Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: MystOfTheStars    28/08/2016    2 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X

 

Scoperte

 

 

 

 

 

La montagna era ricoperta da un candido manto di neve. Sopra l'altura, in mezzo alle sagome scure degli abeti, si ergeva una fortezza; abbandonata più di mezzo secolo prima a seguito di un incendio che l'aveva quasi distrutta, a vederla quel giorno sembrava fresca di costruzione. Le pareti delle mura e della torre si innalzavano lisce come il marmo; al suo interno, le imposte delle finestre erano di legno perfettamente intonso, spalancate su piccoli cortili dove l'inverno, nonostante le temperature rigide e le abbondanti nevicate, non era ancora arrivato.

Siepi e fiori lussureggiavano sotto il cielo plumbeo, forti del potere magico che li teneva in vita. Nonostante l'apparenza severa e le mura scure, quelle aiuole regalavano un che di stranamente accogliente e spensierato alla fortezza, sconfiggendo con il loro profumo ed i loro colori il grigio ghiacciato della stagione.

Nelle sale dell'edificio, però, regnava un clima gelido che aveva poco a che fare con il freddo dell'inverno.

"Ormai non mi sorprende più sapere che hai perso le tracce degli spiriti nel bel mezzo della campagna."

Akoya si irrigidì. Il tono di Kinshiro era privo di inflessione, ma non era difficile cogliervi una certa disapprovazione. Il demone dai lungi capelli lasciò che il colpo inflitto al suo orgoglio trasparisse nella sua postura e nella sua espressione. L'altro poteva pure ritenerlo un incapace, meglio così: stava facendo inconsapevolmente il suo gioco.

"Con l'inverno, non si sono quasi più allontanati dalla foresta. Avremo maggior fortuna con la primavera."

Ma Kinshiro non lo stava più ascoltando. I suoi occhi scarlatti ora vagavano lungo le pareti spoglie e scure della sala di pietra, all'inseguimento di fantasmi che solo lui poteva vedere, mentre con le dita indugiava ad accarezzare la statuina di giada, posata su di un tavolo accanto a lui.

Lo sguardo di Akoya si posò sul porcospino per qualche attimo, prima che il demone tornasse a fissare il vuoto davanti a sé, attendendo che Kinshiro gli desse il permesso di andare. Da quando avevano lasciato la villa vicino alla foresta, si portava sempre appresso quella dannata statuina ed il resto del mondo sembrava passato in secondo piano.

Ad Akoya quella cosa non era mai piaciuta, ma almeno, quando erano lui ed Ibushi a custodirla nel labirinto, rimaneva sempre sul suo piedistallo e da lì non si spostava. Adesso, invece, compariva ovunque si trovasse Kinshiro, e la sua vista iniziava a dargli la nausea.

Poco più tardi, Akoya si ritrovava a passeggiare nella piccola corte che lui ed Ibushi avevano trasformato in un giardino. Nonostante l'innegabile bellezza delle piante che vi crescevano, il demone era nervoso.

Sarebbe stato un inverno lungo e difficile da sopportare, non tanto per il clima, quanto per l'idea di doverlo trascorrere chiuso tra quelle mura scure assieme agli altri due. Automaticamente, sollevò una mano al collo e lasciò che le dita si intrufolassero sotto il colletto di pelliccia della tunica per sfiorare la perla che pendeva nell'incavo tra le sue clavicole.

I mesi che lo aspettavano sembravano eterni. Sperava solo di non uscire di testa come Kinshiro.

I suoi passi lo portarono accanto ad una delle finestre della sala da cui era uscito poco prima. Nonostante il vetro spesso, poteva udire la discussione in corso tra gli altri due demoni. In realtà, quella che sentiva chiaramente era solo la voce di Kinshiro, perché Ibushi manteneva un tono remissivo.

Quanto avrebbe dovuto peggiorare la situazione prima che il demone del vento cambiasse atteggiamento? Se mai l'avesse cambiato, considerò Akoya, rigirandosi la perla tra le dita.

Si avvicinò alla finestra con passo felpato, anche se, a giudicare dall'astio di Kinshiro, questo difficilmente avrebbe potuto notarlo anche se avesse fatto rumore.

"Perché hai aiutato Atsushi, quel giorno che si è perso nel labirinto?"

Akoya spalancò gli occhi per la sorpresa. Che senso aveva recriminare così per qualcosa avvenuto quasi dieci anni prima? Ibushi, a giudicare dal tono della sua risposta, non sembrava stupito per l'accusa.

"Kinshiro, era stata una tua decisione, non ricordi? Di usare i principi come esca. Non potevamo certo permettere che il labirinto lo ingoiasse."

"Avresti dovuto far sì che il labirinto lo gettasse fuori, invece il tuo vento lo ha spinto al centro, fino a lui. Che cosa speravi di ottenere facendolo arrivare fin lì, eh?"

Ibushi, adesso, suonava a disagio. "Sono arrivato tardi, Kinshiro. Il labirinto l'aveva chiamato a sé, non avrei potuto fare altro."

"Ma ciò non sarebbe mai dovuto accadere, mai." La voce di Kinshiro vacillò, come se il demone fosse stato scosso da un momento di rammarico - se per il principe o per lui, non era facilmente decifrabile.

Akoya lasciò che i suoi bei lineamenti si contraessero ed indurissero in una smorfia di rabbia. No, Atsushi non avrebbe mai dovuto avvicinarsi a quella cosa, e nemmeno loro avrebbero dovuto farlo.

 

Non ci volle molto perché anche Ibushi facesse la sua comparsa nel cortile interno. Era solo, ma la cosa non sorprese affatto Akoya, anzi, lo sollevò. Si avvicinò quindi all'altro con fare casuale.

"Per quanto ancora ci toccherà andare avanti così? Sono già stufo di questo posto, è piccolo e limitato," sbuffò, seguendo il demone dai capelli color del muschio mentre questo si inginocchiava accanto ad un cespuglio di rose. Uno dei rami era inclinato verso il basso, i petali dei suoi fiori pesantemente spioventi verso terra. Ibushi sollevò lentamente una mano, le dita protese verso la pianta: subito, un piccolo refolo di vento fece tremare le foglie del cespuglio ed il ramo si raddrizzò, sorretto dall'aria.

"Ci vuole pazienza con i fiori, Akoya, dovresti saperlo."

L'altro alzò il mento, indispettito. Mentre Kinshiro si trastullava con quel suo animaletto di giada, lui ed Ibushi non avevano altro da fare che curare quel giardino, tutto il giorno, tutti i giorni. E l'inverno era ancora lungo. Ibushi aveva molta più pazienza con Kinshiro che con le loro rose, mentre Akoya non ne possedeva altrettanta - non per quanto concerneva i due demoni, almeno.

"I fiori almeno ne valgono la pena."

Ibushi gli rivolse uno sguardo desolato, quasi fosse rimasto ferito dalle sue parole, ma Akoya non aveva intenzione di rimangiarsele.

"Tu sei testardo quanto lui," lo accusò. "Fino a quando hai intenzione di assecondarlo?"

L'altro distolse gli occhi e temporeggiò, giocherellando delicatamente coi petali di una rosa.

Sotto lo sguardo severo di Akoya, lo stelo del fiore si allungò improvvisamente ed una spina punse il dito di Ibushi, il quale rivolse al compagno uno sguardo ferito.

"Con ogni giorno che passa, quella cosa aumenta il potere su di lui," il tono del demone era accusatore.

"Non c'è nulla che possiamo fare per lui, ora. Qui è al sicuro, per adesso. Quel che sarà poi..." Ibushi si succhiò la punta del dito per qualche attimo, poi sospirò ed affrontò lo sguardo tagliente di Akoya. "Non lascerò che venga fatto del male a Kinshiro, né che lui si faccia del male da solo. E per questo, non ho intenzione di abbandonarlo."

Tornò ad abbassare lo sguardo sulle rose. "Se ritieni di non poter più rimanere..."

L'altro incrociò le braccia sul petto. "Stai suggerendo che me ne vada? Sai bene che non posso. Nemmeno tu puoi. Oh be'," sospirò alla fine gesticolando in segno di resa, "se non altro a te non dispiace così tanto."

Ibushi sollevò lo sguardo in tempo per vederlo andarsene.

 

~~~

 

A valle, il cielo azzurro e gelido si rifletteva sulla coltre nevosa che uniforme ricopriva la foresta. Il candore era punteggiato qua e là dalla sommità più scura di qualche abete, i cui rami, carichi di neve, avevano ceduto al peso, piegandosi e liberandosi del carico gelato.

Era da poco iniziato l'anno nuovo e si era ancora nel cuore dell'inverno, la natura era immobilizzata nella presa del ghiaccio, assopita.

Silenzio e bianco circondavano la piccola casa di legno nel bel mezzo dei boschi. Nonostante la quiete, le piante dormenti e gli abitanti intirizziti della foresta attendevano l'arrivo della primavera con impazienza e, in qualche caso, apprensione.

Sdraiato pigramente di fronte al camino, Ryuu si divertiva a far danzare le fiamme del fuoco. Ultimamente, gli spiriti mettevano meno attenzione nel celare i propri poteri agli occhi di En, quasi lo sfidassero a coglierli sul fatto e chiedere loro spiegazioni. Avrebbero dovuto affrontare l'argomento dell'identità del ragazzo al più presto, ma nessuno dei tre sembrava avere fretta di farlo, tutt'altro.

La continua decisione di rimandare il momento della verità, però, non tranquillizzava il terzetto, che anzi era sempre più sulle spine ogni giorno che passava.

"Novità?" chiese infine Ryuu girandosi verso Io, che come al solito stava seduto compostamente sulla panca, intento a redigere la solita missiva ai sovrani. Non c'era molto da scrivere, quell'inverno era relativamente noioso e privo di eventi rilevanti. Chiusi nella loro casetta, tutti e cinque (sei con il vombato) aspettavano il disgelo.

"No. Sono sempre arroccati in quella vecchia fortezza, in cima alla montagna."

Lo spirito della terra aveva ormai imparato a convivere con la costante consapevolezza del luogo dove si trovava Akoya. Anche su questo versante, però, non c'era alcunché di nuovo: da quando Io aveva creato l'incantesimo di localizzazione, i demoni erano rimasti stazionari nella loro vecchia dimora, salvo qualche tentativo poco convinto di Akoya di avvicinarsi alla foresta.

Ryuu sbuffò, incrociando le braccia sul petto. Il fatto che non si muovessero mai di là era diventato snervante e più di una volta lo spirito del fuoco aveva messo in dubbio il buon funzionamento dell'incantesimo di Io. L'altro, però, non sembrava altrettanto impaziente.

"Stanno aspettando," gli rispondeva sempre, "esattamente come noi".

Questa era, però, una risposta tutt'altro che rassicurante - e poi Ryuu detestava le attese, era un tipo d'azione, aveva bisogno di qualche novità, qualche- I due spiriti voltarono le teste contemporaneamente, sorpresi all'udire i passi di En che scendevano le scale.

Il sole non era ancora alto nel cielo ed il ragazzo, normalmente, dormiva fino a mezzogiorno, quindi era davvero insolito che si svegliasse così presto. Ancora più incredibile, poi, fu il vederlo comparire completamente vestito e dirigersi con aria incurante verso la porta di casa, per infilare i pesanti stivali invernali.

I due si scambiarono un'occhiata silenziosa.

"Ehi, dove vai?" chiese finalmente Ryuu.

Di solito, convincere En ad uscire con la neve ed il freddo era un'impresa così ardua che gli altri ci rinunciavano in partenza. Vederglielo fare spontaneamente era come assistere ad una specie di miracolo.

"Vado a fare due passi. Ho visto certe impronte nella neve, ieri, vado a dare un'occhiata. Non aspettatemi per pranzo."

Ancora una volta, i due spiriti si guardarono negli occhi, perplessi, mentre il ragazzo si chiudeva la porta alle spalle.

"...alquanto inusuale," fu il lapidario commento di Io.

"Inusuale? È stranissimo! Yumoto!"

Al richiamo di Ryuu, lo spirito biondo emerse dalla cucina, con il vombato a cavalcioni sulle spalle e coperto di farina.

"Per caso sai perché En si è vestito di tutto punto ed è uscito?"

L'altro sembrò pensarci su per qualche attimo, ma alla fine scosse la testa. Il vombato starnutì.

I due spiriti si strinsero nelle spalle e tornarono alle proprie occupazioni. La partenza di En, però, continuava ad infastidirli. Non c'era nulla di male in ciò che aveva fatto, naturalmente, ma per qualche oscuro motivo sentivano entrambi puzza di bruciato.

Quand'era l'ultima volta che erano usciti a giocare con la neve? Anni fa, ormai, e perfino allora En preferiva stare a guardare piuttosto che giocare a palle di neve con loro o costruire pupazzi. Ecco, ripensandoci, si erano divertiti quasi più loro quando En era bambino che non En stesso...

"Certo che è stano, eh."

Io alzò gli occhi dalla pergamena ed annuì.

"Non corre pericoli lì fuori comunque, te l'ho detto, i demoni sono lontani."

Ryuu si strinse nelle spalle, non convinto, ed andò a sedersi accanto a lui sulla panca, poggiando casualmente una mano sulla sua spalla.

"Sì, ma... E se scivola sul ghiaccio e si fa male? Se si addormenta da qualche parte e poi muore congelato?"

Io lo guardò un po' perplesso. Dovette ammettere, però, che la seconda ipotesi non suonava poi così irreale.

"Dobbiamo seguirlo, allora," disse semplicemente, prendendosi appena il tempo di strofinare la guancia sulle dita posate su di lui. Ryuu annuì e sorrise.

Il tempo di chiamare Yumoto, ed i tre spiriti, tornati alle loro dimensioni ridotte per evitare di dare nell'occhio e lasciare impronte, presero il volo seguendo le tracce fresche lasciate dall'umano.

I segni nella coltre nevosa, nel tratto iniziale, seguivano uno dei sentieri nella foresta, ma dopo un po' si inoltravano nel fitto degli alberi, tracciando un percorso intricato in mezzo ai cespugli ora spogli ed alle fronde innevate di sempreverdi. Qua e là, un ramo spezzato o dei cumuli di neve fresca lasciavano intuire dove En si era dovuto fare strada a forza nell'intrico delle piante.

Gli spiriti, che viste le dimensioni non avevano difficoltà a seguire il percorso del ragazzo, diventavano tuttavia sempre più perplessi e sospettosi. Era davvero necessario ficcarsi nel sottobosco per "fare due passi"? Non c'era nessuna pista di impronte, oltre a quella lasciata dal principe, e la cosa non li stupì.

Intanto, il paesaggio attorno a loro si era fatto estraneo. Erano sempre all'interno della loro barriera magica, naturalmente, ma era una zona di foresta che vedevano senz'altro per la prima volta.

Nella quiete invernale, il ronzio delle loro ali era l'unico rumore che li accompagnava; ad un tratto, sotto di loro passò una grossa lepre, e ad un certo punto i tre dovettero guardarsi da una cornacchia che si era messa ad osservarli con interesse, forse considerandoli uno spuntino appetibile nel rigore della stagione.

Solo dopo un po', finalmente, raggiunsero En (il ragazzo sapeva andare veloce, quando voleva); prima ancora di vederlo, ne sentirono la voce - ed oltre la sua, anche una seconda.

Improvvisamente spaventati, i tre spiriti accelerarono fino al massimo della velocità delle loro piccole ali, sfoderando già le bacchette per affrontare chiunque stesse mettendo in pericolo il principe. Il loro impeto fu fermato, però, dal tono di En - suonava gioviale, tenero, sicuramente non spaventato.

I tre, bacchette sempre in mano ma ormai per nulla sicuri di che cosa stesse accadendo, si fermarono sul largo ramo di un faggio al limitare di una radura.

Sotto di loro, c'erano due persone: En ed un altro ragazzo, vestito di un ampio mantello di pelliccia che lasciava intravedere abiti da viaggio eleganti color verde smeraldo. Sicuramente non era uno dei demoni, ma la scoperta non fece rilassare gli spiriti, che rimasero in allerta a spiare i due giovani, che camminavano un po' a fatica nella neve, che arrivava fin quasi al ginocchio.

"Questo posto sembra così diverso, adesso," disse lo sconosciuto.

Yumoto e Ryuu aguzzarono la vista. Avevano già visto quell'umano da qualche parte, ne erano sicuri...

"Perché non ci sei mai venuto in inverno," spiegò tranquillamente En.

Ryuu aprì la bocca per dire qualcosa, ma alla fine si limitò a scuotere la testa stupefatto. Quell'"in inverno" implicava che doveva esserci venuto in altre stagioni e la cosa non era affatto rassicurante.

"Credo sia la prima volta che vengo alla villa estiva in una stagione diversa, sai? Ma dovevamo presenziare a questo matrimonio..."

Lo sconosciuto raccontò brevemente di una cerimonia di certi nobili in un castello non lontano da lì, mentre i tre spiriti si arrovellavano tentando di capire qualcosa.

"A dire il vero nemmeno io ci vengo se non in estate," replicò En più modestamente. "La sorgente è ghiacciata, e poi, da solo mi annoierei."

Io ricambiò l'occhiata dello spirito del fuoco. "Sembrano essere amici," commentò sottovoce.

Accanto a lui, Yumoto si batté il pugno sul palmo della mano.

"Ecco dove l'avevo già visto! Al villaggio, quest'estate, mentre cercavamo En!" esclamò.

La scoperta di Yumoto sembrò smuovere qualcosa nella mente di Ryuu, che si schiaffò una mano sulla fronte.

"Il principe!" trasecolò. "È il principe Atsushi, il fratello della principessa... Non posso crederci!"

Ancora esterrefatto, riportò la sua attenzione sui due umani che, pian piano, si stavano allontanando verso l'altra estremità della radura. Gli spiriti li seguirono, ben attenti a non lasciare il riparo dei rami - i ragazzi sembravano molto assorti nella loro conversazione, comunque, e non alzarono gli occhi nemmeno per sbaglio.

"Sono così contento di averti trovato... Per un attimo, ho temuto di essere venuto invano."

"Ho sognato che saresti arrivato."

Atsushi sbuffò. "Sai che quasi incomincio a crederti, su questa cosa dei sogni?"

"E prima non mi credevi? Che cattivo che sei!" fece En risentito.

"Quella storia me l'hai raccontata quando avevamo, quanto, undici, dodici anni? Ovvio che ho sempre pensato che te la fossi inventata!"

Gli spiriti si guardarono, con negli occhi diverse declinazioni della stessa espressione allibita.

"E così, si conoscono da parecchio," commentò freddamente Io.

"Come è potuto...?" Ryuu scosse la testa. Non se ne erano mai accorti, in tutti quegli anni, e la cosa aveva dell'incredibile.

"Quel che conta è che En abbia trovato un amico, però!" Yumoto, al suo solito, sembrava quello meno sconvolto dalla situazione.

Ryuu, suo malgrado, si trovò ad annuire. "Che sia in buoni rapporti con il principe è un bene, visto che diventerà suo cognato," fece mentre continuava ad osservare i due. In ogni caso, c'era ancora molto che non gli tornava. In quella, Atsushi mise un piede in fallo ed affondò nella neve fino alla vita. En si affrettò a tirarlo su quasi di peso, circondandogli le spalle con le braccia.

"Attento, la neve è davvero profonda," fece il ragazzo rimettendolo in piedi con sollecitudine, ma non accennando a staccarsi da lui.

"Be', certo sembrano proprio ottimi amici," commentò Ryuu aggrottando le sopracciglia, mentre osservava i due avvicinarsi sempre di più.

Nel momento in cui si baciarono, sulla radura cadde un silenzio di tomba.

"...non ci posso credere," boccheggiò ad un certo punto Ryuu, resosi conto di aver trattenuto il fiato fino a quel momento. E dire che i due ancora non si erano staccati! Non rischiavano di morire soffocati?

Accanto a lui, gli occhi di Io erano ridotti a due fessure.

"Nell'accordo con i sovrani, non era stato detto esplicitamente che avrebbe dovuto innamorarsi proprio della principessa. Insomma, abbiamo comunque diritto alla ricompensa," ragionò a denti stretti.

Yumoto, invece, aveva stampato sul viso un sorriso di una felicità disarmante.

"Sono innamorati!" esclamò a voce un po' troppo alta, venendo subito zittito dalle mani degli altri due sulla bocca. I principi, però, si erano appena rituffati avidamente l'uno nelle braccia dell'altro, dimentichi del mondo che li circondava.

I tre spiriti rimasero ad osservarli per un po'.

"E' un disastro," commentò Ryuu.

"E' perfetto!" gli fece eco invece Yumoto.

"Ma come è potuto succedere?!"

Yumoto lo guardò con aria serena. "Ve l'avevo detto, che il vero amore sarebbe arrivato, in un modo o nell'altro."

Ryuu fece per ribattere, ma alla fine sospirò, lasciandosi cadere a gambe incrociate sul ramo appena sotto di loro. Attorno a lui, la neve si sciolse.

Gli altri due spiriti gli si sedettero accanto, ancora intenti ad osservare i due ragazzi nella radura. Le mani di En erano sparite sotto il mantello del principe, e il lungo bacio non sembrava averli ancora annoiati, tutt'altro.

"Be', se non altro sembra che siamo a posto, nel malaugurato caso in cui la maledizione dovesse colpirlo veramente. Voglio dire, un bacio non dovrebbe essere un problema, a questo punto." La voce dello spirito del fuoco, però, non suonava vittoriosa. "Se solo l'avessimo saputo prima...! Avremmo potuto, non so, dare una mano. Consigliarlo."

"Forse è meglio così, visto che quando abbiamo cercato di dare una mano le cose non sono andate proprio come programmato," fece notare Io e Ryuu si limitò a scrollare le spalle.

"Avrei potuto insegnargli una cosa o due," commentò.

En aveva infilato il viso sotto il collo di pelliccia del mantello di Atsushi e, qualsiasi cosa gli stesse facendo, quest'ultimo sembrava decisamente gradire.

"Io credo che se la stiano cavando egregiamente anche da soli," fece notare Io. Dopo un attimo, sottovoce, aggiunse, "credo anche che dovremmo lasciarli soli. Stare a guardare non sta bene."

Ryuu e Yumoto indugiarono ancora qualche attimo, poi si girarono e seguirono lo spirito della terra che, rosso in volto, si stava già allontanando dalla radura.

 

Sulla via del ritorno, il trio continuò ad interrogarsi sull'incredibile scoperta.

"Quello che proprio non mi so spiegare," fece Ryuu per l'ennesima volta, "è come il principe Atsushi abbia potuto attraversare la nostra barriera come niente fosse. Non avrebbe dovuto lasciar passare nessuno, spirito o essere umano, che non fossimo noi."

Yumoto, che svolazzava accanto a loro, letteralmente radioso di felicità, fece una mezza piroetta su se stesso prima di rispondere.

"A meno che la barriera non sapesse già che il principe era o sarebbe stato l'amore di En! Sono stato io a lanciare la contromaledizione sul piccolo En, e io ho contribuito a costruire la barriera... La magia agisce di testa sua spesso, no?"

"Spiegazione semplicistica, Yumoto," replicò Io, "ma al momento non me ne vengono di migliori."

"Be', potremo sempre chiederlo al diretto interessato, quando En si degnerà di farcelo conoscere," fece notare Ryuu, un po' risentito.

Io sembrò ponderare la situazione. "L'argomento è delicato. Da un lato, En è riuscito dove abbiamo fallito noi, ma dall'altro, il re e la regina si aspettano di vederlo felicemente fidanzato alla principessa, non al fratello."

La felicità di Yumoto si oscurò per un momento. "Ma se i due principi sono innamorati, certamente i loro genitori non saranno così crudeli da volerli separare."

Gli altri due spiriti, però, nutrivano forti dubbi in proposito. "Yumoto, siamo stati noi a tirare in ballo la storia del bacio, per salvare En dalla maledizione. Lo sai, però, che gli umani spesso fanno un sacco di cose senza considerare minimamente i sentimenti," disse Ryuu.

Yumoto scosse la testa. "Non questa volta. Quando ho fatto il mio regalo al nostro principe, gli ho donato la promessa del vero amore. Non voglio che le decisioni politiche lo rendano infelice!" affermò, una mano stretta a pungo e uno sguardo pieno di decisione negli occhi.

Gli altri due lo guardarono e sorrisero.

"Faremo di tutto perché non accada," fece Ryuu, convinto.

"Però, vediamo di procedere un passo alla volta," propose Io, pratico. "Dobbiamo ancora affrontare il discorso sulla vera identità di En, e poi riuscire ad impedire la maledizione. Superato tutto questo, ci sarà tempo di parlare di fidanzamenti."

 

~~~

 

Nonostante la buona risoluzione degli spiriti, l'argomento non venne affrontato se non a primavera già inoltrata.

En non aveva più incontrato Atsushi per tutto il resto dell'inverno. Gli spiriti e il vombato lo avevano controllato attentamente, ma non c'era segno né di lettere né di messaggi di alcune genere. En, dall'altra parte, appariva tranquillo, anche se tendeva a perdersi nei propri pensieri più spesso del solito.

Accadde, in un certo senso, per caso. Era una serata tiepida e tutto era come sempre: Yumoto si dedicava a coccolare il vombato, En sedeva con aria assente vicino alla finestra e Io e Ryuu si stavano cimentando in una partita a carte. Alla terza sconfitta consecutiva, lo spirito del fuoco si allontanò con impeto dal tavolo, scocciato.

"Che noia però! Non ti stufi a vincere sempre?!"

Io lo guardò con un sorriso tranquillo. "Preferiresti che perdessi di proposito?"

Ryuu incrociò le braccia sul petto, sbuffando e probabilmente tenendo a bada l'istinto di bruciare il mazzo.

"No, non voglio vincere per finta," si lamentò, voltandosi dall'altra parte. Normalmente, sarebbe stato felice di veder Io sorridere, ma in quel momento la bravura dell'altro gli dava solo sui nervi. Allora, notò che En si era messo a giocherellare con i fiori di campo che Yumoto aveva raccolto quella mattina, ancora belli freschi nel loro vaso sul davanzale.

"Caspita, En, non avrei mai detto di vederti protagonista di un quadretto così cliché, ci manca solo che tu ti metta a strappare i petali di quella margherita dicendo 'm'ama non m'ama'!"

Il ragazzo lo guardò con occhi vuoti. " Non capisco a che cosa ti riferisci," gli disse, ma Ryuu sembrava troppo divertito dalla situazione per starsene zitto.

"Sembri una ragazzina in attesa del principe azzurro. Chi è che ti fa sospirare così?" lo stuzzicò quindi.

Per un breve attimo, En si irrigidì visibilmente, colto di sorpresa. Si riebbe un momento dopo, però, e tentò una risposta.

"Eh? Ryuu, sei tu quello che normalmente blatera di ragazze e fiori, non proiettare su di me i tuoi bisogni."

Ryuu, resosi conto di essersi spinto troppo oltre, era quasi sul punto di rimangiarsi tutto, ma Yumoto si intromise con trasporto. "Sappiamo del Principe Atsushi, cuginone, e siamo felici per te!"

Il volto di En si congelò per un istante, poi divenne una maschera di imbarazzo misto a risentimento. Ora che Yumoto aveva fatto addirittura il nome del ragazzo, era troppo tardi per negare l'evidenza.

"Che cosa significa che lo sapete? Ci avete spiato?"

"Quando te ne sei uscito tutto solo, quest'inverno, ci siamo incuriositi e ti abbiamo seguito," spiegò semplicemente Io.

En arrossì. "Che cosa?!" boccheggiò. "Non avreste dovuto..." borbottò alla fine, offeso.

"Forse, se tu ci avessi raccontato di lui fin dall'inizio, non ci saremmo preoccupati così tanto da seguirti," suggerì Ryuu.

En si corrucciò. "Fino a prova contraria, sono affari miei comunque."

"Ma cuginone, noi siamo solo contenti di saperti felice con qualcuno che ti piace!" interruppe Yumoto con un candore che fece andare in fiamme il viso del ragazzo.

Ryuu annuì con forza. "Che cosa ti avevo detto io, En? Prima o poi ti saresti innamorato!"

L'altro incrociò le braccia sul petto, in atteggiamento difensivo. "Hai sempre parlato di ragazze, non mi pare che tu ci abbia azzeccato..."

Ryuu scacciò quel pensiero con un gesto noncurante della mano. "Ragazzo o ragazza, non importa. Certo, chi se lo sarebbe aspettato che accalappiassi proprio un principe...!"

Il commento scherzoso di Ryuu non parve, però, alleggerire l'atmosfera; anzi, En sembrò mettersi ancora di più sulla difensiva.

"Vuoi dire forse che è fuori dalla mia portata? È vero, siamo diversi, ma..." En si fermò lì, incerto su come andare avanti. In quel silenzio improvviso, gli altri tre lo guardarono senza capire, finché fu chiaro anche a loro quanto ad En pesasse la differenza di status tra lui ed Atsushi. Ryuu e Yumoto sorrisero - il primo, anzi, si fece scappare una risatina che gli valse un'occhiata offesa da parte di En.

"Ti prendi gioco di me? Atsushi non mi ha mai preso in giro solo perché non sono un nobile come lui."

Io annuì pensieroso. "In effetti, En, non sei nella più facile delle relazioni," considerò.

"Credi che non lo sappia? Atsushi è un principe ed io sono solo... Be', un orfano che vive nel bosco," En rispose, abbassando lo sguardo sui palmi delle sue mani, come a considerare per quanto tempo ancora avrebbe potuto tenere il suo amato stretto a sé, prima che le loro differenze glielo portassero via.

Yumoto andò a sederglisi vicino per confortarlo, mentre Io scuoteva la testa, serio. "Non è questo, En. È che tu sei già stato promesso in matrimonio ad un'altra persona. Ora, non-"

A sentire quelle parole, En alzò la testa per guardarlo con occhi vuoti.

"Eh, ma che vai dicendo?" lo apostrofò debolmente. Io, di fronte a lui, non aveva battuto ciglio.

"Sto dicendo che sei già fidanzato."

En si innervosì. "So che cosa vuol dire, ma non è vero. E comunque, chi avrebbe fatto una cosa simile? E promesso a chi, soprattutto?"

Io sospirò e tentò di andare avanti. "Alla Principessa Kinugawa. Sono stati i tuoi genitori, naturalmente, che-"

"La sorella di Atsushi?" En fece tanto d'occhi, come se la cosa fosse tanto assurda da indurlo a mettere in dubbio la sanità mentale di Io. "E quali genitori, poi? Io - noi non abbiamo genitori, non ve lo ricordate più?" Il ragazzo appariva, ora, decisamente spazientito. "Quel che dici non ha senso e, se questo è uno scherzo solo per vendicarvi del fatto che non vi ho detto nulla di Atsushi, be', non è per nulla divertente," avvertì in tono improvvisamente serio.

Io sbatté le palpebre. "Non è uno scherzo, En. Non mi permetterei di scherzare su una cosa del genere."

Ryuu, accanto a lui, si scompigliò i capelli, a disagio. Non erano davvero pronti ad affrontare questo argomento e si pentiva di essere stato proprio lui a tirarlo fuori. Eppure, ora non potevano tornare indietro.

"La verità è che non sei stato il solo a tenere nascosto qualcosa a qualcuno, En," ammise evitando di guardarlo in faccia. "Vedi, i tuoi genitori ci sono eccome, e non vedono l'ora di riabbracciarti..."

E così, i tre raccontarono le cose dal principio, dal giorno in cui, quasi diciotto anni prima, tre spiriti protettori avevano incontrato En per la prima volta, addormentato nella sua culla. Sorvolarono sugli aspetti più macabri della magia di Kinshiro, e Yumoto si premurò di sottolineare più volte come il re e la regina non avrebbero voluto davvero farlo partire, ma che non avevano avuto scelta.

Senza scendere nei dettagli, gli spiegarono degli incantesimi che avevano eretto a protezione della foresta, e di come si erano sempre preoccupati che En non riuscisse a trovare l'amore che lo avrebbe salvato, se loro non fossero stati in grado di proteggerlo dalla maledizione (nessuno dei tre, tuttavia, menzionò le lettere che Ryuu si era ingegnato a scrivere, né il loro piano per far incontrare En e la principessa). Ma tutto stava per finire, lo rassicurarono poi, il giorno del suo compleanno sarebbe potuto tornare a casa e riprendere il posto che gli spettava.

Se si aspettavano che En si dimostrasse grato o felice per le rivelazioni, però, i tre spiriti rimasero delusi.

Il ragazzo aveva seguito il racconto con aria scettica e, a momenti, allibita; man mano che questo procedeva, però, aveva fatto sempre più fatica a trattenersi dall'intervenire, e gli erano sfuggite diverse esclamazioni di impazienza e incredulità. Alla fine, rimase zitto, il viso pesantemente affondato nei palmi delle mani.

Gli altri si guardarono in silenzio, chiedendosi l'un l'altro che fare, e il vombato arricciò il naso, chiaramente disapprovando l'intera situazione.

Yumoto si fece più vicino ad En, sfiorandogli una spalla per cercare di confortarlo, ma il ragazzo si spostò bruscamente e poi si alzò in piedi, i pugni contratti. I suoi occhi scivolarono su tutti e tre, soffermandosi su ciascuno di loro, come se li vedesse per la prima volta.

"...anche se questa fosse la verità, perché mai non mi avreste mai detto nulla prima di oggi?" riuscì a dire alla fine, con voce poco ferma.

"Questa è la verità, cuginone," Yumoto provò di nuovo a toccarlo, ma En spostò il braccio di scatto.

"Che lo sia o meno, o mi state mentendo in questo momento, oppure mi avete mentito fino ad ora... In ogni caso, non ho ragione di credervi. Questa storia è assurda, sembra uscita da uno dei romanzi di Atsushi."

I tre spiriti si guardarono ancora una volta e poi, di comune accordo, si trasformarono, rimpicciolendosi improvvisamente di fronte agli occhi spalancati del giovane, che adesso si ritrovava di fronte delle versioni in scala dei propri cugini, complete di piccole ali - ali che facevano un rumore fin troppo simile a quelle di certi insetti che En detestava con tutto se stesso.

Il ragazzo lasciò cadere pesantemente sulla panca, ora leggermente pallido in viso.

"Questo avrei preferito non vederlo..." sussurrò scuotendo la testa.

"Abbiamo deciso di tenerti all'oscuro di tutto perché temevamo per la tua incolumità. Se avessi saputo, avresti cercato di tornare a casa, e i demoni avrebbero potuto catturarti," spiegò Io. Era buffo, pensò En, anche se era diventato così piccolo, la sua voce suonava normale. Forse stava avendo delle allucinazioni. "È lo stesso motivo per cui i tuoi genitori non sono mai venuti qui, sarebbe stato troppo pericoloso."

Yumoto si mantenne a distanza, ma cercò di parlare con tutta la tenerezza che poteva. "Sei convinto, adesso?"

Automaticamente, En si alzò in piedi. A che cosa avrebbe dovuto credere, ora? Al fatto che tutta la sua vita, fino a quel momento, era stata una bugia? Ad una verità che sembrava anche più assurda ed incredibile?

"Io credo che andrò a dormire," boccheggiò alla fine e, con passo appena tremante, lasciò la stanza più velocemente che poteva.

Nel silenzio che era caduto tutto all'improvviso, gli altri seguirono i suoi passi affrettati su per le scale e il tonfo della porta che si chiudeva.

"Non l'ha presa molto bene..." si rammaricò Yumoto, andando a posarsi tra le orecchie di Vombato.

"Per forza, voi tre non sapete nemmeno che cosa significhi la parola tatto," sibilò l'animale tra i denti.

"Comunque, almeno glielo abbiamo detto," fece Ryuu, dando voce a quel poco sollievo che provavano tutti. Non suonava molto convinto, però, ed Io gli circondò le spalle con un braccio. "Sicuramente domattina vedrà le cose in modo diverso," si augurò, stringendolo a sé.

 

Il pomeriggio seguente, però, En non era ancora uscito dalla sua stanza, ed i tre spiriti erano decisamente meno ottimisti riguardo alla reazione del ragazzo. Yumoto, quando era entrato nella loro stanza per andare a dormire, lo aveva visto irrigidirsi appena sotto le coperte, ma non si era nemmeno voltato verso di lui.

Quando Gora comparve in cima alle scale con un vassoio colmo di dolci appena sfornati, trovò lo spirito della luce tristemente accoccolato di fronte alla porta della camera. Era da prima di pranzo che Yumoto indugiava lì davanti, cercando di trovare il coraggio di bussare ed entrare. Non ci sarebbe stato nulla di male, in fondo, quella era anche la sua stanza, eppure, l'idea che En potesse allontanarlo, come aveva fatto la sera precedente, lo spaventava.

"Non credo che il cuginone voglia più rivolgermi la parola," si lamentò rivolgendosi a Gora.

L'uomo rispose allungandogli uno dei dolci. "Sarà difficile per lui accettare tutto quello che gli avete raccontato, ma non è una ragione sufficiente per lasciarsi morire di fame," decretò, aprendo la porta ed entrando.

En stava ancora raggomitolato sotto le coperte, e si mosse appena solo quando Gora si sedette accanto a lui sul materasso.

"Sono dolci al miele appena sfornati. Mangiali, non sta bene saltare sia la colazione che il pranzo."

Il principe non diede segno di aver sentito, ma dopo qualche attimo parlò da sotto le coperte.

"Anche tu sapevi tutto fin dall'inizio?"

Gora si mise più comodo.

"Quando a casa tua si presentano tre spiriti con un neonato ed una lettera che porta il sigillo della casa reale, non fai troppe domande. Ma sì, naturalmente lo sapevo."

Entrambi rimasero in silenzio ancora per un po', finché En parlò ancora.

"Tu li hai mai visti? Il re e la regina, dico - mio padre e mia madre, insomma."

"No, non li ho mai incontrati, ma ogni tanto ho contribuito anch'io alle lettere che Io gli manda tutti i mesi per fargli sapere come stai."

En si mosse a disagio sotto le coperte. Non riusciva nemmeno ad immaginarseli, i suoi genitori. In tutti quegli anni, era sceso a patti con la consapevolezza di essere orfano - che i suoi fossero morti o meno, cambiava poco, aveva accettato il fatto che non li avrebbe mai conosciuti e che lo avevano abbandonato. Non era arrabbiato con loro; era difficile avercela con qualcuno di cui non sapeva nulla. Certo, qualche volta aveva fantasticato su chi potessero essere; gente povera, certamente, che non aveva abbastanza pane per sfamare anche lui. Forse, si era sempre detto, era esattamente come Gora gli aveva raccontato: se solo avessero potuto, i suoi non l'avrebbero abbandonato. Erano stati costretti.

En aveva accettato anche il fatto che non avrebbe mai saputo la verità, e si era detto che non importava, perché la sua vita andava bene così: non gli poteva mancare davvero qualcuno che non aveva mai conosciuto. I loro volti erano sempre stati nulla se non forme indefinite nella sua mente, per lui che era cresciuto senza alcun ricordo né segno tangibile della loro esistenza.

Dalla sera prima, invece, nella sua testa non c'erano che le illustrazioni dei suoi romanzi - i re avevano sempre la barba ed i capelli fino alle spalle, le regine invece erano sempre giovanissime e con chiome lunghe fin sotto la vita. L'idea di chiamare mamma e papà figure simili gli risultava aliena, quasi innaturale.

"Io non sono un principe," affermò flebilmente da sotto le coperte.

Non lo era. Era un ragazzo che viveva nella foresta, non apparteneva a quel mondo complicato di cui Atsushi gli parlava sempre. Non sapeva... Ah, era un universo così difficile che non poteva nemmeno rendersi conto quanto grave fosse la sua ignoranza.

"Loro sono i sovrani di questo regno e sicuramente si aspettano un principe, ma io non lo sono," ripeté ancora. "E poi, che cosa ne sanno di me? Non mi vedono da anni. Chi glielo fa fare di riprendermi con loro."

Gora sospirò, incrociando le dita e poggiandovi sopra il mento.

"Quando mi chiedevi dei tuoi genitori, da piccolo, ti ho sempre detto che, se non ti avevano cresciuto loro stessi, era solo perché non potevano, ma che avrebbero dato qualsiasi cosa per poterti riavere indietro. Sono sicuro che, con il passare del tempo, questo sia anche più vero per loro."

Finalmente, En spuntò dalle coperte per scrutare attentamente Gora da sotto i capelli arruffati.

"Non posso essere un principe. Non so niente di quello che serve, e non ho intenzione di iniziare ad impararlo adesso. Soprattutto," fece poi, con una smorfia, "come possono aver deciso da loro chi dovrei sposare? Io non li conosco nemmeno, non possono impormi niente di tutto questo!" protestò, stringendo le coperte tra le dita. "Non possono dirmi quello che devo fare," ripeté ancora, quasi per autoconvincersi.

"Vedrai che sarai un ottimo principe, ed un ottimo re, un giorno," tentò Gora, con un tono di voce che sperava suonasse come rassicurante.

En si accigliò, guardandolo negli occhi. "Hanno imposto tutto questo anche a te, no? Di dovermi tenere qui tutto questo tempo, con la minaccia di quel demone... Perché gli hai obbedito? Solo perché sono i sovrani del regno?"

L'uomo si sorprese un po' di quella domanda così diretta, ma poi scosse leggermente la testa.

"Quando quei tre si sono presentati alla porta di questa casa, avevo praticamente la tua età. Non possedevo altro se non il mio lavoro di umile taglialegna, e ricordo che pensai che sicuramente non c'era nulla che io potessi offrire che fosse degno del mio principe. Però," proseguì sorridendo appena al ricordo, "quei tre sembravano tanto decisi a portare a termine il loro compito, quanto assolutamente incapaci di prendersi cura di un bambino."

Gora si ricordava ancora - non se lo sarebbe mai dimenticato - di come Yumoto teneva stretto il fagottino dormiente che era En, del trasporto e rabbia con cui Ryuu aveva raccontato la crudeltà dei demoni, e di come Io aveva puntualizzato che la ricompensa da parte dei sovrani, alla fine, sarebbe stata più che generosa.

A convincerlo davvero, al di là del denaro e della minaccia di Kinshiro, erano stati gli occhi di Yumoto ed il fare protettivo ed affezionato con cui abbracciava il principino, nonché il fatto che nessuno di loro, evidentemente, aveva idea di che cosa potesse servire ad un bambino così piccolo. Nemmeno Gora, a quel tempo, aveva le idee tanto chiare, ma se non altro era un essere umano anche lui e poteva, almeno, tirare ad indovinare con una maggiore cognizione di causa.

"Non potevo davvero lasciarti da solo con quei tre, anche se, a modo loro, hanno fatto tutto quel che potevano per tirarti su. Hanno - abbiamo fatto un buon lavoro, penso," disse, non senza un'ombra di orgoglio nella voce.

En nascose la faccia tra le mani e Gora gli arruffò i capelli con fare un po' burbero.

"Sono sicuro che anche il re e la regina saranno fieri di te, quando ti vedranno... E soprattutto, saranno felici di vederti tornare a casa."

Il ragazzo non rispose e Gora, dopo qualche attimo, si alzò, raccomandandogli di mangiare i dolcetti finché erano ancora caldi. Prima che uscisse, però, En lo chiamò. Si era già riavvolto nelle coperte, e la sua voce suonava attutita.

"Portane un po' a Yumoto, per favore. Sono i suoi preferiti."

Gora sorrise e fece come gli era stato chiesto.

 

Quella sera, En non cenò assieme agli altri, ma Gora gli lasciò da parte un piatto di minestra ed il ragazzo scese a mangiarlo quando la cucina era ormai vuota, sgattaiolando di soppiatto su e giù dalle scale, per non dare modo a nessuno di vederlo o interloquire con lui.

Per un paio di giorni, En si dedicò alle suoe normali mansioni in silenzio, cercando il più possibile di evitare qualsiasi contatto con gli altri, rispondendo con secchi monosillabi alle domande che gli venivano rivolte, e sparendo in camera sua non appena ne aveva l'opportunità. Gli spiriti, pur a malincuore, lo lasciarono stare, ignorandolo o rispondendogli solo se il ragazzo li interpellava per primo.

L'atmosfera, in casa, si era fatta elettrica e, se Io e Ryuu riuscivano, in qualche modo, a far finta di niente, Yumoto appariva sempre più infelice e nervoso.

Finalmente, una sera a cena, sedettero tutti e cinque al tavolo. A parte alcuni timidi complimenti riguardo al cibo, gli unici rumori erano quelli delle posate e dei bicchieri. Solitamente, erano En e Yumoto a trovare gli argomenti di conversazione, ma nessuno dei due era in vena di parlare. En fissava insistentemente il suo piatto, mentre Yumoto gli lanciava ansiose occhiate di sottecchi, sperando in una sua reazione. Nemmeno il fatto di avere Vombato tranquillamente accoccolato in braccio sembrava tranquillizzarlo. Io, Ryuu e Gora si stavano concentrando a loro volta sul cibo, un poco più bravi ad ignorare la tensione che regnava.

Alla fine, mentre erano in procinto di finire ognuno la propria minestra, En posò il cucchiaio nel piatto in modo particolarmente rumoroso.

"Che cos'è tutto questo silenzio? È per farmi abituare alla noia mortale che sarà la vita di corte?!" se ne uscì quindi, esasperato. "Comincerete a chiamarmi principe e a rivolgermi la parola solo se sono io a parlare per primo, o altre stupidaggini del genere?"

Quanto aveva appreso qualche sera prima lo aveva già sufficientemente sconvolto, ma l'idea che le cose tra lui e il resto della sua improvvisata famiglia fossero destinate a cambiare così da un giorno all'altro era una prospettiva peggiore. "Non mi piace quest'atmosfera pesante."

Gli spiriti si guardarono l'un l'altro perplessi ma anche, in parte, sollevati per il fatto he il ragazzo avesse rotto il ghiaccio per primo. Prima che uno di loro potesse far notare ad En che era stato lui a trincerarsi dietro un muro di silenzio la sera prima, Gora assunse un'espressione seria e decretò: "Fino a quando rimani qui, è vietato usare l'etichetta di corte."

"Bene, meglio così. Comunque," proseguì En, con tono tutt'altro che sollevato, "avevo sempre sospettato che voi non foste del tutto normali," decretò, indicando i tre spiriti di fronte a lui. "Ryuu è troppo in fissa con le ragazze, nonostante non ne abbia mai vista una in tutta la sua vita - la sua vita qui, insomma, ed Io è sempre stato eccessivamente ossessionato col denaro, anche se posso contare sulle dita di una mano le volte che abbiamo visto più di una o due monete d'argento in questa casa. E tu, Yumoto," fece indicandolo, "qualche volta brilli al buio, di notte. Mi sono sempre detto che stavo sognando o che avevo le allucinazioni, ma almeno ora so di essere sano di mente... O almeno credo."

Io e Ryuu si voltarono di scatto verso lo spirito della luce, che ridacchiò, un po' imbarazzato.

"Dev'essermi scappato, qualche volta..." ammise.

"Inoltre, tu!" Il dito indice di En si posò sulla punta del naso del vombato. "Avresti potuto degnarti di scambiare qualche parola anche con me, invece che solo con questi tre. Sappi che mi ritengo offeso."

Vombato arruffò il pelo.

"Pensavano che non sarebbe stato sano farti crescere in mezzo ad animali parlanti," borbottò. En fece una smorfia.

"Non credere che non ti abbia mai sentito, ma ho sempre creduto... be', lasciamo stare."

Davvero, l'unica cosa positiva di tutta quella situazione era l'aver trovato una spiegazione (quasi) razionale alle svariate stranezze che lo avevano accompagnato per tutta la vita.

"In ogni caso, avreste dovuto informarmi per lo meno del fatto che quei demoni vogliono farmi fuori. Sono stati loro ad attaccarmi l'estate scorsa al villaggio, non è così?"

Certo, sapere di non essersi sognato tutto aveva dei lati positivi, ma in questo caso, En avrebbe decisamente preferito che si fosse trattato di allucinazioni dovute al vento ed al caldo. "Avrebbero potuto ammazzarmi, quei demoni..." Avrebbero potuto uccidere sia lui che Atsushi, che si era ritrovato in serio pericolo per il solo fatto di essere assieme a lui. "Tra l'altro, com'è che si chiamavano? Il nome di uno di loro-"

"Ma cuginone, non ti abbiamo detto nulla per non spaventarti!" rispose subito Yumoto accoratamente. "E poi, qui nella foresta sei sempre stato al sicuro."

"Se fossi rimasto con noi, saresti stato al sicuro anche al villaggio," puntualizzò Io.

"Se mi aveste detto che pericoli correvo, forse sarei rimasto con voi," replicò En, tagliente. "Comunque sia, questa faccenda non mi piace," disse alla fine. "Non sono d'accordo con il fatto di essere un principe, sembra una rottura di scatole. Però, è anche vero che, come principe, posso rimanere vicino ad Atsushi."

Questo era l'unico dettaglio che rendeva la prospettiva appetibile. Avrebbe potuto far parte di quel mondo lussuoso che rischiava di portarglielo via, e forse così anche Atsushi sarebbe stato meno timoroso all'idea di cose come i balli di corte.

"Ma questa," precisò En, "è l'unica condizione alla quale accetterò di fare il principe," decretò alla fine.

Per un attimo, tornò a regnare il silenzio.

"Tu sei un principe, En, non hai scelta se non essere ciò che sei," replicò semplicemente Io.

"Non possono mica costringermi," rispose il ragazzo a sua volta.

Gli spiriti presero atto della cosa. Certo, forzare En a fare qualcosa di cui non aveva voglia era sempre stata un'impresa ardua, e loro si erano ben guardati dallo specificarlo nelle loro lettere. C'era da sperare che i sovrani non se la sarebbero presa con loro, se En si fosse rivelato un po' difficile sotto certi aspetti.

"Sono sicuro che i tuoi genitori capiranno, cuginone!" disse quindi Yumoto. "E poi, se sarà il bacio di Atsushi a svegliarti dal sonno magico, sicuramente non potranno opporsi al vostro amore."

En non sembrava felice della prospettiva. "Preferirei di gran lunga che non si arrivasse a questo," disse, spostandosi a disagio sulla sedia.

Yumoto si alzò ed andò ad abbracciarlo, consapevole di aver tirato in ballo un argomento poco divertente. "Ma noi non lasceremo che accada, certo che no!" assicurò, posandogli la testa su una spalla.

"Ci conto," rispose il principe, scompigliandoli i capelli come era suo solito fare. Nonostante tutto, gli sfuggì un sorriso.

 

 

~~~

 

 

Le stelle sembravano appena più vicine dalla fortezza arroccata sulla montagna. Nonostante l'estate fosse ormai iniziata, a valle, l'aria notturna lassù era ancora fredda.

Kinshiro osservava il cielo con aria distante. Tutti quei bagliori lontani, gelidi nella volta nera, ormai non significavano nulla per lui. Da qualche parte, dentro di sé, conservava la memoria di quello che era stato un tempo, uno spirito che si crogiolava nella luce delle stelle e della luna e che guardava ad esse per trovare guida e consiglio.

Ora non erano niente, se non strane geometrie luminose.

Attorno a lui, il profumo delle rose era intenso e dolciastro, quasi insopportabile. Anche questo loro passatempo doveva finire, pensò rientrando all'interno della fortezza con le labbra contratte per il fastidio.

Trovò Ibushi esattamente dove l'aveva lasciato prima, seduto ad un tavolo ed intento a giocare una partita di carte in solitario.

"Va' a chiamare Akoya, è giunto per noi il tempo dia gire," ordinò.

Poco dopo, i tre demoni erano riuniti nella sala. Leggermente a disagio, Akoya spostava lo sguardo da Ibushi a Kinshiro. Il primo manteneva uno sguardo calmo, paziente, mentre il secondo li stava ignorando, intendo a far scorrere le dita sopra la statuina di giada. Akoya strattonò nervosamente la treccia in cui aveva acconciato i capelli per la notte e tirò su il mento, cercando di apparire sicuro di sé. La tunica con cui aveva sostituito la vestaglia, che aveva addosso quando lo aveva chiamato Ibushi, era a collo alto e nascondeva la perla. Non fosse stato che doveva celarla a Kinshiro, Akoya si sarebbe messo a giocherellare anche con quella.

"Un sonno eterno non è poi diverso dalla morte," le dita di Kinshiro si fermarono sul muso del porcospino. "Soprattutto se il bacio del vero amore, come lo chiamano quegli spiriti, non arriverà mai."

Akoya notò Ibushi irrigidirsi al suo fianco.

"La Principessa Kinugawa riceveva costantemente lettere dal Principe Yufuin, non è così?"

Akoya si raddrizzò, interpellato direttamente.

"È così."

"E dove sono tutte queste lettere, lo sai?"

"La ragazza le teneva nascoste in un baule nella sua camera da letto, nella villa estiva. Me le ha mostrate solo una volta."

"Hai motivo di credere che siano ancora lì?"

Il demone arrotolò nervosamente una ciocca di capelli attorno al proprio dito indice.

"Non ho ragione di sospettare che le abbia spostate. Diceva sempre che quello era il nascondiglio più sicuro, perché a corte temeva che il resto della sua famiglia potesse scoprirle. Oltre a me e lei, poi, nessuno è a conoscenza della loro esistenza o del fatto che si trovino lì."

Kinshiro sorrise. "Quanti sforzi per il suo principe, e la povera fanciulla non sa di essere stata presa in giro per tutto questo tempo, di essere stata soltanto usata, e che il ragazzo in realtà non prova nulla per lei. Davvero tremendo, non trovi?"

Akoya si strinse nelle spalle. "È solo una ragazza umana."

Kinshiro lo guardò negli occhi. Le sue iridi verdi apparivano appena fluorescenti nella semioscurità della sala - rilucevano della stessa sfumatura della statuina di giada, e come questa erano gelide e taglienti.

"Pensa come ti sentiresti, a scoprirti tradito da qualcuno di cui hai sempre avuto la massima fiducia."

Akoya rimase impassibile, mentre un brivido gli attraversava la spina dorsale.

"Se scoprissi che tutto quello che ha sempre detto e fatto una persona nei tuoi confronti è stato falso, che sei stato usato unicamente per il tornaconto personale di qualcun altro."

Akoya trattenne il fiato, ma non abbassò lo sguardo.

"Pensa se lo scoprisse la principessa. Pensa se lo scoprisse Atsushi," esalò alla fine.

Kinshiro accarezzò nuovamente la statuina e, quando ritrasse la mano, teneva tra le dita una delle sue spine.

"Andate fino alla residenza estiva dei Kinugawa. I due ragazzi saranno già arrivati, ormai. Trovate quelle lettere. Akoya," Kinshiro gli fece cenno di porgergli la mano. Quando il demone ebbe obbedito, vi depositò delicatamente la spina. "Trasformalo in un fiore essiccato. È d'uso, tra gli amanti umani, non è così? Poi, infilatelo in una delle buste, e fate sì che il principe la trovi."

"Ma Kinshiro," si intromise Ibushi, "siamo stati banditi da quella villa. I tre spiriti l'hanno incantata."

Gli occhi verdi dell'altro scivolarono su di lui. "Niente che un tuo soffio di vento magico non possa ingannare, Arima."

Il demone più alto annuì, abbassando lo sguardo, e Kinshiro si lasciò sfuggire un sorriso vittorioso.

"Questo è il mio messaggio per Atsushi. Fate in modo di recapitarlo."

 

 

  
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