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Autore: Edward LoneBark    31/08/2016    1 recensioni
Una guerra che si trascina da tempi immemori sta per giungere al termine. Il destino ha schierato le sue pedine e attende la prossima mossa del nemico, mentre un ragazzo senza memoria cerca la propria identità, svelando misteri antichi di millenni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano ben più forti di quelli che aveva affrontato fino a quel momento, su questo non c'era dubbio. Erano tutti più alti di lui, e non c'erano molti uomini che lo fossero, e resistevano alle frecce, continuando a correre malgrado i dardi conficcati nella corazza.

Tharmunor attese che fossero abbastanza vicini, poi ordinò ai Luminosi di colpire.

Erano dieci, ma bastò un loro attacco congiunto per travolgere le prime tre file. Soddisfatto, vide i possenti guerrieri corazzati essere investiti dalle onde di luce ed essere spazzati via come foglie da una folata di vento, frantumandosi.

Il punto di forza dei Luminosi era il fatto che non dovevano produrre la magia come gli stregoni normali, trovandosi inevitabilmente a corto nel mezzo della battaglia, ma dovevano limitarsi ad assorbire la Luce attorno a loro e trasformarla in incantesimi di distruzione. Il processo li stancava, ma di solito impiegava diverse ore per esaurirli completamente. Ne bastarono dieci per spazzare via un sesto dell'armata nemica prima ancora che raggiungesse gli eternitiani.

L'impatto fu comunque atroce, e spedì un'onda d'urto lungo tutto lo schieramento, sbilanciando centinaia di soldati. Molti componenti della prima fila furono scagliati in aria, per ricadere sulle picche sollevate degli oscuri.

Lo scontro fu sanguinosissimo. I nemici combattevano con una foga e una violenza che Tharmunor non aveva mai sperimentato, continuando a lottare strenuamente anche quando erano stati infilzati più volte. Il comandante combattè con altrettanta foga e riuscì a controllare l'impeto nemico, ma le perdite furono comunque ingenti. Dovettero ucciderli uno a uno, e fare affidamento fino alla fine alla superiorità numerica che diveniva sempre più schiacciante, senza riuscire ad accerchiarli.

Quando l'ultimo oscuro cadde, investito dall'ennesima vampa scagliata dai Luminosi ormai esausti, era il tramonto, e un terzo dell'armata eternitiana giaceva morta sul terreno umido e freddo.

Esausto, il comandante rinfoderò la spada, piena di tacche ottenute solo con l'ultimo scontro, e sferrò un calcio all'elmo di un nemico, staccato dal resto dalle corazza. La sua frustrazione era cresciuta per tutta la battaglia, mentre vedeva i suoi uomini continuare a morire senza poter fare nulla. Era una sensazione che aveva provato in tutte le battaglie che aveva combattuto, ma mai in quel modo. Che avessero vinto o meno, restava il fatto che erano più deboli, e ad uno scontro a numeri uguali e senza Luminosi sarebbero stati schiacciati come formiche. Si sentiva quasi impotente, e la cosa lo faceva infuriare.

Ho lasciato migliaia dei miei soldati sul campo, quest'oggi pensò, quanti saranno la prossima volta?

Aveva sempre visto Arkader come un nemico perfettamente gestibile, seppur impossibile da sconfiggere definitivamente, dal momento che se ne stava rintanato nel mezzo di un deserto quasi impossibile da attraversare. Quell'ultima battaglia gli aveva fatto comprendere fino in fondo quali danni fosse in grado di fare un esercito che non dovesse sottostare ai limiti dell'umanità, fatta di soldati che non si stancavano, che non temevano la morte, che non provavano dolore.

Stava ancora rimuginando quando fu raggiunto da Reften, un mago molto vecchio e alto. Era magro e avvizzito, tanto che sembrava fosse rimasto al sole troppo a lungo, e la veste blu scuro che lo avvolgeva non faceva che accentuare la sua magrezza.

Alcuni dicevano che tutti gli stregoni più potenti della storia erano stati molto magri e allampanati, eccetto il grande Nexuras, come se ci fosse un legame tra le due cose. Lo stesso Reften era stato un grande guerriero e stregone, nei tempi passati. La vecchiaia gli aveva tolto la forza per combattere, ma di certo non l'enorme cultura e l'esperienza in tutti i campi della magia. Tharmunor era convinto che lo avrebbe aiutato ad ottenere nuove informazioni su quel nemico misterioso, e non aveva torto.

-Dobbiamo parlare, seguimi- gli disse piano, con aria contrita. Iniziò a camminare lentamente verso le retrovie, e il comandante lo seguì, mentre lasciava che la curiosità sopraffacesse la frustrazione della battaglia.

-Nell'arco di queste ore ho compreso più cose sul nemico di quanto non abbia fatto in settimane- esordì il vecchio mago -e ho costruito anche congetture per ora infondate, ma sulla fondatezza delle quali scommetterei qualcosa-.

Tharmunor tenne a bada l'impazienza. Reften preferiva aprirsi in ampie digressioni per arrivare dove voleva, il che poteva essere irritante, tuttavia sapeva bene che aveva sempre qualcosa di interessante da dire.

-Come ben sai il Nemico costruisce i suoi eserciti dando alla materia senza vita il potere di muoversi e combattere, utilizzando l'Oscurità che costituisce la sua risorsa principale. L'ipotesi più fondata è che sia un grande stregone Oscuro che dispone di una vasta fonte di Oscurità oppure sia in grado di produrla egli stesso. Tuttavia non ne ha abbastanza per invadere Eternis, e ciò è testimoniato dai numerosi fallimenti dei suoi attacchi, che non hanno mai superato la barriera dell'ovest-. Lo guardò dritto negli occhi. -Credo di aver capito il motivo dell'ultimo attacco, che a prima vista sembrava così insensato. Per fortuna il suo piano è fallito, o noi non saremmo qui a parlare, in questo momento-.

 

Il mago la prese con cautela e la sollevò davanti ai loro occhi. Era una pietra lucida e nera che emanava un fioco bagliore, crudo e alieno, come se una maledizione senza tempo vi fosse intrappolata.

-Questa è la più potente sorgente di Oscurità che io abbia mai esaminato, e di gran lunga- disse Reften. La mano che stringeva la Pietra iniziò ad annerirsi e fu costretto a posarla subito. -Ho evocato un incantesimo di isolamento, ma non posso tenerla per più di pochi istanti. Il potere qui dentro potrebbe dare al suo possessore un potere quasi illimitato, ma non a chiunque, solamente a qualcuno che sia in grado di sopportarlo-.

Tharmunor aggrottò la fronte. -Dunque è per questo che Arkader ha attaccato qui- disse.

-Esattamente- replicò il mago -e se fosse riuscito a mettere le mani su questa sorgente sarebbe riuscito a costruire un esercito abbastanza forte da annientarci, sempre che non decidesse di venire personalmente a distruggerci. E' un miracolo che la pietra sia ora nelle nostre mani, e non nelle sue-.

Lo sguardo di Tharmunor si posò sul ragazzo svenuto ai suoi piedi, accasciato su una coperta sottile sul pavimento della tenda. Era stato portato lì prima della battaglia e aveva continuato a dormire, respirando appena. Il sonno e la stanchezza avevano cancellato la tensione e il consueto cruccio dai lineamenti duri, facendolo apparire come il ventenne che era. -Non un miracolo, ma questo ragazzo. Come è riuscito a portarla?-

-E' un Luminoso, e piuttosto potente, per giunta, anche se percepisco delle anomalie che non avevo mia incontrato. Ha utilizzato molto la Luce nei giorni precedenti, il che ha completamente esaurito le sue forze. Deve aver raggiunto lo stremo per portare la pietra a noi-.

-Ho bisogno di sentire cosa ha da dire, probabilmente possiede informazioni preziose sul nemico- disse Tharmunor, scrutando la pietra. -Se l'ha portata fin qui, sicuramente può dirci come ne è entrato in possesso-.

-E' fondamentale che dorma almeno per questa notte. Ha usato abbastanza la luce da avvicinarsi alla soglia di deterioramento, e svegliarlo prima che abbia recuperato un minimo di forze potrebbe essere estremamente rischioso-.

Tharmunor annuì. -Dovrei inviare un Luminoso a portare la pietra al sicuro, ma nessuno di loro è in grado di farlo al momento, quindi dovremo tenerla qui almeno per stanotte-.

Fece per uscire dalla tenda. -Organizzerò turni di guardia perchè non succeda nulla, ma voglio che tu la tenga d'occhio personalmente-.

-Puoi contare su di me- replicò Reften.

 

Le sue membra erano di piombo, le sentiva pesare come se volessero sprofondare nella terra. Cercò di muovere una mano, ma quella rimase immobile. Si sentiva scollegato dal proprio corpo, come se gli fosse estraneo, e i suoi pensieri erano confusi, come avvolti in una nebbia densa e pesante.

Tutto ciò che avrebbe voluto sarebbe stato rimettersi a dormire e placare quella stanchezza profonda che lo avvolgeva, ma troppe domande premevano nella sua mente. Così aprì gli occhi.

Ciò che vide fu il rivestimento di tela di una tenda, dal quale filtravano i raggi chiari del sole mattutino, ingrigiti da una sottile cappa di nubi. La tenda era vuota, eccetto il suo giaciglio e un vecchio seduto su uno sgabello davanti a lui.

Sembrava fosse stato essiccato, tanto la pelle gli si tendeva sulle ossa. Era sveglio, ma gli occhi erano vitrei, come se fosse completamente perduto in pensieri profondi.

Hedras tentò di mettersi seduto, ma non ci riuscì. In compenso sentì ogni muscolo del suo corpo indolenzito.

I suoi occhi si richiusero. Aveva lottato troppo a lungo senza potersi riposare, e la tensione dei giorni precedenti non lo aveva abbandonato del tutto, ma prima che se ne rendesse conto il sonno lo aveva già trascinato nuovamente nei suoi abissi.

 

   
 
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