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Autore: herr    26/08/2016    1 recensioni
Hilda è una giovane giornalista di Castelia che rischia di perdere il lavoro quando comincia ad instaurare un rapporto di scambio con un misterioso individuo di nome N. Grazie a lui, Hilda riuscirà a brillare nel mondo del giornalismo, ma comincerà a capire che per mantenere il gioco — e l’attrazione — di N dovrà rinunciare a ciò che le è più caro, mentre Castelia si farà sempre più pericolosa ai suoi occhi.
{ ferriswheel ; Hilda centric ; introspettivo qb ; pain and suffering }
COMPLETATA, FOR FUCK'S SAKE


« Non erano questi i patti »
« Quali erano, i patti? »
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti »
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellocchio/Looker, N, Nuovo personaggio, Team Plasma, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cards - Hilda Baskerville's story '
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PREVIOUSLY ON CARDS Hilda viene arrestata per ciò che fece a Bianca e arrivata in centrale scopre la verità: Looker vuole tentare di convincerla a confessare tutto. Inizialmente accetta ma successivamente viene salvata in extremis da Zinzolin. Parallelamente, N e Natalie racimolano dei soldi rubando in casa Fisher e successivamente tentano di contattare Bianca per proporle un patto che può giovare ad entrambi. 
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
Il boato del terremoto rimbombava attraverso le pareti.
Zinzolin spazzò via dalla sua tunica uno strato di polvere e detriti. Come guardò le sue scarpe, notò che anche esse erano sporche di terra e cemento.
Tirò un profondo sospiro. Poi lo sentì.
L’eco.
Il corpo di Ghetsis aveva cessato il suo moto ed il tonfo aveva raggiunto le orecchie dell’anziano. Un sorriso incurvò le sue labbra.
« Cos’hai fatto, Zinzolin? » chiamò una voce.
« N » commentò, incrociando lo sguardo del ragazzo « non avrei voluto che lo vedessi »
« Non avrei voluto che l’avessi fatto »
Zinzolin diede uno sguardo alla crepa sotto di esso. 
« Deve aver fatto un gran bel tuffo »
« Perché l’hai fatto? » continuò impassibile N. Il suo tono non tradiva alcuna emozione.
« Per lo stesso motivo per cui tu non lo stai piangendo »
« Abbiamo entrambi le mani sporche di sangue. Ho smesso di piangere i morti un lungo tempo fa ». Incrociò lo sguardo altero del saggio. « Ma si tratta di altro, non è così? »
« Si tratta sempre di altro, N » concordò Zinzolin.
« Non è così che diventerai Re, se è questo a cui aspiri »
« Re? » 
La risata di Zinzolin rimbombò lungo tutto il salone.
« Qual è lo scopo di un Re in un mondo come questo? Credi davvero che avere una corona sia qualcosa? »
« È qualcosa per gli Harmonia »
« Non sono un Harmonia »
N rimase in silenzio. 
« Gli Harmonia moriranno, N. Un ragazzo è stato capace di far crollare un intero palazzo, cosa credi che serva per uccidere una persona? »
N non rispose.
Rincarò: « Cosa è bastato per uccidere Ghetsis? Schiavo del suo orgoglio, ucciso dalla sua stessa corte. No, non è questo il mio scopo »
« Gli Harmonia hanno evocato le bestie leggendarie » ribatté.
« Gli Harmonia divisero la Bestia, centinaia di anni fa. Sei destinato a morire, N, dimenticato dal mondo! »
« Non verrò dimenticato » ribatté N. Una lacrima gli inumidì la guancia, mischiandosi ai detriti.
« Lo credi davvero? Credi che quel ragazzo che ti porti appresso sia capace di soddisfare la tua sete di potere? La tua sete di sangue?
« Non rispondermi, non mentire a te stesso. Finirai per essere la sua rovina, come lo sei stato degli Harmonia, perché sei debole »
« Non sono debole, Zinzolin. Né ho bisogno di Hilbert per placare la mia sete »
« Non gli torceresti un capello » sentenziò, le sue parole erano cariche di disprezzo « perché sei un inetto »
« BASTA! ». Il suo grido bruciò nelle orecchie di Zinzolin. « Sono capace di ucciderlo con le mie stesse mani »
« Sono contento di sentirti dire ciò » commentò sorridente « Hilbert un po’ meno, suppongo. Ma puoi chiederglielo »
Dall’ombra, un suono si fece strada nelle orecchie di N. Una voce a lui familiare.
« Cosa stai dicendo, N? »
N si girò, e lo vide.
 « Hilbert… »
Chapter XV
Love Is a Losing Game


 
presente — Castelia City — 03/11/11
Le macchine sfrecciavano davanti ad Hilda ad una velocità impressionante. Stridevano scivolando sull’asfalto. In lontananza la litania di una sirena s’insinuava nella sua mente, accompagnata dal rumore sordo del traffico.
Aprì gli occhi e come lo fece furono colpiti da un’improvvisa scia di luce. Le volle qualche attimo per ritrovarsi: la sua macchina aveva avuto un incidente. Guardò in basso, sulle sue vesta, e vide una macchia di sangue che attraversava la sua maglietta. Alzò subitanea lo sguardo al conducente e poté vedere l’orrore: il cranio dell’uomo era fracassato contro il cristallo della vettura, trafitto da schegge di vetro, dalle quali sgorgava sangue di un cremisi brillante e scivolava a rivoli lungo la sua pelle, macchiando sedili e volante. 
Il parabrezza era in frantumi.
Tentò di aprire la portiera ma colpì a vuoto: era stata scaraventata all’esterno dall’impatto. 
Posò i piedi a terra. Il freddo le accarezzava la pelle insinuandosi nei suoi abiti e pungendola come piccoli ed affilati aghi. In quel momento, l’immagine di una mistica divinità del vento che la pungeva con aghi di ghiaccio la divertiva.
“NIMBASA CITY 100 MILES” recitava il cartello che sovrastava la sua figura. Più in basso “CASTELIA CITY EXIT - NORTH”. 
Si guardò attorno spaesata e trovò la risposta ai suoi dubbi osservando le carreggiate che ordinatamente si sviluppavano dalla metropoli, una fonte luminosa puntiforme da quella distanza. 
L’avvocato doveva averla condotta in autostrada, per qualche motivo. O forse solo per scaricarla sul ciglio della corsia, non era a conoscenza delle istruzioni di Zinzolin.
Si strinse nelle spalle e incrociò le braccia conserte per riscaldarsi. Avanzò qualche passo, raggiunse il guardrail e prese a camminare lungo di esso, nella speranza che qualcuno la notasse e si fermasse. Una speranza vana, constatò, ma non le era rimasta scelta. In lontananza, poteva annusare l’odore di bruciato che la macchina, esplosa dietro di lei, aveva liberato nell’etere.
Non era un sogno, non ci sarebbe stato N a salvarla in quel momento. Era sola, lasciata alla mercé di se stessa. Quanto sarebbe durata? Poco, nulla.
Aveva camminato per un centinaio di metri al freddo quando una macchina si fermò, accostandosi in uno spazio libero. All’inizio non la notò, ma fu l’uomo alla guida a chiamarla.
« Ehi, vuoi salire? » gridò. « Ehi, sto parlando con te! »
« Uh? »
Hilda si girò, guardandosi attorno. « Me? »
« Vedi qualcun altro? »
L’uomo aveva aperto lo sportello della sua macchina, una lussuosa auto sportiva, ed il suo viso spuntava fuori da essa, assieme a quanto di lui era visibile da sopra il tettuccio. Al buio, i suoi lineamenti erano confusi agli occhi di Hilda. 
« Non vedo nulla al buio pesto, quindi no, direi di no. Nessun altro »
« Vuoi fare la spiritosa o entrare? »
« Ed essere stuprata o drogata dal primo che passa? No grazie, non sono una principessa da salvare » rifiutò Hilda, continuando a camminare.
« Sei una principessa, è già un inizio »
« Fottiti »
« Devi essere così scortese verso qualcuno che cercava di aiutarti? È quasi mezzanotte, è autunno e la temperatura arriverà a meno venti qua nel deserto. Quindi puoi correre il rischio di essere stuprata e uccisa da uno sconosciuto o essere sicura di morire assiderata »
Hilda si girò, cercando il suo interlocutore. Era nascosto dalle tenebre, per cui si riferì alla vettura per rispondere. « La seconda opzione continua a sembrarmi più allettante »
« Lasciami indovinare, sei una di quelle che va in giro con la maglietta “This is what a feminist looks like” »
« No ma mi sembra una maglietta davvero carina, la comprerò »
« Ultima offerta. Sali in macchina, ti porto fino a Nimbasa e la mattina, se ancora vorrai, ti riporterò indietro »
« U-hu! Ultima offerta, il freddo non è mai sembrato così allettante »
« Me ne sto andando! » gridò, ritornando all’interno dell’auto. 
« Bravo, vattene »
« Sto inserendo le chiavi nella toppa »
Hilda udì uno sportello chiudersi.
« Sì e farai solo quello stanotte! »
« Non l’hai detto sul serio! » 
« L’ho detto! » esclamò Hilda, avvicinatasi.
« Devo venire là fuori a prenderti? »
« Rimane stupro »
« Anche se ho dello champagne? »
« Sì, anche se sei il Re di Unova »
« Unova non ha un Re » rise lui.
« Hai studiato a scuola! La cultura aggiunge un certo fascino al carnet dello stupratore seriale » continuò Hilda. 
« Ok, cercherò di aggiustare il tiro »
Alzò la sua voce di un’ottava e condì il tono di un’eccessiva smielatezza. « Hai per caso bisogno di aiuto? Vuoi che chiamo qualcuno o che ti porti alla città più vicina? »
« Ok, ok » Hilda non seppe trattenere una risata « ti preferivo prima. Ad ogni modo, accetto » concluse, imitando una riverenza.
« Ottimo, salta su » esultò il ragazzo « dove vorresti esser portata? »
Hilda aprì lo sportello destro ed entrò, venendo colpita da una rassicurante gettata di aria calda. Si sentì rinascere, cullata dal calore di quella improbabile situazione.
« Dove? Mmh »
Ragionò sulle opzioni. Poteva tornare a casa, ma cosa la aspettava? N l’aveva lasciata, Looker l’aveva tradita e la persona migliore per lei in quel momento era uno sconosciuto incontrato in autostrada. Nemmeno Zinzolin pareva tanto male sotto quella luce.
« Dove avevi detto che dovevi andare prima? »
« Nimbasa City »
« Portami pure là. Non penso di aver un posto dove andare comunque »
« Nimbasa sia! » esclamò, e mise in moto la macchina. « Ma non ci siamo ancora presentati, sono Ethan Shepard »
« Hilda Baskerville, la tua prossima vittima » rispose ironica lei, prima di sprofondare in un lungo sonno.

 
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presente — Castelia City — 03/11/11
La centrale di polizia quella notte era più frenetica che mai. 
Dopo la fuga di Hilda, accanto ad un misterioso avvocato, l’edificio era stato teatro di un altrettanto strano evento.
« Cosa significa che ritiri le accuse? » esclamò sbigottito l’agente di polizia « non puoi farlo dopo tutto quello che abbiamo fatto! »
« Ho mentito, va bene? Tutti sanno che faccio uso occasionale di droga, è un mio problema e avreste dovuto controllarlo prima di accanirvi così tanto su Hilda! »
Bianca sembrava convinta di quello che diceva. L’aveva ripetuto così tante volte con N che sembrava vero.
« Stai ammettendo di aver deliberatamente costruito delle prove e di aver dirottato una investigazione su di un falso colpevole? »
La giovane guardò l’uomo incredula. « È quello che ho detto, agente »
« È… è assurdo! Non sa quanti reati ha commesso facendo ciò? »
« Lo so, agente. Quand’è che posso rivedere Hilda di nuovo? »
« Non posso lasciarl—
« Possiamo per piacere concentrarci su questo? » lo interruppe Bianca « Hilda è innocente, vogliamo vederla »
« Se è solo questo che vuoi sapere, il suo avvocato l’ha portata via da qua qualche ora fa, stavamo giusto chiamandola »

« Cosa? »
La reazione di N e Natalie fu quella della ragazza se non corrotta da una vena di rabbia. 
« È quello che ho detto anch’io » continuò Bianca « sembra che qualcuno ci abbia preceduto. Non sappiamo chi sia » aggiunse. « E vi conviene saperlo, perché io voglio i soldi e la nuova identità che mi avete promesso, o spiattello tutto alla polizia »
Natalie la guardò storta. « Pensi che ti crederanno? »
« Crederanno a te? Genevieve Lullaby, seriamente? Se questo è il tuo vero nome io sono la befana »
« Come ti per—»
« BASTA! »
Il suo grido rimbombò nella macchina. 
« Smettetela. Di. Parlare » pronunciò, con particolare calma e compostezza « devo ragionare. Se Hilda è stata portata via in qualche modo, c’è solo una persona che può avere interesse nel far—»
« Possiamo per favore parlare di me? Dopo quello che ho fatto ho la polizia dietro, ho assolutamente bisogno della nuova identità »
« Bianca, lasciami—»
« E se mi permetto, perché? Cos’ha Hilda di speciale che noi non abbiamo? È una stronza di prima categoria, a dire la verità non so nemmeno perché vi stiate concentrando su di lei—»
« Zitta! Stai— stai zitta, per un attimo »
Bianca si dimostrò offesa. « Certo, certo, vi lascerò alla vostra combriccola criminale mentre confabulate qualche modo stran—»
« Muta. Natalie, liberateli di lei in qualche modo »
Natalie gli lanciò uno sguardo languido.
« A-ha! Sapevo che non ti chiamavi Genevieve, quante cose ancora mi tieni nascosto? »
« Andiamo, Bianca, lascia che ti porti in qualche posto più interessante: la strada ad esempio »
« Cosa? Cosa intendi? Lasciam—»
Natalie spinse con forza fuori la giovane dalla vettura, lasciandola inebetita sul ciglio del marciapiede, e prima che potesse fermarla rientrò dentro, sfrecciando sull’asfalto della città. Come si allontanavano, la figura di Bianca era un lontano ricordo sullo specchietto retrovisore
« Chi pensi ci sia dietro? » chiese seria Natalie.
« Zinzolin »
Natalie rimase in silenzio. 
« Hai in mente qualcosa? »
« Non ancora. Potrebbe essere dovunque al momento, un’ora basta ed avanza a Zinzolin per portarla dall’altra parte della regione »
« Quindi? Cosa facciamo? »
« Avevo comprato un appartamento in centro a Castelia, ci stabiliremo là. Ora come ora non abbiamo un posto dove andare e abbiamo bisogno di dormire. Domani, ci penseremo su »

 
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presente — Nimbasa City — 04/11/11
« If my man was fighting… »
Un brusio aleggiava nell’aria. 
Uno spiraglio di luce, facendosi strada attraverso le tende, colpì gli occhi di Hilda.
« … some unholy war, I would… »
Si contorse, stringendo a sé il lenzuolo. Mosse la testa, evitando la gettata del sole.
« Vedo che ti sei svegliata »
« …th strength he didn’t… »
Sbatté le palpebre. « Dove… dove sono? »
« Sei a Nimbasa City » sorrise Ethan, entrando nella camera. 
« E tu saresti? »
« Ethan Shepard »
« Oh. Mi hai rapito o qualcosa del genere? »
« No, no » rise lui « ti ho trovato in autostrada. Eri persa, ho pensato avessi bisogno di aiuto. Possiamo dire che sia il tuo principe azzurro » concluse, inchinandosi a lei.
« Ora ricordo » commentò atona.
« Lo dici con entusiasmo » scherzò « devo aver fatto colpo »
Hilda rimase in silenzio. Si guardò attorno.
« … who you writing for? Just us on… »
« E cos’è sta musica? »
« Ti piace? Si chiama Some Unholy War »
« Oh… sembra carina… »
« La spengo, se vuoi »
« No, no… lasciala pure accesa »
« Molto bene » finì, facendo per uscire. « Oh, un’ultima cosa »
« … I’ll battle ’til this bitter… »
« Sì? »
« Vuoi qualcosa di particolare per colazione? »
Hilda lanciò un’occhiata all’orologio. « Sono le nove… »
« Acuta osservazione. Vuoi qualcosa? »
« … yes my man is fighting some unholy war… »
« Una brioche, se non è troppo chiedere » fece con sarcasmo.
« Cavalcherò in sella al mio Rapidash sino all’orizzonte per assolvere a questo arduo compito »
« Allora va’, va’ e portami la mia colazione » concluse, alzandosi le coperte sino al mento. 

 
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presente — Castelia City — 04/11/11
Il sole era alto sulla città di Castelia.
« Cos’hai in mente di fare? »
N era intento a versare del vino in un bicchiere. Sotto i suoi occhi pendeva il fardello di due pesanti lividi scuri ed il verde brillante che illuminava loro aveva ceduto il passo ad uno spento color militare.  La sua candida pelle aveva assunto toni malaticci.
« Non lo so, Natalie » tossì, deglutendo il bicchiere di vino.
« Qualcosa dovremo pur fare! Zinzolin ha in mano Hilda »
Versò un altro bicchiere. « Ci sto pensando »
« Pensando, eh? Dove son finiti i soldi con cui hai comprato un’intro padiglione per farci una finta mostra di quadri? »
« Basta Natalie… » ribatté, la sua voce era roca e dimessa. Non la guardò in faccia.
« No, niente “Basta, Natalie”. Come puoi stare con le mani in mano adesso? »
« Puoi fare silenzio? »
« No, non faccio silenzio, sai cos—»
« ZITTA! » 
Il suo urlò vibrò nelle orecchie di Natalie. 
« Voglio che tu esca da questo appartamento e non ritorni. Troverò un modo di chiamarti quando avrò pensato a cosa fare » sentenziò, inframezzando le sue parole con dei colpi di tosse « se avrò pensato a cosa fare »

« Ha bisogno di qualcosa, signorina? »
Natalie diede una sbrigativa occhiata a ciò che offriva il tabacchino. 
I suoi occhi si posarono su di un cartello, recitante “Burner Phones”.
« Vorrei una di quelle cose là »
« Un telefono ricaricabile? » assunse la signora, indicando la scatola di cellulari.
« Sì, esatto. Quanto vengono? »
« 50 Yen »
Un sorriso inarcò le labbra di Natalie.
Uscita, si mise subito alla ricerca del numero di Brenda. Non era sicura che contattarla fosse la scelta giusta, ma Lisa Fisher era l’unica identità a cui poteva aggrapparsi in quel momento ed il peso della morte di una sconosciuta gravava sulla sua testa già eccessivamente. Credeva che conoscerla potesse alleviare la sensazione di vuoto che provava dentro di sé, un vuoto pronto ad inghiottirla. Non era più Natalie Inkgard, poteva solo abbracciare questa nuova Lisa Fisher nella speranza che la aiutasse.
« Pronto? » esordì Brenda. La sua voce era tale e quale la voce della segreteria.
« Ehi, Brenda, sono io. Lisa Fisher »
Brenda attese.
« Lisa? Sei tu? » esclamò. 
« Sì… ». La voce di Natalie tradiva esitazione.
« Suoni un po’ diversa dal solito, è successo qualcosa? »
Sì, sono morta pensò Natalie, ma il pensiero non si tradusse in suono. Doveva almeno provare.
« Sì… speravo di poter parlare con te »
« Quando vuoi! Sono disponibile quando vuoi, basta che mi dai un appuntamento! »
« Ottimo… pensavo, davanti alla Palestra di Castelia, domani sera, per le sei? »
« Come vuoi! Ci sarò »
« Ottimo, grazie Brenda… »
« Di nulla! Mi fa sempre piacere parlare con te »
Brenda riattaccò.
Si chiese se fosse la scelta giusta. Poteva ancora tirarsi indietro, non presentarsi all’appuntamento. 
Non conosceva la risposta.

 
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presente — Castelia City — 04/11/11
Un ronzio metallico aleggiava nell’aria.
« Ci siamo incontrati sul Molo Principale. Dovevo incontrarmi con un’amica, Bianca, per l’appunto, ma dovette andarsene, così rimasi da sola. Ricevetti un suo messaggio e decisi di vederlo. Non ci dicemmo molto in realtà, non ci siamo mai detto molto… E basta? No… no, credo di no… ah, ecco! Fu la prima volta che menzionò un acco… »
« Dovremmo cancellare ‘sta cosa » osservò l’agente, come Looker mandava avanti ed indietro il nastro « è illegale »
« Senti cosa sta dicendo? Abbiamo un intero caso per le mani! »
« Non abbiamo niente di concreto! ’Sti qua sono degli esperti, non sono tipi da farsi catturare »
« E se riuscissimo a catturarli? Se trovassimo un modo per incastrarli? »
« Non accadrà, Looker »
« Non ci hai nemmeno provato! »
« Perché non voglio! Non ha senso provarci, è una battaglia persa. Dovresti lasciarla stare anche tu, prima che potresti fare qualcosa di illegale »
Looker rimase in silenzio.
« Possiamo… possiamo almeno provare un’ultima volta? »
« Cos’hai intenzione di fare? »
« Il giorno che Julie morì, eravamo andati in una specie di base segreta del Team Plasma a incontrare Zinzolin. Potremmo partire da lì »
L’agente asserì.

 
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presente — Nimbasa City — 04/11/11
Hilda osservò il riflesso che la tazza di the le restituiva. I suoi occhi erano spenti e contornati da due macchie blu.
Ethan la squadrava, seduto sul divano, senza proferire parola.
 « Cos’è che fai tu? » esordì, alzando lo sguardo verso di lui. 
Ora che lo vedeva alla luce del sole, riconobbe che fosse un bell’uomo. Dimostrava una ventina d’anni, aveva la carnagione ambrata e due occhi scuri la scrutavano. Il viso, la cui mascella era lievemente pronunciata, era incorniciato da una chioma castana. Era più alto e slanciato di N, nonché più massiccio. Possedeva una bellezza differente dal ragazzo dai capelli verdi, non seppe dire quale fosse migliore.
« Studio »
« Nulla, quindi » mormorò ridendo.
« Ehi! ». Un sorriso illuminò il suo viso.
La ragazza non rispose. Diede un’occhiata agli interni del salotto, ammobiliato riccamente. 
Il tavolo su cui poggiava la tazza era in crudo legno, senza accenni a laccature o coloriture ma, pensò, doveva esser stato pensato così dal disegnatore. Poco più avanti un divano bianco panna adiacente il quale un tavolino vetro, entrambi affacciati su di un ampio schermo piatto. Il resto della mobilia presentava libri e apparecchi tecnologici sopra gli scaffali in uno strano equilibrio tra minimalismo e tecnologia. 
Un’ampia finestra illuminava la stanza e apriva uno scorcio sullo skyline di Nimbasa.
« Non pensavo che lo studio pagasse così tanto »
« Non lo fa » rise lui « questo appartamento è di mio zio »
« Lui finanzia il tuo… studio? ». Pronunciò l’ultima parola con particolare enfasi.
« Ogni tanto mi lascia stare qua per un po’ »
Hilda non rispose nuovamente. Trovava il suo riflesso nelle acque speziate della bevanda più interessante, era raro che si soffermasse sul suo volto di fronte a specchi o superfici riflettenti.
« Tu che fai? » ruppe il silenzio Ethan.
« Lavoro » 
« Oh… sei una pro—»
« Prostituta? » lo incalzò lei, posando i suoi occhi su di lui. Gli sorrise.
« Non intendevo dire quello »
« Invece sì »
« No! No, una pro… fessionista… »
« Lusingata » scherzò, ritornando alla sua immagine del the.
« Sul serio » non riuscì a trattenere una risata « dove lavori? »
« Sono una giornalista »
« Wow! Sul serio? »
« Puoi scommetterci »
Un sorriso incurvò le sue labbra.
« E di cos’è che ti occupi? Cronaca nera? Inchieste? Cronaca sportiva? »
« Nulla di tutto ciò »
« Oh… cronaca rosa? »
Prese in mano la tazza. Scottava. Vi si ritrasse, per poi afferrarla nuovamente a due mani. Il calore non era stemperato ma fu più veloce nel dare un sorso della bevanda.
« Non penso di volerne parlare »
« Ok, ok » alzò le mani davanti a sé « parliamo di qualcos’altro » concluse. « Cosa ci facevi in autostrada a quell’ora? »
« Una passeggiata » fece, sarcastica.
« Le famose passeggiate al chiaro dei fanali di un auto. Romanticismo portami via »
« Il romanticismo mi ha portata via, in effetti » ribatté atona. Parlare di romanticismo le ricordava N. 
« Ecco di cosa si tratta. Un cuore spezzato? »
« Non proprio, non direi un cuore spezzato »
« Ma c’entra qualcosa »
« Questa persona… ». L’immagine di N apparve davanti ai suoi occhi. « Non sarebbe accaduto nulla comunque »
« Perché dici così? »
« Anche a dirtelo non ci crederesti mai »
Ethan la guardò sicuro di sé. « Provaci »
Hilda fece un grande respiro. « N… si chiamava N. Era alto, aveva dei fluenti capelli verdi e due occhi color smeraldo… »
« … da togliere il fiato »
« Ehi! » lo apostrofò lei, lievemente offesa.
« Ok, ok, vai avanti »
« Ci siamo visti un paio di volte » ricordò lei « ci siamo anche baciati… Non è mai successo nulla di più. Abbiamo sempre lasciato la nostra relazione su un piano… teorico, ecco »
« Avresti voluto che ci fosse stato qualcosa in più? » continuò Ethan.
« Una relazione seria? Non lo so. Ogni volta che credevo di conoscerlo, di sapere chi fosse, succedeva qualcosa che me lo facesse dubitare. È come aprire una scatola e trovarci un’altra scatola dentro, e così all’infinito finché non ti stanchi e butti via la scatola »
« Hai buttato via la scatola? »
« La scatola ha buttato via me »
« Oh… » non nascose un’espressione di stupore in viso « io non volevo… »
« Lascia stare, non importa. Me ne sono fatta una ragione »
« Non è necessario. Potresti parlarci, dirgli quello che hai detto a me »
« Potrei… » sillabò, le sue parole erano cariche di speranza « ma no, non con uno come N »
« Lo dici come se avesse ancora potere su di te. Non deve averlo! »
« Tu dici? »
« Certo! »
Guardò scoraggiata il suo riflesso nel the. « Vorrei che non fosse così »
« Può esserlo! Puoi essere libera nuovamente, dimenticarti di N e ricominciare di capo! Non lasciare che la scatola ti chiuda dentro, rompila »
Quando Hilda alzò il suo sguardo, Ethan aveva lasciato il divano e, senza che se ne accorgesse, raggiunto il tavolo, pochi metri più avanti. La fissava sorridente.
« Facciamo una cosa. Questa sera ti porto fuori, scegli tu dove »
« Devi rimediare per lo stupro? Potresti drogarmi anche a casa tua »
La guardò male. « Sono serio, Hilda »
« Anche io! » fece, evitando il suo sguardo. « Ok, va bene, accetto la proposta »
« Ottimo »

 
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presente — Castelia City — 04/11/11
N poggiò una bottiglia di vino sul tavolo con fragore: l’eco si propagò lungo tutta la stanza. Osservando il vetro, era possibile notare che fosse vuota. Assieme ad essa, altre quattro giacevano consumate.
Guardò con amarezza lo spettacolo che si proponeva ai suoi occhi, e come il vino che aveva appena bevuto scendeva nel suo stomaco gli effetti afrodisiaci appassivano. La perdita di Hilda bruciava dentro di lui e assieme ad essa riaffioravano i ricordi della giovane. Gli sembrò di rivederla di fronte a lui, la sua bellezza era rimasta immutata anche a distanza di settimane. I capelli fluivano dolci e morbidi sino al seno, i suoi occhi brillavano e la sua bocca era curvata in un sorriso. Una luce divina illuminava la sua candida veste.
« È tutta colpa tua, N » chiamò l’apparizione.
« Hilda… sei qui? »
La sua voce tradiva sorpresa.
Hilda rise. « Credi che sia Hilda? Credi che sarei mai tornata da una persona viscida, infima e incapace di amare come te? »
Le sue parole rimbombarono nella stanza, l’udito di N era alterato.
« Io—»
« Non farmi ridere » lo interruppe lei. Il sorriso sul suo volto aveva assunto un’accezione negativa, i suoi occhi trasmettevano rabbia « È già tanto se mi vedrai in foto »
« Torna qua, ti prego! » implorò lui. Una lacrima rigò il suo volto.
« E finire per morire? »
« Non morirai! » sfogò, fracassando una bottiglia di vetro contro il tavolo. Il fragore non parve destabilizzare Hilda. « Ti proteggerò… »
« Come hai protetto Hilbert, immagino » continuò lei, impassibile.
« Sarà diverso! »
« Come sarà diverso? Ti senti? Sei sempre il solito N »
N non rispose. Le sue forze stavano lentamente venendo meno e la sua vista era annebbiata.
La figura di Hilda si alzò, muovendosi lungo la stanza. Possedeva la grazia di una farfalla e la leggiadria di un fiore, i suoi passi erano una dolce danza agli occhi del ragazzo. La veste che indossava volteggiava in aria spinta da una brezza inesistente in quella stanza. Una così dolce immagine strideva con le parole ricolme di rabbia e risentimento.
« Mi fai schifo »
« Non dire così… Hilda… »
« Guardati! »
La voce di Hilda risuonò prepotente nella stanza. « Cosa sei diventato? »
« Dimmi cosa fare… farò di tutto per averti indietro »
Un sorriso balenò sulle labbra di Hilda. « Uccidi Bianca »

 
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presente — Nimbasa City — 04/11/11
Le luci di Nimbasa illuminavano a giorno la metropoli anche durante una delle più buie serate autunnali. Il vento spirava freddo dall’ovest, dipingendo un surreale ed invernale paesaggio per le strade. Ogni abitante e turista indossava pesanti giacconi e sciarpe, nella speranza di proteggersi dalla sferza di gelo che spazzava via la calura estiva.
« La Ruota Panoramica » era stata la richiesta di Hilda, mormorata a bassa voce come se avesse voluto non esser udita da N. Sciocco accorgimento, separati da centinaia di miglia. Sentiva di tradirlo a frequentare quel luogo così personale assieme ad un altro ma era decisa a scrollarsi di dosso l’ombra del ragazzo che a lungo aveva infestato i suoi pensieri e le sue giornate. Ne sarebbe stata capace? Non aveva intenzione di rispondere a quella domanda, avrebbe lasciati parlare i fatti.
« Come mai la Ruota? » esordì Ethan, scrutando da lontano il cerchio luminoso di luci che ruotava in senso antiorario « c’è un motivo particolare »
« No » ribatté secca. « O meglio, sì, ma non è stato per questo che l’ho scelta »
« C’entra con N? »
Hilda ammutolì, le labbra nascoste da una pesante e calda sciarpa.
« Ho ragione, non è così? » continuò « non preoccuparti, non mi offendo. È comunque un discreto luogo di divertimento »
« Nulla batte l’MDMA » ironizzò Hilda.
« Credi che mi droghi? »
« Se lo credo? » fece innocente « ne sono piuttosto certa »
Ethan le diede un’amichevole spinta, per poi esser spinto lui stesso.
« Ehi! »
« Hai cominciato tu! »
« Tu hai detto che mi drogo! »
« Mi sbaglio? »
Hilda lo fissò negli occhi. « Mi sbaglio, Ethan Shepard? »
« Oh, guarda, la ruota! » esclamò, elusa la domanda, come puntò il dito verso l’entrata della ruota.
« Siamo già arrivati? Credevo che fosse più lunga »
« È colpa dell’MDMA che ti ho messo nel caffè! » scherzò lui e si avviò dentro.
« Ehi! Aspettami! »

Ethan le fece quasi dimenticare della presenza di N.
La sua figura saltò dentro una carrozza e prima che si chiudessero le porte riuscì a far entrare anche Hilda, che ne risultò scombussolata. Il silenzio del vagone era traviato da un lieve brusio dei macchinari, mentre la musica che suonava la volta che salì con N era scomparsa.
Alzò gli occhi ed osservò estasiata lo skyline di Nimbasa scintillare nella notte come un gioiello.
« È… bellissimo » commentò Ethan. La sua espressione stupita non lasciava spazio ad altre emozioni, solo il puro e semplice stupore di chi è di fronte a qualcosa di eternamente bello. E lo skyline di Nimbasa, nella sua imponenza, lo era ai loro occhi.
La mano sinistra di Hilda ricercò la mano destra di Ethan, che inizialmente ritrasse. 
« È così che hai fatto con N? »
« Più o meno »
« Da quanto stavate assieme? »
« Non ci siamo mai messi assieme » 
« Ma vi siete lasciati. Come puoi lasciare qualcuno con cui non ti sei mai fidanzato? »
« È una bella domanda ». Un sorriso illuminò il viso di Hilda. « La prossima volta che lo incontrerò, glielo chiederò »
« Hai intenzione di vederlo ancora? »
Hilda rimase interdetta dalla domanda. « Cosa intendi? »
« Potresti rimanere con me » suggerì, il suo sguardo scivolò dal panorama ai suoi occhi « non hai bisogno di lui, per essere Hilda Baskerville »
« Ho una vita, a Castelia—»
« E quindi? Se ti fosse interessata, mi avresti detto di portarti a Castelia »
« Non volevo darti fasti—»
« Non mentire a te stessa, Hilda »
Hilda abbassò gli occhi. Si soffermò sul riflesso che le restituì la curva del vetro panoramico, osservando lei stessa e Ethan. Parevano una bella coppia dall’esterno, una coppia normale. Qualcosa che non avrebbe mai avuto con N. Scosse la testa a quell’idea.
« Ok, è vero, non volevo tornare, ma ho capito che non posso non farlo. Ho lasciato troppe cose in sospeso là »
« E la tua vita? Non ti importa di esser felice? »
« Io sono felice, Ethan »
« Lo sei? Detto da una ragazza che ho pescato in autostrada con gli abiti sporchi di sangue, non credo »
« Non capiresti »
« Perché? Perché non capirei? Perché non sono affascinante e misterioso come N? Perché ti dico quello che penso? »
« Ethan—»
« No, Hilda, nessun “Ethan”—»
« Ethan, il giro è finito »
Indicò al ragazzo la porta, che in breve tempo si aprì. Una discreta coda si era formata durante la loro salita, che riuscirono ad evitare scivolando fra la folla sino a che l’immagine della ruota non fu che un ricordo brillante tra le luci del paesaggio. 
L’aria esterna era più fredda di quel che ricordava, constatò Hilda come i suoi respiri si tramutavano in sottili nubi di condensa.
« Dove vuoi andare, adesso? »
« A casa? » azzardò lei.
Ethan si avvicinò a lei. « Potremmo… »
« …o? »
Da quella breve distanza, poteva fissarlo dritto negli occhi e scrutare il suo riflesso. 
« Baciami, Hilda Baskerville »
« Eh?—» esclamò sorpresa.
Ethan portò il suo braccio destro a cingere la vita di Hilda e la strinse a sé, posando le sue labbra sulle stesse della ragazza, che trovò spiazzata. 
« Ehi! » fece, spingendo dall’altra parte Ethan.
« Non ti è piaciuto? »
« Non… non si tratta di quello! »
« E allora di cosa? » gridò Ethan « Di N? Ti è entrato nel cervello, Hilda, ne sei succube! »
Si allontanò repentinamente da lui. « No! » urlò lei « no, non è vero! Io… io lo amo »
Prese del tempo per riflettere. La prima volta che riusciva ad ammetterlo a sé stessa. Cercò lo sguardo di Ethan nell’oscurità.
« Io amo N, non ho mai smesso di farlo e non ho intenzione di dimenticarlo. Mi dispiace, è stato uno sbaglio farti venire qua, non avrei voluto illuderti, ma ora ho capito. Mi sbagliavo, N non è mai stato una stupida scatola concentrica, anzi, è stato l’unica persona che ha mai prestato attenzione a me. Quello che avevamo, era magico »
Esitò, sbigottita da ciò che se stessa era stata capace di dirlo.
« Non mi aspetto che tu lo capisca, non mi aspetto che nessuno lo capisca… »
« Hilda… »
« Scusami Ethan, scusami per tutto » tagliò corto, allontanandosi « ora devo tornare a Castelia. Da N »

 
ϡ
 
presente — Castelia City — 04/11/11
N fissava la porta di casa con particolare ansia. 
Le sue dita colpivano ritmicamente la liscia superficie del tavolo, risuonante nell’etere un suono ad intermittenza. Tic, tic, tic, tic. 
Fece un occhiolino. La sua mandibola compiva movimenti febbrili.
Come l’immagine di Hilda riaffiorava nella sua mente, era pronto a sopprimerla dentro di sé, nei più remoti meandri del pensiero. L’avrebbe ritrovata, si ripeteva. L’avrebbe conquistata. Dopotutto, era ancora possibile un lieto fine.
Ad interrompere il suo flusso di coscienza il trillo della porta, che per dei brevi secondi sopraffece il ticchettio delle sue dita.
« Sono Bianca » si udì, flebile, dall’altra parte della porta. 
« Arrivo » mormorò avvicinandosi alla porta « arrivo… »
Allungò il braccio dentro la tasca e vi estrasse un panno candido. Era umido al tatto e sbavava sulla pelle di N una sostanza biancastra, del quale una goccia raggiunse il pavimento. 
Impugnò il pomello e lo girò in senso antiorario, provando sulle sue mani una forza contraria a sé che spingeva. Fece forza e la porta roteò sul suo cardine, alla destra di N, rivelando alla sinistra il viso di Bianca. 
« Sono venuta non appena ho ricevuto il messaggio. Novità su Hilda? »
« Certo… » accennò, evitando il suo sguardo. « Accomodati… »
« Stai male? »
N le lanciò uno sguardo. « No, sto bene »
« Se lo dici tu »
Si mosse verso il tavolo, lasciando N alle sue spalle. « Hai novità, allora? »
« Sì… »
Portò in avanti il braccio sinistro e le cinse il collo, strattonandola verso di sé.
« Ehi! Cosa fa—»
« Rilassati, Bianca »
Il collo della ragazza premeva contro il suo petto. Distese il fazzoletto lungo la mano destra e con essa soffocò la bocca di Bianca, che tentò una blanda resistenza. Nonostante si divincolasse, i colpi delle sue braccia cessavano nel vuoto. Cercava di urlare ma la stretta che poneva sulla trachea le impedì di respirare.
Lentamene, la vista spirò dai suoi occhi ed N sentì il corpo cedere di resistere ai suoi movimenti. Privo di vitalità, il corpo aveva raggiunto un peso notevole.
La trascinò su una sedia, la testa accasciata sul tavolo, e gettò il fazzoletto a terra.
« Buona dormita, Bianca. Fai come se fossi a casa tua »

Quando Bianca si svegliò, il suo sguardo vagò inizialmente attorno a sé. 
La sonnolenza era parzialmente svanita ma né la sua vista né i suoi movimenti parevano averne giovato. Vedeva sfocato, non riuscì ad inquadrare dove si trovasse e alzare il capo richiedeva uno sforzo immane.
« Dove sono…? » disse, tentando di ricomporsi « dove sono…? »
« Ben svegliata, Bianca »
« N…? »
« Sono io! » esclamò « come ti senti? Stai meglio? »
Una figura sfocata appariva in lontananza, come portò avanti gli occhi.
« Non sforzarti, non ora almeno. Prendila con calma »
Man mano che gli effetti dello stordimento si blandivano, la sua vista riprendeva colore e chiarezza. Ora riusciva a mettere a fuoco N, che la osservava dall’altra parte della stanza, notando con orrore che impugnava una pistola nella sua mano destra. La sua pelle era biancastra ed il suo viso era in costante contrazione. Uno strano movimento dell’occhio alzava ed abbassava la palpebra destra.
Guardò in basso, le sue mani stringevano una siringa vuota, che non appena vide gettò a terra. 
« Cosa è successo? Mi hai drogata? »
« Tecnicamente ti ho narcotizzata » la corresse N frizzante « oh, ti riferisci alla siringa? Sì, ti ho drogata »
Bianca gli restituì uno sguardo interdetto. 
« Tranquilla, andrà tutto bene. Rimani seduta tranquilla, ok? Devo fare una chiamata »
Dalla sua mano sinistra vide lentamente comparire un telefono. Le sue dita tremavano come cercava di comporre un numero.
Quando ebbe finito, portò lo schermo all’orecchio sinistro.
« Aiuto! » urlò, in uno spiccato atto tragico « qualcuno mi ha sparato, è una donna… aveva una pistola, sembrava una squilibrata, vi prego aiutatemi! Ho paura che mi voglia uccidere, credo che sia sotto effetto di droghe… mi trovo in Narrow Street, il palazzo sopra il negozio di giocattoli… sì, esatto, il num—» s’interruppe.
« Cosa? » esclamò lei « cosa stai facendo? »
N lanciò il telefono fuori dalla finestra, accompagnato da un urlo di terrore.
« Cosa sto facendo? » fece l’eco lui.
« Non ti ho sparato! »
N girò la canna della pistola verso il suo braccio sinistro. Le sue mani continuavano a tremare ma fu capace di premere il grilletto. Il boato dello sparo saturò l’aria, bruciando nelle orecchie del ragazzo.
« Stai tentando di incastrarmi? Nessuno ti crederà! »
« Ah sì? Una drogata che poche ore prima del fatto aveva ammesso alla polizia di aver mentito per mandare in prigione una sua amica poiché era sotto l’effetto di droghe ora spara ad un povero cittadino. Crederanno a lei od al povero cittadino? »
« Stai male, N. Non vedi le condizioni in cui sei? Hai bisogno di aiuto! »
« Non è vero! » gridò infastidito « ho bisogno… ho bisogno di vederti sparire »
« Tu hai bisogno o Hilda? Tutto si riduce a lei, non è vero? Hilda »
Bianca si alzò e si diresse verso N, che indietreggiò.
« COME OSI NOMINARLA! »
« Cos’ha Hilda di speciale, eh? Vale tanto la sua vita da rovinare quella di tutti gli altri, N? » ringhiò.
« BA—BASTA! » gridò, la sua capacità di parlare era pregiudicata anch’essa « BASTA! Non avvicinarti… o… o sparo »
« Sai cosa? » ringhiò, avvicinandosi a lui « finirai per ucciderla, Hilda. Credi davvero che voglia stare con uno come te? »
« ZITTA! LA POLI—POLIZIA STA ARRIVANDO! »
Bianca si trovò abbastanza vicina ad N da fissarlo negli occhi. Erano spiritati, iniettati di sangue. 
« Credi che mi interessi? La mia vita è finita quando quella stronza è arrivata a rovinarmi la sua vita » ringhiò « SOLO PER IL SUO STUPIDO TORNACONTO! »
N si limitò a fissarla. « E se pensi, se pensi che mandarmi in prigione le renda la vita più facile, sbagli. Né tu né quella specie di schifo meritate qualcuno, siete una perfetta coppia di psicopatici e meritate di morire, ma non vi darò la soddisfazione di chiudermi in galera »
Afferrò la mano di N con la destra ed imboccò la canna della pistola. Con la sinistra premette il grilletto. N si allontanò d’istinto, poco prima di udire lo sparo. Il muro si tinse di rosso, le cervella di Bianca erano spalmate sul bianco soffitto e quel poco che non aveva raggiunto l’alto si riversò a terra. Il suo corpo si accasciò a terra, privo di vita, la ferita d’uscita sulla nuca che grondava sangue. 
In lontananza, il rumore delle sirene della polizia ruggiva per le strade.
 

Non sono solito fare queste cose, ma ascoltatevi questo. È Lux Aeterna, il tema principale di Requiem for a Dream. Credetemi, ho ragione.
Il capitolo pubblicato a così poca distanza ha una ragione (perdonate il gioco di parole): quando ho pubblicato il quattordicesimo, avevo scritto 3/4 di questo. Non avevo interesse nel lasciare il capitolo ancora chiuso in Pages, non volevo diventasse qualcosa di bello. Devo mantenermi sulla mediocrità d'altronde. E per quanto riguarda la lunghezza, credo sia il mio più lungo: 14 fogli di Pages (se togliamo gli spazi e titolo sono per 13 e mezzo scarsi) in carattere Baskerville (non potevo usarne uno diverso, n'è?) grandezza 13. No, non sono cieco.
Finito questo, che che idealmente chiude il quattordicesimo, si apre la strada alla fine. Arriva l'inverno, per citare Requiem for a Dream (non Game of Thrones! Non citerò il vekkio bakukko che tira le cuoia prima di finire un libro, i meme sull'inverno di internet assolutamente non richiesti bastano ed avanzano).
Volevo un ultimo paragrafo #scioqqante e ma alla fine è quello che è, non ci prendiamo troppo sul serio, anche se a dire il vero anche io ci sono rimasto strano. Non era la conclusione che avevo progettato, la preferisco così. 
Per il titolo, inizialmente doveva essere Some Unholy War, citata anche nel capitolo, ma ritengo questa più significativa. Ci vediamo col prossimo e con Shakespeare!

herr

ps. il paragrafo di N & Hilbert era già progettato, non l'ho aggiunto all'ultimo momento per smuovere le acque, lo giuro. Nei prossimi capitoli verrà risolta la questione, punto cardine per capire N e la fine della storia.
 
   
 
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