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Autore: Heyale    26/08/2016    0 recensioni
A seguito delle armi nucleari che sono state usate nella Grande Guerra che ha scosso l'intero pianeta, le nuove generazioni nascono con delle mutazioni nei loro DNA: possono controllare i loro organismi e gli agenti esterni a loro piacimento. In questo nuovo e sconvolto mondo, la parte di ragazzi che non ha subìto cambiamenti non tollera questi individui e li rinchiude in istituti simili a prigioni. In questo contesto troviamo Siena Tanner, diciassettenne che, insieme al suo gruppo, rinuncia alla la sua libertà per la sorella incinta; e Levi Callaway, diciottenne in erba che non perdona i modificati e che nasconde molti segreti.
Prigioniera e supervisore, insieme ai rispettivi gruppi e rispettivi valori, affronteranno insieme un difficile percorso fatto di scontri per arrivare ad un risultato comune.
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Dal capitolo 6:
"E allora?" sorride svogliatamente, rivolgendo poi gli occhi al soffitto. "Pensi di potermi aiutare?"
"Penso che aiutarmi a capire, per te, sarebbe un buon modo per convivere civilmente."
"Sono stufo di tutte queste tue psicostronzate." sbotta duramente. Da quanto stava trattenendo questo pensiero? "Vuoi la verità?"
Non dimostro di essere ferita dal suo commento e alzo la testa verso di lui. "Sarebbe ora."
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Interstellar cap.1

INTERSTELLAR
CHAPTER ONE
"Badass"

Rivolgo per qualche istante gli occhi al cielo sentendomi rabbrividire all'improvviso alzarsi del vento, tornando però subito alla normalità. Il sole splende piuttosto forte oggi, i ragazzi attorno a me hanno gli occhiali da sole e preferiscono stare all'ombra, per me è solo un giorno come un altro. Stare seduta qui è ciò che faccio sempre, ma tutti quanti stiamo in silenzio perché quel che sta per succederci è ciò che abbiamo evitato per anni, e che ora stiamo affrontando di nostra spontanea volontà.
"A che ora è?"
"Tra mezz'ora."
Sposto i miei occhi su Theodore e poi su Regan, percependo la tensione tra i due come c'è tra tutti noi. Non siamo arrabbiati o altro, abbiamo solo paura come non ne abbiamo mai avuta prima. Se fosse per me resterei ancora un po' al sicuro, ma non potevo abbandonare proprio mia sorella. E' stata un'incosciente, è vero, ma di sicuro ciò che è successo non è solamente colpa sua. Non potevo arrabbiarmi più di tanto quando ho saputo che tra un po' di tempo diventerò zia, no?
"Ne siete sicuri? Posso andarci da sola."
"Non se ne parla."
Non posso trattenere un sorriso guardando Hunter e Cherice, pensando a come siano stati uniti fin da quando ne ho memoria era inevitabile che finisse così. Tutti noi cinque, comunque, siamo stati inseparabili da quando abbiamo capito di avere solo la nostra reciproca compagnia come ancora di salvezza. Ovviamente ci sono diversi generi di 'essere inseparabili', di certo non ho mai pensato a Theodore o ad Hunter come qualcosa di più che compagni di vita - considerando poi che quest'ultimo è il padre del bambino che mia sorella porta in grembo.
"Siena..." Cherice sfiora la mia mano, guardandomi dritta negli occhi con un'espressione severa. "Resta qui, per favore."
Scuoto la testa, decisa, non esitando a ricambiare la sua espressione: "Anche se rimanessi qui, cosa mi resterebbe? Ho solo voi ed è sempre stato così, perciò lo sarà anche quando ci porteranno dietro le sbarre."
Si rassegna, come al solito, portando la testa sulla spalla di Hunter con uno sbuffo. So che vorrebbe che almeno io mi salvassi, ma sono stata la prima a dire di seguirla e non me la sento di lasciarla andare. Il punto è che, una volta in ospedale, i medici ci metteranno veramente poco a capire che genere di persona sia Cherice e tutti noi di conseguenza, chiameranno le autorità e saremo rinchiusi insieme a tutti gli altri della nostra specie. Del resto però Cherice è già al quinto mese e se ci fossero delle complicanze più avanti sarebbe impossibile porvi rimedio, è decisamente meglio soffrire noi ora che non il bambino più avanti.
Per questo motivo penso che nessuno di noi stia perdendo tempo a parlare e si stia godendo per l'ultima volta l'erba verde tra le dita, il sole e il cielo azzurro proprio sopra di noi. Non abbiamo scelto noi di nascere dopo la Grande Guerra che ha devastato il mondo con le armi nucleari, eppure siamo puniti per questo. Non facciamo nulla di male, non l'abbiamo mai fatto, ma per qualche strana ragione tutti quanti ci vedono come minacce e vogliono tenerci separati e rinchiusi per non generare prole della nostra specie e piano piano morire fino a far scomparire anche l'ultimo esemplare di malformazione genetica dovuta al mescolamento tra cellule umane e cellule intossicate dalle tossine nucleari. Stiamo parlando di poteri quasi soprannaturali, ciò di cui l'uomo scriveva libri e fumetti solo trecento anni fa e ciò che avrebbe sempre desiderato avere. Ora che siamo a portata di mano però dobbiamo nasconderci per poter vivere in libertà, ma sappiamo che basterà un esame del sangue per dichiararci 'sbagliati' e perciò rinchiusi insieme a tutti gli altri.
"Direi che ci siamo, allora." Regan prende il foglio bianco e la matita che porta sempre con sè, mettendoli al centro del cerchio che abbiamo creato. "Ognuno di noi scriva ciò che gli passi per la testa, poi nasconderemo il foglio e quando saremo liberi potremo tornare a prenderlo, qualcosa tipo capsula dei ricordi. Vi va?"
Annuiamo senza però dare aria alla bocca, e mentre guardo i miei amici scrivere a turno i loro pensieri sul foglio quasi sgualcito mi sembra per un attimo di rivedere i bambini impauriti che si nascondevano dentro i barili quando le guardie passavano in rassegna tutto il quartiere, trattenendo il respiro e serrando stretti gli occhi. Ora che la nostra ora è arrivata sappiamo che dovremo essere forti quando entreremo nell'ospedale per la visita di Cherice, sappiamo che non potremo più trattenere il fiato e chiudere gli occhi. Abbiamo paura, ma ora siamo consapevoli di ciò che, se non succedesse oggi, succederebbe probabilmente tra poco tempo. Con questo pensiero che mi accompagna  lancio quindi uno sguardo a Theodore, i suoi capelli castani sembrano quasi biondi al sole e i suoi occhi azzurri, appena incontrano i miei mentre con un movimento lento mi passa il foglio, sembrano assumere un'espressione serena, come se anche lui sapesse che avere paura non serve a nulla ora che abbiamo preso la nostra decisione. Prendo così anche la matita, scrivendo la prima cosa che mi passa per la mente come mi è stato ordinato, prendendomi prima qualche secondo per leggere ciò che i miei compagni hanno scritto prima di me.

'Vorrei mangiare ancora una volta il dolce alla frutta che mia mamma preparava quando era ancora viva e vorrei rivedere mio padre e mio fratello un'ultima volta, ma so che è impossibile. Spero di restare con i miei amici anche dopo la visita in ospedale, e spero di tornare qui e ritrovare questo foglio al più presto possibile. Sento che con loro sarò sempre protetta. -Regan Hais'

'Spero che questa gravidanza vada bene e che i miei amici si salvino dopo che hanno deciso di venire con me. Voglio vedere il viso di mio/a figlio/a e poter riconoscere la sua somiglianza ai miei genitori che ho conosciuto solo per cinque anni, fino alla loro morte. Non vorrei mai aver dovuto trascinare tutti quanti nel mio casino, ma devo loro la vita per ciò che stanno facendo. -Cherice Tanner'

'Vorrei essere stato più prudente e non aver dovuto mettere la vita di tutti in pericolo, ma ora che è successo non posso dire di rimpiangere ciò che ho fatto. Amo con tutto me stesso la madre di mio/a figlio/a e spero che non succeda niente né a lei né al bambino, così come anche gli altri tre miei compagni di vita dovranno rimanere sani e salvi finché non riprenderemo in mano questo foglio. -Hunter Newell'

'Se potessi tornare indietro non farei l'errore di scappare di casa per una banale litigata con i miei genitori, sapendo che pochi mesi dopo sono morti per le tossine avrei voluto tanto salutarli a dovere. Spero inoltre che i miei amici rimangano con me fino alla fine e spero che nessuno di noi si faccia male o si cacci nei guai mentre saremo via da questo posto che ormai è come una casa. -Theodore Mikeller'

'Non vedo l'ora di conoscere mio/a nipote e vorrei che tutti noi potessimo restare insieme come abbiamo fatto da quando ne ho memoria, ma dato che non è possibile spero almeno che nessuno di noi venga ferito e che potremo ritrovarci ancora una volta tutti insieme anche fuori dalle mura di quella che sarà la nostra nuova casa. Sta per iniziare solo un'altra parte della nostra vita, ne sono certa. -Siena Tanner'

"Fatto!" Regan si alza di scatto, sorridendoci allegramente come il suo solito. "Lo nasconderemo in camera mia. Chissà se ci ricorderemo quello che abbiamo scritto quando saremo di ritorno."
Anche io, Theo, Hunter e Cherice ci alziamo, iniziando a camminare lentamente verso l'ospedale della città distante qualche chilometro dal quartiere abbandonato in cui abbiamo vissuto fin da quando siamo bambini e che ora ci stiamo lasciando alle spalle. Non so di preciso cosa mi aspetta una volta scoperta la mia malformazione, ma so che qualunque cosa succeda io ho bisogno di queste quattro persone al mio fianco. Con loro ho vissuto da quando i miei genitori sono morti e io avevo solo due anni. Essendo più grande di me di quattro anni Hunter mi ha cresciuta con la premura di un padre mentre Regan e Theodore mi hanno trattata come loro sorella da quando Cherice li ha trovati e ha chiesto loro aiuto, ovvero quando lei aveva sette anni e io quattro.
"Scommetto di sì." mi sistemo lo zaino sulle spalle e sorrido alla rossa che, come al solito, cerca di tirare su il morale. "Al massimo ne corrompiamo qualcuno e usciamo prima, dai."
Theodore ride leggermente, scuotendo la testa: "Come se fosse possibile corrompere quelli normali."
"Beh," Cherice indica Hunter con la testa, uscendosene con un sorriso divertito sebbene la situazione non lo permetta molto. "Hunter può fare tipo il giocoliere con la pirocinesi."
"Controllare il fuoco non mi permette di farci il giocoliere." Hunter risponde altrettanto ridendo, spingendo leggermente la spalla di mia sorella. "Potrei pur sempre congelarli con il ghiaccio, invece."
Annuisco, anche se non credo che potrebbe realmente funzionare, di fatto stiamo tutti quanti ridendo per provare ad allentare la tensione e il silenzio che c'era fino a poco fa. Per quanto mi riguarda non credo che l'adattamento reattivo all'ambiente circostante possa essere in qualche modo usato come arma, in fondo si tratta solo dell'auto-protezione del mio corpo all'ambiente esterno e alla capacità repentina di adattarsi nel giro di pochi istanti a qualsiasi genere di circostanza in cui io mi trovi. Per quanto riguarda mia sorella, invece, ha la capacità di smaterializzare le sue cellule e teletrasportarsi ogni tre ore in qualsiasi posto nel raggio di trenta chilometri da dove si trova. Theodore ha la strana capacità della proiezione astrale di se stesso, riuscendo quindi a separare il suo corpo spirituale da quello reale mentre dorme, riuscendo ad aggirarsi in un mondo che solo lui conosce e di cui non è ancora riuscito a spiegare con chiarezza lo scopo della sua esistenza. Regan invece ha l'utile abilità dell'auto-guarigione, le sue cellule si rigenerano ad una velocità incredibile e questo non le permette di provare dolore, non credo abbia mai avvertito veramente il dolore di una ferita come me o qualsiasi altra persona priva di questa capacità. Infine, Hunter possiede la criocinesi e la pirocinesi, ovvero il potere di poter muovere e controllare il fuoco e il ghiaccio una volta averli toccati. So che effettivamente potremmo assomigliare ad un gruppo di fenomeni da baraccone ma non cambierei la mia vita per niente al mondo, nonostante tutte le difficoltà e i momenti di solitudine quest'esistenza mi ha dato la possibilità di conoscere le uniche persone che amo a questo mondo, e senza di loro non ho idea di cosa ne sarebbe di me.
"Ce la caveremo, ne sono certo." Theodore respira profondamente, sistemandosi lo zaino a tracolla. "Abbiamo pur sempre imparato a vivere dove non c'era speranza, no? Possiamo farlo quante volte vogliamo, ora, quindi non disperate, miei prodi!"
Scoppio a ridere per l'esclamazione alla 'imperatore dell'antica Roma' di Theo, sentendo il cuore di poco a poco sempre più leggero: "Tornatene nel tuo mondo, sonnambulo."
"Sei troppo acida, te l'ho sempre detto." ribatte lui, guardandomi con la solita espressione ironicamente seccata. "Farai impazzire parecchio i tipi che ti dovranno tenere d'occhio."
"Spero di farli diventare matti." confermo con un sorriso, sentendo in me l'odio crescere sempre più smisuratamente. In fondo l'unica colpa che abbiamo è quella di essere nati, non siamo responsabili delle armi nucleari che sono state usate in passato e degli effetti che si sono ripercossi sulle persone, quindi non vedo perché perfino una misera visita ginecologica dev'essere vista come la nostra stessa fine. Ciò che è sicuro è che non potrò mai perdonare a tutte le persone normali quello che mi stanno facendo e che stanno facendo a tutti quelli come me, darò loro guerra finché le mie gambe reggeranno. E questa è una promessa.


La città è alquanto movimentata, ma ancora di più lo è l'ospedale che abbiamo appena raggiunto e che abbiamo contattato qualche giorno fa per prenotare la visita. Le persone corrono a destra e a sinistra senza badare a noi, i medici parlano ad alta voce tra di loro e nessuno si accorge di niente, cinque ragazzi geneticamente malformati stanno camminando per i corridoi di questo posto ed è come se nulla fosse, la gente continua semplicemente a non prestarci attenzione. Percepisco l'agitazione di mia sorella, stringe la mano ad Hunter ed è come se si nascondesse dietro di lui mentre io e Theodore apriamo la fila, dirigendoci al reparto di cui abbiamo chiesto informazione appena arrivati. Non so in termini pratici quanto tempo io abbia ancora a disposizione per godermi gli ultimi istanti di libertà, ma so che se potessi fermare il tempo probabilmente lo farei: consegnarmi in mano alle autorità era l'ultima cosa che avrei mai voluto fare. D'altro canto Cherice è già al quinto mese e non ha mai fatto un controllo, per questo abbiamo insistito affinché si facesse visitare e da qui è nato tutto, ecco perché ci troviamo tutti pronti ad andare incontro alla nostra fine. Sperare di cavarcela ora non può servire a nulla, l'unica cosa su cui posso fare affidamento è la speranza di poter restare insieme a loro anche dopo la nostra cattura.
"Cherice Tanner." mia sorella si rivolge alla dottoressa alla reception, la quale le indica l'ambulatorio senza nemmeno alzare gli occhi. Sconsolata, fa cenno a tutti noi e in silenzio raggiungiamo la porta chiusa, fermandoci pochi passi prima di entrare.
Non credo sia esattamente il momento ufficiale dell'addio, ma sappiamo che è l'ultima volta in cui potremo ritenerci liberi. Così ci guardiamo un'ultima volta sorridendoci a vicenda prima di lasciare entrare Hunter e Cherice nello studio, mentre io, Theodore e Regan ci limitiamo a sederci sulle sedie in questa piccola sala d'attesa aspettando di vedere le guardie venirci incontro. Tutto ciò che riesco a fare è portare la fronte sui palmi aperti delle mie mani, respirando a fondo per provare a calmarmi. So bene che agitarmi è futile, ma so anche che ho paura di non avere più il controllo della situazione e questo, più di tutto, mi spaventa.
"Suvvia, Siena." sento la mano di Regan appoggiarsi sulla mia schiena dopo qualche minuto di meditazione, facendomi aprire gli occhi di scatto dall'agitazione che già scorre nelle mie vene.
"Cosa?" domando, sbuffando.
"Andrà tutto bene."
Fa ironia? La fisso, alzando entrambe le sopracciglia: "Certo, anche per-"
Il frastuono della porta che sbatte contro il muro mi fa sobbalzare, e non so se mettermi a ridere o a piangere vedendo l'infermiera correre disperatamente verso la reception per dare l'allarme. Che dire, è stato breve. Mi alzo in piedi di scatto, dando un'occhiata a Hunter e Cherice che, dopo essersi alzata dal lettino, ci raggiunge in questa piccola sala e ci sorride mentre sospira, riservandomi una fastidiosa carezza spettina-capelli. Non credo di averne mai sopportata una, ma a questo punto non vedo l'ora di riceverne ancora se questo significa poter restare con mia sorella.
"Stanno arrivando." Hunter lancia un'occhiata al corridoio, avvicinandosi poi a tutti noi. "Notizie flash, allora: il bambino sta bene e sembra andare tutto per il meglio, sarebbe meglio tenerlo controllato dato che avendo ereditato i geni miei e di Cherice non sarà geneticamente normale ma come avete potuto vedere l'infermiera non era proprio del parere di rimanere un altro po'."
"Dai?" fisso il più grande tra di noi con un ghigno divertito, limitandomi poi a prepararmi psicologicamente al gruppo di persone che si sta avvicinando a noi per portarci via da qui. Lancio un'ultima occhiata ai miei compagni, avvicinandomi a loro più che posso, sentendomi lentamente morire dentro. Non voglio che succeda loro nulla, vorrei solo poterci restare insieme come ho fatto da quando i miei ricordi iniziano, spero che non ci separino del tutto una volta arrivati là, di qualsiasi posto 'là' si tratti.
Chiudo gli occhi per qualche secondo e, appena li riapro, mi ritrovo circondata da un gruppo di persone contraddistinte da una divisa che non ho mai visto prima, una sorta di camicia nera copre la maglietta sulla quale è inciso il logo di tutti quelli che si occupano di catturare le persone come noi. Di fronte a me c'è un ragazzo che si va avanti, deve avere poco più della mia età e sicuramente un brutto carattere dato l'atteggiamento con cui si pone verso di noi. I suoi capelli castani leggermente mossi non sono per niente tenuti in ordine, ma dai suoi occhi azzurri traspare lo stesso senso di odio che io ho per quelli come lui. Bene, direi che è già amore a prima vista.
"Mi chiedo come abbiate fatto a scapparci." è il suo primo commento acido contro di noi accompagnato da un sorriso che toglierei volentieri a suon di schiaffi. "Siete come i ratti, accidenti. Siete ovunque."
Ah sì? Vuole la guerra il damerino tutto tirato a lucido? Ricambio il suo stesso sorrisetto, incrociando poi le braccia al petto e guardandolo dritto negli occhi: "Forse è perché siete talmente stupidi che non riuscite a trovarci, che dici, damerino?"
Sento Theodore trattenere le risate dietro di me, ma in fondo sapeva bene che sarei stata la prima a parlare. Se questo tipo si permette di insultarmi allora non vedo perché il contrario non sia possibile. Dal detto al fatto mi ritrovo il suo viso a pochi centimetri dal mio, l'espressione cattiva dipinta addosso e la probabile voglia di appendermi al muro: "Magari per la piccola fuggitiva una bella cella termica non andrebbe male. Preferisci il caldo o il freddo?"
Mi sa che sto proprio giocando in casa con questo cretino. Faccio così finta di pensarci su, concludendo con una smorfia: "Adattamento corporeo reattivo, spiacente."
"Siena..." Cherice appoggia la mano sulla mia spalla, chiamandomi con il suo solito tono da predica. "Sta' buona, dai."
"Siena?" ripete il damerino davanti a me, scrutandomi da capo a piedi. "Un gran bel nome, complimenti ai genitori. Avremo tante cose da raccontarci, tu ed io, stanne certa."
"Oh, muoio dalla voglia." ribatto, sostenendo senza problemi il suo sguardo finché non è lui a distoglierlo per scrutare Cherice, Hunter, Regan e Theodore. Il gruppo di ragazzi attorno a lui se ne sta buono e in silenzio, a questo punto mi viene da pensare che, nonostante la sua giovane età, questo tipo potrebbe essere a capo di questa squadra. Capo o no per me non fa comunque differenza, continuerò a considerarlo un accidenti di damerino che lavora per dei caproni ignoranti che danno ordini dall'alto senza sapere veramente cosa accidenti stia succedendo.
"Ammanettateli e caricateli sul camion." ordina infine il mio nuovo migliore amico, dandoci le spalle con una mezza giravolta secca e procedendo poi verso l'uscita senza più proferire parola. Senza alcuna grazia noi quattro veniamo ammanettati come se fossimo veramente colpevoli di qualcosa e poi trascinati in uno squallido camion provvisto di cinture e ulteriori manette, non sia mai che ci buttiamo dallo sportello mentre il veicolo è in corsa. Cherice viene trattata fortunatamente con un po' più di delicatezza considerando che è incinta, le guardie la aiutano a salire nel furgone e allacciano la sua cintura con un minimo di attenzione e questo mi fa decisamente sollevare, per lo meno lei e il bambino staranno bene.
"Che dite, è andata bene?" una volta chiuse le porte, Hunter si rivolge a noi con un sorriso quasi divertito. "Sono simpatici, no?"
"Siena ha già fatto amicizia." Regan scoppia a ridere nel dire questa frase, condizionando anche la mia risata. Non so precisamente il motivo per cui io stia ridendo, so solo che per lo meno una parte del lavoro è stata fatta. Non che abbia meno paura, ma forse sono in qualche modo più tranquilla. Se gli standard di intelligenza sono quelli del damerino allora direi che non ho più di tanto da preoccuparmi, no?
"Devi stare attenta, invece." Cherice mi guarda abbastanza male, appoggiando la mano sulla pancia come è solita ormai fare. "Possono farti ciò che vogliono in qualsiasi momento, non vedo perché andarsi a cercare i guai."
"Potrebbe andare peggio di così?" rispondo retoricamente, abbandonandomi ad un sospiro. "Quando sei all'inferno non ti resta che scherzare col diavolo, no?"
Hunter annuisce, sorridendomi: "Sarai un bel grattacapo per quel damerino, poco ma sicuro."
"Tanto meglio!" sbotto, lanciando uno sguardo fuori dalla piccola finestra che dà sulla strada sulle porte posteriori di questo furgone. "Può farmi ciò che vuole ma il mio corpo sa adattarsi anche al dolore."
Cherice scuote la testa, rassegnata: "Non ha le capacità di Regan, lo sai. Sopporti il dolore fino ad un certo punto."
Appoggio la testa alla parete dietro di me, uscendomene con un sorrisetto per celare l'ansia che mi sta in realtà consumando lo stomaco: "E dai, non smontarmi così."


Appena il furgone frena di colpo facendoci sussultare le porte posteriori vengono aperte e la nostra visuale si apre su un edificio che non ha nulla di diverso da una prigione. Veniamo strattonati giù da persone con una disgustosa divisa bianca addosso mentre il damerino con cui mi sono scontrata prima della partenza affianca un gruppo di altri cretini in divisa bianca - che per rispetto non dico a cosa assomiglia. Senza alcun rispetto di noi come vite umane, i confetti da matrimonio con le gambe ci strattonano fino a raggiungere l'interno dell'edificio per poi richiudere velcemente i cancelli con un tonfo assordante mentre tutti noi a parte mia sorella, anche se con scarsi risultati, cerchiamo di dimenarci per mettere in chiaro fin da subito che non abbiamo intenzione di sottometterci come se fossimo dei cani. Vedo i miei capelli marroni cadermi davanti agli occhi mentre mi obbligano ad inginocchiarmi sbattendo violentemente il ginocchio contro il retro del mio come fanno anche con gli altri, costringendoci in questa posizione al centro di quest'atrio enorme come se fossimo degli accidenti di criminali. Col cuore in gola e la mancanza di fiato, davanti a me riesco solo a vedere una cattedra circolare dove ai lati si trovano due enorme piante di cactus, o perlomeno vedo questo finché due piedi non appaiono nella mia visuale. Intorno a noi i confetti ci tengono fissati in maniera inquietante ma a peggiorare il tutto è lo sguardo del damerino puntato sul mio non appena riesco ad alzare gli occhi per constatare chi effettivamente ci sia davanti a me, trovandomi la spiacevole sorpresa delle sue iridi celesti che mi squadrano con un ghigno divertito che si fa strada sul suo viso. Se ha intenzione di guardarmi così ancora per tanto gli converrebbe mettere in conto una visita chirurgica a causa della sedia che gli romperò addosso, poco ma sicuro.
"Hai perso la lingua?" mi domanda, accovacciandosi di fronte a me. "Ti facevo più coraggiosa."
"Se siete talmente imbranati da doverci ridurre a zerbini per tenerci sotto controllo allora siete voi i codardi, idiota." ribatto, sfoderando una delle mie espressioni più orgogliose.
Occhi-azzurri qui presente si infastidisce visibilmente, ma questo non gli fa perdere il mio stesso sguardo: "Nemmeno col guinzaglio voi stareste buoni."
Meglio che non pensi che con me l'avrà vinta: "Motivo in più che riconferma la mia tesi."
Immagino che Cherice, se potesse, si sbatterebbe la mano sulla fronte mentre Theodore cercherebbe di fermarmi e Regan e Hunter starebbero semplicemente ridendo, ma siamo tutti incatenati e costretti a stare piegati come vermi, il che incrementa solo la mia voglia di fare del male a qualcuno. La sedia dietro la cattedra è parecchio allettante, devo ammetterlo.
"Siena, vero?" dietro di lui spunta un ragazzo dalla carnagione ambrata, sia occhi che capelli neri come la pece e un viso decisamente meno odioso del tipo di fronte a me. Il punto ora è capire come fa a sapere il mio nome, se non erro non era con noi nel furgone.
"Sono io." mi limito a dire, tenendo però fissato l'idiota con gli occhi azzurri.
Il ragazzo in piedi fa un cenno, rivolgendosi poi ai suoi colleghi vestiti da confetti: "Stanza di isolamento numero 12, grazie."
"Isolamento?!" mi alzo in piedi di scatto, iniziando a gridare forse come un'ossessa. "Non potete separarmi da loro!"
"Possiamo eccome." tutto-muscoli-e-niente-cervello-in-piedi mi prende di forza prima che possa correre in giro, stringendomi il braccio talmente forte in pochi istanti non dando nemmeno il tempo necessario al mio corpo di adattarsi a questo genere di dolore, facendomelo patire il doppio. "Ordini di Levi, mi dispiace."
"Levi?" faccio per un attimo mente locale: solo occhi-azzurri sa il mio nome, perciò Levi dev'essere lui. Bene, ora so il nome di chi picchierò a sangue appena sarò libera. "Lasciatemi con loro, schifosi--"
Rivolgo il mio sguardo a mia sorella, adesso in lacrime; a Regan con gli occhi lucidi; a Hunter, gli occhi aperti dallo spavento e infine Theodore con l'espressione rassegnata che mi sarei aspettata di trovare sulla sua faccia. La mia voce si affievolisce insieme alla mia forza di reggermi in piedi non appena sento un ago conficcarsi sul retro del mio collo, inibendo tutte le mie funzioni nel giro di pochi istanti. Vorrei tanto correre da loro e dire che starò bene, che saprò badare a me stessa e che cercherò in ogni modo di trovarli appena ne avrò occasione. Il problema però, ora, è che non posso. Sono appena stata sedata?




Eccoci qui.
Sono tornata, eh?
E' tutta colpa dell'estate, mi fa sempre scrivere più del dovuto.
Dopo averci tanto pensato ho deciso di pubblicare questa storia (attualmente al capitolo 13) e niente, spero non faccia troppa pena.
Un bacio!

Ale xx


  
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