hedras e Vivan scesero a capofitto dalle mura, mentre i soldati convergevano dalla fortezza. Alle loro spalle si sentirono i primi colpi di ariete contro il primo barbacane del cancello.

-Oscuri, oscuri alle porte!- gridò Hedras. I combattenti esperti si assieparono dietro le mura, seguendo il protocollo, imitati con esitazione dalle reclute, sconvolte, che chiaramente non si aspettavano un attacco durante il loro addestramento.

Tra la fortezza e il muro c'era uno spiazzo lastricato non molto ampio, e i soldati che affluirono nei minuti seguenti non riuscivano nemmeno a riempirlo. Hedras si rese conto di quanto disperata fosse la loro situazione. Finché il cancello resiste, non c'è da preoccuparsi, pensò. Un istante dopo un clangore infernale gli annunciò che la prima grata era stata scardinata. Il terrore si diffuse tra i soldati come un morbo malefico, alimentato dagli arcieri che cadevano dalle mura, trafitti da dardi lunghi un braccio.

-Serrate le fila!- tuonò una voce. Il comandante Pheiran sembrava una di quelle divinità guerriere che erano venerate nei tempi antichi. Enorme, possente come un toro, chiuso in una corazza grigia segnata dai colpi, con una mazza da guerra gigantesca tenuta con un braccio solo, era una visione quasi spaventosa.

Il secondo barbacane cadde, e i nemici sciamarono nell'ultima parte del tunnel interno. Gli arcieri tesero gli archi e scoccarono quando emersero oltre l'ultima grata, conducendo l'ariete. Le frecce affondarono nelle corazze nere spesse un dito, che coprivano totalmente i nemici senza mostrarne nemmeno gli occhi. Gli esseri non si fermarono e presero a colpire il barbacane con furia. Dietro di loro delle balestre scoccarono e diversi arcieri difensori caddero morti oltre la grata.

L'ariete colpì il metallo un'ultima volta e lo divelse, scardinandolo dalla pietra. E fu il caos.

 

I nemici arrivavano da ogni parte. Hedras sguainò la spada e si lanciò verso la linea d'impatto, prima che la paura potesse sopraffare il coraggio. Sentì l'istinto entrare in azione, facendo rallentare il tempo, e la lucidità permettergli di ragionare con precisione su tutte le mosse.

Un avversario gli si parò davanti, più alto di lui di un braccio. Notò che i suoi movimenti erano schematici e rigidi, come quelli di un automa, e ne schivò facilmente un tondo, per poi colpire di taglio al collo. La spalla non affondò nella spessa corazza ma rimase incastrata nella fessura. Interdetto, Hedras l'abbandonò, schivò un nuovo attacco e la recuperò con un violento strattone, poi colpì con un affondo al petto. Con uno sforzò bestiale, piantò la lama nel nemico fino all'elsa, per poi estrarla con una torsione secca del braccio. Ma quando il nemico cadde gliene arrivarono addosso altri due.

Notò di sfuggita il terreno coperto di cadaveri, prima che gli piombassero addosso, e i nemici che sciamavano dal cancello come formiche.

Uccise un nemico, ma di nuovo la spada gli rimase incastrata nel corpo. Vide l'altro avventarglisi contro e gli sferrò un violento calcio all'addome. Avrebbe potuto tirarlo ad una statua per quello che ottenne. La lama nemica calò ferocemente sul punto in cui un istante prima c'era la testa di Hedras, tranciando l'armatura del compagno caduto. Il ragazzo estrasse un pugnale e lo affondò nell'elmo nemico. Poi avvertì un dolore lancinante alla nuca e tutto divenne buio.

 

-Hedras! Hedras alzati!- gridò una voce, lontana mille miglia. Poi qualcosa lo scrollò con decisione e aprì gli occhi. Lentamente mise a fuoco il volto di Vivan, insanguinato e con gli occhi sbarrati. -Alzati, dannazione!- gridò di nuovo.

Hedras si risollevò faticosamente, stringendo i denti per ignorare il capogiro e il dolore alla nuca, una pulsazione sorda che si ripercuoteva in tutta la testa al minimo movimento.

Non sapeva per quanto fosse rimasto privo di sensi, ma la situazione era peggiorata. Decine di cadaveri costellavano il lastricato, rosso di sangue dilavato dalla pioggia, mentre i nemici circondavano i pochi superstiti, raccolti attorno al comandante Varter. Hedras si accorse che aveva solo giocato con lui, e ancora di più con le altre reclute. Combatteva con due spade, mulinandole a velocità tale che apparivano come sfocate scie argentee, impegnando e uccidendo più guerrieri oscuri alla volta. Davanti al cancello, ormai indietreggiato fino a metà della piazza, Pheiran guidava un secondo manipolo, battendosi come un leone e sbriciolando un nemico con ogni colpo della mazza. Il clangore delle armi era atroce e rimbombava dolorosamente nella testa di Hedras, inframmezzato solo dalle grida dei guerrieri morenti che coprivano del tutto il ticchettare della pioggia.

Il ragazzo levò la spada, barcollando, e si avventò verso un gruppo di nemici che cercava di circondare il battaglione di Varter, ignorando il sangue che sentiva colare dalla nuca lungo la schiena. Mulinò la spada e colpì quasi alla cieca, ripetutamente, dando fondo alle ultime forze, facendo a pezzi tre nemici, aiutato da Vivan, raggiungendo il manipolo di alleati.

Non finiscono più. Combattevano da quelle che sembravano ore, restando sempre meno. Giovani non ancora sbocciati caddero con la spada in pugno, altri colpiti alla schiena, mentre tentavano di fuggire presi dal terrore.

I nemici riuscirono infine ad organizzarsi e ad avanzare in file verso i pochi difensori. Non c'erano più speranze, se prima una labile possibilità aveva dato forza a coloro che resistevano. Pheiran cadde, sopraffatto, mentre levava la mazza da guerra e la calava un'ultima volta, circondato dai cadaveri dei nemici.

-Scappate! Mettetevi in salvo! SCAPPATE!- gridò Varter, e continuò a gridarlo anche mentre le spade affondavano nel suo corpo, mentre gli ultimi rimasti si davano alla fuga, poi il comandante divenne luce e fuoco, in un abbacinante lampo di magia.

I guerrieri oscuri si dissolsero senza lasciare traccia, come se mai avessero posato piede sulla terra, mentre il resto dell'esercito al di là del muro continuava ad avanzare.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Edward LoneBark