INTERSTELLAR
CHAPTER ONE
"Badass"
Rivolgo per qualche istante
gli occhi al cielo sentendomi rabbrividire all'improvviso alzarsi del
vento, tornando però subito alla normalità. Il sole splende
piuttosto forte oggi, i ragazzi attorno a me hanno gli occhiali da
sole e preferiscono stare all'ombra, per me è solo un giorno come un
altro. Stare seduta qui è ciò che faccio sempre, ma tutti quanti
stiamo in silenzio perché quel che sta per succederci è ciò che
abbiamo evitato per anni, e che ora stiamo affrontando di nostra
spontanea volontà.
"A che ora è?"
"Tra
mezz'ora."
Sposto i miei occhi su Theodore e poi su Regan,
percependo la tensione tra i due come c'è tra tutti noi. Non siamo
arrabbiati o altro, abbiamo solo paura come non ne abbiamo mai avuta
prima. Se fosse per me resterei ancora un po' al sicuro, ma non
potevo abbandonare proprio mia sorella. E' stata un'incosciente, è
vero, ma di sicuro ciò che è successo non è solamente colpa sua.
Non potevo arrabbiarmi più di tanto quando ho saputo che tra un po'
di tempo diventerò zia, no?
"Ne siete sicuri? Posso andarci
da sola."
"Non se ne parla."
Non posso
trattenere un sorriso guardando Hunter e Cherice, pensando a come
siano stati uniti fin da quando ne ho memoria era inevitabile che
finisse così. Tutti noi cinque, comunque, siamo stati inseparabili
da quando abbiamo capito di avere solo la nostra reciproca compagnia
come ancora di salvezza. Ovviamente ci sono diversi generi di 'essere
inseparabili', di certo non ho mai pensato a Theodore o ad Hunter
come qualcosa di più che compagni di vita - considerando poi che
quest'ultimo è il padre del bambino che mia sorella porta in grembo.
"Siena..." Cherice sfiora la mia mano, guardandomi
dritta negli occhi con un'espressione severa. "Resta qui, per
favore."
Scuoto la testa, decisa, non esitando a ricambiare
la sua espressione: "Anche se rimanessi qui, cosa mi resterebbe?
Ho solo voi ed è sempre stato così, perciò lo sarà anche quando
ci porteranno dietro le sbarre."
Si rassegna, come al solito,
portando la testa sulla spalla di Hunter con uno sbuffo. So che
vorrebbe che almeno io mi salvassi, ma sono stata la prima a dire di
seguirla e non me la sento di lasciarla andare. Il punto è che, una
volta in ospedale, i medici ci metteranno veramente poco a capire che
genere di persona sia Cherice e tutti noi di conseguenza, chiameranno
le autorità e saremo rinchiusi insieme a tutti gli altri della
nostra specie. Del resto però Cherice è già al quinto mese e se ci
fossero delle complicanze più avanti sarebbe impossibile porvi
rimedio, è decisamente meglio soffrire noi ora che non il bambino
più avanti.
Per questo motivo penso che nessuno di noi stia
perdendo tempo a parlare e si stia godendo per l'ultima volta l'erba
verde tra le dita, il sole e il cielo azzurro proprio sopra di noi.
Non abbiamo scelto noi di nascere dopo la Grande Guerra che ha
devastato il mondo con le armi nucleari, eppure siamo puniti per
questo. Non facciamo nulla di male, non l'abbiamo mai fatto, ma per
qualche strana ragione tutti quanti ci vedono come minacce e vogliono
tenerci separati e rinchiusi per non generare prole della nostra
specie e piano piano morire fino a far scomparire anche l'ultimo
esemplare di malformazione genetica dovuta al mescolamento tra
cellule umane e cellule intossicate dalle tossine nucleari. Stiamo
parlando di poteri quasi soprannaturali, ciò di cui l'uomo scriveva
libri e fumetti solo trecento anni fa e ciò che avrebbe sempre
desiderato avere. Ora che siamo a portata di mano però dobbiamo
nasconderci per poter vivere in libertà, ma sappiamo che basterà un
esame del sangue per dichiararci 'sbagliati' e perciò rinchiusi
insieme a tutti gli altri.
"Direi che ci siamo, allora."
Regan prende il foglio bianco e la matita che porta sempre con sè,
mettendoli al centro del cerchio che abbiamo creato. "Ognuno di
noi scriva ciò che gli passi per la testa, poi nasconderemo il
foglio e quando saremo liberi potremo tornare a prenderlo, qualcosa
tipo capsula dei ricordi. Vi va?"
Annuiamo senza però dare
aria alla bocca, e mentre guardo i miei amici scrivere a turno i loro
pensieri sul foglio quasi sgualcito mi sembra per un attimo di
rivedere i bambini impauriti che si nascondevano dentro i barili
quando le guardie passavano in rassegna tutto il quartiere,
trattenendo il respiro e serrando stretti gli occhi. Ora che la
nostra ora è arrivata sappiamo che dovremo essere forti quando
entreremo nell'ospedale per la visita di Cherice, sappiamo che non
potremo più trattenere il fiato e chiudere gli occhi. Abbiamo paura,
ma ora siamo consapevoli di ciò che, se non succedesse oggi,
succederebbe probabilmente tra poco tempo. Con questo pensiero che mi
accompagna lancio quindi uno sguardo a Theodore, i suoi capelli
castani sembrano quasi biondi al sole e i suoi occhi azzurri, appena
incontrano i miei mentre con un movimento lento mi passa il foglio,
sembrano assumere un'espressione serena, come se anche lui sapesse
che avere paura non serve a nulla ora che abbiamo preso la nostra
decisione. Prendo così anche la matita, scrivendo la prima cosa che
mi passa per la mente come mi è stato ordinato, prendendomi prima
qualche secondo per leggere ciò che i miei compagni hanno scritto
prima di me.
'Vorrei mangiare ancora una volta il dolce
alla frutta che mia mamma preparava quando era ancora viva e vorrei
rivedere mio padre e mio fratello un'ultima volta, ma so che è
impossibile. Spero di restare con i miei amici anche dopo la visita
in ospedale, e spero di tornare qui e ritrovare questo foglio al più
presto possibile. Sento che con loro sarò sempre protetta. -Regan
Hais'
'Spero che questa gravidanza vada bene e che i
miei amici si salvino dopo che hanno deciso di venire con me. Voglio
vedere il viso di mio/a figlio/a e poter riconoscere la sua
somiglianza ai miei genitori che ho conosciuto solo per cinque anni,
fino alla loro morte. Non vorrei mai aver dovuto trascinare tutti
quanti nel mio casino, ma devo loro la vita per ciò che stanno
facendo. -Cherice Tanner'
'Vorrei essere stato più
prudente e non aver dovuto mettere la vita di tutti in pericolo, ma
ora che è successo non posso dire di rimpiangere ciò che ho fatto.
Amo con tutto me stesso la madre di mio/a figlio/a e spero che non
succeda niente né a lei né al bambino, così come anche gli altri
tre miei compagni di vita dovranno rimanere sani e salvi finché non
riprenderemo in mano questo foglio. -Hunter Newell'
'Se
potessi tornare indietro non farei l'errore di scappare di casa per
una banale litigata con i miei genitori, sapendo che pochi mesi dopo
sono morti per le tossine avrei voluto tanto salutarli a dovere.
Spero inoltre che i miei amici rimangano con me fino alla fine e
spero che nessuno di noi si faccia male o si cacci nei guai mentre
saremo via da questo posto che ormai è come una casa. -Theodore
Mikeller'
'Non vedo l'ora di conoscere mio/a nipote e
vorrei che tutti noi potessimo restare insieme come abbiamo fatto da
quando ne ho memoria, ma dato che non è possibile spero almeno che
nessuno di noi venga ferito e che potremo ritrovarci ancora una volta
tutti insieme anche fuori dalle mura di quella che sarà la nostra
nuova casa. Sta per iniziare solo un'altra parte della nostra vita,
ne sono certa. -Siena Tanner'
"Fatto!" Regan si
alza di scatto, sorridendoci allegramente come il suo solito. "Lo
nasconderemo in camera mia. Chissà se ci ricorderemo quello che
abbiamo scritto quando saremo di ritorno."
Anche io, Theo,
Hunter e Cherice ci alziamo, iniziando a camminare lentamente verso
l'ospedale della città distante qualche chilometro dal quartiere
abbandonato in cui abbiamo vissuto fin da quando siamo bambini e che
ora ci stiamo lasciando alle spalle. Non so di preciso cosa mi
aspetta una volta scoperta la mia malformazione, ma so che qualunque
cosa succeda io ho bisogno di queste quattro persone al mio fianco.
Con loro ho vissuto da quando i miei genitori sono morti e io avevo
solo due anni. Essendo più grande di me di quattro anni Hunter mi ha
cresciuta con la premura di un padre mentre Regan e Theodore mi
hanno trattata come loro sorella da quando Cherice li ha trovati e ha
chiesto loro aiuto, ovvero quando lei aveva sette anni e io quattro.
"Scommetto di sì." mi sistemo lo zaino sulle spalle e
sorrido alla rossa che, come al solito, cerca di tirare su il morale.
"Al massimo ne corrompiamo qualcuno e usciamo prima,
dai."
Theodore ride leggermente, scuotendo la testa: "Come
se fosse possibile corrompere quelli normali."
"Beh,"
Cherice indica Hunter con la testa, uscendosene con un sorriso
divertito sebbene la situazione non lo permetta molto. "Hunter
può fare tipo il giocoliere con la pirocinesi."
"Controllare
il fuoco non mi permette di farci il giocoliere." Hunter
risponde altrettanto ridendo, spingendo leggermente la spalla di mia
sorella. "Potrei pur sempre congelarli con il ghiaccio,
invece."
Annuisco, anche se non credo che potrebbe realmente
funzionare, di fatto stiamo tutti quanti ridendo per provare ad
allentare la tensione e il silenzio che c'era fino a poco fa. Per
quanto mi riguarda non credo che l'adattamento reattivo all'ambiente
circostante possa essere in qualche modo usato come arma, in fondo si
tratta solo dell'auto-protezione del mio corpo all'ambiente esterno e
alla capacità repentina di adattarsi nel giro di pochi istanti a
qualsiasi genere di circostanza in cui io mi trovi. Per quanto
riguarda mia sorella, invece, ha la capacità di smaterializzare le
sue cellule e teletrasportarsi ogni tre ore in qualsiasi posto nel
raggio di trenta chilometri da dove si trova. Theodore ha la strana
capacità della proiezione astrale di se stesso, riuscendo quindi a
separare il suo corpo spirituale da quello reale mentre dorme,
riuscendo ad aggirarsi in un mondo che solo lui conosce e di cui non
è ancora riuscito a spiegare con chiarezza lo scopo della sua
esistenza. Regan invece ha l'utile abilità dell'auto-guarigione, le
sue cellule si rigenerano ad una velocità incredibile e questo non
le permette di provare dolore, non credo abbia mai avvertito
veramente il dolore di una ferita come me o qualsiasi altra persona
priva di questa capacità. Infine, Hunter possiede la criocinesi e la
pirocinesi, ovvero il potere di poter muovere e controllare il fuoco
e il ghiaccio una volta averli toccati. So che effettivamente
potremmo assomigliare ad un gruppo di fenomeni da baraccone ma non
cambierei la mia vita per niente al mondo, nonostante tutte le
difficoltà e i momenti di solitudine quest'esistenza mi ha dato la
possibilità di conoscere le uniche persone che amo a questo mondo, e
senza di loro non ho idea di cosa ne sarebbe di me.
"Ce la
caveremo, ne sono certo." Theodore respira profondamente,
sistemandosi lo zaino a tracolla. "Abbiamo pur sempre imparato a
vivere dove non c'era speranza, no? Possiamo farlo quante volte
vogliamo, ora, quindi non disperate, miei prodi!"
Scoppio a
ridere per l'esclamazione alla 'imperatore dell'antica Roma' di Theo,
sentendo il cuore di poco a poco sempre più leggero: "Tornatene
nel tuo mondo, sonnambulo."
"Sei troppo acida, te l'ho
sempre detto." ribatte lui, guardandomi con la solita
espressione ironicamente seccata. "Farai impazzire parecchio i
tipi che ti dovranno tenere d'occhio."
"Spero di farli
diventare matti." confermo con un sorriso, sentendo in me l'odio
crescere sempre più smisuratamente. In fondo l'unica colpa che
abbiamo è quella di essere nati, non siamo responsabili delle armi
nucleari che sono state usate in passato e degli effetti che si sono
ripercossi sulle persone, quindi non vedo perché perfino una misera
visita ginecologica dev'essere vista come la nostra stessa fine. Ciò
che è sicuro è che non potrò mai perdonare a tutte le persone
normali quello che mi stanno facendo e che stanno facendo a tutti
quelli come me, darò loro guerra finché le mie gambe reggeranno. E
questa è una promessa.
La città è alquanto
movimentata, ma ancora di più lo è l'ospedale che abbiamo appena
raggiunto e che abbiamo contattato qualche giorno fa per prenotare la
visita. Le persone corrono a destra e a sinistra senza badare a noi,
i medici parlano ad alta voce tra di loro e nessuno si accorge di
niente, cinque ragazzi geneticamente malformati stanno camminando per
i corridoi di questo posto ed è come se nulla fosse, la gente
continua semplicemente a non prestarci attenzione. Percepisco
l'agitazione di mia sorella, stringe la mano ad Hunter ed è come se
si nascondesse dietro di lui mentre io e Theodore apriamo la fila,
dirigendoci al reparto di cui abbiamo chiesto informazione appena
arrivati. Non so in termini pratici quanto tempo io abbia ancora a
disposizione per godermi gli ultimi istanti di libertà, ma so che se
potessi fermare il tempo probabilmente lo farei: consegnarmi in mano
alle autorità era l'ultima cosa che avrei mai voluto fare. D'altro
canto Cherice è già al quinto mese e non ha mai fatto un controllo,
per questo abbiamo insistito affinché si facesse visitare e da qui è
nato tutto, ecco perché ci troviamo tutti pronti ad andare incontro
alla nostra fine. Sperare di cavarcela ora non può servire a nulla,
l'unica cosa su cui posso fare affidamento è la speranza di poter
restare insieme a loro anche dopo la nostra cattura.
"Cherice
Tanner." mia sorella si rivolge alla dottoressa alla reception,
la quale le indica l'ambulatorio senza nemmeno alzare gli occhi.
Sconsolata, fa cenno a tutti noi e in silenzio raggiungiamo la porta
chiusa, fermandoci pochi passi prima di entrare.
Non credo sia
esattamente il momento ufficiale dell'addio, ma sappiamo che è
l'ultima volta in cui potremo ritenerci liberi. Così ci guardiamo
un'ultima volta sorridendoci a vicenda prima di lasciare entrare
Hunter e Cherice nello studio, mentre io, Theodore e Regan ci
limitiamo a sederci sulle sedie in questa piccola sala d'attesa
aspettando di vedere le guardie venirci incontro. Tutto ciò che
riesco a fare è portare la fronte sui palmi aperti delle mie mani,
respirando a fondo per provare a calmarmi. So bene che agitarmi è
futile, ma so anche che ho paura di non avere più il controllo della
situazione e questo, più di tutto, mi spaventa.
"Suvvia,
Siena." sento la mano di Regan appoggiarsi sulla mia schiena
dopo qualche minuto di meditazione, facendomi aprire gli occhi di
scatto dall'agitazione che già scorre nelle mie vene.
"Cosa?"
domando, sbuffando.
"Andrà tutto bene."
Fa ironia?
La fisso, alzando entrambe le sopracciglia: "Certo, anche
per-"
Il frastuono della porta che sbatte contro il muro mi
fa sobbalzare, e non so se mettermi a ridere o a piangere vedendo
l'infermiera correre disperatamente verso la reception per dare
l'allarme. Che dire, è stato breve. Mi alzo in piedi di scatto,
dando un'occhiata a Hunter e Cherice che, dopo essersi alzata dal
lettino, ci raggiunge in questa piccola sala e ci sorride mentre
sospira, riservandomi una fastidiosa carezza spettina-capelli. Non
credo di averne mai sopportata una, ma a questo punto non vedo l'ora
di riceverne ancora se questo significa poter restare con mia
sorella.
"Stanno arrivando." Hunter lancia un'occhiata
al corridoio, avvicinandosi poi a tutti noi. "Notizie flash,
allora: il bambino sta bene e sembra andare tutto per il meglio,
sarebbe meglio tenerlo controllato dato che avendo ereditato i geni
miei e di Cherice non sarà geneticamente normale ma come avete
potuto vedere l'infermiera non era proprio del parere di rimanere un
altro po'."
"Dai?" fisso il più grande tra di noi
con un ghigno divertito, limitandomi poi a prepararmi
psicologicamente al gruppo di persone che si sta avvicinando a noi
per portarci via da qui. Lancio un'ultima occhiata ai miei compagni,
avvicinandomi a loro più che posso, sentendomi lentamente morire
dentro. Non voglio che succeda loro nulla, vorrei solo poterci
restare insieme come ho fatto da quando i miei ricordi iniziano,
spero che non ci separino del tutto una volta arrivati là, di
qualsiasi posto 'là' si tratti.
Chiudo gli occhi per qualche
secondo e, appena li riapro, mi ritrovo circondata da un gruppo di
persone contraddistinte da una divisa che non ho mai visto prima, una
sorta di camicia nera copre la maglietta sulla quale è inciso il
logo di tutti quelli che si occupano di catturare le persone come
noi. Di fronte a me c'è un ragazzo che si va avanti, deve avere poco
più della mia età e sicuramente un brutto carattere dato
l'atteggiamento con cui si pone verso di noi. I suoi capelli castani
leggermente mossi non sono per niente tenuti in ordine, ma dai suoi
occhi azzurri traspare lo stesso senso di odio che io ho per quelli
come lui. Bene, direi che è già amore a prima vista.
"Mi
chiedo come abbiate fatto a scapparci." è il suo primo commento
acido contro di noi accompagnato da un sorriso che toglierei
volentieri a suon di schiaffi. "Siete come i ratti, accidenti.
Siete ovunque."
Ah sì? Vuole la guerra il damerino tutto
tirato a lucido? Ricambio il suo stesso sorrisetto, incrociando poi
le braccia al petto e guardandolo dritto negli occhi: "Forse è
perché siete talmente stupidi che non riuscite a trovarci, che dici,
damerino?"
Sento Theodore trattenere le risate dietro di me,
ma in fondo sapeva bene che sarei stata la prima a parlare. Se questo
tipo si permette di insultarmi allora non vedo perché il contrario
non sia possibile. Dal detto al fatto mi ritrovo il suo viso a pochi
centimetri dal mio, l'espressione cattiva dipinta addosso e la
probabile voglia di appendermi al muro: "Magari per la piccola
fuggitiva una bella cella termica non andrebbe male. Preferisci il
caldo o il freddo?"
Mi sa che sto proprio giocando in casa
con questo cretino. Faccio così finta di pensarci su, concludendo
con una smorfia: "Adattamento corporeo reattivo,
spiacente."
"Siena..." Cherice appoggia la mano
sulla mia spalla, chiamandomi con il suo solito tono da predica.
"Sta' buona, dai."
"Siena?" ripete il damerino
davanti a me, scrutandomi da capo a piedi. "Un gran bel nome,
complimenti ai genitori. Avremo tante cose da raccontarci, tu ed io,
stanne certa."
"Oh, muoio dalla voglia." ribatto,
sostenendo senza problemi il suo sguardo finché non è lui a
distoglierlo per scrutare Cherice, Hunter, Regan e Theodore. Il
gruppo di ragazzi attorno a lui se ne sta buono e in silenzio, a
questo punto mi viene da pensare che, nonostante la sua giovane età,
questo tipo potrebbe essere a capo di questa squadra. Capo o no per
me non fa comunque differenza, continuerò a considerarlo un
accidenti di damerino che lavora per dei caproni ignoranti che danno
ordini dall'alto senza sapere veramente cosa accidenti stia
succedendo.
"Ammanettateli e caricateli sul camion."
ordina infine il mio nuovo migliore amico, dandoci le spalle con una
mezza giravolta secca e procedendo poi verso l'uscita senza più
proferire parola. Senza alcuna grazia noi quattro veniamo ammanettati
come se fossimo veramente colpevoli di qualcosa e poi trascinati in
uno squallido camion provvisto di cinture e ulteriori manette, non
sia mai che ci buttiamo dallo sportello mentre il veicolo è in
corsa. Cherice viene trattata fortunatamente con un po' più di
delicatezza considerando che è incinta, le guardie la aiutano a
salire nel furgone e allacciano la sua cintura con un minimo di
attenzione e questo mi fa decisamente sollevare, per lo meno lei e il
bambino staranno bene.
"Che dite, è andata bene?" una
volta chiuse le porte, Hunter si rivolge a noi con un sorriso quasi
divertito. "Sono simpatici, no?"
"Siena ha già
fatto amicizia." Regan scoppia a ridere nel dire questa frase,
condizionando anche la mia risata. Non so precisamente il motivo per
cui io stia ridendo, so solo che per lo meno una parte del lavoro è
stata fatta. Non che abbia meno paura, ma forse sono in qualche modo
più tranquilla. Se gli standard di intelligenza sono quelli del
damerino allora direi che non ho più di tanto da preoccuparmi,
no?
"Devi stare attenta, invece." Cherice mi guarda
abbastanza male, appoggiando la mano sulla pancia come è solita
ormai fare. "Possono farti ciò che vogliono in qualsiasi
momento, non vedo perché andarsi a cercare i guai."
"Potrebbe
andare peggio di così?" rispondo retoricamente, abbandonandomi
ad un sospiro. "Quando sei all'inferno non ti resta che
scherzare col diavolo, no?"
Hunter annuisce, sorridendomi:
"Sarai un bel grattacapo per quel damerino, poco ma
sicuro."
"Tanto meglio!" sbotto, lanciando uno
sguardo fuori dalla piccola finestra che dà sulla strada sulle porte
posteriori di questo furgone. "Può farmi ciò che vuole ma il
mio corpo sa adattarsi anche al dolore."
Cherice scuote la
testa, rassegnata: "Non ha le capacità di Regan, lo sai.
Sopporti il dolore fino ad un certo punto."
Appoggio la testa
alla parete dietro di me, uscendomene con un sorrisetto per celare
l'ansia che mi sta in realtà consumando lo stomaco: "E dai, non
smontarmi così."
Appena il furgone frena di colpo
facendoci sussultare le porte posteriori vengono aperte e la nostra
visuale si apre su un edificio che non ha nulla di diverso da una
prigione. Veniamo strattonati giù da persone con una disgustosa
divisa bianca addosso mentre il damerino con cui mi sono scontrata
prima della partenza affianca un gruppo di altri cretini in divisa
bianca - che per rispetto non dico a cosa assomiglia. Senza alcun
rispetto di noi come vite umane, i confetti da matrimonio con le
gambe ci strattonano fino a raggiungere l'interno dell'edificio per
poi richiudere velcemente i cancelli con un tonfo assordante mentre
tutti noi a parte mia sorella, anche se con scarsi risultati,
cerchiamo di dimenarci per mettere in chiaro fin da subito che non
abbiamo intenzione di sottometterci come se fossimo dei cani. Vedo i
miei capelli marroni cadermi davanti agli occhi mentre mi obbligano
ad inginocchiarmi sbattendo violentemente il ginocchio contro il
retro del mio come fanno anche con gli altri, costringendoci in
questa posizione al centro di quest'atrio enorme come se fossimo
degli accidenti di criminali. Col cuore in gola e la mancanza di
fiato, davanti a me riesco solo a vedere una cattedra circolare dove
ai lati si trovano due enorme piante di cactus, o perlomeno vedo
questo finché due piedi non appaiono nella mia visuale. Intorno a
noi i confetti ci tengono fissati in maniera inquietante ma a
peggiorare il tutto è lo sguardo del damerino puntato sul mio non
appena riesco ad alzare gli occhi per constatare chi effettivamente
ci sia davanti a me, trovandomi la spiacevole sorpresa delle sue
iridi celesti che mi squadrano con un ghigno divertito che si fa
strada sul suo viso. Se ha intenzione di guardarmi così ancora per
tanto gli converrebbe mettere in conto una visita chirurgica a causa
della sedia che gli romperò addosso, poco ma sicuro.
"Hai
perso la lingua?" mi domanda, accovacciandosi di fronte a me.
"Ti facevo più coraggiosa."
"Se siete talmente
imbranati da doverci ridurre a zerbini per tenerci sotto controllo
allora siete voi i codardi, idiota." ribatto, sfoderando una
delle mie espressioni più orgogliose.
Occhi-azzurri qui presente
si infastidisce visibilmente, ma questo non gli fa perdere il mio
stesso sguardo: "Nemmeno col guinzaglio voi stareste
buoni."
Meglio che non pensi che con me l'avrà vinta:
"Motivo in più che riconferma la mia tesi."
Immagino
che Cherice, se potesse, si sbatterebbe la mano sulla fronte mentre
Theodore cercherebbe di fermarmi e Regan e Hunter starebbero
semplicemente ridendo, ma siamo tutti incatenati e costretti a stare
piegati come vermi, il che incrementa solo la mia voglia di fare del
male a qualcuno. La sedia dietro la cattedra è parecchio allettante,
devo ammetterlo.
"Siena, vero?" dietro di lui spunta un
ragazzo dalla carnagione ambrata, sia occhi che capelli neri come la
pece e un viso decisamente meno odioso del tipo di fronte a me. Il
punto ora è capire come fa a sapere il mio nome, se non erro non era
con noi nel furgone.
"Sono io." mi limito a dire,
tenendo però fissato l'idiota con gli occhi azzurri.
Il ragazzo
in piedi fa un cenno, rivolgendosi poi ai suoi colleghi vestiti da
confetti: "Stanza di isolamento numero 12,
grazie."
"Isolamento?!" mi alzo in piedi di scatto,
iniziando a gridare forse come un'ossessa. "Non potete separarmi
da loro!"
"Possiamo eccome."
tutto-muscoli-e-niente-cervello-in-piedi mi prende di forza prima che
possa correre in giro, stringendomi il braccio talmente forte in
pochi istanti non dando nemmeno il tempo necessario al mio corpo di
adattarsi a questo genere di dolore, facendomelo patire il doppio.
"Ordini di Levi, mi dispiace."
"Levi?" faccio
per un attimo mente locale: solo occhi-azzurri sa il mio nome, perciò
Levi dev'essere lui. Bene, ora so il nome di chi picchierò a sangue
appena sarò libera. "Lasciatemi con loro, schifosi--"
Rivolgo
il mio sguardo a mia sorella, adesso in lacrime; a Regan con gli
occhi lucidi; a Hunter, gli occhi aperti dallo spavento e infine
Theodore con l'espressione rassegnata che mi sarei aspettata di
trovare sulla sua faccia. La mia voce si affievolisce insieme alla
mia forza di reggermi in piedi non appena sento un ago conficcarsi
sul retro del mio collo, inibendo tutte le mie funzioni nel giro di
pochi istanti. Vorrei tanto correre da loro e dire che starò bene,
che saprò badare a me stessa e che cercherò in ogni modo di
trovarli appena ne avrò occasione. Il problema però, ora, è che
non posso. Sono appena stata sedata?
Eccoci qui.
Sono tornata, eh?
E' tutta colpa dell'estate, mi fa sempre scrivere più del dovuto.
Dopo averci tanto pensato ho deciso di pubblicare questa storia
(attualmente al capitolo 13) e niente, spero non faccia troppa pena.
Un bacio!
Ale xx