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Autore: nikita82roma    29/08/2016    3 recensioni
Nuovo capitolo della serie di Always Together. Sono appena finite le feste di Natale ed il giorno del parto di Kate si avvicina. È sola al loft nella mattina di una giornata particolare di inizio gennaio che la porta a ricordare molte cose degli ultimi mesi trascorsi con Rick e della sua gravidanza. Le vite di Beckett e Castle stanno per cambiare, ancora una volta, ma per un evento bellissimo. Tempo di riflessioni ad un passo da una tappa fondamentale nella loro vita, la nascita della loro bambina. Storia breve di cinque capitoli.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Soffiò sul vetro, questa volta di proposito, e la superficie appannata fu molto più grande. Scrisse con l’indice il nome di sua figlia sulla superficie diventata opaca e sorrise per quella cosa così infantile che le era venuta spontanea. Era incredibile come Lily per lei fosse una presenza già così reale e al tempo stesso lontana, talmente tanto che non riusciva ancora a pensare cosa avrebbe voluto dire tra poco averla reale tra le braccia piuttosto che parlare con un’entità immaginata nella sua mente. L’ultima ecografia che aveva fatto le aveva dato un’immagine di lei che il dottore disse loro essere abbastanza fedele di come poi sarebbe realmente stata. Castle le disse subito che aveva il suo naso ed anche la sua bocca, e doveva crederci, perché lui la sua bocca la conosceva bene, facendola arrossire davanti al suo ginecologo. Rick aveva fatto subito una foto allo schermo per mandare l’immagine anche ad Alexis e si fece stampare un paio di copie che guardava sempre. Kate, invece, continuava a preferire immaginarsela, aspettando di vederla tra le sue braccia. Ogni volta che ci pensava veniva attraversata da brividi emozione. Chiuse gli occhi e pensò ad altri brividi che aveva provato quel giorno di fine novembre quando era al distretto, assorta da un caso che non sembrava avere una soluzione e quando si era alzata per andare verso la lavagna aveva improvvisamente visto tutto nero e si era risvegliata sul divano della sala relax, con Esposito, Ryan e la Gates intorno che la guardavano preoccupati. Non fece in tempo a chiedere cosa fosse successo che erano entrati due paramedici e l’avevano fatta sdraiare su un lettino. Non si era ribellata come i suoi colleghi si erano immaginari anzi li guardava preoccupata. Si lasciò portare via e sola in quel tragitto in ambulanza mentre stavano già monitorando il suo stato riuscì solo a chiedere come stava sua figlia, non ricevendo nessuna risposta da parte di quei due infermieri poco cortesi che le dicevano solamente che dovevano controllare. Si chiese se avessero avvisato Castle. Aveva bisogno di lui. Quando la fecero scendere dall’ambulanza riconobbe l’entrata del Presbyterian Hospital mentre la trascinavano all’interno e ne fu sollevata: lì c’era il suo medico. Tra il vociare della hall dell’ospedale sentì una voce fin troppo familiare che si avvicinava sempre più. Castle correva verso di lei, seguendo i paramedici. Kate allungò un braccio cercandolo ma non riuscì a prenderlo, solo sentì la sua voce che la rassicurava che era lì mentre la portavano dietro una porta che la separò anche dalla voce di suo marito.
Sentì viva sulla sua pelle quella mattina di inizio gennaio, la stessa paura di quel giorno già lontano, l’angoscia dell’attesa mentre sistemavano fasce ed elettrodi sulla sua pancia senza dirle un granché. Le veniva da piangere per quanto era tesa e nervosa, teneva gli occhi chiusi ed i pugni stretti perché non voleva vedere, non era pronta per ricevere brutte notizie, per vedere il suo mondo crollare di nuovo. Sentì qualcuno armeggiare con i macchinari vicino a lei, strappare una striscia di carta e poi spegnere un interruttore ed uno dei rumori costanti finì. Era un buon segno o doveva preoccuparsi ancora di più? Istintivamente pensò la seconda e le scappò un singhiozzo. Sentì una mano sulla sua ed eccolo, pensava, il gesto di conforto che chissà quante volte quel medico aveva già dovuto compiere. Non era molto diverso da quello che facevano anche loro ogni volta che dovevano dare brutte notizie a qualche parente di una vittima, avrebbero avuto un protocollo, delle frasi di circostanza. Si sentì chiamare per nome, invece, da una voce conosciuta. Era il dottor Yedlin, il suo ginecologo. Aprì gli occhi ed una lacrima furtiva scappò al suo controllo: il dottore le sorrise e la scacciò dal suo volto. “Va tutto bene, la sua bambina sta benissimo” le disse pacatamente e lentamente, come per darle il tempo di assimilare il fatto. La aiutò a tirarsi su mettendosi seduta sul letto e le diede un cioccolatino, invitandola a mangiarlo. Le spiegò poi che se si saltano troppi pasti e ci si stanca troppo, gli svenimenti potevano essere frequenti: aveva avuto un calo glicemico, ma da quello che le avevano riferito, aveva avuto la prontezza di aggrapparsi alla sua scrivania ed aveva attutito la caduta. La lasciò sola, dicendole, prima che lei lo chiedesse che suo marito stava per arrivare, era andato a prenderle un tè caldo.
Nell’attesa di Castle notò come lo zucchero del cioccolatino aveva stimolato i movimenti di Lily e non fu mai così felice di sentirla muoversi come in quel momento. Rick entro nella stanza dove era Kate, con un sorriso tirato ed un bicchiere in mano “Non è caffè, è tè. Molto dolce” le disse porgendole il bicchiere rimanendo in piedi a guardarla “Come te” rispose Kate abbozzando un sorriso, ma Rick si era troppo preoccupato per accettare un complimento con gioia. Prese la sedia e si sedette al suo fianco mentre lei beveva. Kate gli disse che andava tutto bene ma lui la interruppe dicendo che aveva già parlato con Yedlin e sapeva tutto, non si doveva preoccupare. Kate sorseggiando il tè, dolce veramente troppo dolce, sentì nuovamente la sua bimba muoversi e prese la mano di Castle per farlo sentire anche a lui, sperando che, sentendola, si sarebbe calmato, come lei. Fu un successo parziale, ma guadagnò la splendida vista di un sorriso di suo marito. Le disse che Esposito lo aveva avvertito subito ed era stato lui a farla portare lì. Lo ringraziò con dolcezza. Si sentiva in colpa, sapeva di aver sbagliato, immaginava come Rick volesse dirle “te lo avevo detto” e immediatamente nella sua mente si era formata la voce di sua madre pronunciare quella che era la sua frase preferita. Gli chiese scusa, ammise la sua colpa, ma lui non le disse nulla, solo che andava tutto bene adesso, dandole un bacio sulla fronte. La dimisero poche ore dopo, appena arrivarono le risposte a tutti gli esami che confermavano la buona salute per entrambe. Quando erano in macchina per tornare al loft Kate disse a Rick che non sarebbe tornata al distretto, anticipando la sua maternità per motivi di salute e lui le disse che aveva già parlato con la Gates di questo arrivando alla stessa conclusione. Lui fu felice che anche da lei era venuta quella intenzione, lei invece si sentì infastidita dal fatto che lui aveva deciso qualcosa al posto suo ma capì perché lo aveva fatto e si ammorbidì subito. Lily era la priorità, per tutti.

Sentì qualcosa appoggiarsi sulle sue spalle e si voltò distogliendo lo sguardo dalla finestra dove ormai il nome di sua figlia era rimasto solo un alone sul vetro. 
- Tutto bene mia cara? - la voce di Martha la colse di sorpresa. Era vestita di tutto punto con un cappotto verde smeraldo cappello e guanti che teneva in mano e non aveva ancora indossato di tonalità poco più scura. Le aveva adagiato sulle spalle una morbida coperta di ciniglia che le aveva comprato Castle pochi giorni prima. C’erano i loro nomi incisi uno su ogni angolo e le disse che quello vuoto poteva essere riempito in futuro. Pensava che in fondo quell’idea non era poi tanto male.
- Tutto bene Martha. Solo un po' di pensieri.
- Oh è normale tesoro in questi giorni. Non si vede l’ora di stringere quel frugoletto tra le braccia eppure si pensa di non essere mai pronte per farlo. Non prendere freddo, mi raccomando. - le disse aggiustandole la coperta sulle spalle e accarezzandole il viso in un gesto molto materno che poi l’attrice si pentì subito di aver fatto, ma Kate le sorrise facendole capire che andava tutto bene. 
- In bocca al lupo per questa sera, mi dispiace non poterci essere - Martha aveva la prima del suo nuovo spettacolo, ma Kate proprio non se la sentiva di andare, aveva però insistito che lo facesse Castle per far felice sua madre - mi farò raccontare tutto da Rick quando tornerà.
- Non credo che Richard verrà lasciandoti sola! Conosco il mio ragazzo! - E così dicendo uscì lasciandola ancora ai suoi pensieri. 

Kate si strinse la coperta sulle spalle, attraversò di nuovo il loft rientrò in camera ed andò nella stanza che avevano preparato per Lily, dove prima era l’ufficio della P.I.
Rick aveva approfittato della loro “vacanza” in città per far cominciare subito i lavori, quando tornarono a casa e gli effetti di quanto era accaduto erano ben visibili, lui era felice come una pasqua di mostrarle quello che avevano già fatto, tenendo a precisare, sotto lo sguardo stralunato di Kate tra polvere, secchi di vernice e teli di nylon, che avevano lavorato una squadra intera di operai. “Tantissimi” le disse eccitato. Andarono quindi a vedere cosa avevano fatto e Kate rimase senza parole nel vedere che dell’ufficio di Castle non c’era più nulla. Il pavimento era stato completamente rifatto, con un parquet di rovere sbiancato molto chiaro, che dava luminosità a tutto. Le pareti erano come nel progetto, color avorio, con le tre silhouette degli elefanti già disegnate, mancavano ancora i mobili, ma con delle sagome di cartone a terra erano già posizionati gli ingombri. Attirarono la sua attenzione le prese della corrente, con le placche rosa e degli orsetti messi sopra per la sicurezza dei bambini, Kate si stupiva sempre di come Rick riuscisse a pensare anche ai più piccoli dettagli. Alla fine decisero di andare ancora per una notte a dormire in hotel, stare lì con tutta quella polvere non era l’ideale per Kate, il giorno dopo avrebbero chiamato qualcuno per ripulire da cima a fondo tutto il loft.
Ora invece la camera era tutta completata. C’erano i mobili con le loro rifiniture rosa antico, il lettino con i paracolpi con il suo nome ricamato e gli immancabili elefantini che giocavano. Nella libreria erano in bella mostra già tutti i libri che avevano scelto per lei. Avrebbero avuto favole da leggerle fino a quando non fosse stata in grado di farlo da sola. Li aveva ordinati Rick, per colore della copertina, Kate gli aveva fatto notare che non era un buon metodo di classificarli, ma lui sosteneva che così fosse più armonico e più bello e poi davanti a tutti aveva messo il suo libro, quello che aveva scritto per sua figlia, le sue favole dove c’era anche la loro. Era uscito poco prima delle feste di Natale e come previsto da Price ed Andrew era andato subito esaurito, tanto che lo stavano già ristampando per la seconda volta in meno di un mese. Era stato un successo, ma per Rick nulla valeva il sorriso commosso di Kate quando aprì la prima pagina e lesse la dedica. Ormai doveva essere abituata alle dediche dei suoi libri, visto che gli ultimi li aveva dedicati tutti a lei, questa però era diversa, non era come le altre dove il significato profondo di quelle parole era chiaro solo a loro, era una dichiarazione esplicita tanto che, seppe in seguito, avevano anche tentato di dissuadere Castle da usarla, ma lui era stato irremovibile e così, aprendo il libro la prima cosa che si leggeva era “A Kate, l’unica persona al mondo capace di realizzare tutti i miei desideri e trasformare i miei sogni in realtà. Ti Amo”. 
Si emozionava sempre Kate quando entrava lì dentro, eppure, quando era sola al loft, passava lì la maggior parte del tempo nelle ultime settimane. Ogni volta accarezzava il profilo dei mobili dagli spigoli ben arrotondati, stringeva uno dei peluche che avevano disposto sulle mensole e sopra la cassettiera. Era incredibile come in quella camera ogni dettaglio le sembrava perfetto e così giochi di legno che sembravano usciti da un’altra epoca con forme e colori diversi insieme a bambole di pezza fatte a mano c’erano anche bilance super tecnologiche e baby monitor di ultima generazione che Castle aveva tenuto già a provare in più modi per vedere se effettivamente funzionavano costringendo Kate a fare da cavia mentre si spostava da un angolo all’altro della casa per controllare la ricezione dicendole di muoversi o parlare. Su una mensola aveva messo un’intera collezione di bambole raffiguranti tutte le principesse della Disney e Beckett si chiedeva già se non avessero esagerato, ma frenare l’entusiasmo di suo marito diventava ogni giorno più difficile e non c’era volta che usciva che non tornava a casa con qualche cosa per la bambina o per lei. I cassetti e gli armadi erano pieni di vestiti, di tutte le taglie almeno fino al primo anno di vita, e Kate pensò che nemmeno se l’avesse cambiata quattro o cinque volte al giorno sarebbe riuscita a sfruttarli degnamente tutti, ma Rick le ripeteva che nei primi tempi l’avrebbe cambiata proprio con quella frequenza, anche se Kate pensava che fossero le sue solite esagerazioni, nonostante anche Martha su questo era d’accordo con Rick. Perfino suo padre, che mai si intrometteva in queste cose, una sera mentre era a cena da loro, si lasciò sfuggire che se fosse stata come lei nei primi mesi, li avrebbe certamente usati tutti. Jim non era uno che si lasciava spesso andare a confidenze o ricordi dell’infanzia di Kate, perché erano indissolubilmente tutti legati a doppio filo con Johanna, argomento per l’uomo ancora troppo difficile da affrontare liberamente però a Kate sembrava che più si avvicinava il momento della nascita di Lily, più lui si lasciava andare ai ricordi con il sorriso sulle labbra, così aveva cominciato a raccontare di come i primi tempi dopo la sua nascita era impossibile farla dormire e di come, quando cominciavano a svezzarla, ogni volta che mangiava era obbligatorio cambiarla per come si sporcava, preferendo giocare con il cibo piuttosto che mangiare. Così Martha e Jim cominciavano a parlare delle abitudini dei rispettivi figli da neonati e Rick e Kate speravano che prendesse i pregi di uno e dell’altro sorridendo sognanti.

La cosa che più piaceva a Kate di quella camera era una sedia a dondolo fatta in vimini e bambù, ricoperta da grandi cuscini color crema. L’aveva vista un giorno che erano usciti con Rick e si era soffermata a pensare vedendola. Ricordava che quando era piccola nella sua stanza ce n’era una uguale ed ogni volta che stava male o piangeva, sua madre si sedeva lì e la prendeva in braccio, cullandola fino a quando non si calmava, raccontandole storie o cantandole dolci ninna nanna. Aveva visto in alcune foto come Johanna si sedeva sul dondolo anche quando lei era appena nata e la allattava: toccando il profilo della sedia si era immaginata in quel momento nel negozio, di essere seduta anche lei su una sedia del genere con sua figlia. Non aveva detto nulla a Rick, parlare di certi ricordi non le riusciva con tranquillità, senza emozionarsi, ed in un negozio in mezzo alla gente non le sembrava il luogo migliore per lasciarsi andare. Ma lui l’aveva capita senza bisogno che gli dicesse niente, così il pomeriggio seguente sentì suonare al campanello del loft e due ragazzi erano fuori dalla porta con l’ingombrante pacco da consegnarle. Come da ordini di Rick lo portarono fino alla camera della bambina e lì lo aprirono, lasciando Kate senza parole. Ci si era seduta più di una volta da quel giorno, preferendola alla seppur comoda poltrona che era lì vicino. Però lì chiudeva gli occhi e si dondolava lentamente con le braccia strette al petto, immaginandosi che sua madre fosse lì a rassicurarla e sostenerla in quegli ultimi giorni prima che la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Anche quella mattina fece lo stesso. Si sedette, si abbracciò e si lasciò andare ad un pianto sommesso e in quelle lacrime c’era dolore, nostalgia, rimpianto. Avrebbe voluto sua madre lì con lei e non solo, questa volta, perché come sempre le mancava tantissimo, non era un dolore egoistico dettato solo dalla sua voglia di averla per se, per cercare ancora una volta le sue braccia per consolarla, ma perché avrebbe tanto voluto regalarle la gioia di vederla con sua figlia, vedere i suoi occhi illuminarsi tenendo tra le braccia quella piccola vita, sicura che l’avrebbe resa felice ed orgogliosa più di qualunque altra cosa potesse aver fatto. Quella era la cosa che le faceva più male, sapere che non l’avrebbe mai potuta vedere così felice, che sua figlia non avrebbe mai conosciuto sua madre. Gli anni passavano inesorabili uno dopo l’altro e ne aveva vissuti tanti di quei giorni, ogni anno sperava che quello successivo sarebbe andato meglio ma ogni anno il dolore tornava a stringerla nella sua morsa, crudele come sempre e come sempre era voluta rimanere sola, ma non potendo uscire era stato Rick, capendo il suo stato, ad andare fuori molto presto dal loft per lasciarle tutto lo spazio ed il tempo di cui avesse bisogno. Si era sentita in colpa in quella silenziosa richiesta che gli aveva fatto, facendolo uscire molto prima di quanto lui era solito fare, togliendoli quei momenti della mattina in cui lui adorava rimanere a letto e coccolarla, accarezzandole la pancia ora sì, molto ingombrante e riempiendola di baci. Non c’era stato un giorno in cui Rick non le avesse ricordato quanto l’amava e non glielo avesse dimostrato in ogni modo possibile e lei si sentiva così felice e così fortunata ogni volta. Ma non quel giorno. Sperava che quell’anno, quel 9 gennaio sarebbe stato diverso, meno amaro, ed invece il dolore che sentiva dentro non era attenuato da nulla, nemmeno dalla sua piccola che da quando si era seduta sembrava agitarsi come mai in quei giorni precedenti, come se avesse percepito tutta la tristezza della sua mamma e provasse con la sua presenza a darle un motivo per sorridere ancora.

   
 
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