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Autore: _BlueLady_    30/08/2016    2 recensioni
[ Dal Prologo]
Tutti lo chiamavano Eclipse, perché proprio come un’eclissi era in grado di nascondersi alla luce del sole, per poi fare la sua ricomparsa di notte, nelle vie buie delle città più conosciute, alla ricerca di non si sa quali preziosi tesori.
Le prime pagine dei giornali erano piene delle sue immagini, i gendarmi di ogni città gli davano la caccia, nella speranza di catturarlo e finalmente infliggergli la punizione che meritava per tutti i furti commessi in passato.
Non c’era traccia di scovarlo, tuttavia.
Così come appariva, altrettanto misteriosamente scompariva, lasciando dietro di sé solo un cumulo di mormorii perplessi ed impauriti.
Attenzione: leggermente OOC, la lettura potrebbe risultare un pò pesante.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~ CAPITOLO 24 ~
 
- Rein, sei stata straordinaria!- le saltò al collo Fine in preda alla più completa euforia, sbucando dalla folla ancora accalcata su di lei.
Rein accolse la sorella tra le braccia, riscuotendosi dal suo stato di trance.
- Ti ringrazio, Fine- riuscì a mormorarle all’orecchio, la mente ancora occupata da infiniti pensieri.
- Davvero, signorina Sunrise, un’esecuzione magistrale, se posso esprimermi- rincarò la dose il duca, sempre al fianco della sorella – Fine aveva ragione a tessere così tante lodi su di voi. Mai parole furono più veritiere: siete davvero una grande pianista. Il vostro talento qui è sprecato. Vi vedrei bene ad esibirvi nei salotti di Londra – asserì sincero, gli occhi che brillavano di soddisfazione.
- Vi ringrazio delle belle parole, duca, sono lieta abbiate apprezzato – sorrise Rein, ancora con addosso l’inquietudine del suo ultimo scambio di sguardi con il visconte.
- Rein, ti sento turbata, c’è forse qualcosa che ti affligge?- le domandò la sorella all’orecchio, avendo cura di non farsi udire da Bright.
Quelle parole la fecero trasalire, e subito la mente tentò di articolare una giustificazione plausibile al suo comportamento: - Assolutamente, Fine, sto bene. Sono solo un po’ frastornata dalla mia esibizione, mai mi sarei aspettata di fare un simile successo!- rise, e in parte ciò che diceva corrispondeva alla verità.
Vide Fine osservarla interrogativa, nel fondo degli occhi un dubbio che non accennava a dissiparsi.
- Adesso, se vuoi scusarmi, vado fuori a prendere una boccata d’aria. Questo spettacolo improvviso mi ha lasciato senza fiato ed energie, qui dentro mi manca il respiro - tagliò corto per sviare un confronto che certamente l’avrebbe condotta a nuove confidenze che era opportuno che Fine non conoscesse.
Volse un cenno di saluto frettoloso al duca, e si addentrò tra la folla in direzione della porta di ingresso, desiderosa di allontanarsi da tutto e da tutti, e stare sola con i propri pensieri.
Una sensazione opprimente andava a gravarle sul petto togliendole il respiro, e non riusciva a togliersi dalla mente il terribile senso di colpa che aveva cominciato a pungolarle l’animo dopo la sua esibizione al pianoforte.
Come aveva potuto essere stata tanto sciocca da cedere alle provocazioni del visconte?
Perché non si era lasciata scivolare tutto addosso, lasciando che pensasse male di lei? Per quanto la riguardava, non le importava niente se quell’uomo dal fascino oscuro avesse pensato, in seguito ad un suo rifiuto, che le sue erano soltanto parole dettate da invidia e presunzione. Avrebbe potuto ritenerla una codarda, una perfida sentenziatrice senza esperienza, il suo giudizio poco le importava.
E allora perché aveva ceduto? Perché si era lasciata trascinare dall’incessante desiderio di volergli dimostrare a tutti i costi qualcosa?
La verità le piovve addosso, come una secchiata di acqua gelida sulla schiena.
Probabilmente perché, che lo volesse o meno, ancora non riusciva ad evitarsi di volersi mettere in buona luce di fronte ai suoi occhi, nello sfacciato desiderio di essere finalmente ammirata da lui, di cercare la sua approvazione per quello che era, e di essere accettata.
Cercava la sua approvazione, semplicemente perché la desiderava. Ecco perché aveva agito di conseguenza.
Quella consapevolezza le fece realizzare, non senza compatirsi, che sebbene la ragione volesse imporle a tutti i costi di odiare Shade Moonville per le sue menzogne, per la sua presunzione e la sua pienezza di sé, il suo cuore non poteva fare a meno di desiderarlo ancora, nonostante si sentisse profondamente tradita da lui.
Era ormai giunta all’ingresso pervasa da cento emozioni diverse, quando uno tra gli invitati la fermò, desideroso di congratularsi con lei per la splendida performance, e invitandola a sedersi ad un tavolo con altri invitati per intrattenersi insieme nel gioco dell’alfabeto. (*)
Rein declinò gentilmente l’invito, troppo appesantita dalle emozioni anche solo per pensare di distrarsi, ma quelli insistettero tanto ardentemente, pregandola di sedersi con loro, che ogni tentativo di rifiuto fu vano.
Si ritrovò seduta al tavolo in mezzo a volti di donne e uomini sorridenti, il posto di fronte a lei vuoto, e le tessere dell’alfabeto sparpagliate sul tavolo, pronte ad essere intrecciate insieme in mille modi diversi per dare vita ad infinite parole.
Presa dalla confusione del momento, combattuta interiormente e frastornata dalle mille domande che coloro che erano seduti al tavolo con lei le porgevano interessati, presto si rese conto, con suo grande stupore e non senza trovare la situazione paradossalmente ironica, che non era in grado di formulare neanche una parola di senso compiuto. Lei, che fino a poco prima era riuscita a dare vita ad un racconto semplicemente sfiorando i tasti di un pianoforte.
Le mancava uno stimolo che la spingesse a comporre.
Rise di se stessa, e mentre ancora mentalmente non riusciva a capacitarsi della situazione, notò un’altra figura prendere posto sulla sedia vuota di fronte a lei.
Alzò lo sguardo, e nuovamente due iridi blu notte le penetrarono il cuore, leggendole l’inquietudine che aveva dentro.
Il visconte di Moonville. Ancora.
Subito si rabbuiò, senza capire il perché quell’uomo tanto solitario e asociale, improvvisamente si era fatto così insistente ed assillante.
Cosa voleva ancora da lei?
Senza dire una parola, il visconte prese ad osservare le tessere sparpagliate sul tavolo, raccogliendone qualcuna e mettendole in fila di fronte a sé con l’intento di creare qualcosa.
Rein lo osservava con la coda dell’occhio, attenta e diffidente, senza riuscire a carpire il significato della misteriosa parola finché anche l’ultima lettera non fu posizionata al suo posto.
Il visconte le sorrise saccente, invitandola a leggere ciò che aveva composto per lei.
Rein allungò lo sguardo, sporgendosi verso di lui, nel tentativo di leggere.
Le lettere messe assieme citavano la parola “incantevole”.
Restò a fissarle per qualche secondo, poi volse uno sguardo interrogativo al visconte, che rispose con un cenno del capo in direzione del cumulo di lettere, invitandola a rispondere.
La turchina osservò prima lui basita, poi le tesserine bianche e nere di fronte a sé.
Tentò con tutta se stessa di decifrare il significato di quel complimento all’apparenza adulatorio e remissivo: un ipotetico ed impacciato tentativo di scusarsi per averla sfidata così sfacciatamente, oppure un’ulteriore provocazione?
Ci pensò su qualche secondo, e nel vedere spaziare sul volto del visconte il suo solito sorriso sghembo e saccente, gli occhi accesi di malizia, giunse alla conclusione che doveva trattarsi per forza di una nuova dichiarazione di guerra, e non di un modesto tentativo di riappacificazione.
Inacidita ed infastidita da quel gesto, cercò con foga le lettere per mettere insieme la sua risposta.
Quando le trovò, sorrise soddisfatta, ed invitò il visconte a leggere, come lui aveva fatto con lei, ciò che aveva scritto.
Shade abbassò lo sguardo interessato, e lesse la parola che Rein Sunrise aveva creato per lui.
“Menzogna”.
La guardò negli occhi senza capire, le iridi cristalline che lanciavano dardi avvelenati, desiderose di fargli carpire qualcosa che già gli era stata rivelata tra le righe, quando l’eco dei tasti del pianoforte risuonava per la sala.
Rein aveva voluto cogliere l’ennesima occasione per renderlo consapevole. Era decisa a non tacere, andando contro qualsiasi principio e scrupolo che si era fatta fino a quel momento.
Se lui non cessava di tormentarla, allora anche lei avrebbe fatto la sua parte.
Il visconte osservò ancora un istante perplesso le tessere bianche e nere sputargli in faccia quella muta accusa, poi pescò altre otto lettere dal mucchio, intenzionato a portare avanti quella silenziosa conversazione.
La parola che scrisse citava “modestia”.
Rein rise, rendendosi conto che, ancora una volta, era stata troppo discreta nel proferire la sua sentenza o, forse, il visconte si sforzava a tutti i costi a non voler cogliere la sua provocazione.
Decise di esporsi un’ultima volta.
Pescò ancora sei lettere dal mucchio, e compose la parola “svista”.
Stette a braccia conserte, gustandosi l’espressione confusa e perplessa del visconte analizzare la parola a fondo, rigirandosela nella mente e studiandola da ogni angolazione.
Shade stette qualche minuto a pensare, sotto lo sguardo freddo e impassibile di Rein che attendeva impaziente una sua reazione. Quando al visconte balenò in testa un’illuminazione, le iridi buie si accesero di consapevolezza mista al terrore di essere stato effettivamente scoperto.
Guardò Rein negli occhi un istante, ricevendo in risposta soltanto un’occhiata amareggiata, delusa e ferita, nascosta dietro le iridi cristalline rese lucide da una sottile pellicola di lacrime.
Il vuoto allo stomaco si impadronì di lui, e subito Rein si alzò di scatto dalla sedia, congedandosi dal resto del gruppo, fuggendo di nuovo tra la folla, lontano dalla causa di tanto male.
- Aspettate!- tentò di fermarla lui, balzando in piedi ed allungando il braccio nel tentativo di fermarla, ma Rein era già lontana dalla sua vista.
Strinse i denti, mentre il sospetto sempre più incalzante si faceva spazio nella sua mente.
Ripensò attentamente alle due parole che Rein Sunrise gli aveva indirizzato.
Possibile che…?
Senza pensarci due volte, abbandonò il tavolo da gioco, e si fiondò dietro la turchina, deciso a dissipare quel dubbio che ormai si era impossessato prepotentemente di lui.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Rein Sunrise?- trillò una voce alle sue spalle, mentre tentava di farsi disperatamente spazio tra gli invitati, prima che il visconte potesse raggiungerla di nuovo.
Si voltò di scatto, spazientita, chiedendosi chi altri ancora desiderasse parlare con lei quella sera.
Si stupì nel trovarsi di fronte, altezzosa e superba, la figura della marchesa di Windsworth ad attenderla trepidante poco distante da dove si trovava lei, un sorriso caldo e rassicurante che la incoraggiava ad avvicinarsi.
- Signora marchesa – salutò rispettosamente, dedicandole un timido inchino.
Sophie si crogiolò in quel fugace istante di gloria.
- Buonasera, cara. Ho incontrato vostra sorella Fine poco fa, e mi stavo chiedendo come mai non foste venuta anche voi alla festa. Invece eccovi!- esclamò, con tutto il calore che il suo freddo carattere le permetteva di esibire – Che piacere vedervi!-
- Il piacere è mio – biascicò Rein, confusa e disorientata da tanto entusiasmo.
La marchesa si ricompose, e prese a scrutarla attentamente con lo sguardo da capo a piedi, facendo sentire la turchina non poco in soggezione di fronte a quell’attenta analisi.
- Sembrate sconvolta, mia cara. Siete pallida come un cencio lavato – osservò la donna, avvicinandosi – Qualcosa vi turba?- le domandò.
Rein non riuscì a trovare le parole per rispondere. La marchesa, tuttavia, non parve farci troppo caso. Continuava ad osservarla meticolosamente, quasi volesse imprimersi nella memoria ogni dettaglio.
- Indossate un abito incantevole stasera – asserì placidamente, cominciando a girarle intorno per poterlo osservare da più angolazioni – Delizioso, dico sul serio. Suppongo che vostra madre abbia fatto riferimento ai servigi del miglior sarto della contea per potervi presentare al meglio a questo evento –
Rein rimase paralizzata, incapace di comprendere il fine di quella conversazione.
La marchesa schioccò la lingua in segno di dissenso: - Tuttavia- mormorò, soffermandosi di fronte a lei – manca qualcosa. Un decoro, un particolare, qualcosa che vi faccia risplendere – e si mise ad analizzarle il decolleté, reso visibile dalla scollatura un po’ più azzardata del solito - Un gioiello, magari…- suppose in un ghigno malizioso, e calcò volutamente quella parola, quasi volesse concentrare tutta l’attenzione di Rein su quel particolare.
La turchina sbatté due volte le palpebre, tentando di comprendere il significato di quella sottile allusione, il cuore che perdeva di un battito.
La marchesa sbuffò annoiata, scostandosi da lei per lasciarle un po’ di respiro, dopo averla marcata stretta come un predatore fa con la propria preda.
- Vi capisco, sapete – sospirò, assumendo un tono falsamente preoccupato che sfuggì alle orecchie della turchina – anche io da una settimana a questa parte sono alquanto turbata. Quasi non ci dormo la notte. E mi pare logico – rise tra sé e sé – visto che è proprio di notte che si è verificata la ragione del mio turbamento –
Rein tentò con tutta se stessa di proferire qualcosa, una domanda, un dubbio, ma le parole non vollero collaborare. Se ne restò in silenzio, ad ascoltare ciò che la marchesa aveva da dirle.
- Vedete, mia cara – cominciò con tono suadente e persuasivo – circa una settimana fa, nel cuore della notte, mi è capitata una visita inaspettata. Vi parrà alquanto strano, ovviamente, che qualcuno possa venire a disturbarmi a notte inoltrata, eppure è successo – Rein pensò con non poca ironia quanto quelle parole le parevano paradossali, visto e considerato che ormai casa sua era frequentata da visitatori inaspettati più di notte, che di giorno. La marchesa sospirò, il suo animo si fece inqueto ed agitato – Dormivo placidamente nella mia camera, quando un incauto visitatore ha osato addentrarsi tra le mura di casa mia, per impossessarsi di un oggetto che non gli apparteneva. Un gioiello, per l’esattezza – a quella parola, piantò le pupille in quelle della turchina – Non immaginate lo spavento quando me lo sono trovata, minaccioso come un corvo, esattamente sopra di me, un coltello in mano pronto ad uccidermi nel sonno pur di ottenere quello che tanto avidamente desiderava – (**)
La mente di Rein registrava con cura ogni informazione, comprendendo a piccoli passi dove la marchesa intendesse condurla.
- Colta da un curioso presentimento, mi sono destata dal sonno, e ho gridato con tutto il fiato che avevo in corpo quando ho preso coscienza di ciò che stava succedendo. Ho chiamato disperatamente mio fratello perché venisse in mio aiuto, ma la fortuna aveva deciso proprio di non assistermi, dato che quel mascalzone aveva deciso proprio quella sera di tornare tardi a casa dalla sua uscita serale con gli amici. Allora ho preso coraggio, mi sono fatta forza, e ho tentato da sola di difendermi da quello spietato ladro assetato di sangue –
Rein incamerava ancora ogni parola, il cuore in petto che accelerava il battito sempre di più.
La marchesa sospirò affranta: - Ho fatto quel che ho potuto, naturalmente, ma quel mascalzone era più forte di me. Del resto, cosa può fare una misera donna, contro un energumeno armato e addestrato al combattimento?- e le mostrò, senza vergogna, la profonda cicatrice che le spaziava sul collo, esattamente all’altezza della giugulare, segno inconfondibile che ciò che stava raccontando corrispondeva alla verità.
Rein si sentì mancare la terra sotto i piedi. Sophie ringhiò, offesa e stizzita per l’affronto subito: - Non so come, ma sono riuscita a salvarmi. Per il gioiello purtroppo però, non c’è stato nulla da fare – ridacchiò tra sé e sé, nella voce un velo di malignità – Però – asserì perfida – un piccolo ringraziamento per la sua gentile visita ho voluto lasciarglielo lo stesso. Mentre lottavo invano per sfuggire alla mia morte, sono riuscita, non so come, a direzionare il coltello verso di lui, e a ferirgli volontariamente il braccio sinistro, distraendolo dalla sua furia omicida, e dandomi il tempo di scappare per cercare aiuto da uno dei miei domestici, al piano di sotto, che dormivano e non si erano accorti di nulla. Quando sono tornata con loro al piano di sopra, ovviamente, il ladro era fuggito, e si era portato via con sé il gioiello –
La freddezza con cui raccontava certi particolari era a dir poco sconcertante.
La marchesa le sorrise, senza perdere quell’atteggiamento quasi materno che le ispirava la giovane turchina.
- Vi starete domandando il perché mi sia abbandonata con voi a questa confidenza – sussurrò pacatamente, gli occhi pieni di sincera apprensione – Desideravo mettervi in guardia, signorina Sunrise. Non ho intenzione di sporgere denuncia e diffondere nuovamente il panico per la contea per un gioiello insignificante. Tengo tuttavia a cuore gli amici, dunque ho pensato che mettervi al corrente della situazione potesse giovare a voi e alla vostra famiglia – sorrise incoraggiante, l’animo più leggero per la buona azione appena compiuta.
- Chi era il ladro che ha tentato di derubarvi?- proferì finalmente Rein, nel petto un incessante tramestio che andava a rimbombarle fin nelle orecchie.
La marchesa rise, incredula che la giovane avesse potuto porle una domanda così scioccamente ingenua: - Come?- esclamò tra le risate – Non lo indovinate?-
Rein, perfettamente consapevole, volle che fosse lei a pronunciare il fatidico nome.
- Ma Eclipse, ovvio!- asserì l’altra ancora sogghignando, mettendosi discretamente a posto l’acconciatura.
Per quanto fosse preparata a ricevere quell’ennesimo colpo, Rein non poté evitare di infrangersi sotto il peso di quelle parole pronunciate con così tanta leggerezza.
Le riusciva davvero difficile credere che Eclipse potesse essere capace addirittura di uccidere, pur di ottenere ciò che voleva.
Del resto, però, come poteva fidarsi di una persona che si era presentata a lei sotto un falso nome, di cui sapeva per certo essere un criminale temuto e ricercato da tutti?
Rise di nuovo di se stessa, trovandosi terribilmente patetica.
Possibile che l’amore la spingesse ad umiliarsi tanto?
Avrebbe voluto chiedere ancora tante cose alla marchesa, per togliersi i mille dubbi che le erano sorti, ma non le fu possibile farlo, giacché il fratello, giunto da loro proprio in quell’istante, necessitava della sua presenza, ed era venuto apposta per portare la sorella via con sé, trascinandola a discutere di affari ben più importanti delle eccessive curiosità di una ragazzina in preda al suo primo amore.
- Sophie – aveva detto, dopo essersi scusato dell’intrusione – la contessa di Darthmour desidera parlare con te. Adesso – calcò l’ultima parola, facendo intendere che era urgente.
- Vogliate scusarmi – si rivolse Sophie a lei con un sorriso di scuse – è stato un vero piacere chiacchierare con voi – e si allontanò accompagnata dalla figura del fratello, confondendosi tra la folla.
Rein rimase sola, affranta e col cuore spezzato, in preda a infiniti dubbi, sfiduciata, rattristata, ferita.
- Tempismo perfetto – sussurrò soddisfatta la marchesa all’orecchio del fratello, mentre camminavano a braccetto sotto gli sguardi indiscreti degli altri invitati.
- Com’è andata?- le chiese lui di rimando, avendo cura di non farsi sentire da nessuno a parte lei.
Sophie ghignò vittoriosa, la più completa soddisfazione che spaziava sul suo affascinante volto da nobildonna.
- Ha abboccato – asserì – adesso dobbiamo soltanto aspettare che il resto si compia da sé –


Angolo Autrice:

(*) Il gioco dell'alfabeto è una sorta di scarabeo dell'Ottocento
(**) L'episodio a cui fa riferimento la marchesa è successo nel capitolo 20

Torno dalle vacanze con un bel regalo per voi, come vedete.
Eh si: aggiorno ancora una volta, dopo un'estate all'insegna del relax e del mare (ci voleva!).
Come vedete è un altro capitolo di transizione, ma succedono comunque cose importanti, e soprattutto che preannunciano eventi che accadranno nei prossimi capitoli: già da quello successivo un altro tassello tornerà al suo posto, e da ora in poi direi che sarà sempre così per vostra gioia.
Nelle recensioni ho ricevuto tanti insulti in merito al fatto che ancora non vi voglio svelare niente... eh, lo so, mi odiate, ma davvero ormai siete arrivate fin qui, e tanto vale continuare a leggere per scoprire cosa c'è sotto, no? Manca pochissimo, lo giuro!
Il post di oggi è anche un modo per festeggiare le oltre cento recensioni ricevute per questa storia! Sembrerà banale, ma per me significa tanto, e sinceramente non mi sarei mai immaginata di ottenere questo discreto successo, contando anche il numero di preferiti, quindi sono più che soddisfatta, e festeggio regalandovi un nuovo pezzo di questa storia, che spero gradirete.
Preparatevi per il colpo di scena: siamo agli sgoccioli!
Grazie a tutti coloro che mi seguono così appassonatamente: siete fondamentali!
Ci si vede al prossimo capitolo!
Baci

_BlueLady_
  
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