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Autore: Old Fashioned    29/08/2016    12 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 26

La canonica non gli era mai parsa così opprimente. Le due finestre e la porta, bordate di pietra bianca, componevano nel buio la sinistra figura di un teschio, che lo fissava con vuote orbite accusatorie. Il richiamo di un uccello notturno risuonava nell'aria fredda come una lugubre trenodia.
Si fermò interdetto: che cosa stava per fare?
Avrebbe tradito Margaret, con un uomo peraltro. Avrebbe tradito il suo Paese, la fiducia dei suoi uomini...
No, era follia. Non poteva, non doveva lasciarsi tentare da quel demone lascivo.
Corse dentro, attraversò il corridoio a passi rapidi. Ebbe la fugace visione di un volto pallido che lo fissava nel buio, ma s'impose di non voltarsi. Si rifugiò nella sua camera come se qualcuno lo stesse inseguendo e sedette sul letto ansante, col cuore che gli batteva all'impazzata e le mani tremanti.
Passò così un tempo imprecisato. Stuart era immobile nel buio. Il silenzio era così perfetto che gli sembrava di sentire von Rohr che camminava su e giù per la navata.
Una cosa impossibile, dal momento che il giovane era a piedi nudi e quindi i suoi passi non producevano alcun rumore.
Quel pensiero gli fece ricordare che il tedesco indossava solo la biancheria intima, dal momento che i suoi vestiti si erano ridotti a brandelli, e quindi doveva avere molto freddo.
Subito balzò dal letto, accese la candela con gesti febbrili e corse a spalancare le ante dell'armadio. Raccolse i pochi indumenti civili che vi trovò, se li mise sottobraccio e si diresse alla chiesa.
Quando si affacciò al cancello, von Rohr era molto meno infreddolito del previsto. Giaceva prono sul letto con la coperta che gli arrivava solo fino a metà schiena, e sembrava tranquillamente addormentato.
Stuart rimase a fissarlo rapito: era come guardare Endimione, o Ganimede, o qualsiasi altro bel giovane della mitologia classica. Immaginò di affondargli le dita fra i capelli dorati, e poi di far scorrere la mano più giù, lungo la schiena, fino a spingerla sotto la coperta, alla ricerca di quelle natiche sode che tante volte avevano turbato le sue fantasie.
In quel momento, von Rohr aprì gli occhi, si sollevò appoggiandosi su un gomito e lo fissò serio. “Sei venuto per quello?” gli chiese dopo alcuni secondi di silenzio.
Stuart avrebbe voluto rispondere che no, mai e poi mai avrebbe acconsentito a quello, che non voleva fare altro che dargli dei vestiti per coprire quelle nudità che avrebbero dannato un santo, ma si trovò a lasciar cadere l'involto che aveva sottobraccio e ad avanzare verso di lui con l'incosciente pervicacia di un sonnambulo.

Lo afferrò per un polso, come nel sogno. Lo fece alzare in piedi e a passi rapidi si diresse con lui alla propria camera.
Lo spinse verso il letto. Von Rohr vi si adagiò senza una parola e rimase a guardarlo mentre si liberava frettolosamente dell'uniforme lasciandola in un mucchio sul pavimento.
Quando vide che era nudo, si spogliò completamente a sua volta, quindi sempre in perfetto silenzio si distese disciplinatamente in posizione prona, con le mani vicino alle spalle e le gambe leggermente divaricate. Sembrava che qualcuno gli avesse impartito il comando ‘a terra’.
Stuart dovette faticare per non sorridere affettuosamente. “Ma no, Hans. Non così.”
Il giovane si voltò verso di lui: per la prima volta da quando lo conosceva aveva un’espressione imbarazzata. “Non va bene?” gli chiese. Dava l’impressione di aspettarsi un rimprovero. “Non l’ho mai fatto,” si scusò dopo qualche secondo.
Il maggiore sorrise: vederlo mentre si muoveva cauto e intanto lo fissava di sottecchi alla ricerca della sua approvazione lo colmava di tenerezza.
Allungò una mano ad accarezzargli i capelli, poi si sedette sul letto accanto a lui. “Ecco, Hans…” tentò di spiegare, “quando due persone stanno insieme non dev’essere una cosa meccanica… come un’esercitazione. Ci deve essere sentimento.”
L’altro lo guardava in silenzio.
“Sentimento, capisci? Passione, desiderio.”
Mentre parlava fece scorrere la mano dalla nuca del giovane alla sua schiena, e poi più in basso. Quando arrivò alle natiche, Hans fremette mordendosi il labbro.
“Ti piace così?”
Con le guance vagamente arrossate, il giovane accennò di sì con la testa.
Stuart si sentì percorrere da un’ondata di eccitazione. Aver scoperto finalmente un ambito dell’esistenza in cui von Rohr passava da eroe adamantino a scolaretto impacciato gli conferiva tutta la sicurezza che fino a quel momento gli era mancata, e lo faceva diventare singolarmente ardito.
Approfondì il contatto rendendolo più intimo, piegandosi frattanto a baciarlo sul collo, poi lo rivoltò delicatamente sulla schiena e si allungò accanto a lui continuando a baciarlo e ad accarezzarlo.
Per un po' Hans lo lasciò fare senza quasi reagire, ma era dotato di un carattere molto passionale, e superata una prima fase di insicurezza cominciò a rispondere in modo sempre più pronto e vigoroso alle sollecitazioni dell’amante.
Stuart si scoprì peraltro depositario di una sapienza che fino ad allora non aveva nemmeno immaginato di possedere. Con una sorta di istinto, più che sulla base di considerazioni razionali, era in grado di toccare il corpo del giovane in modo da farlo letteralmente vibrare di desiderio.
Si chiese se fosse un retaggio che gli derivava dall'appartenere ad una casta militare. In fondo erano un uomo e un ragazzo, uniti dal fatto di essere entrambi soldati, come ai tempi di Licurgo.
E come in tante altre società guerriere della Storia, prima e dopo Sparta.
Abbassò gli occhi su di lui: egli lo guardava ansante, gli occhi resi liquidi dal desiderio erano più chiari e trasparenti che mai.
Mentre ricambiava il suo sguardo gli parve così naturale ciò che stava per fare, così appropriato, che si stupì di tutti gli scrupoli che l'avevano tormentato fino a quel momento.
Fu quindi con sicurezza che allungò la mano verso il flacone dell'olio per armi, con la consapevolezza di stare facendo la cosa giusta.
“Non ho altro,” si scusò con un sorriso, e prima che l'altro potesse rispondergli, se ne servì su se stesso e su di lui.
Poi si fermò mentre un brivido gli percorreva la schiena: era il momento. Ebbe una strana sensazione, come di un rituale iniziatico che doveva essere portato a compimento, e fu con quello stato d'animo che si accostò al ragazzo.
“Voglio guardarti negli occhi,” disse Hans, girandosi sulla schiena e protendendo le braccia verso di lui.
Stuart gli accarezzò piano una guancia. “Tu non fai mai niente ad occhi chiusi, vero?”
“Voglio ricordarmi per sempre di questo momento,” replicò il ragazzo.
“Anch'io.”

Tornarono attoniti alla realtà dopo un tempo imprecisato. Il fuoco della passione era ormai sopito, il rombo del sangue nelle orecchie, che prima li aveva storditi con la sua violenza, era scomparso e tutto era silenzio. Lucide di sudore, le membra rabbrividivano ora nell’aria fredda della notte.
I due erano ancora abbracciati, le gambe intrecciate, le labbra così vicine che i respiri si confondevano. Tra i loro corpi avvinti scivolava perlacea l’effusione del piacere.
Stuart fu il primo a riprendersi. Si sollevò su un gomito e rimase a fissare in volto il giovane amante, la cui severa bellezza si stemperava ora in un'espressione di sensuale appagamento.
Gli accarezzò la guancia col dorso delle dita e gli chiese: “Non ti ho fatto male, vero?”
Nella foga che l'aveva pervaso era stato piuttosto rude e probabilmente aveva dato qualche strattone di troppo agli svariati punti di sutura che Hans aveva ancora sparsi sul corpo.
Von Rohr però nel frattempo era riuscito a recuperare la sua patina inossidabile e lapidario rispose: “Nella Hitlerjugend si impara ad ignorare il dolore.”
Quella frase ebbe il potere di riportare Stuart alla realtà contingente. Si mise a sedere, si pulì sommariamente con una salvietta e tendendone una al ragazzo gli disse: “Prendi questa. Quando hai finito vieni di là con me.”
Si diresse verso il salotto.

Quando von Rohr lo raggiunse, il maggiore era seduto sulla sua solita poltrona. Non aveva altro indumento che una coperta buttata sulle spalle, e aveva davanti a sé una mappa ripiegata, un foglio e una matita. “Vieni qui,” gli disse, vedendolo avvicinarsi.
Il ragazzo prese posto a sua volta nella poltrona che era solito occupare e rimase a fissarlo in silenzio.
Stuart aprì la mappa sul tavolino. Indicò un paese. “Qui è dove siamo noi,” disse. Circondò la località con un cerchio di matita.
Prese poi il foglio, cominciò a tracciarvi linee precise.
“Questo è il perimetro del campo,” spiegava, continuando a disegnare, “qui ci sono le torrette delle guardie, questi sono gli sbarramenti di filo spinato, qui ci sono gli alloggiamenti degli uomini, questo è il percorso delle sentinelle. La ronda c'è ogni ora...”
Il foglio andava coprendosi di segni e simboli mentre il maggiore continuava ad elencare tutte le difese del campo.
Von Rohr lo fissava in silenzio, immobile come una statua.
“Ecco qui,” disse alla fine Stuart, spingendo il foglio verso di lui, “questo lo puoi tenere. La pistola e i soldi sono nel mio comodino. I vestiti che ti ho dato ti staranno un po' grandi, ma è meglio di niente. Buona fortuna.”
Sempre senza una parola, il tenente raccolse la piantina del campo e la osservò come se non avesse mai visto nulla di simile in vita sua, quindi alzò lo sguardo fino a fissarlo in quello di Stuart e avvicinò un angolo del foglio alla candela accesa. Subito la carta prese fuoco e cominciò ad ardere con una fiamma sempre più alta e chiara.
“Che fai?” esclamò il maggiore. Cercò di afferrargli la mano, ma l'altro fu rapido a sottrarsi.
Lasciò che il foglio bruciasse completamente, abbandonandolo solo quando era ormai ridotto ad un cartoccio di cenere che finì di consumarsi sul pavimento.
“Perché l'hai fatto?” gli chiese allora Stuart costernato, “hai sentito anche tu cos'hanno detto quelli dell'Intelligence: se non te ne vai, ti uccideranno.”
“Ma se me ne vado uccideranno te.”

Il maggiore rimase a fissarlo allibito per parecchi secondi, poi spostò lo sguardo dal suo viso risoluto al mucchietto di cenere sul pavimento, come per sincerarsi che ciò che aveva visto fosse realmente accaduto e non fosse stato solo uno scherzo della sua fantasia.
I resti carbonizzati del foglio erano ancora lì.
“Perché l'hai fatto?” ripeté.
“Te l'ho detto.”
“Ma quelli stavano solo cercando di fare la voce grossa!” gli assicurò l'altro con calore, “volevano spaventarmi. Non rischio nulla, sta tranquillo. Tu, piuttosto, devi andartene via subito. Non riuscirò a proteggerti ancora per molto.”
Von Rohr scosse la testa e caparbio ripeté: “No, ho sentito bene quello che hanno detto. Se non potranno portare via me, prenderanno te.”
Il maggiore sospirò esasperato.
“Ti accuseranno ingiustamente,” tentò, “morirai nel disonore. È questo che vuoi?”
“Se me ne vado, questa fine toccherà a te,” fu la risposta.
Di nuovo passarono alcuni angosciosi secondi di silenzio.
“E quindi cosa vuoi fare?” gli chiese Stuart disperato, “vuoi startene qui ad aspettare che ti vengano a prendere e ti impicchino come un criminale?”
C'est la guerre, me l'hai detto tu il primo giorno, ricordi? È andata così, recriminare non serve a nulla.”
La testa fra le mani, Stuart non replicò. Fu invece von Rohr che dopo un po' disse: “Godiamoci questi ultimi giorni insieme, è tutto quello che abbiamo.”
“Dannazione...” cominciò Stuart. Si alzò di scatto dalla poltrona. La coperta gli scivolò giù dalle spalle, ma lui parve non farci nemmeno caso. Prese a passeggiare nervosamente su e giù con i pugni stretti e lo sguardo fiammeggiante.
“Dannazione,” ripeté, “maledetto tedesco testa di legno e cocciuto, ti ho aperto la porta, ti ho fatto la mappa del campo, ti ho anche dato armi e soldi! Prendi la tua roba e vattene, fammi questo favore!”
“Se me ne vado, tu muori,” rispose freddamente il giovane.
“E se non te ne vai sarai tu a morire, lo capisci?” replicò furioso il maggiore. “E io non voglio che tu muoia, che Dio ti strafulmini!”
   
 
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