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Autore: crisbynight    01/09/2016    11 recensioni
Liberamente ispirato al Manga e Anime Versailles No bara è il punto di partenza di una sceneggiatura per una fiction televisiva, un'esperienza non solo letteraria quindi ma anche visiva e musicale...potete vedere i personaggi come li vedo io e magari accompagnare la lettura ascoltando via Internet il tema musicale consigliato e immaginare le scene davanti ai vostri occhi...PROVARE PER CREDERE...Non vi fermate alla prima puntata, il meglio viene dopo!!!Grazie a tutti voi che vi avventurerete con me in questa mia fanfiction sperimentale ATTENZIONE tutte le immagini presenti sono tratte dai film maria antonietta del 1938, maria antonietta del 2005, lady oscar, la duchessa, le relazioni pericolose, angelica e dal sito photobuket. si tratta di immagini puramente dimostrative e inserite senza alcuno scopo di lucro
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CINQUATADUESIMA PUNTATA
 
E' Tutto Perduto?”
 
 
Colonna sonora: Bounjour Paris
 
Alcune settimane dopo lo scoppio dello scandalo, fatta eccezione per il conte De La Motte, fuggito a Londra coi diamanti, tutti coloro che risultavano invischiati nell'affare della collana erano stati arrestati: Rohan, Jeanne, il suo segretario un certo Renè De Villette e una giovane donna, la sedicente baronessa D'Oliva.
De Villette fu preso a Ginevra, egli era il più intimo confidente di Madame De La Motte ed infatti, poche ore dopo, rinchiuso alla Bastiglia, si seppe che aveva scritto di sua mano tutte le lettere indirizzate al cardinale dalla regina, quelle che avevano portato all'acquisto della collana. Inoltre aveva falsificato la firma di Maria Antonietta di Francia sull'accordo stipulato con i gioiellieri.
La baronessa D'Oliva rifugiatasi a Bruxelles, fu arrestata inizialmente senza che si sapesse ancora di cosa incolparla. Solo dopo il primo incontro coi giudici, si capirà il ruolo di primo piano, avuto inconsapevolmente nella truffa.
Il 5 settembre 1785 il Parlamento viene investito dell'autorità processuale.
 
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La vicenda appare relativamente semplice: il cardinale è stato vittima o complice di madame De La Motte, una costosissima collana è sparita grazie anche ad alcuni complici che in un modo o nell'altro sono intervenuti per meglio imbrogliare il prelato, usando il nome della regina.
Lo scandalo della collana divenne ben presto perciò un affare politico.
Per convincersene bastava ascoltare le conversazioni nei saloni di Parigi, oppure scorrere la stampa.
Come poteva essere diversamente quando, implicata nella faccenda, vi era la prima dama del regno?
Rohan credeva che la regina per oscuri motivi volesse la sua rovina e cercasse di fare di lui un capro espiatorio.
Ma ancor più grave si rivelò, che sia i parigini sia molti membri della corte, fossero dello stesso parere del cardinale, dunque questa faccenda portò a galla, tutto il clima di odio, di gelosie e di ambizioni che circondava “l'austriaca” fin dall'inizio del regno.
Maria Antonietta era diventata fonte inesauribile di critiche, discutibile per i suoi atteggiamenti e per la volontà di creare una corte nella corte, la sovrana era ormai agli occhi dei nemici del potere reale, il cattivo angelo del Re.
Addirittura si dubitava che il principe Charles, fosse figlio di Luigi XVI!
Orleans e i suoi alleati avanzarono una vera campagna per influenzare il popolo e la controversia esplose, facendo si che tutti si appassionarono ad un processo che vedeva compromessa la monarchia, la nobiltà e il clero.
Dalla crisi economica alla crisi di ideali, la Francia divenne in quei giorni, il centro di un focolare rivoluzionario che solo un re geniale, un governo di talento o un'amministrazione sana avrebbero potuto controllare.
 
 
 
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Luigi XVI invece, al contrario dei suoi illustri predecessori, aveva sentimenti e idee comuni, gli stessi di cui il re sole diceva che se fossero stati suoi, non sarebbe stato re.
Che cosa lo aveva indotto ad affidare questo processo al Parlamento? Forse la convinzione che l' innocenza della regina sarebbe stata dimostrata con maggiore evidenza se il dibattimento non fosse stato istruito da una giurisdizione eccezionale.
Ma sul piano politico, questa decisione si rivelò un errore: il dibattito di un affare così ingarbugliato, richiese infatti un'enorme pazienza e un lungo lavoro che provocò molte complicazioni.
L'opinione pubblica, trovando davanti al Parlamento il solo nome della regina e non la sua persona, sospettò l'esistenza di qualche colpa regale sotto l'inconcepibile credulità del cardinale.
Inoltre il Parlamento stesso aveva l'arma in pugno per vendicarsi di tutte le umiliazioni subite da parte dei precedenti re, ora che si trovava ad essere arbitro in una causa che coinvolgeva la corona.
Maria Antonietta, chiedendo l'arresto del cardinale, aveva trascurato i partiti che si sarebbero schierati con Rohan, prima di tutto la sua famiglia poi i principi di sangue e attorno a costoro tutto il clero di Roma.
Gli intellettuali di Francia erano concordi sul fatto che nello scontro secolare fra i reali e la Chiesa, fra il potere temporale e quello papale, ad uscire sconfitti sarebbero stati entrambi.
 
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Questo era il clima generale a Parigi, quando iniziò il processo, nel marzo del 1786.
La famiglia Jarjayes era stata appena sfiorata dallo scandalo.
Un tenue rimproverò riguardante il capitano De La Motte era venuto fuori dalla bocca della contessa di Polignac, verso il comandante delle guardie, ma non aveva sortito alcun effetto, messo a tacere brillantemente da Brienne.
Rosalie aveva mantenuto il segreto sui suoi rapporti con Jeanne, e la contessa De La Motte, durante l'istruttoria, aveva avuto il buon senso di non parlare mai della sua infanzia.
A testa alta quindi Oscar, Andrè e Rosalie presero posto a sedere fra i nobili presenti all'ingresso dei 65 giudici in aula, chiamati ad ascoltare gli indagati e i testimoni per emettere finalmente un verdetto.
 
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Colonna sonora : The Judge
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Durante i primi tre giorni vennero letti gli atti del processo, poi prese la parola il procuratore generale del re.
Il documento firmato Maria Antonietta di Francia venne dichiarato falsificato in modo fraudolento, dopo di che presero il via gli interrogatori degli accusati.
De Vallete fu il primo ad essere ascoltato: confessò di aver scritto le parole Maria Antonietta di Francia in fondo al contratto, affermando però di averlo fatto in buona fede. Subito dopo comparve davanti al Parlamento madame de La Motte.
Jeanne affrontò l'assemblea con uno sguardo arrogante e con un sorriso sulle labbra, quasi a confermare i propositi manifestati pochi giorni prima, quelli di smascherare dei grandi furfanti.
La contessa rispose con fermezza a tutte le domande, con tono provocatorio, occhi e atteggiamenti da donna cattiva che niente può sorprendere.
Parlò senza imbarazzo, insistendo sul fatto che al processo non vi era stata traccia di lettere e altri scritti, di tutte quelle prove materiali insomma a cui tenevano tanto i magistrati.
Per andare fino in fondo i giudici, secondo una tecnica ormai perfezionata, procedettero ai confronti.
È così lei iniziò a cambiare continuamente le proprie dichiarazioni e la tattica di difesa, tentando di compromettere un numero sempre maggiore di persone.
Jeanne fu molto intelligente e affrontò senza difficoltà i testimoni, compresi coloro che cercavano di confonderla con prove materiali: quando si accorgeva che uno dei suoi sistemi di difesa stava crollando, ne ricostruiva un altro sotto gli occhi dei giudici, con circostanze sempre più precise e spiegazioni più complicate.
Dopo parecchie ore il processo venne rinviato all'indomani, quando Madame Della Motte avrebbe dovuto fare i conti con Rohan e i suoi difensori.
Era sicuro ormai che l'innocenza del cardinale sarà tanto più evidente quanto sarà più chiara la colpevolezza stessa della contessa.
Il giorno dopo, venne chiamato al banco degli accusati, Monsignore.
 
 
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Egli apparve in aula stanco e commosso, camminava con difficoltà.
Il cardinale, per dimostrare la sua buona fede, fornì subito delle prove ai giudici: egli chiese a madame De La Motte, come poteva spiegare l'improvviso sfoggio di ricchezze che aveva caratterizzato la sua vita negli ultimi mesi.
Case, vestiti, gioielli, argenterie, carrozze, livree...da dove era spuntato fuori tutto il denaro necessario per quel lusso, se non dalla vendita dei diamanti della collana rubata?
Jeanne rispone senza scomporsi, che egli lo sapeva meglio di chiunque, visto che lei era la sua amante e lui la manteneva.
Questa risposta generò il subbuglio in aula, il presidente del collegio dei giudici fu costretto a rimandare la seduta.
La contessa uscì così incredibilmente vincente dal confronto con il prelato.
A Parigi in molti iniziarono a provare simpatia per lei e a credere che fosse stata realmente la vittima dei due potenti di turno: il cardinale e la regina.
 
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Ormai la capitale era in piena fibrillazione: diversi giorni erano passati dall'inizio del processo e cominciavano a circolare le varie memorie degli avvocati.
I giornali andavano a ruba, spesso le tipografie erano costrette a lavorare 24 ore su 24 per arginare la fame di notizie del popolo.
 
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Gli avvocati di Rohan, i migliori del regno, sembravano essere usciti abbastanza male dalle ultime udienze, il cardinale rimaneva agli arresti nella Bastiglia e nessuna prova concreta che lo scagionasse, era stata presa in considerazione.
Nessuno immaginava che gli astuti uomini di legge, possedessero un asso nella manica, che, come ogni buon giocatore, avrebbero calato a partita quasi conclusa, per sorprendere l'avversario.
Il loro Jolly era la giovane Baronessa d'Oliva, di cui fin'ora tutti ignoravano l'importanza.
Il punto cruciale della questione, era sempre stato quello di come avesse fatto un prelato tanto illustre e colto a farsi raggirare da semplici carte, firmate in un modo tanto maldestro e spacciate da Madame De La Motte come messaggi di sua Maestà.
E come nella rappresentazione di una grande opera teatrale, il colpo di scena, fu accompagnato da un fragoroso 'oh' di meraviglia, da parte dei presenti, all'ingresso in aula dell'ultima testimone.
La donna aveva infatti un'incredibile somiglianza con sua Maestà la regina, tanto che qualcuno dei presenti accennò addirittura ad un inchino.
 
Colonna Sonora: Bon Iver - Holocene
 
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L'arresto della giovane baronessa D'Oliva e il suo interrogatorio dimostreranno che madame aveva cercato di forzare la mano al cardinale.
Si viene a conoscenza per la prima volta, della storia inverosimile dell'incontro del cardinale di Rohan con la sovrana, in un boschetto di Versailles, di notte.
Come premessa al suo interrogatorio, madamoselle D'Oliva tenne a precisare di non aver mai avuto l'onore di conoscere il cardinale di Rohan, di non conoscere e di non aver mai visto i gioiellieri e aggiunse inoltre di non aver mai visto la collana, di non saper nemmeno della sua esistenza e, di conseguenza, non aver mai pensato che il cardinale o la contessa potessero esserne in possesso.
 
-”Un giorno il conte De Lamotte si è presentato a casa mia, come un ufficiale di alto rango, con grandi speranze di avanzamento, per dirmi che una persona molto distinta, una gran dama, voleva parlarmi, avendomi conosciuta al mercato dei fiori a Parigi. Dopo un po' di chiacchere il conte si ritirò annunciandomi che quella stessa sera avrei incontrato questa persona...”-
-”Dite a questa corte, Madamoselle, riconoscete la donna di cui avete parlato nella vostra deposizione come Jeanne De Lamotte?”- la interrogò il difensore
-”Assolutamente si... la contessa venne da me quella sera stessa si sedette con un atteggiamento misterioso e mi lanciò uno sguardo strano. Mi disse di essere molto legata a sua Maestà la regina e di godere della sua fiducia incondizionata. Mi chiese se io fossi persona degna di altrettanta fiducia, perchè lei si trovava qui proprio in nome della sovrana, per un favore. Capirete signore il mio stupore...quale favore poteva chiedere la prima dama di Francia ad una povera disgraziata come me?”-
-”Decideste dunque di accettare, nonostante i leciti dubbi?”- incalzò l'avvocato
-” Dopo quel momento di primo stupore, la contessa mi disse che per tale disturbo mi sarebbe stata data la somma di 15000 lire e la gratitudine della regina, che si sarebbe trattato di uno scherzo innocente, di cui molti avrebbero riso. Non avevo idea di cosa intendesse e mi ritenevo onorata e fortunata di servire la mia sovrana”-
-”Madamoselle D'Oliva volete spiegare a questa corte, cosa avvenne la sera dopo?”-
-” Il conte De La Motte venne a prendermi con una carrozza per portarmi a Versailles, ma prima passammo per un albergo dove mi fecero indossare abiti particolarmente eleganti e mi elevarono, seduta stante, al rango di baronessa. Fui costretta mio malgrado a subire questa ridicola metamorfosi che contrastava con il mio modo di essere semplice e naturale. Così vestita e pettinata, mi diedero una piccola lettera senza firma piegata in modo normale senza dirmi né cosa contenesse e neanche a chi fosse indirizzata, ed una rosa. Madame De Lamotte mi disse soltanto che avrei dovuto consegnare entrambe ad un gran signore tra le undici e mezzanotte in un boschetto e che avrei dovuto dirgli una certa frase convenuta...”-
-”Ricordate quella frase?”- la interruppe l'avvocato
-” Vi sarò sempre grata del vostro servigio, mio caro amico, voi sapete ciò che significa per me”-
-”Continuate”- intervenne il giudice
-” Mi posero sulle spalle una mantellina bianca e ci dirigemmo verso un magnifico parco...ero come avviluppata in questa specie di incantesimo in cui mi avevano gettato i due seduttori. Arrivati al luogo dell'appuntamento, mi condussero incontro a questo gran signore sconosciuto che mi si presentò davanti e si inchinò mentre la contessa un po' in disparte sembrava osservare la scena. Riferii parola per parola il messaggio e gli porsi la rosa, ma per quel che riguarda la lettera, rimase in tasca completamente dimenticata. Dopo la mia frase, madame De Lamotte iniziò a correre verso di noi, dicendo sottovoce che stava arrivando qualcuno ed era giunto il momento di andare... questo almeno è tutto ciò che ricordo.
-”Madamoselle cosa accadde dopo?”-
-”Tornai a Parigi... per un certo periodo di tempo la contessa mi invitava a casa sua, durante una di queste prime visite mi consegnò a diverse riprese la somma di 4268 lire. Fu tutto ciò che ricevetti da lei! Del resto i nostri rapporti furono di breve durata, dopo la consegna dei soldi, notai un gran cambiamento nel modo in cui mi riceveva, divenne fredda, quasi sgarbata...smise di invitarmi e ora capisco che era perché aveva raggiunto i suoi scopi.”-
 
Dopo quest' ultimo interrogatorio, ogni tassello del puzzle si incastrava perfettamente e delineava ormai l'immagine di una sola colpevole: Jeanne De Lamotte!
La donna non proferì parola, lasciò mestamente l'aula e fu condotta in una cella nell'attesa di una sentenza quanto mai scontata.
 
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Finite tutte le deposizioni i giudici si chiusero in camera di consiglio, ma nonostante la vicenda fosse ormai chiara, forti divergenze aleggiavano.
L' affare della collana rivestiva ormai un'importanza politica di primo piano.
Gli avversari politici contrari alla regina, tifavano per il cardinale e chiedevano un verdetto di assoluzione. Ma seppur innocente, un giudizio del genere comportava molti rischi. Infatti se si riconosceva al cardinale il diritto di credere nella possibilità che la regina potesse comportarsi in quel modo, si criticava al tempo stesso pubblicamente la sua leggerezza.
Alla fine la sentenza arrivò: Il cardinale di Rohan fu assolto, ma travolto dallo scandalo, dopo aver perso le sue cariche, venne esiliato nell'abbazia di la Chaise-Dieu.
La contessa de la Motte fu condannata a essere flagellata, marchiata e rinchiusa nella prigione delle prostitute e manicomio, la Salpêtrière. Suo marito, in contumancia, fu condannato a vita alla galera. Ad entrambi sarebbero stati confiscati i beni. Villette, infine, fu esiliato a vita, mentre la Baronessa D'Oliva venne ritenuta del tutto estranea ai fatti e dunque assolta.
 
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Dopo la lettura della sentenza, Jeanne perse l'imperturbabilità con cui aveva affrontato l'intero processo, caratteristica questa, risultata fino al giorno prima, vincente.
 
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In pochi secondi il suo destino si era nuovamente capovolto, gettandola in un buco nero, da cui stavolta, non si sarebbe mai più ripresa.
Iniziò ad inveire contro la corte, contro la nobiltà ed il clero, non risparmiando nemmeno gli avvocati difensori.
Era stato un complotto, la Francia risultava marcia fin nel midollo e dal suo punto di vista, ancora una volta, a pagarne le conseguenze rimaneva solo 'una figlia del popolo', come s'era definita.
Ma l'unico risultato ottenuto da questa reazione isterica, intervallata da insulti, lacrime e finti svenimenti, fu quello di ritrovarsi addosso le guardie, pronte a trascinarla fuori dal tribunale in ceppi.
Rosalie non era riuscita a trattenere le lacrime ed in un grido disperato, si lasciò sfuggire il nome della condannata, rivelandole la sua presenza fra il pubblico di uditori.
Jeanne aveva incrociato il suo sguardo e per un attimo il tempo sembrò fermarsi, il rumorio della sala svanire, le luci abbassarsi.
In un secondo eterno, le pareva essere tornata bambina, fra le strade di Parigi, mentre con sua sorella, rincorreva una palla di stracci, generando i rimproveri di sua madre che meditava quale fosse la punizione più appropriata per quella figlia ribelle che certe volte osava comportarsi come un ragazzaccio!
Sotto sotto era sempre lei a finire nei guai, a prenderle di santa ragione solo per quell'indomabile desiderio di voler essere più di ciò che era, del misero posto, quello degli ultimi, in cui la società l'aveva relegata senza averne colpa alcuna.
Buffo, in fondo la vera figlia di sua madre era lei, ma la piccola, dolce, piagnucolosa Rosalie, risultava essere la prediletta di casa.
 
-”Chiedo umilmente il permesso di rendere una dichiarazione spontanea”-
 
La contessa De La Motte ancora una volta, forse per l'ultima, sorprese tutti gli astanti.
 
-”Solo se si rivolge a questa corte col dovuto rispetto”-
-”Si, miei esimi signori”-
-”Bene, permesso concesso”-
-”In questi giorni mi avete passata al setaccio, giudicata, condannata...Ma vi siete chiesti veramente chi fossi? Il mio nome da nobile, forse non tutti lo sanno, è Jeanne Valois...si proprio così, come gli antichi signori di questa terra. Non ho chiesto io di nascere e soprattutto non in una famiglia in rovina. Di mio padre ho solo flebili ricordi, misti a fantasie di bambina.Mia madre credeva di poterci dare un futuro migliore trasferendoci a Parigi...Già... forse l'idea che aveva di futuro migliore, era di assicurarci un posto da mendicanti nelle strade piuttosto che da prostitute. Sono cresciuta così, alla mercè della pietà dei pochi che vivono in sfarzosi palazzi senza preoccuparsi minimamente di cosa accade fuori dalle loro mura. Li vedevo passare avvinghiati alle belle dame, ricoperte di gioielli e pellicce di ermellino, mentre io arrancavo nelle pozzanghere con le scarpe rotte ed abiti sempre fuori stagione: o troppo leggeri per combattere il rigido inverno o troppo pesanti per la calura estiva. Ed ogni volta che appoggiavo la testa sul cuscino, mi rimbombava in testa una sola domanda: perchè io? Cosa avevano loro più di me se non la fortuna di essere nate nella giusta famiglia? Si sono colpevole onorevoli signori. Colpevole di aver sognato una vita migliore. Colpevole di aver fatto di tutto pur di ottenerla, compreso servire chi faceva di me un burattino, minacciandomi di togliermi anche quel poco che mi ero conquistata. Agli occhi di tutti 'Lei' sembra un angelo, ma io dico che è l'angelo nero del Re! Si, signori e signori, sto parlando della regina Maria Antonietta di Francia!”-
 
Di nuovo l'aula fu in subbuglio e mentre i giudici richiamavano all'ordine, Jeanne prese nuovamente a sputare le sue accuse insensate.
 
Colonna Sonora:
https://www.youtube.com/watch?v=IWwXL3VLywM
 
-”La sovrana mi ha usata per distruggere la reputazione di coloro che odia, come il cardinale di Rohan; per aiutarla a coprire i suoi numerosi tradimenti con l'ufficiale svedese, ma non solo...persino a saziare i suoi appettiti sessuali contro natura...Infatti ella intrattiene tutt'ora una insana relazione con Oscar Francoise De Jarjaise”-
 
Oscar scattò in piedi ed istintivamente afferrò la spada. Fu Andrè a fermarla e non senza sforzo.
 
-“Una relazione che va contro ogni morale degli uomini e di Dio, poiché il famoso comandante delle guardie, altro non è che una donna vestita da uomo, che per tutta la sua vita ha ingannato la Francia intera!!!”-
 
A questo punto in aula scoppiò il finimondo. I giudici battevano il martelletto incessantemente, le guardie si gettarono su Jeanne per trascinarla via, mentre tutti i presenti inveivano contro i nobili e il clero.
Il cuore di Oscar sembrava essersi fermato.
Era in piedi, catatonica ed immobile come una statua di sale.
Andrè la guardò fisso negli occhi.
E per la prima volta, vi lesse il terrore.
 
 
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Note:
(Note storiche a cura dell'opera "i grandi processi della storia") Ne sono passati di anni dall'ultima volta che ho messo mano a questa storia. Non pretendo che ci sia ancora qualcuno a seguirla. Purtroppo la realtà della vita di tutti i giorni ci porta a fare scelte difficili e spesso ad allontanarci dalle cose che amiamo. Non so se questo sia un ritorno, ma lo spero proprio perchè ci tengo a portare a termine la FF.
Mi auguro che essa vi trovi e vi trovi bene.
Buone cose a tutte.
Cris
   
 
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