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Autore: revin    26/08/2016    1 recensioni
La vita da reclusa è molto più dura di quella che Gwen avrebbe potuto immaginare, soprattutto in un penitenziario di massima sicurezza interamente dominato da uomini. Fox River è un inferno al quale sembra impossibile poter sopravvivere. Ma Gwen ha una missione da compiere... la vendetta.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Michael/Sara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello in teoria sarebbe anche potuto essere l’ultimo giorno della mia vita sulla terra.
Non riuscivo a credere che potesse esistere qualcosa di peggiore delle minacce di morte di T-Bag, capace di rendere ancora più terrificante il mio ultimo giorno di vita. Eppure stava succedendo.

Con un tempismo quasi macabro, il mio nuovo avvocato aveva deciso di presentarsi a Fox River proprio quella mattina.
Appena avevo messo piede nella stanza delle visite, come sempre ben affollata, una chioma di capelli corti del mio stesso colore, il colore della pece, aveva istantaneamente attirato la mia attenzione. Era bastato uno sguardo per riconoscerla. Avevo trascorso troppi anni della mia vita a contemplare, odiare, persino invidiare quel viso, per poterlo dimenticare dall’oggi al domani.
Seduta al centro della sala con un’espressione perfettamente a suo agio rispetto alla maggior parte dei visitatori stipati attorno ai vari tavoli tondi, Cloe Hudson ricambiò il mio sguardo da lontano quando mi vide entrare e liberare dalle manette. Avrebbe potuto sorseggiare un caffè e qualcuno avrebbe facilmente scambiato quell’ala del penitenziario per un bar. La sua presenza attirava l’attenzione come sempre, era impossibile non notarla. La guardavano tutti, chi di sottecchi, chi sfacciatamente. Guardie, detenuti, visitatori. Ognuno dei presenti aveva lanciato almeno una volta uno sguardo verso quella donna bellissima.
Non ci vedevamo da un po’, ma Cloe non sembrava cambiata di una virgola.
  • Credo che tu ti sia sbagliata, questo è un penitenziario non una casa d’appuntamenti.  -  esordii, squadrandola da capo a piedi quando si alzò per venirmi incontro.
  • Invece credo di essere proprio nel posto giusto. In quale altro posto avrei potuto trovare la mia adorabile sorellina?
Si, perlomeno la sua ironia pungente era ancora come la ricordavo.
Feci un passo in avanti e ci abbracciammo.
Attraente e snella, Cloe era dotata di una bellezza un po’ cavallina che il tailleur firmato, studiatamente attillato, l’acconciatura perfetta e le unghia bordeaux scuro appena messo, non facevano che rendere ancora più evidente. Da piccole, le insopportabili amiche della mamma non avevano fatto altro che ripeterci come la natura avesse concesso tanta bellezza alla figlia maggiore e intelligenza alla minore. Poi eravamo cresciute. Cloe era andata all’università, diventando un avvocato di successo, mentre io… ero rimasta la secchiona dedita a cacciarsi nei guai.
Mia sorella mi era mancata. Tra le sue braccia mi sentii improvvisamente avvolgere da un’intensa sensazione di familiare, di “casa”. Mi mancava tanto anche il resto della mia famiglia, o almeno di quell’idea di famiglia che ricordavo. A volte ripensavo al giorno in cui avevo deciso di fare degli Stati Uniti la mia casa per lasciarmi tutto alle spalle, e mi chiedevo per quale motivo avessi fatto una cosa tanto stupida…
  • Tesoro, puzzi di vernice e disinfettante!
… e poi arrivavano frasi del genere e ringraziavo il cielo di essere rimasta nel New Jersey insieme a Keith e Meredith.  
  • Non tutti possiamo permetterci balsamo al profumo di cocco, Cloe.  -  sbuffai, sedendomi.
Anche Cloe imitò il mio gesto.  -  Scusa, non volevo offenderti, è che mi preoccupo per te. Non sembri scoppiare di salute, sei pallida e magra. Neanche un mese in una beauty farm potrebbe salvarti.
La fissai perplessa.  -  Io sono rinchiusa in un penitenziario di massima sicurezza e tutto ciò che riesci a dirmi è che puzzo e che sono troppo magra?
  • Se ti aspettavi un applauso e un’ola da stadio, ho l’impressione che tu debba rivalutare le tue aspettative. Credevo che avessi deciso di vivere negli Stati Uniti per studiare e diventare una brava giornalista, non per metterti a sputare sentenze e farti sbattere in uno squallido penitenziario che puzza di escrementi di topo e sanificante. Tra l’altro, detto tra noi, è stata davvero la mossa più stupida che io abbia mai sentito, accusare il vicepresidente Reynolds di frode senza uno straccio di prova…
  • E tu di fiere della stupidità ne sai qualcosa, giusto?  -  replicai piccata.
  • Si, ne ho fatto stupidaggini nella mia vita, ma perlomeno non sono finita dentro come una dilettante.
Sospirai alzando gli occhi al cielo. Chiedere a Cloe di assumere l’incarico di mio avvocato era stato un terribile sbaglio. Lo avevo detto a Keith. 
  • Se hai davvero intenzione di assumerti il ruolo di mio avvocato, ti consiglio di usare un po’ di quel distacco professionale che, a quanto ne so, insegnano ancora a scuola. Non ho tempo da perdere con te e con le tue stupide prediche campate in aria. Se sei capace di considerarmi semplicemente una cliente bene, altrimenti puoi tornartene in Italia oggi stesso. C’è già chi mi fa sentire una merda qui dentro senza che i componenti della mia famiglia attraversino mezzo mondo per fare lo stesso. -  sbottai alzandomi.
Sarei andata via in quello stesso momento se Cloe non mi avesse fulminata con una delle sue occhiate di ghiaccio, ordinandomi di tornare seduta e calmarmi.
  • Sei un tantino suscettibile, sorellina. Non fare tante storie e stammi a sentire.  -  mi disse, rilassando nuovamente il volto.
Decisi di darle una seconda possibilità e tornai al mio posto. Era pur sempre mia sorella.
  • Keith Sawyer e il tuo precedente avvocato che mi ha ceduto il mandato, mi hanno spiegato per filo e per segno la tua situazione. So tutto ciò che è successo e so anche perché hai chiesto a Keith di mettere una buona parola col direttore di questo penitenziario perché accettasse il tuo ingresso nella sezione maschile.  -  Fece una pausa, fissandomi coi suoi grandi occhi scuri e ancora una volta capii che mi stava giudicando.  -  Ho una buona e una cattiva notizia. La buona notizia è che sono riuscita ad ottenere udienza dal giudice che ti ha fatto condannare. Ho ridiscusso nuovamente il tuo caso con lui, mettendo in evidenza i tuoi evidenti problemi di… comportamento, e questo per fortuna lo ha fatto cedere. Ho ottenuto un accorciamento della pena ma purtroppo, non la tua scarcerazione. Ho fatto del mio meglio, ma sembra proprio che quell’uomo ti ritenga colpevole. Si è seriamente convinto che tu sia un pericolo per la società… immagino che i tuoi precedenti richiami a giudizio non abbiano contribuito ad ingraziartelo.
  • Immagino di no.  -  sospirai.
  • E’ convinto che negli ultimi 3 processi, durante i quali ti sei addirittura presentata senza un difensore, tu non sia stata condannata perché, cito testuali parole: “ hai finito col soggiogare i giudici, infarcendo argomentazioni complicate che hanno confuso le idee e hanno finito con l’ingraziarti la giuria”. Non ho potuto smentire, sarei sembrata terribilmente ipocrita e di parte.
  • Ma tu sei terribilmente ipocrita e di parte, altrimenti che avvocato saresti?
Ignorò il commento.  -  C’è anche una cattiva notizia, come ti dicevo. Purtroppo non ho potuto fare niente per la tua espulsione dall’Albo. La decisione non sarà revocata.
 
La cosa non mi sorprendeva affatto a dire il vero, però non ero preoccupata perché contavo presto di dimostrare la mia innocenza, e una volta che le mie accuse contro la Reynolds fossero state dimostrate, io ci avrei scritto sopra un altisonante articolo e il giornalismo internazionale avrebbe riaccolto a braccia aperte Haley Gwyneth Hudson.
  • Hai parlato di un accorciamento della pena, giusto? Di quanto tempo stiamo parlando esattamente?
  • Di un mese.
  • Significa che tra meno di 30 giorni sarò fuori di qui?
Cloe annuì soddisfatta, allargandosi in un sorriso a 360° che si spense nel giro di pochi secondi quando si rese conto che la mia faccia non aveva assunto la benché minima piega. 
  • Ti prego, non saltare di gioia, infondo che cosa sarà mai ottenere un accorciamento di pena dal giudice rinomato per le sue condanne severe e inoppugnabili.  -  sbottò offesa, incrociando le braccia al petto e voltando la testa, dritta come un fuso, dall’altra parte.
  • Scusa. E’ davvero una notizia fantastica… sul serio… è un’ottima notizia.  -  dissi, cercando di recuperare. 
Ero sincera. Uscire da Fox River ben 30 giorni prima del previsto era davvero una splendida notizia. Cloe aveva compiuto davvero un piccolo miracolo. A quanto avevo sentito dire in giro, il giudice Oscar Lerner era conosciuto nell’ambiente giudiziario come un osso davvero molto duro. Il mio precedente avvocato non era riuscito ad ottenere da lui neanche un’udienza, mentre Cloe era riuscita a convincerlo a rivalutare la mia posizione, ottenendo un accorciamento di ben 30 giorni sulla condanna effettiva. 
  • Cloe ti ringrazio, non pensare che non abbia apprezzato i tuoi sforzi, è solo che ieri ho avuto una pessima giornata e… oggi probabilmente andrà anche peggio.
Dovette notare il mio turbamento, perché subito mi chiese preoccupata   -  Fox River non è come te l’eri immaginata, eh?... Ti va di parlarne?
 
Che cosa avrei dovuto dirle? “Sai sorellina, qui c’è un pazzo maniaco che si diverte a darmi il tormento, e ieri credo proprio di aver perso le staffe quando ho deciso di schiantargli sulla testa un’asse di legno e tentare di toglierlo dalla circolazione”.
Raccontarlo non sarebbe servito a farmi sentire meglio. Io avevo tentato di uccidere un uomo, non avevo neanche riflettuto sulle conseguenze e questo non era da me. Solitamente ero impulsiva, ma non così tanto da commettere un omicidio. La cosa che però adesso mi preoccupava maggiormente, era la reazione che avrebbe avuto il maniaco. Ero certa che non me l’avrebbe fatta passare liscia, Bagwell non era il tipo da farsi fermare dagli scrupoli. Ero praticamente spacciata. 
  • Spero davvero che il problema non riguardi ancora quel Lincoln Burrows, perché è bene che tu lo sappia, quell’uomo è un morto che cammina. Ha i giorni contati.
Sollevai la testa e dimenticai immediatamente T-Bag sentendo pronunciare da Cloe il nome di Burrows.
  • Scusa… ma che intendi?  -  le chiesi, aggrottando entrambe le sopracciglia.
  • Ma si, Keith Sawyer mi ha raccontato che hai scelto di proposito Fox River per incontrare Lincoln Burrows e ottenere delle informazioni da quell’uomo… e poi mi ha anche detto che stai iniziando a farti coinvolgere come al solito.
  • Keith ha scoperto qualcos’altro sulla vicenda Steadman?
  • Si… qualcosa.
  • Beh, che cosa stai aspettando allora? Dimmi tutto!  -  la esortai perché si sbrigasse. Il turno non sarebbe durato a lungo e presto io sarei tornata in cella. Avevo un assoluto bisogno di informazioni.
Cloe sospirò, passandosi una mano tra i capelli perfetti.  -  Keith ha fatto delle ricerche sul presidente della Ecofield, il defunto Terrence Steadman, ma a quanto pare non è saltato fuori niente di rilevante, così lo zelante investigatore privato si è recato direttamente dalla signora Steadman in persona, e sembra proprio che grazie a lei abbia fatto delle scoperte interessanti.
  • Arriva al punto Cloe, non ho tutto il giorno.
  • Avevi ragione. Qualche anno fa Steadman è stato incriminato per frode. Prima che la sua incriminazione diventasse di dominio pubblico, Burrows gli ha sparato.
Impallidii.  -  Oh mio Dio!!  -  esclamai scioccata.  -  Lincoln mi ha detto che molte persone avrebbero avuto dei motivi validi per sbarazzarsi di Steadman… Se davvero quell’uomo stava per essere accusato di frode pubblicamente, la maggior parte degli azionisti presenti nella sua società avrebbe avuto un movente più che valido per ucciderlo.
  • Si, in effetti avrebbero perso un bel po’ di soldi.
  • Mezzo miliardo di dollari, per l’esattezza. Quando sei l’amministratore delegato di una delle società più importanti degli Stati Uniti e per giunta rischi un’accusa di frode, è molto facile che gli azionisti ti voltino le spalle… Steadman potrebbe essere stato ucciso perché la sua incriminazione non venisse resa pubblica.
  • E tutto questo come coinvolgerebbe Lincoln Burrows?
Mi bloccai per un istante, durante il quale la mia mente partorì un pensiero folle, assolutamente insensato ma molto, molto allettante. 
  • Potrebbe non coinvolgerlo affatto… Lincoln potrebbe essere stato messo in mezzo.
Detto ad alta voce suonava ancora più folle e insensato. E non solo a me. Me ne resi conto quando vidi l’espressione di Cloe cambiare all’improvviso. 
  • In che senso “messo in mezzo”?
  • Lincoln dice di essere innocente. Mi ha raccontato cosa è successo quella sera e lui dice di non aver ucciso Steadman, ma di averlo trovato già morto nella sua auto. Dice di essere stato incastrato.
Il sopracciglio di mia sorella disegnò un arco.  -  Fantasioso, non c’è che dire! Haley, parliamo di un condannato a morte. Che cosa ti aspettavi? Era scontato che si dichiarasse innocente.
  • No, io non credo che sia così. Hai sentito il telegiornale negli ultimi giorni? Qualche giorno fa l’ex moglie di Burrows, Lisa Rix, e il suo compagno sono stati assassinati nella loro stessa casa, e sai chi hanno indicato come presunto colpevole? Il figlio diciassettenne di Lincoln, L-J Burrows.
  • Sarà un vizio di famiglia.
  • Lincoln crede che abbiano incastrato suo figlio per ricattarlo e che sia tutta una grande cospirazione contro di lui e la sua famiglia.
  • E tu gli credi?  -  mi chiese in tono accusatorio.
  • Non so più a cosa credere.   -  mi difesi, quasi dovessi giustificare i miei dubbi.
  • Oh ma dai, un condannato a morte che farnetica di un intrigo a sue spese e un ragazzino pregiudicato che rincalca la dose. Non posso credere che tu ti stia facendo raggirare in questo modo. Keith non avrebbe mai dovuto permetterti di entrare in un penitenziario maschile e incontrare quell’assassino. Avrebbe dovuto sapere che ti saresti lasciata coinvolgere. Tu non riesci mai ad essere obiettiva e distaccata. Tutto diventa una questione personale.
La conversazione era appena sfociata sul versante che presto ci avrebbe portate a litigare. Succedeva ogni volta e sarebbe successo ancora. 
  • Non so di cosa tu stia parlando.
  • Sai benissimo di cosa sto parlando!  -  Cercava di non alzare la voce per non attirare l’attenzione, ma stava facendo un pessimo lavoro. -  Non avresti dovuto cacciarti in questa situazione, non avresti dovuto assumerti un incarico tanto impegnativo come seguire un caso investigativo tanto grosso, e di certo non avresti dovuto scontare la tua pena in un penitenziario di massima sicurezza maschile. Tu sai che non avresti dovuto farlo. E’ proprio per questo che mamma non voleva che tu restassi qui negli Stati Uniti. Non sai prenderti cura di te e non dai neanche agli altri la possibilità di farlo al tuo posto. Sei… sei un disastro! 
Socchiusi gli occhi con finta incredulità. Mi sembrava ipocrita persino per Cloe volermi rinfacciare la decisione di restare lontana dalla mia famiglia, quando lei aveva praticamente fatto lo stesso a 18 anni.
  • So di aver fatto degli sbagli, ma io posso gestire questa situazione.  -  le dissi a denti stretti.
  • No, non puoi. Haley, tu sei bipolare! Dovresti vivere una vita che escluda fonti di stress, dovresti evitare le emozioni forti e tu cosa fai? Finisci in carcere?
  • Io… sto bene. Le crisi sono sotto controllo e… -  “Ma perché diavolo mi stavo giustificando?”  -  … sto bene.
  • No, non stai bene e se ti guardassi più attentamente allo specchio te ne renderesti conto. Sembri uno zombie, sei pallidissima, i pantaloni ti si sorreggono in vita per miracolo e stai prendendo troppo a cuore la faccenda Burrows. Ma non lo vedi? Ti stai facendo coinvolgere, presto finirai col fare amicizia con quell’uomo e col fare qualche altra sciocchezza… e quando alla fine lui salirà su quella sedia, tu non potrai impedirlo e avrai un’altra crisi… un altro 50% di probabilità di dare di matto. 
Ero scappata via dai miei genitori perché mi facevano sentire “diversa”, ed ero scappata via da Cloe perché era sempre stata brava a farmi sentire sotto processo. Per loro ero sempre stata un’incompresa, nessuno si era mai fermato ad ascoltarmi sul serio. Io conoscevo i miei limiti, il mio disturbo e tutti i miei innumerevoli sbalzi d’umore, ma avevo sempre cercato di non farmi fermare da questo. Era così sbagliato? Volevo soltanto vivere la mia vita, ma la mia famiglia non aveva fiducia in me. Loro non capivano, non potevano.
  • Tra un mese sarai fuori da qui. Lascia perdere questa storia, lascia perdere Lincoln Burrows.  -  riprese Cloe, adesso più calma e controllata. 
Quando sollevai di nuovo gli occhi su mia sorella, la mia espressione era stata ripulita di ogni più piccola emozione. C’era stato un tempo in cui avrei dovuto dare conto a lei o ad altri ma a pensarci bene, quel tempo ormai era finito.
  • Non lascerò perdere Cloe, quindi mettiti il cuore in pace e ti dirò di più, io credo che Lincoln Burrows sia innocente e non perché io mi sia lasciata impietosire dal suo caso o perché sia diventata sua amica, ma perché a dispetto di tutte le prove che lo inchiodano, esistono dei fatti che attestano che Burrows non era l’unico ad avere un movente contro Terrence Steadman… anzi, personalmente giudico il movente che è stato attribuito a Lincoln davvero banale. Io credo che Steadman fosse diventato un personaggio troppo scomodo da gestire e che per questo sia stato eliminato.  -  Vidi Cloe sospirare e passarsi una mano sulla fronte, ma proseguii imperterrita.  -  Lo so che pensi che io mi stia lasciando coinvolgere troppo, ma io ho la situazione sotto controllo. Ho aiutato Keith col caso delle intercettazioni perché sapevo di poterlo gestire, e se provassi a parlare con lui ti direbbe che ci sono riuscita bene… E’ vero, mi sono accanita con la storia della Reynolds, ma solo perché sapevo di avere ragione e quello che ha scoperto Keith su Steadman ne è la prova. La Ecofield è stata usata come copertura, non ho dubbi, è stata Caroline Reynolds ad inglobare quei soldi nella società del fratello e guarda caso, indovina cosa si terranno a breve qui nell’Illinois… le elezioni!
  • Rallenta, ti prego, queste sono delle insinuazioni belle e buone che da sole potrebbero farti nuovamente condannare. Non hai uno straccio di prova in mano come non ce l’avevi la prima volta.
  • Queste sono delle prove!
Sarei andata in tribunale quel giorno stesso. 
  • Queste non sono niente!  -  rimbeccò, sbattendo il pugno contro il tavolo. Un paio di teste nelle vicinanze si voltarono verso di noi.  -  Ok, diciamo che qualcun altro, oltre a Burrows, avrebbe voluto morto Steadman, ma adesso non ti sembra di esagerare? Prima accusi il vicepresidente di aver inglobato quel mezzo milione di dollari nella società del fratello ad insaputa di tutti, e adesso insinui che lo abbia fatto per finanziare la propria candidatura alle nuove elezioni che si svolgeranno il mese prossimo?  -  Stavo per aprire bocca, ma Cloe non mi permise di emettere un suono.  -  Stai per sparare l’ennesima sciocchezza, quindi ascoltami. Io conosco gli ambienti giudiziari meglio di te e sta certa che se davvero hai ragione, se davvero il caso Burrows si rivelerà essere un colossale imbroglio, chiunque sia il vero colpevole non esiterà a mandarti contro i più pericolosi e spietati avvoltoi. Hai almeno la più pallida idea di contro chi ti stai schierando?
  • Certo che lo so, ma questo non cambia le cose.  -  risposi ostinata.  -  Non solo un uomo innocente sta per essere mandato a morte, ma sono stata messa in mezzo anch’io quando quel dannato poliziotto ha convinto il giudice a farmi condannare. Sono finita in carcere e la mia carriera di giornalista è andata a puttane!! Qualcuno pagherà per questo.
  • E che cosa vorresti fare, sentiamo?
  • L’avvocato sei tu. Dammi qualche dritta.
Sospirò frustrata.  -  Ti ho già dato una dritta: dimentica questa benedetta faccenda. Ho accettato di occuparmi di questo caso perché sei mia sorella e perché quella parodia di avvocato che ti eri scelta era proprio un imbecille. Ho ottenuto il massimo che si potesse ottenere, un accorciamento della pena. Non posso fare nient’altro. Ho ancora il mio lavoro e la prossima settimana tornerò in Italia, quindi qualunque cosa deciderai di fare da adesso in avanti io non potrò aiutarti.
  • Fa lo stesso, me la caverò anche da sola.  -  sbottai.
Ero appena entrata in piena modalità broncio. Cloe alzò gli occhi irritata. 
  • A volte mi chiedo se tu sia ritardata o cos’altro. Secondo te mettersi contro un membro così influente del governo americano non comporterà alcuna conseguenza? Quella donna da sola potrebbe rovinarti. Se quello che sospetti è vero, non pensi di essere un “tantino” in pericolo? Cercheranno in tutti i modi di insabbiare la cosa. Diamine, se hanno davvero coinvolto Burrows facendolo condannare alla sedia elettrica e hanno incastrato il figlio per l’omicidio di due persone, che cosa ti fa credere che si faranno degli scrupoli a mettere a tacere anche te?
Avevo pensato a tutto questo? Mmm…no. Cloe aveva ragione, ma chi avrebbe mai immaginato che quella dannata storia fosse tanto ingarbugliata? Ero partita da uno stupido caso di omicidio con tanto di colpevole e prove al seguito, ed ecco che a poco a poco saltavano fuori complotti, cospirazioni, un mucchio di soldi in attesa di entrare in scena e uno dei governi più influenti e ricchi del mondo a fare da portavoce.
  • Che cosa mi consigli di fare?  -  le chiesi, sentendomi quasi in dovere di farlo.
  • Niente, proprio niente. Scordarti di questa storia sarebbe un’ottima idea. 
Mia sorella aveva sempre odiato le cause perse. Era sempre stata un buon avvocato e si era sempre battuta fino allo stremo delle forze ogni volta che una causa aveva avuto anche una minima speranza. Nel mio caso evidentemente non ne vedeva. Cloe mi voleva bene, lo sapevo. Anch’io gliene volevo, e molto, ma niente poteva togliermi dalla mente che lei continuasse a vedermi giorno dopo giorno come una causa persa. 
  • Ti sono grata per quello che hai fatto per me, Cloe.  -  dissi sincera.
Non ci cascò.  -  Non hai intenzione di darmi retta, vero?
 
Strinsi le labbra e sospirai. Ormai il turno delle visite stava per terminare. 
  • Ho un favore da chiederti… è solo un piccolo, insignificante favore, te lo giuro.  -  Cloe restò a fissarmi in attesa.  -  Porteresti le prove che ha raccolto Keith al governatore Tancredi, a Chicago?
  • Haley…
  • Cloe ti prego, l’esecuzione di Lincoln è fissata per la prossima settimana. Ormai non c’è più tempo. Se riuscissimo ad insinuare nella mente del governatore almeno un piccolo dubbio, forse si convincerebbe a fare delle indagini e potrebbe rimandare l’esecuzione. Lui è l’unico che possa farlo.
  • Non voglio avere niente a che fare con questa storia.
  • Ma sono io che te lo sto chiedendo. Puoi fare questo per me? Sei un bravo avvocato. Se un dubbio del genere venisse insinuato da chiunque altro, Tancredi non lo terrebbe neanche in considerazione, ma tu…  -  Odiavo dover elemosinare l’aiuto degli altri, soprattutto se quel qualcun altro era Cloe.  -  … ti prego.
Per la seconda volta, si passò una mano sulla fronte asciutta. Sembrava davvero combattuta. Forse stava maledicendo la malasorte per averle affibbiato una sorella problematica come me. Sicuramente stava maledicendo se stessa per aver accettato di seguire il mio caso. 
  • Tutta quest’aria di cospirazioni non mi piace. Haley, devo preoccuparmi per te? 
Le sorrisi. Non riuscivo proprio ad immaginare Cloe che si preoccupava per me. 
  • No, sta tranquilla. Cercherò di essere meno impulsiva e ti prometto che al più piccolo sentore di pericolo mi tirerò indietro. Chiederò a Keith e Meredith di smetterla con le indagini. Non mi fido a lasciarli scoperti in campo, se succedesse loro qualcosa per colpa mia non potrei mai perdonarmelo.
  • Seguire il tuo stesso consiglio no, eh?  -  sbuffò alzandosi dalla sedia, quando la guardia informò i visitatori che era arrivato il momento di lasciare l’edificio. Mi alzai anch’io, poi ci abbracciammo.  -  D’accordo, andrò a Chicago a parlare col governatore.
La strinsi ancora più forte.  -  Grazie.
 
Non riponevo grosse speranze sul fatto che il governatore potesse rimandare l’esecuzione di Lincoln sulla base di prove fittizie, che in ogni caso non avrebbero provato la sua innocenza, ma sentivo di dover fare almeno un tentativo. Perlomeno se l’evasione non fosse andata in porto, Lincoln avrebbe avuto un’altra lieve speranza alla quale aggrapparsi.
  • Sai, quando mamma ha saputo che sarei venuta qui negli Stati Uniti e che probabilmente ti avrei vista, mi ha chiesto di convincerti a tornare. Le ho promesso che ci avrei provato, ma non lo farò. Io non credo che tu voglia farlo. 
Per un attimo non seppi cosa rispondere.
 
Distolsi lo sguardo a disagio.  -  Non è che io non voglia tornare… mi mancate, lo sai… Ho bisogno di tempo, tutto qui.
Cloe annuì.  -  Vuoi che gli porti i tuoi saluti?
  • Certo, e abbracciali da parte mia. Non gli hai detto che…
  • Che al momento ti trovi in un carcere di massima sicurezza maschile? Per carità! Vorrei preservare le loro coronarie ancora per qualche altro decennio, se non ti dispiace.  -  Per un attimo mi fissò, prima di scrollare le spalle come per togliersi di dosso un ricordo spiacevole.  -  Mamma e papà parlano sempre di te, anche se raccontano ai vicini di aver cresciuto due spine nel fianco al posto di due figlie. Fanno i sostenuti, ma tutto sommato sono orgogliosi di noi. Mamma ha pianto quando ha saputo che eri stata ammessa alla University of California.  -  Sorrise di nuovo, ma questa volta i suoi occhi neri luccicarono tristi.  -  Beh… cerca di non cacciarti nei guai, Haley… se ci riesci.
  • Gwyneth.  -  la corressi.
  • Prego?
  • Gwyneth. Qui tutti mi conoscono come Gwyneth.
  • Credevo odiassi il tuo secondo nome.
  • Lo odiavo in Italia, ma questa è l’America.
***

Che strano rivedere Cloe. Non avevo pensato molto a lei da quando avevo lasciato l’Italia, ma adesso che l’avevo rivista, mi rendevo conto che la mia famiglia mi mancava. All’improvviso mi chiesi cos’avrebbero pensato i miei genitori di me sapendo dove mi trovavo attualmente, e ringraziai il cielo che almeno per questa volta mia sorella fosse riuscita a tenere magistralmente la bocca cucita. Sicuramente si sarebbero vergognati di me, ma forse si sarebbero vergognati un po’ meno se fossi riuscita a dimostrare che la mia incarcerazione era stata uno sbaglio. Dovevo scoprire la verità per riabilitare la mia reputazione e tornare ad essere una giornalista, però mi servivano delle prove. Ma come ottenerle? Per altri 30 giorni sarei stata “ospite al grand’hotel Fox River”. Rinchiusa lì dentro non potevo fare gran che e non avevo più intenzione di chiedere aiuto a Keith e Meredith. Erano stati coinvolti a sufficienza. E poi c’era la questione della mia sicurezza e l'imminente esecuzione di Lincoln. Che cosa avrei fatto se avessi scoperto che dietro l’omicidio dell’amministratore delegato della Ecofield, si celasse davvero Caroline Reynolds? Ero preparata per affrontare una simile situazione? Ovviamente no. Ero pronta a lasciare che un uomo innocente, che per giunta mi aveva salvato la vita, morisse per colpa di quell’arrivista insediatasi alla Casa Bianca? No, non lo ero e con mio grande rammarico, dovevo anche ammettere che non avevo la più pallida idea di come aiutarlo.

Non appena raggiungemmo il Braccio A, la guardia ci lasciò liberi di raggiungere le nostre rispettive celle. Non mi ero resa conto che fosse appena scattata la prima ora d’aria della giornata.
Quando entrai nella cella 93, per un istante temetti che il cuore potesse balzarmi via dal petto. Sdraiato sulla mia brandina, T-Bag stava sfogliando uno dei libri che avevo preso in prestito dalla biblioteca di Fox River.
  • Senti qua bambolina: “Io so ciò che voglio e ciò che ho fatto, di questo sono libero e responsabile, ritengo responsabili gli altri, io posso dare un nome a tutte le possibilità etiche e a tutti i movimenti interiori che esistono anteriormente ad un’azione…” Chissà che diavolo avrà voluto dire.  -  chiuse il libro e lo ripose al suo posto, alzandosi dal letto.  -  Così ti piace la filosofia, leggi Nietzsche… e io che mi chiedevo perché fossi un tipetto tanto violento.
  • Che fai nella mia cella?  -  sibilai a denti stretti, immobile accanto all’entrata e con ogni muscolo del corpo pronto alla fuga.
  • Volevo solo darti la possibilità di scusarti per ciò che è successo ieri. Mi hanno dato sette punti, lo sai? Sette.
  • Vattene immediatamente!
  • Ehi, ma dove sono finite le buone maniere?  -  esclamò, azzardando un passo verso di me.
  • Prova solo a fare un passo falso e mi sentirai urlare così forte che accorreranno tutte le guardie del penitenziario. Ti ho avvertito.
  • Ma che maniere, ero solo passato a farti un salutino… 
Per un attimo parve che il depravato avesse capito e che avesse deciso di darmi retta lasciando la mia cella, ma fu solo una finta. Quando mi passò accanto, rapido come un gatto, mi piombò addosso riuscendo a bloccarmi la testa contro la parete, mentre spingeva la sua grossa mano contro la mia gola, impedendomi di urlare. 
  • Non hai la minima idea del guaio in cui ti sei messa quando ieri hai deciso di farmi quel bello scherzetto.  -  La sua voce si era fatta di colpo fredda e tagliente proprio come quella di un assassino.  -  Sarai anche sotto la protezione del boyscout e di quel bestione del fratello, ma non dimenticare che loro non saranno sempre con te e noi abbiamo ancora un conticino in sospeso… Ti consiglio di dormire con un occhio aperto la notte, bambolina. 
Sentii la sua mano stringere ancora più forte attorno alla mia gola, finché all’improvviso mi lasciò, uscendo silenzioso dalla mia cella. Era stato solo un avvertimento che era arrivato forte e chiaro a destinazione. Mi ci vollero più di dieci minuti per decidermi a staccarmi da quella parete e riportare i battiti del mio cuore ad un ritmo normale.
 
“Cerca di non cacciarti nei guai… se ci riesci”.
 
Le parole di mia sorella mi ronzarono inopportune nella testa. Quasi mi veniva da ridere al pensiero che Cloe fosse riuscita a preoccuparsi che potessi intraprendere l’ennesima azione legale contro la Reynolds. Ma non era di Caroline Reynolds che doveva preoccuparsi al momento. C’era già T-Bag che riusciva a farmi tremare le gambe come gelatina.
Stavo per lasciarmi nuovamente prendere dallo sconforto. La paura aveva innescato una crisi e con essa tremori, respirazione a singhiozzo, panico… ma all’improvviso, due braccia tatuate mi avevano circondata e stretta in un abbraccio rassicurante e nel giro di qualche minuto ero riuscita a calmarmi da sola.
Non mi ero mai sentita così al sicuro.
   
 
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