Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Edward LoneBark    28/08/2016    2 recensioni
Una guerra che si trascina da tempi immemori sta per giungere al termine. Il destino ha schierato le sue pedine e attende la prossima mossa del nemico, mentre un ragazzo senza memoria cerca la propria identità, svelando misteri antichi di millenni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La fuga si protrasse per tre estenuanti giorni, in cui corsero per tutto il tempo fermandosi solo per poche ore a notte per dormire. Il terzo giorno, in tarda mattinata, superarono la valle attraverso il valico opposto alla Fortezza in mano al nemico, accedendo a quella successiva. Era anch'essa una gelida conca, coperta quasi interamente dalle pinete, ma i villaggi erano più grandi e numerosi, dato che ci si avvicinava al cuore delle Montagne.

Quando attraversarono il primo paese non c'era anima viva. Gli abitanti avevano avuto tempo di portare via provviste e denaro, ma avevano lasciato del cibo nelle dispense. I soldati entrarono nelle case e mangiarono quanto trovarono, raccogliendo qualcosa per il viaggio.

Hedras si sentiva vile a saccheggiare così le abitazioni di coloro che avrebbe dovuto proteggere, ma era l'unico modo per sopravvivere; peraltro quel cibo sarebbe andato a male prima del ritorno degli abitanti, o forse addirittura distrutto insieme alle case dal passaggio dei nemici.

Giunsero al secondo villaggio quando faceva buio. Greyvass decise di concedere loro una notte di riposo su giacigli veri, per poi ripartire prima dell'alba.

Il Vecchio Corno trovò dei medicamenti nelle case e si mise a curare i quattro soldati feriti della compagnia di superstiti. Tre avevano solo escoriazioni e ferite superficiali, ma una delle reclute aveva riportato un brutto taglio sul fianco, che rischiava di fare infezione. Quando il vecchio la lavò con del vino le sue grida risuonarono per tutto il villaggio.

-Dannazione- imprecò Vivan a denti stretti -così attirerà i nemici-.

Fingeva irritazione, ma la verità era che le urla lo facevano soffrire quanto il ferito. La sua spiccata empatia era una dote nobile, ma allo stesso tempo un doloroso peso da portare. Stringeva il davanzale della finestra con tanta forza da far sbiancare le nocche.

Kinamaru e Vingen emersero dalla cucina addentando dei grossi pezzi di pane, morbidi e rotondi. -Calmati, Vivan- fece il secondo con la bocca piena -li abbiamo seminati. Sono troppo lenti per starci dietro-.

-Ne dubito- replicò Hedras, corrucciato anche più del solito. -Quelli non devono dormire, marciano anche di notte, e potrebbero esserci alle costole. Non dovremmo fermarci così a lungo-

-Siamo tutti esausti- disse saggiamente Kinamaru -se proseguissimo moriremmo comunque. Non abbiamo molta scelta-

Vingen lanciò una pagnotta ad Hedras. -Mangiate, ne abbiamo trovato parecchio nella dispensa-.

Finalmente le grida si placarono, e Vivan si rilassò un poco.

-Tanto baccano per un taglietto- fece Kinamaru sprezzante. -Sul campo cauterizzano le ferite con coltelli incandescenti-

-A curare i feriti ci penserebbe un mago, se ne avessimo- replicò irritato Vivan.

Al Primo valico i maghi erano pochissimi, dato che era occupato quasi soltanto da reclute e i maghi novizi venivano addestrati a Tembart, la Città dell'Est. I pochi stregoni, che avevano avuto il compito di costruire gli incantesimi difensivi e comunicare con le basi militari, erano stati uccisi tutti.

“Forse non tutti” pensò Hedras, tastandosi la nuca ormai intatta. Vivan se ne accorse. -Come va la ferita?- chiese, aggrottando la fronte.

-Guarita completamente- replicò laconico il senza-memoria.

-Allora è vero- fece Vivan, soddisfatto -sei uno stregone. Tre giorni fa avevi uno squarcio spaventoso dietro la testa e non riuscivi a stare in piedi, e ora stai meglio di prima-

-Se sei un mago, portaci via da qui- fece Vingen dalla cucina, sarcastico.

-Lo farei, se ne fossi capace- disse cupo Hedras, addentando il pane.

 

Aprì gli occhi. Il chiarore lunare entrava dalla finestra, una luminescenza spettrale che dava alla stanza un'atmosfera irreale. Il respiro regolare dei soldati rompeva un silenzio altrimenti assoluto. Vingen e Kinamaru dormivano sul letto matrimoniale, Vivan sul piccolo giaciglio che doveva essere appartenuto ad un bambino ed Hedras su una vecchia poltrona davanti al focolare spento. Si alzò silenziosamente e guardò fuori dalla finestra, un quadrato vuoto aperto nella muratura.

La luce della luna, soffusa da una nebbiolina sottile, argentava le stradine fangose e i tetti di legno umidi di pioggia e di rugiada notturna. Era tutto tranquillo .

Stava per sedersi nuovamente sulla poltrona quando un'ombra passò alle sue spalle. S'immobilizzò per un istante, poi si voltò lentamente. Per poco non trasalì.

Un soldato oscuro stava attraversando il viottolo, seguito da altri quattro, più grossi e con le spade sguainate. Fulmineo si nascose dietro il muro e si sporse leggermente per sbirciare fuori dalla finestra, inspirando l'aria fredda che entrava da essa. Fiutò un forte odore metallico misto ad un sentore alieno che aveva già sentito durante la battaglia del Primo Valico, l'odore degli oscuri.

Il cuore gli batteva all'impazzata. Li avevano trovati oppure cercandoli erano capitati lì per caso? Altri nemici emersero dai vicoli e tutti insieme percorsero la via maestra, uscendo dalla visuale di Hedras. Erano più di venti, e potevano essercene degli altri.

Erano ad un passo dall'essere massacrati tutti e potevano solo sperare che non si accorgessero di loro e che lasciassero il villaggio. In alternativa potevano attaccarli di sorpresa, ma dovevano organizzarsi e farlo così di nascosto, con tutti gli altri addormentati, era pressoché impossibile.

Guardò i compagni addormentati. Doveva svegliarli, ma se avessero emesso un solo suono avrebbero potuto attirare gli oscuri, e sarebbe stata la fine.

Maledisse quella situazione così critica e guardò di nuovo fuori dalla finestra. Non c'era nessuno, i nemici dovevano essersi spostati verso il centro del villaggio.

Prese coraggio e svegliò Vivan, coprendogli la bocca con una mano e portandosi un dito alle labbra. Sussurrando gli spiegò la situazione, guardando febbrilmente fuori per accertarsi di non aver richiamato qualcuno. Vivan impallidì, ma annuì con fermezza e aiutò Hedras a svegliare i due compagni.

La porta dava sull'esterno del villaggio. Lentamente tirò il chiavistello e la aprì, maledicendo il cigolio che nel silenzio gli sembrò un fragore infernale.

Silenziosamente si mossero lungo i viottoli nascondendosi nell'ombra e controllando accuratamente che non arrivasse nessuno. I loro passi, seppur lievi, sciaguattavano nel fango, ma ad un certo punto un suono ritmico prese a risuonare nel villaggio, come il rumore di uno scavo, e coprì i loro movimenti.

Nascosti nelle tenebre sotto un portico giunsero alla fine a vedere la piccola piazza del mercato al centro del villaggio, e trattennero il fiato.

Almeno trenta nemici erano raccolti in un cerchio nello spazio circolare, attorno a due servi che, rimosso il lastricato, stavano scavando il terreno fangoso sotto di esso. I servi erano creature alte e sottili, coperte da corazze leggere che lasciavano scoperte gli arti. Erano fatti di una mescolanza di fango, pietra sbriciolata e argilla e tenuti insieme dalla magia nera. Erano pessimi combattenti, infatti di rado si vedevano sui campi di battaglia, ma buoni manovali per le costruzioni di Arkader.

Fuori dal cerchio, in disparte, due oscuri osservavano lo scavo. Erano più piccoli dei soldati del cerchio, avevano proporzioni umane e le loro corazze nere erano più lucide e levigate. Hedras intuì che fossero i comandanti del plotone nemico.

Il rumore delle vanghe permetteva ai soldati nascosti di muoversi con maggiore libertà. -Vado a svegliare Greyvass, voi restate qui- disse Hedras, ma Vingen lo fermò, prendendolo per un braccio. -Non servirà- replicò, indicando un viottolo che sfociava sulla piazza una ventina di metri alla loro destra. Il comandante era nascosto all'ombra delle case, appena distinguibile dal muro, e dietro di lui si intravedeva la sagoma di un secondo soldato. Greyvass osservava immobile i servi scavare la buca, cercando di capire il piano nemico e di decidere se e quando intervenire.

Passò una lunga mezz'ora, in cui i servi continuarono a scavare, affondando sempre più nella fossa, finchè non li si vide solo dalle spalle in su. Il lavoro divenne più faticoso, dovendo loro spalare la terra argillosa e umida fuori dalla buca profonda, e furono costretti a rallentare.

Uno dei due comandanti latrò un ordine secco. Hedras riusciva a percepire l'impazienza, sebbene la sua voce fosse metallica e disumana.

-Cerca di calmarti, Althervei- gli disse piano l'altro -ci siamo quasi-.

-Ogni istante che passiamo qui è un pericolo per il piano- replicò Althervei. -Se dovessimo fallire avremo la colpa di aver distrutto la più grande possibilità di vittoria del padrone-

Hedras tese l'orecchio, cercando di distinguere con precisione le parole sopra il rumore delle vanghe.

-La Fonte non solo gli permetterà di recuperare tutto il suo potere, ma gli darà una forza ancora superiore a quella originaria. E' già stato sconfitto da un Portatore, quindi è deciso ad anticipare la prossima mossa del Sistema. Tutti i suoi piani convergono sulla Fonte- concluse Althervei.

Hedras trattenne il fiato e guardò verso Greyvass. Si era voltato verso l'interno dal vicolo e stava dando ordini concitati. Infatti pochi minuti dopo tre soldati raggiunsero il quartetto.

-Il comandante sta organizzando un attacco. Ci sparpaglieremo a gruppi di due in tutti i vicoli per accerchiarli e al segnale attaccheremo di sorpresa- disse l'unico veterano dei tre. -Voi due, seguitemi- ordinò a Vingen e Kinamaru-.

Si dileguarono il più silenziosamente possibile, lasciando soli Hedras e Vivan. Il ragazzo pensava febbrilmente alle implicazioni di quanto aveva appena udito, e se aveva capito bene il destino di Eternis era legato a quello che i servi stavano cercando.

Quando lo troveranno, Greyvass lancerà l'attacco comprese, sentendo un brivido scorrergli lungo la schiena. La Fonte poteva essere qualsiasi cosa, e avrebbero dovuto portarla lontano dalle grinfie dei nemici, se il piano avesse funzionato. La situazione non fa che peggiorare.

Nessuno sapeva nulla di Arkader, solo che dimorava in una roccaforte nel mezzo del Deserto Occidentale, un luogo tanto remoto che nessun esercito avrebbe potuto attraversarlo, o comunque arrivare abbastanza in forze da lanciare un attacco. Dovevano scoprire quanto fosse vasta la sua forza, e cosa sarebbe diventato se fosse giunto in possesso della fonte.

Dopo pochi minuti, i due servi si arrampicarono fuori dalla fossa portando una pietra nera di forma ovale, spigolosa e opalescente, grande poco più di un pugno. Riusciva a vederla solo perché emanava una sorta di luminescenza spettrale, che illuminava e ingrigiva i lineamenti appena sbozzati dei servi.

Althervei l'afferrò, e sotto l'armatura Hedras quasi vide comparire un sorriso trionfante.

-E' fatta- disse l'essere -torniamo a casa-.

-ORA!-

Mentre correva a capofitto verso i nemici, Hedras si chiese cosa si provava a correre sotto una tempesta di frecce, non potendo far altro che pregare di non essere colpito, guardando impotente i propri amici cadere uno dopo l'altro, inspirando il terrore di essere il prossimo, e correre, come se non ci fosse un domani, e il futuro si arrestasse su quella fila di picche distesa all'orizzonte, ancora troppo lontano...

Levò in alto la spada e la calò di violenza sull'elmo del primo nemico in linea d'aria, che non era ancora riuscito ad estrarre la spada. Metà degli oscuri caddero al primo assalto, sotto i colpi degli eternitiani che ormai sapevano con chi avevano a che fare. La linea circolare attorno alla buca si ruppe in fretta, ma i nemici erano automi, e anche quando Althervei latrò l'ordine di respingere l'attacco, impiegarono troppo tempo a reagire. Perirono uno dopo l'altro, e diversi caddero nella fossa incalzati dagli assalitori, troppo pesanti per uscirne.

Althervei guardò indietreggiando il massacro, probabilmente con una smorfia di orrore sotto la celata dell'elmo. Quando corse verso una via di fuga con la pietra in mano, Vingen gli si parò davanti, con più audacia che buonsenso. Il colpo arrivò in diagonale tra il collo e la spalla, affondando per una spanna nella carne.

Il grido di Hedras si perse nel clangore degli ultimi scambi del breve scontro. Zampillando sangue, il giovane soldato crollò nel fango, con l'espressione fiera ancora raggelata sul viso.

Ululando come un demone, Hedras percorse in un baleno la distanza che lo separava da Althervei e lo aggredì con un colpo dall'alto, ma il nemico reagì con tempismo e respinse la sua lama con una torsione secca del polso.

Malgrado avesse una mano impegnata a tenere stretta la pietra, combatteva con grande abilità, era veloce e ben più forte di qualunque uomo Hedras avesse mai affrontato. Tuttavia il ragazzo resse per mezzo minuto e sentì i colpi del comandante nemico farsi frustrati, furibondi, mentre con ansia vedeva gli eternitiani convergere per dare manforte al compagno.

L'essere levò la spada più in alto e sferrò un colpo violentissimo sulla spada di Hedras, che sentì la lama spezzarsi fino a pochi pollici dalla guardia.

Un dolore lancinante percorse il suo braccio, facendogli quasi abbandonare la presa. Althervei gli voltò le spalle e prese di nuovo a correre via, ma fu intercettato da Greyvass, che lo colpì di sorpresa con un fendente al petto. La creatura crollò con un'imprecazione, lasciando cadere la pietra, che rotolò lontano da lui.

Quando prese a strisciare come un serpente verso l'oggetto, Greyvass lo inchiodò a terra con la spada, affondandogliela nella schiena. -Tu e quel maledetto affare non andrete da nessuna parte- disse feroce, accostandosi al nemico e schiacciandogli la testa sotto lo stivale.

Hedras si bloccò, boccheggiando. Il braccio destro doleva come se glielo avessero percosso ripetutamente con un bastone, e la spada non era altro che un mozzicone. La gettò via, frustrato, guardando il corpo di Vingen riverso nel fango.

Il colpo non gli aveva lasciato scampo. La terra si stava arrossando nel punto in cui giaceva, ancora stupefatto per la rapidità con cui aveva visto arrivare la morte sul filo di quella spada che ora giaceva nel fango, poco lontana dall'inerme Althervei.

Greyvass stava tentando di interrogarlo, rigirando la lama che aveva affondato nella corazza nera, ma l'essere restava ostinatamente muto e immobile, senza dare segni di sofferenza.

Alla fine il comandante si chinò e gli sollevò la celata dell'elmo.

Hedras rimase stupito, ma non più di tanto. Sotto la corazza non c'era nulla, se non una sorta di oscura foschia che si agitava nel metallo, come una nube nera agitata da vortici interni, dentro la quale ogni tanto di distinguevano lineamenti quasi umani.

-Che diavolo...- iniziò Greyvass, prima che un braccio decisamente solido emergesse dall'elmo e gli afferrasse la gola in una morsa ferrea. Il soldato si divincolò disperatamente, mentre il volto iniziava a colorarsi di rosso, ma la stretta non si allentò.

Hedras accorse e vibrò un colpo sul braccio con il pugnale, ma la lama attraverso la foschia come se fosse priva di solidità. Greyvass boccheggiava, sempre più violaceo.

Un impulso fugace attraversò la mentre di Hedras, che levò di nuovo il pugnale e lo calò sul braccio. Brillando, la lama squarciò l'arto di tenebra, e un grido di dolore proruppe dalla creatura, rimbombando nel metallo.

Althervei si contorse ululando nell'armatura, mentre Greyvass rantolava, cercando disperatamente di inspirare. Hedras abbandonò il pugnale, con la mano che formicolava come se l'avesse lasciata a lungo abbandonata lungo il fianco.

Stavolta aveva sentito distintamente il potere attraversargli il corpo, un guizzo nato dai recessi profondi e ancora inaccessibili della sua mente. Tuttavia era come aver percorso una strada al buio e non poter percorrerla a ritroso, perchè sapeva quanto prima come evocare il potere. La Luce restava incontrollabile, per il momento.

Greyvass si rialzò lentamente, ancora cianotico, respirando affannosamente. -Come diavolo hai fatto?- rantolò rivolto a Hedras, tenendo gli occhi incollati sul nemico che si era bloccato su un fianco, a terra, in silenzio.

-Non lo so, signore- replicò il ragazzo -credo sia stata la Luce-.

Il comandante levò la spada in alto e la vibrò su Althervei, decapitandolo. L'elmo rotolò nel fango, vuoto come il resto della corazza. L'essere sembrava svanito.

-E' ora di chiudere questa faccenda- disse Greyvass, e di nuovo levò la spada, stavolta sulla pietra. Di nuovo un guizzo attraversò la mente di Hedras, ma era troppo tardi.

-Fermo!-

La lama si abbattè sulla pietra, e un lampo squarciò le tenebre.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Edward LoneBark