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Autore: Walpurgisnacht    27/08/2016    0 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Questo è quanto, direi.”

Aggiornarono velocemente Naegi, Fukawa e Oowada su quanto avevano scoperto giù nella sala operativa, sui pc, la via d’uscita sbarrata e, soprattutto, i fascicoli; inoltre approfittarono della riunione per mettere anche loro qualcosa sotto i denti.

I tre non dissero una parola mentre li ascoltavano, e continuarono a rimanere in silenzio anche quando Kirigiri e Togami chiesero la loro opinione su come agire una volta usciti di lì.

Sakura sospirò, concedendosi per la prima volta di pensare che erano finalmente salvi. Certo, erano ancora intrappolati lì e non avevano idea su come chiamare i soccorsi, ma erano vivi e si stavano concentrando su un piano d’azione.

Viste le premesse direi che non possiamo lamentarci.

“Io sono d’accordo con voi. Prendiamoli a calci in culo!”

L’opinione decisamente colorita di Oowada la fece sorridere, distogliendola da pensieri più cupi. Anche Fukawa si disse d’accordo, solo Makoto sembrava pensieroso. Kirigiri e Togami erano così presi dai loro discorsi tanto da essere pronti a cambiare argomento, così decise di intervenire: “Qualcosa non va, Naegi-kun?”

“Eh? D-Dici a me, Oogami-san?”

“Sì. Non hai dato una risposta riguardo l’idea di smascherare la Kibougamine, mi sembravi ancora intento a ragionarci… ho pensato fosse giusto dicessi la tua prima che si passasse agli altri punti della discussione.”

A quel rimarco Togami e Kirigiri si voltarono verso di lui, che a sua volta arrossì violentemente. “Ecco” incespicò, “premetto che sono totalmente d’accordo col piano, la scuola non può assolutamente passarla liscia. Quello che mi preoccupa è un problema di natura più… etica, se vogliamo.”

“Che intendi?” chiese lo Scion e Makoto tentennò un attimo: “Il mio dubbio è… cosa vogliamo fare con il resto della classe?”
Ci fu un attimo di silenzio, subito colmato dall’Erede: “Gli raccontiamo tutto, che altro?”

È questo a turbarmi. Al di là del credere o meno a questa storia, pensate sia giusto spingerli a ricordare? Voglio dire, abbiamo vissuto cose orribili qui, non tutti hanno recuperato i ricordi ma abbiamo comunque scoperto cosa abbiamo subito da bambini e dovremo conviverci per il resto della nostra vita. Vogliamo davvero che anche loro debbano soffrire così? Che debbano avere i nostri stessi incubi e attacchi di panico? Vogliamo davvero questo?”

Alle parole di Makoto calò il silenzio sul resto della classe, in particolare su Kyouko e Byakuya che probabilmente non avevano pensato a quel dettaglio (facilmente senza cattiveria, si disse Sakura). Per un momento sembrò quasi che quell’idea andasse scartata, che forse era meglio non fare niente perché nessuno avrebbe creduto a loro otto, ma se fossero stati tutti e diciassette avrebbero avuto speranze, e via discorrendo.

“Io sono d’accordo con Naegi-kun.”

Tutti si voltarono verso Sakura, che aveva finalmente deciso di dire la sua.

“Abbiamo vissuto orrori indicibili rinchiusi qui, e Ikusaba ci ha fatto ricordare cose che probabilmente richiederanno anni di terapia prima di poterci riprendere. Per questo non voglio che qualcun altro debba soffrire come abbiamo sofferto noi.”

“Ma… se qualcuno dovesse ricordare spontaneamente?” azzardò Ishimaru, e lei replicò prontamente: “Sarebbe una situazione diversa, e in quel caso saremmo… pronti ad aiutarlo, per così dire” spiegò. “Quello che intendo è che non voglio in nessun modo essere io la causa di un loro trauma. Possiamo proseguire con il nostro piano ai danni della Kibougamine senza coinvolgerli direttamente. Lasciamoli ignari e sereni.”

Vide Naegi annuire con vigore, seguito da Asahina (finalmente tornata al suo fianco in pianta stabile), e poco a poco il resto della classe si unì a loro.

“Sì, concordo. Non c’è bisogno che Ikusaba faccia indirettamente altre vittime” disse Kirigiri. Togami fece un silenzioso cenno d’assenso per poi prendere parola: “Detto questo, abbiamo altre cose da decidere. Ad esempio, come vogliamo muoverci? Non escludo che ai piani alti dell’accademia sappiano come controbattere ad eventuali accuse. La cosa migliore secondo me è mantenere un profilo basso. Non sappiamo chi verrà a recuperarci, se lo faranno e se probabilmente controlleranno l’edificio da cima a fondo.”

Kyouko, nella sua classica posa da detective con la mano al mento, annuì: “Da quel che Ikusaba ci ha raccontato non escludo abbia fatto un po’ di trambusto e si siano accorti di quello che ha combinato, quindi potrebbero essere ancora convinti che i documenti mancanti li abbia lei.”
“E sarebbe il caso che continuassero a crederlo” aggiunse Byakuya. “Penso che fingere di non aver ricordato nulla e recitare il ruolo della vittima perfetta possa essere una buona idea. Ma come portiamo via tutto?”

“Semplice: non lo facciamo.”

L’affermazione della Super Detective colse un po’ tutti di sorpresa, e Sakura si ritrovò a dar voce ai dubbi di tutti: “Perdonami Kirigiri-san, ma cosa intendi? Se li lasciamo qui non avremo nulla a sostenere le nostre accuse.”

“Voglio dire che non porteremo via tutti i documenti che abbiamo trovato, ma solo lo stretto necessario” disse, tirando fuori i due fascicoli su Mukuro e Junko e mostrandoli alla classe. “Se ho ragione danno per scontato che questi li abbia con sé Ikusaba, e anche dovessero rovistare l’edificio da cima a fondo senza trovarli potrebbero non stupirsene troppo. Lei non era sola qui, c’erano i suoi scagnozzi della brigata Fenrir a darle una mano, è lecito pensare che potrebbero averli portati via loro.”

“Ma ci sarebbero tante altre prove che si lascerebbero indietro” precisò Togami, e lei fece spallucce: “Sono soldati. Gente che spara prima di fare domande.”

“Quindi” insistette Sakura “vorresti lasciar qui i fascicoli che abbiamo trovato in sala di controllo?”

“Penso sarebbe meglio, sì. Potrebbe indurli a pensare che non abbiamo scoperto nulla ed è tutto come l’avevano lasciato. O al peggio che li avevano letti solo Ikusaba e soci e non noi. L’importante è far credere ai piani alti dell’accademia che siamo all’oscuro di tutto. Sono convinta” proseguì, cominciando a camminare in circolo “che se ci muoviamo bene questi fascicoli potrebbero bastare, quantomeno a lanciare la bomba e aizzare i sospetti dell’opinione pubblica. Se miniamo la loro facciata di scuola rinomata e rispettabile siamo a cavallo.”

“Ma non possiamo escludere che non vengano a ripulire l’isola prima che la notizia si diffonda” rifletté Togami, e Kyouko non poté che concordare: “Questo è vero, però ho il sospetto che non potranno fare subito un sopralluogo. Riflettiamoci: per quanto sia una scuola dotata di ogni tipo di comfort per gli studenti dubito seriamente abbiano le risorse per venirci a recuperare di persona. Dovranno necessariamente avvalersi di altri mezzi di soccorso.”

“Questo ci darebbe abbastanza tempo per mettere al sicuro le prove. Ma come?” chiese Ishimaru.

“Le daremo a mio padre.”

“S-Sei sicura, Kirigiri-san?” chiese Sakura. “Non voglio mettere in dubbio la buona fede del preside Kirigiri ma…”

“Capisco bene le tue perplessità, Oogami” si affrettò a rispondere l’altra “e onestamente anche io le ho avute. Ma sono certa che lui non c’entri nulla in questa storia.”

La sua sicurezza sembrò condivisa da tutti, e persino Sakura si ritrovò a pensare che non poteva essere diversamente: il rapporto tra Kirigiri e suo padre non era mai stato idilliaco, per quel che ne sapevano, ma non aveva mai fatto segreto del rispetto che nutriva per lui. E Kyouko Kirigiri non era una che concedeva il suo rispetto a chiunque; inoltre il preside si era sempre schierato dalla parte degli studenti, anche a costo di scontrarsi con il consiglio d’istituto. Altro dettaglio che faceva pendere l’ago della bilancia dalla sua parte.

Mentre gli altri continuavano a discutere su come portar via i fascicoli l’attenzione della Super Lottatrice venne attirata da Aoi, stranamente silenziosa e mogia come l’aveva vista solo in un’occasione che sperava non dovesse ripetersi mai più.

“Qualcosa non va?” le chiese, e la Nuotatrice scosse la testa: “No, è tutto a posto. Solo che…”

“Hm?”

“È che continuano a parlare di come portar via le prove, e di cosa fare per rovinare l’accademia, ma intanto siamo ancora bloccati qui e dovremmo pensare a come andar via” piagnucolò. “Sempre se ci riusciremo…”

“Certo che sì, mia piccola Aoi. Non dubitarne.”
“E come fai a dirlo?”
“Hai visto anche tu come Togami-san si è dato da fare con i computer, penso si tratti solo di dargli un po’ di tempo per capire come funzionano i programmi. E una volta usciti di qui c’è l’aereo. Ikusaba ha detto che il danno era meno grave di quanto credevamo, quindi potremmo avere fortuna e trovare la radio ancora funzionante.”

Erano un sacco di forse, ma bastarono a far tornare il sorriso sul viso di Aoi, che annuì con convinzione.

“E dobbiamo uscire di qui per forza. Ti devo ancora un discorso” aggiunse arrossendo. Asahina la osservò stupita ma le rispose con un altro sorriso: “Non mi devi niente, Sakura-chan.”

“Ma come? Avevamo detto che-”

“Avevamo detto tante cose, soprattutto io. Ma riflettendoci mi sono resa conto che aspettarmi qualcosa, qualunque cosa da te, sarebbe terribilmente egoista da parte mia.”

La ascoltò in silenzio, non del tutto sicura di dove volesse andare a parare.

“Vedi, ho capito che non posso obbligarti a ricambiarmi, e pretendere da te una qualsivoglia risposta non sarebbe giusto. Non nego che ci vorrà un po’ affinché mi passi la cotta, e non sarà facile per me. Ma come ha detto un motociclista di mia conoscenza” rise “la nostra amicizia è sempre stata profonda e resistente a tutto. E so che tu ci sarai sempre per me, come ci sei sempre stata in passato e anche in questi giorni bui. E questo mi basta.”

L’unica cosa che Sakura fu in grado di fare fu di stringere a sé l’amica.

E non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo nel sentire Aoi ricambiare l’abbraccio con altrettanto trasporto.

 

*

 

“Prove a parte, non dovremmo cercare una via di fuga?”

“E i braccialetti, non dimentichiamo i braccialetti!”

Byakuya inspirò, sforzandosi di non mettersi a urlare come ai bei tempi andati.

“Ho già dato un’occhiata ai pc, gli scagnozzi di Ikusaba li hanno lasciati funzionanti. Mi ci vorrà un po’ ma penso di poter sbloccare le porte di tutto l’edificio.”
“E i braccialetti?!”

La domanda ripetuta da Oowada lo irritò tanto da fargli venire un tic nervoso all’occhio, ma ancora una volta si sforzò di controllarsi: “Penserò anche a quelli. Anzi, se permettete…” tagliò corto, e senza più curarsi degli altri si diresse verso il “santuario” di Junko e poi alla sala comandi.

Aveva scoperto di essere capace di empatia e sentimenti umani, ma era ancora poco avvezzo su come comportarsi in mezzo alla gente e con la gente. Forse Naegi non aveva poi torto a dire che aveva vissuto in una condizione disgraziata per diciassette anni, incapace di comunicare col resto del mondo se non sputando insulti o impartendo ordini.

Se mi ritrovo a dar ragione a lui ho proprio toccato il fondo.

Aveva appena oltrepassato il cadavere di Mukuro quando un rumore alle sue spalle lo fece scattare sull’attenti.

“Argh!”

“Ma che… Touko?!”

Sulla soglia delle scale c’era Fukawa, che cercava in qualche modo di nascondersi alla vista di Togami (o di non guardare il corpo, non ne era del tutto sicuro).

“Che diamine ci fai qui?!”

“S-Scusa è che… v-volevo parlarti, ma a-avevo dimenticato I-Ikusaba…”
“Come fai a dimenticarti di un cadavere?!”

Touko abbassò la testa, mortificata, e lui si rese conto che quell’ultima frase gli era costata dieci passi indietro nella sua evoluzione in persona normale.

“Ok, questa me la potevo risparmiare” si corresse, “però rimane il fatto che sapevi cosa c’era qua sotto quando mi hai seguito.”

L’unica risposta che ottenne da lei fu un mugolio indefinito.

Appurato che, nonostante tutto, Touko non aveva intenzione di muoversi da lì, Togami capì che c’era una sola cosa che poteva fare.

“Va beh. Rimani qui, non muoverti. Non guardarla.

Salì in fretta le scale, ignorò i commenti del resto della classe, recuperò il telo di plastica in cui avevano avvolto Touko dopo l’incidente con l’elettricità e tornò giù, dove lo usò per coprire alla meglio il cadavere della loro carceriera.

“Così dovrebbe andare” comunicò, tornando da lei, “se dovessero esserci macchie sospette ti coprirò gli occhi.”

Per fortuna non successe nulla, lei non vide le chiazze di sangue rimaste scoperte e non ci furono visite da parte di Genocider; arrivati alla sala di controllo Byakuya tornò a sedersi al pc, e per un po’ regnò il silenzio.

Si dedicò al meglio delle sue capacità nel cercare un modo per sbloccare le porte e, soprattutto, nel capire come togliersi quei braccialetti. Di quando in quando lanciava uno sguardo a Fukawa, che sembrava essere particolarmente presa dalla lettura dei fascicoli: pur avendo manifestato l’intenzione di parlare con lui non aveva ancora proferito parola.

“Trovato niente d’interessante lì in mezzo?”

Lei alzò gli occhi e lo guardò stupita, quasi si fosse dimenticata della sua presenza lì.

“S-Sì, è pieno di informazioni… anche se i-inquietanti…”.

“Ho letto prima, so di cosa parli. Ed è vero, sono cose poco belle a sentirsi”.

La discussione si spense da sé. Byakuya aspettava più che altro che fosse lei a iniziarne una nuova, dato che era stata lei a dire di voler parlargli.

E finalmente la sua pazienza venne premiata: “Byakuya-sama… v-vorrei scusarmi…”.

“Scusarti?” chiese distogliendo di nuovo lo sguardo dal monitor “E per cosa?”.

“Beh, per… per quello che ha c-cercato di farti Genocider… ti ha riempito di g-graffi e rovinato tutta la giacca…”.

“Oh, non preoccuparti della giacca. Ne ho una settantina identiche nel mio armadio, quello è davvero il minimo. Per quanto riguarda i miei graffi… appunto, sono graffi. Nulla che non passerà da solo in un paio di giorni”.

“Sì, ma mi d-dispiace… per colpa mia te la sei vista brutta…”.

Togami sospirò, aspettando di trovare le parole giuste per risponderle. Non voleva rischiare di risultare rude o scortese, non di fronte a un tentativo sincero di scuse da parte sua. Scuse che, a ben vedere, neanche gli avrebbe dovuto fare perché tecnicamente non responsabile della debacle con la serial killer.

“No Touko, non è stata colpa tua”. Preferì non perdersi in lunghe spiegazioni sul perché e sul percome, si limitò a fornire la sua opinione.

“C-Come non è stata colpa mia? Ma G-Genocider…”.

“...è una personalità a se stante che occupa il tuo corpo e non ha nulla a che fare, almeno nei gesti che compie, con te. Perché tu non hai mai voluto uccidere qualcuno, vero?”.

“C-Certo che no! Cioè, ammetto che… a volte, n-nei momenti più bui… l’idea mi abbia s-sfiorata… ma non ho mai realmente p-pensato di metterla in pratica…”.

“Ecco, vedi? Poi forse il tuo alter ego agisce seguendo degli impulsi che nascono da te, ma si tratta sempre di pensieri che giungono in pessimi momenti e che non hanno uno sfogo concreto. Non credere di essere l’unico speciale fiocco di neve che vive simili situazioni”. E chiaramente non lo disse ad alta voce, ma si riferiva a se stesso.

“Q-Quindi… mi perdoni?”.

“Non c’è niente per cui io debba perdonarti. Al massimo dovrei perdonare Genocider, cosa che non credo farò mai. Ma tu sei completamente innocente”.

L’Erede si stupì della semplicità con cui aveva pronunciato quelle parole. Della semplicità e dell’onestà… perché era stato estremamente onesto. Si era limitato ad esporre quel che pensava senza girarci attorno e senza condirlo di sfoghi da superuomo nietzschiano. Per lui quello significava tanto, anche alla luce della piccola ricaduta avuta poco prima con la storia del cadavere di Ikusaba.

È difficile ma sento di potercela fare. Se mi avesse visto, il mio sensei sarebbe stato molto soddisfatto.

Fukawa gli sorrise e per un momento, solo per un momento, Byakuya sentì come se la testa gli stesse girando su un ottovolante. Un’altra sensazione nuova a cui sperava di fare l’abitudine.

“Posso… aiutarti con q-quei programmi?” gli chiese poi quando arrivò dietro di lui.

“No, grazie ma non serve”.

“Dai, lascia… c-che mi renda utile…”.

Cominciarono a battibeccare, sia chiaro in maniera molto soft, finché lei non prese l’iniziativa e si sedette al suo fianco: “Lasciami lavorare, su. Almeno sui braccialetti. Poi sai come si dice… l’unione fa la forza”.

“In effetti noi siamo quelli intelligenti. Ma sei sicura di sapere come usare questi aggeggi?”.

“Non sarò Fujisaki ma so il f-fatto mio”.

“E va bene, hai vinto tu. Accomodati”.

“Grazie”. E di nuovo gli sorrise. E di nuovo lui si sentì instabile.

Si diedero da fare di buona lena, impegnandosi al meglio delle loro possibilità (che però, causa stanchezza e fame e tensione varia, non erano proprio grandissime). Poi a un certo punto Touko si voltò nella sua direzione e disse: “Byakuya-sama… in tema di scuse… d-dovresti farle a Naegi-kun”.

Sei caduta nel pentolone delle scuse da piccola, per caso?

“Uh? Perché mai?”.

“P-Perché sei stato… cattivo con lui…”.

“Quando?”.

“Quando… tu e K-Kirigiri… lo avete guardato m-male... “.

Oh. A quello si riferiva. A quel momento in cui lui e la Detective si erano lasciati trascinare dalla pazza idea che Makoto Naegi potesse essere Zero. Quando, se si vuole vedere le cose da un punto di vista il più logico possibile, è un castello di carte che non può stare in piedi neanche per miracolo.

Naegi era troppo limpido, troppo ingenuo, troppo altruista per essere in grado anche solo di concepire il circo di nonsense a cui erano stati sottoposti negli ultimi giorni.

Si disse che in effetti era stato ingeneroso da parte sua anche solo pensarlo. Non perse tempo a stupirsi di aver formulato una simile idea, ci stava pian piano facendo il callo.

Comportarsi da essere umano “normale” è un affare pieno di sfaccettature strane.

“Sai, non hai i tutti i torti. Io e Kirigiri ci siamo lasciati prendere dalla paranoia in quell’attimo. Appena finiamo qui gli porgerò ufficialmente le mie scuse”.

“M-Mi… mi stai dando ragione?”.

“Sì, perché ce l’hai. Non avremmo dovuto”.

“...”.

“Touko, se non la chiudi ti entrano i moscerini in bocca”.

 

*

 

Mondo era inquieto. La pazienza non era decisamente il suo forte, nossignore. D’altronde quale Super Biker ne aveva bisogno?

Quindi l’attesa di novità dal piano inferiore lo stava logorando.

Si guardò attorno e vide i suoi compagni che a loro volta cercavano di ammazzare il tempo intrattenendosi come meglio potevano.

“Ammazzare il tempo” era un modo di dire non particolarmente bello considerato quanto era accaduto al piano di sotto. Oh beh, fa nulla.

Ma quanto ci mettono, porca vacca? Sono lenti come la morte.

Oh dai, basta usare immagini con quella parola.

Scrollò la testa per scacciare la sensazione di fastidio che da qualche secondo aveva cominciato a premere sulla sua tempia.

Si mise a cianciare con Ishimaru di stupidaggini. O meglio, Ishimaru cianciava e lui cercava di distrarsi facendo finta di ascoltarlo.

Capitelo, non è facile per una persona come Mondo Oowada prestare attenzione al Prefetto che gli snocciola tre quarti del regolamento della Kibougamine come se fosse un libro sacro da sapere a memoria. Al secondo comma gli salì la voglia di piantargli una castagna sul muso, ma riuscì a trattenersi.

“E quindi un comportamento tanto promiscuo e indecente non è tollerato in un ambiente scolastico sano… kyoudai, mi stai seguendo?”.

“Mh mh” fece lui con la testa, mugolando un fintissimo accenno di assenso.

Che qualcuno, possibilmente Togami e Fukawa, arrivi e mi porti via. Vi prego.

Ottenne una risposta immediata sotto forma di porte che si sbloccavano da sole e buio improvviso.

“Ehi! Chi ha spento la luce?”
“Non l’ha spenta nessuno, è saltata.”
“Ci mancava solo questa…”

Poi Mondo sentì dei passi provenire da una delle stanze, e per un attimo pensò si trattasse degli scagnozzi di Ikusaba. Si piazzò davanti agli altri pronto a menare le mani, spalleggiato da Oogami che sembrava aver avuto la stessa idea.

I passi si fecero più vicini e lui scattò come una molla, seguito a ruota dalla lottatrice.

“FERMO! TI HO PRESO BRUTTO STRONZO!”
“OOWADA, SEI UN IDIOTA!”

Ma che…?

“Togami?” chiese Sakura, facendosi da parte. Mondo strizzò gli occhi e finalmente riuscì a scorgere le fattezze piuttosto alterate dello Scion. Fukawa era saggiamente rimasta qualche passo indietro, evitandosi l’agguato.

“Ma sei deficiente?!” ringhiò Togami, rimettendosi in piedi. Mondo si strinse nelle spalle: “Che vuoi, nessuno di noi si aspettava di ritrovarsi senza luce! Credevamo fossero quelli della brigata Fenrir!”

“In effetti” abbozzò Oogami, nel tentativo di dargli manforte. Nel frattempo il resto della classe si era avvicinato a loro, poteva dirlo dai passi esitanti e soprattutto dalle mani che toccavano a caso cercando appigli (“Ehi, piano con quelle manine lunghe! Non è che dovete approfittarvene perché è buio!”).

“Ok ok, è stato improvviso” sbuffò Togami, “ma era l’unica soluzione per sbloccare le porte e al tempo stesso attraversare il corridoio elettrificato senza rischiare di venire fulminati” spiegò, e tutti dovettero concordare sul fatto che non si poteva fare altrimenti.

Per un attimo Mondo ci rimase quasi male.

Mi togli tutto il divertimento se non posso punzecchiarti, Scion di ‘Staceppa.

“Allora, come sono andate le cose lì sotto?” chiese Kyouko, che a giudicare dalla voce sembrava piuttosto vicina a lui.

“Una meraviglia, devo proprio ammetterlo. Grazie all’aiuto di Touko ho potuto svolgere l’incarico in molto meno tempo, anche se è stato piuttosto duro comunque”.

“S-Signore e signori, so che al momento non si vede quasi nulla… m-ma prestate attenzione ai suoni.”

Si udì un leggerissimo click, seguito da un altro.

E poi due clack piuttosto forti. A Mondo sembrò che qualcosa fosse caduto vicino ai suoi piedi: “Cos’era questo rumore?” chiese, e la Super Scrittrice replicò al volo: “I nostri braccialetti.”

Un coro di “Ooooh!” si sollevò nella stanza.

“Come diamine ci siete riusciti?”

“Dicevo che Touko mi è stata d’aiuto, prima” chiosò il Super Erede, “e in effetti è stata lei a trovare il programma che monitorava e comandava i bracciali.”

Un altro coro di “Oooh!” e di complimenti per Fukawa riempì il silenzio, quando quest’ultima fece notare un dettaglio: “P-Però senza luce sarà complicato toglierli a tutti voi… p-per non parlare del cercare l’uscita… al buio” sussurrò con voce tremante, lasciando intendere che la sua fobia stava per prendere di nuovo il sopravvento.

Hmm… ora che ci penso...

Mentre tutti ragionavano su cosa fare, Mondo cercò freneticamente qualcosa nelle ampie tasche dei suoi pantaloni e della giacca. Deve essere qui da qualche parte si disse, sono sicuro di averlo usato mentre aspettavamo di salire sull’aereo.

Le sue dita incontrarono qualcosa di piccolo e liscio, e lui sorrise.

A-ah!

Si udì uno schiocco, seguito da un breve lampo di luce che si affievolì fino a diventare una sfera tenue che illuminava il viso sorridente del Biker.

“Ma… e quell’accendino?”
“Da dove salta fuori?”

“Avevo dimenticato di averlo con me” rise, un po’ imbarazzato. “L’avevo usato per una sigaretta mentre aspettavamo l’aereo, e poi non ne ho più avuto bisogno… fino ad ora, almeno.”

“E bravo scimmione, hai trovato una soluzione al nostro problema” sorrise Byakuya (che nella penombra data dalla fiamma dell’accendino sembrava più un ghigno inquietante, ma Mondo preferì non dirlo ad alta voce).

“Però illumina poco” protestò Ishimaru “salire le scale così sarà complicato. Ce ne vorrebbe almeno un altro.”

Qualcuno stava per accodarsi alla lamentela, ma Mondo ebbe un’altra idea.

“Kyoudai, reggilo un attimo” disse, porgendo l’accendino a Ishimaru e facendogli cenno di seguirlo. Si fermarono vicino alle casse in legno e ai tavoli accatastati, che Mondo cominciò a spaccare.

Qualche minuto dopo tutti erano dotati di una rudimentale torcia, ottenuta da un’asse di legno o i resti di una sedia.

“Illuminati dal fuoco come i cavernicoli. Un’idea degna di te, scimmione.”
“Fai poco lo splendido, Scion di ‘Staceppa. A nessuno è sfuggito il fatto che ora chiami Fukawa per nome.”

Non riuscì a distinguere bene la sua espressione a causa della luce rossa, ma un ringhiare sommesso confermò a Mondo che Togami era stato colpito e affondato.

   
 
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