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Autore: Leonhard    28/08/2016    4 recensioni
Cos'è successo prima? Cos'è successo dopo?
Questa raccolta di OS ripercorre i giorni che nessuno ha visto. Il prima della guerra ed il dopo, la partenza ed il ritorno dei dieci guerrieri dell'Armonia
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CLOUD STRIFE


La questione non era perché farlo: andava fatto, punto e basta. Cloud sospirò, guardando Midgar. Così lontana sembrava la carcassa annerita di un gigantesco mostro; il cielo era ancora puntinato e frammenti della Meteor continuavano a cadere sottoforma di una pioggia di stelle cadenti.

Un desiderio per ogni stella cadente che vedi, gli aveva detto una volta sua madre: nell’unico ricordo che aveva di lei, lo accompagnava sopra la torre dell’acqua di Nibelheim e gli faceva posare la testa sul suo grembo, accarezzandogli i capelli biondi e guardandolo negli occhi. Sapeva che in un tempo ormai lontano, di cui non esisteva altro che quel ricordo, lui aveva gli occhi color grigio piombo.

Prima della Shin-ra, prima dei SOLDIER, prima del Mako e di quei quattro anni in infusione. Prima di Zack, di Sephiroth, di quella maledetta spedizione al monte Nibel.

Aveva gli occhi grigi ed aveva paura. Più precisamente, la sentiva.

Quante volte durante la loro crociata si era sentito dire che era forte, che era coraggioso, che era impavido. Non lo era per nulla, anzi: era una delle persone più fifone sulla faccia della terra. Quanto tempo di aveva messo a decidersi a seguire Tifa quando aveva fatto quella spedizione infantile sulla montagna? Aveva continuato a camminare combattendo con tutte le sue forze contro la paura e tenendo lo sguardo fisso su di lei.

Era il Mako nelle sue vene a renderlo così. Aveva paura, l’aveva sempre avuta. Il piccolo inghippo era che lui non la sentiva: era completamente insensibile alla paura, alla fatica, al dolore.

Lui non era coraggioso, era una macchina e come tale non sentiva sentimenti ed emozioni.

Ma per fare quello per cui era venuto sin lì, persino il Mako non poté fermare quel moto d’ansia. Sulla tomba di Zack, una rupe in pietra senza nulla che testimoniasse il passato, soffiava un vento secco e l’impercettibile suono delle sterpaglie e dei cespugli secchi accarezzavano il silenzio che permeava quella valle.

La Buster Sword appesa sulla sua schiena improvvisamente gli sembrò più pesante di quanto non lo fosse mai stata. Ma forse era sempre stata così gravosa: era lui che non sentiva la fatica nel sollevarla e maneggiarla come se fosse una comune spada. La sganciò dal supporto magnetico della divisa SOLDIER e la portò davanti a sé, soffermandosi per la prima volta sul tendersi dei suoi muscoli. Guardò i vani Materia poco sopra l’elsa ed appoggiò la fronte contro il freddo metallo.

Pensò fugacemente che non poteva esserci lapide più azzeccata per Zack. Adesso lo ricordava; ricordava cosa aveva fatto per lui e meritava una commemorazione da parte dell’unica persona al mondo che conosceva la sua storia, sapeva il punto esatto in cui piantare una croce a forma di Buster Sword.

Una forte luce bianca esplose poco lontano da lui e ne uscì una donna. A colpo d’occhio, Cloud non seppe definirne l’età né le intenzioni, ma non percepì l’impulso di mettere la lama tra lui e la figura. Era alta e magra, con una carnagione diafana e luminosa sotto una cascata di capelli dorati. Gli occhi, di un immacolato azzurro, lo guardavano corrucciati.

“Cloud Strife?” chiamò. Non sembrava una domanda. Il SOLDIER abbassò la lama e si volse nella sua direzione.

“Chi lo vuole sapere?” chiese guardingo. Lei abbassò il capo, in un sottinteso saluto.

“Io sono Cosmos, la dea dell’Armonia” rispose. Cloud scosse la testa.

“Mai sentita, spiacente” replicò. “Posso fare qualcosa per te?”. La dea ignorò completamente la domanda: volse lo sguardo sulla spada, schierata accanto alla gamba del ragazzo.

“È una spada pesante quella” osservò. “Dimmi: riesci a maneggiarla?”. Per tutta risposta, Cloud la fece volteggiare sopra la sua testa un paio di volte, riponendola infine contro la piastra magnetica dell’imbragatura. Le scoccò un’occhiata di sfida prima di sospirare e distogliere lo sguardo.

“A volte non è facile…” ammise. La dea annuì comprensiva.

“Si, certo” assentì. “Non è un’arma che può essere usata con leggerezza: ci va una grande forza per impugnarla”. Emise un sospiro stanco, come se non le piacesse quello che stava per dire. “Cloud…posso chiederti un po’ della tua forza?”.

“Cosa vuoi da me?” chiese. Era la stessa domanda che aveva fatto pochi secondi prima, ma questa volta sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, quasi fosse in attesa. La dea gli piantò negli occhi luccicanti di Mako un’occhiata sconsolata, quasi come se lo stesse pregando di farle almeno concludere la richiesta.

“Ho bisogno della tua forza” disse. “Sono impegnata in una guerra contro Chaos, il dio della Discordia. Le sue forze si sono moltiplicate ed hanno decimato le mie: ho bisogno di guerrieri che combattano per me in questa guerra”.

“Una guerra…” borbottò lui. Era una parola che avrebbe dovuto farlo reagire in un modo che gli esperimenti della Shin-ra non gli permisero: rimase calmo e posato, mentre soppesava quella parola che voleva dire tutto ma che in quel momento era come qualunque altra nel vocabolario. “Perché?”.

“Chaos intende portare la distruzione e la morte in tutti i mondi” continuò la dea. “Se non troverò abbastanza eroi che combattano i suoi campioni, ci riuscirà: i miei poteri si sono molto indeboliti e non ce la farò da sola a fronteggiarlo”.

“Combattere un dio non rientra nelle mie competenze” borbottò lui, automatico. “Non sono interessato”.

“Capisco…” replicò lei. “Sai…non è mia abitudine insistere, ma con te voglio fare un’eccezione: è veramente una spada straordinaria quella che stringi tra le mani. Può diventare più pesante, ma allo stesso modo potresti trovare il modo di alleggerirla un po’…”.

“Questa spada non è mia” ammise, distogliendo lo sguardo. “Io…la sto restituendo al suo proprietario”.

“Beh…se te l’ha prestata per così tanto tempo, non credi che potrebbe lasciartela ancora per poco?” obiettò Cosmos. Lo guardava con occhi supplici, in cui lesse tutta la disperazione e l’urgenza che gravava sulla situazione appena descritta. “Ho bisogno di un soldato come te, Cloud. Se non vorrai, io capirò: me ne andrò e non mi vedrai mai più, ma sappi che il tuo contributo potrebbe essere importante per la sconfitta di Chaos”.

Il SOLDIER fissò la spada. Era ancora stretta nel suo pugno e rifletteva la luce dei raggi del sole. Quasi sembrava scalpitare dalla voglia di entrare in gioco.

Abbraccia i tuoi sogni e l’onore dei SOLDIER

Il mantra di Zack in quel momento sembrava così contraddittorio nella sua semplicità che Cloud si sentì svuotato. Sospirò, scuotendo impercettibilmente la testa.

“Va bene, Cosmos” disse infine. “Verrò”. Il viso della dea si schiuse in un sorriso sollevato.

“Posso chiederti perché hai cambiato idea?” chiese. “Non devi rispondermi per forza”. Lui scosse la testa.

“Un pensiero…” disse, evasivo. La guardò mentre allungava una mano verso di lui, la luce irradiata dal suo corpo farsi sempre più intensa ed abbagliante e chiuse gli occhi.

“Abbraccia i tuoi sogni” mormorò piano, tra sé e sé. “E proteggi l’onore dei SOLDIER…”.

Era ora di cambiare mantra
   
 
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