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Autore: Edward LoneBark    04/09/2016    1 recensioni
Una guerra che si trascina da tempi immemori sta per giungere al termine. Il destino ha schierato le sue pedine e attende la prossima mossa del nemico, mentre un ragazzo senza memoria cerca la propria identità, svelando misteri antichi di millenni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si risvegliò nuovamente, e stavolta riuscì a muoversi. Era più lucido di prima, e pensieri e ricordi impiegarono poco a tornare al loro posto. Dalla luce ipotizzò che fosse tardo pomeriggio.

Con uno sforzo immane, che fece protestare tutto il suo corpo, si puntellò sui gomiti e si sollevò, poi si mise a sedere. La coperta grezza e pesante che aveva addosso gli scivolò di dosso. Aveva ancora gli abiti della fuga, sudici e stracciati, ma la spada con il suo fodero gli erano stati portati via. E anche la Pietra.

Allarmato, tastò invano le tasche, in un riflesso involontario, ma non trovò traccia dell'oggetto.

-Puoi stare tranquillo, è al sicuro- disse il vecchio, che si era riscosso e lo guardava con occhi penetranti.

Quando Hedras parlò, la sua voce era roca e incerta. -La Pietra...-

-So cos'è- lo interruppe l'altro -e ti ringrazio per averla portata a noi. Se non fosse stato per te saremmo tutti perduti-. L'uomo si accarezzò il mento, sul quale aveva lasciato crescere una corta barba ispida grigio chiaro. -Non avrei mai immaginato che avremmo corso un simile rischio-.

Un istante dopo un secondo uomo comparve nella tenda. Era un uomo sulla quarantina, imponente, muscoloso e con le spalle larghe. La stanchezza trapelava dai lineamenti induriti dalle battaglie, attraversati sullo zigomo destro da una lunga cicatrice che arrivava al mento squadrato. -Lieto di vederti sveglio- disse educatamente. Aveva una voce profonda e potente, di quelle che in battaglia possono risuonare per tutto il campo. Hedras si rese conto che quello era un altro requisito che un comandante doveva avere. Nessuno segue qualcuno che non sa farsi sentire. -Prima di prendere qualunque decisione desidero sapere come sei venuto in possesso di questa pietra, dal principio-.

Hedras annuì e lasciò riemergere la memoria. -Quando il Primo Valico è caduto, eravamo rimasti in poco più di venti. Il comandante Varter ha acceso un Cristallo dell'Oblio e ci ha permesso di fuggire nei boschi-. Continuò a raccontare, soffermandosi su come si fossero imbattuti nel plotone nemico incaricato di prendere la pietra, e come se ne fossero impossessati, sull'assurda morte di Greyvass e di come avevano deciso di separarsi, per permettergli di portare a termine la missione.

Solo negli ultimi, disperati, giorni di fuga era riuscito a controllare la Luce, usandola per distruggere ognuno di quei mostri muniti di artigli che erano quasi riusciti a catturarlo. Il potere lo aveva lasciato completamente spossato, e solo con la forza della disperazione era riuscito a mantenere sull'esercito nemico sufficiente vantaggio da arrivare vivo dagli alleati.

Tharmunor, che durante il racconto aveva taciuto, annuendo ogni tanto, trasse un lungo sospiro. -Molto bene. Il tuo coraggio sarà ripagato, non avere dubbi, e non si attenderà molto prima che tu possa entrare nell'Accademia dei Luminosi. Tuttavia ho bisogno di te per un'ultima impresa, quando avrai riacquistato le forze-.

-Comandante- lo interruppe un soldato, sbucato dall'ingresso della tenda -i ricognitori hanno trovato gruppi di nemici nel bosco. Sostengono che possano essere più di un centinaio in tutto-.

Tharmunor annuì. -Rafforzate la guardia, dobbiamo essere pronti nel caso attaccassero. Per ora non organizzerò nessuna spedizione, gli uomini sono troppo provati. Puoi andare-.

Il soldato fece un inchino e lasciò la tenda.

-Dunque- riprese Tharmunor, tornando a rivolgersi a Hedras -la pietra deve essere condotta al sicuro, quindi intendo trasferirla alla fortezza reale. Solo un Luminoso può spostarla, ma quelli di cui dispongo sono necessari per difendere l'accampamento dai nemici residui. Oltretutto ti sei dimostrato estremamente affidabile nei difenderla, quindi ritengo che tu sia il candidato migliore per portarla al sicuro. Farai questo per me?-

E' ora di chiudere questa storia una volta per tutte pensò Hedras, malgrado fosse stanco di portarsi dietro un simile peso. Sarà più facile stavolta. Sotto scorta, entro i confini controllati, senza più maledette bestie a braccarmi...-Lo farò, signore- rispose stancamente.

Si alzò lentamente, ma fu colto da un capogiro che quasi lo fece ricadere a terra. I muscoli sembravano fatti di gelatina, le gambe tremavano come fuscelli che tentano di sostenere un macigno. Fu costretto a risedersi.

-Non è ancora pronto, Creen- disse Reften -non si regge nemmeno in piedi-. Tharmunor tacque.

-No, posso farlo- replicò il ragazzo, chiudendo gli occhi per scacciare l'abbaglio che aveva offuscato la sua vista.

-Non abbiamo molta scelta- replicò il comandante con espressione imperscrutabile. -Non voglio qui quella cosa, è troppo rischioso-. Si voltò verso il mago. -Sarai tu ad accompagnarlo, insieme ad una scorta fidata. Dovrebbe essere un viaggio tranquillo- disse.

-D'accordo, ma non prima di domattina. Il ragazzo deve riposare- ribattè Reften. Non aveva ancora finito di parlare che Hedras si era addormentato, con il capo appoggiato scompostamente alla parete della tenda.

Tharmunor sbuffò e scosse la testa. -Non c'è nulla di peggio di risolvere dei problemi e vedere mille altri presentarsi. Spero solo che la situazione non peggiori-.

-Non lo farà- sussurrò Reften -finalmente la situazione è sotto controllo-.

 

Malgrado i timori di Tharmunor, la notte trascorse tranquilla, sospesa in una quiete irreale. Quella pace tuttavia non gli permise di chiudere occhio per tutta la notte, seduto con la schiena appoggiata alla tenda in cui Hedras dormiva vicino alla Pietra, sulla quale Reften aveva posto diversi incantesimi di protezione.

Per una volta, il comandante che aveva combattuto mille battaglie in ogni angolo del regno contro ogni sorta di nemici, come i predoni del deserto dell'ovest, i pirati, le milizie degli imperatori orientali, le tribù delle caverne delle Montagne di Teramor, gli stessi oscuri di Arkader, aveva veramente paura del futuro. Temeva che una guerra estenuante ma che era sempre rimasta sotto controllo diventasse un'invasione inarrestabile, e che nuovi segnali premonitori di quell'ipotesi si presentassero. Avevano evitato la distruzione per un soffio, e non era sicuro che un nuovo rischio sarebbe stato scongiurato.

Arkader deve aver pianificato a lungo per avere quella pietra, e deve avervi investito molte risorse. Non può avere altri assi nella manica del genere cercò di rassicurarsi, senza riuscirci del tutto.

Strinse la mano a pugno e lo appoggiò sul ginocchio piegato. Ciò che lo faceva più infuriare era il fatto che si sentiva impotente, trascinato in una guerra dominata da poteri a lui preclusi. Cosa poteva la forza di una spada contro la Luce e l'Oscurità, e il loro immenso potere? Quale poteva essere il suo peso in battaglia quando un solo Luminoso poteva spazzare in un colpo decine di nemici, che lui poteva sconfiggere solo con lunghe e faticose ore di combattimento?

Si sentiva ridicolo a pensare certe cose, ma non poteva farne a meno. Contava davvero così poco? Nessuno avrebbe risposto affermativamente a quella domanda, tranne lui stesso.

Sospirò e guardò il cielo. Aveva sempre amato la notte in montagna, quando oltre le fronde si vedevano brillare mille costellazioni. Aveva imparato a riconoscere tutte le stelle, ma ilo suo occhio correva sempre a una sola, non più fulgida delle altre ma che per lui aveva un valore speciale. Una gemma blu nel mezzo delle tenebre.

Si sente sola, quella stella, quando l'hai lasciata per venire da me.

Sguainò il suo coltello e prese ad affilarlo con la cote. La notte si prospettava interminabile, come molte in passato, sotto quell'astro che gli riportava alla memoria ricordi dolci e amari al tempo stesso.

 

Il dolce dondolio lo cullava, chiamandolo di nuovo negli invitanti abissi del sonno, dal quale ancora tentava di emergere, intrappolato com'era tra le tenebre e la veglia. Fu la curiosità a lacerare le pareti di quel limbo opprimente, e a fargli aprire gli occhi.

Dove mi trovo? fu la prima domanda che attraversò la sua mente ancora annebbiata.

Era su un cavallo, che si muoveva al passo al centro di un colonna. Una mezza dozzina di soldati in armatura cavalcavano davanti a lui, altrettanti lo seguivano, mentre Reften, avvolto nella sua veste scura, avanzava accanto a lui. Il sentiero era ampio e lineare, e affondava nella fitta boscaglia in cui le chiome brunite o rosseggiante dei latifoglie avevano avvolto le conifere, ormai rare come arbusti nel deserto. Perfino la temperatura sembrava più mite.

-Ben svegliato- lo salutò lo stregone, mentre ancora rimuginava. -Quanto ho dormito?- chiese.

Il vecchio rise. -Per sei giorni, ragazzo. Abbiamo superato Harkad e siamo entrati nella valle di Morghal. Siamo diretti verso la Fossa dei Giganti, che nell'arco di una settimana dovrebbe condurci alle colline-.

-Sei giorni- mormorò il giovane soldato. Benché ancora confuso e intorpidito dal lungo sonno, si sentiva rinvigorito come non provava da tanto tempo, probabilmente da quando viveva ancora al primo valico, ma non immaginava che la stanchezza lo avrebbe messo fuori combattimento per quasi una settimana. Probabilmente era riuscito a recuperare i sensi di tanto in tanto a sufficienza per montare a cavallo, per scenderne e mangiare, ma non ricordava nulla di quei pochi momenti di veglia.

La Luce ha un prezzo, comprese. Gli aveva permesso di correre per giorni senza stancarsi, ma quando l'aveva usata per combattere lo aveva completamente prosciugato di tutte le forze, arrivando quasi ad ucciderlo. Per quanto eccezionale, era un potere che doveva usare con cautela, specialmente finché non era abituato ai suoi effetti. Non lo sorprese constatare che non era in grado di controllarla, quando per l'ennesima volta tentò di evocarla come aveva fatto istintivamente diverse volte in precedenza, soprattutto quando si era salvato durante la fuga. Posso usarla solo quando sono in grave pericolo. Aveva bisogno che qualcuno gli insegnasse, o non ne sarebbe mai venuto a capo.

Stirò le braccia intorpidite e ruotò il collo, sentendo le giunture distendersi piacevolmente. Era una bella sensazione assaporare di nuovo la lucidità, senza essere avvolti dalla stanchezza e dalla paura di essere raggiunto, catturato, ucciso. Forse, dopo tanto tempo era finalmente al sicuro. La sua mano scivolò verso la tasca, dove trovò il fardello che poteva facilmente condannare Eternis alla distruzione, e ne percepì tutta la forza. -Se è davvero impossibile distruggerlo, Arkader non smetterà mai di tentare di impossessarsene- disse Hedras.

-La decisione riguardo al destino di questa pietra non compete a noi- replicò Reften. -Noi dobbiamo portarla alla fortezza imperiale, il luogo più sicuro del regno, dove potrà rimanere tutto il tempo necessario-.

-Cosa rende Eternath così sicura?- chiese il ragazzo.

-Incantesimi di protezione più antichi dello stesso regno, evocati dai Precursori e poi fortificati da Nexuras, prima della Grande Guerra. Per distruggerli, Arkader dovrebbe ricorrere a risorse di cui non dispone, almeno non ora, senza contare che dovrebbe invadere il regno fino al suo cuore, e noi sappiamo che non ne è in grado. Portare la Pietra ad Eternath non risolverà del tutto il problema, ma ci darà molto più tempo per trovare una soluzione-.

I Precursori. Nexuras. Erano leggende che aveva sentito qualche volta al Primo Valico, ma che conosceva vagamente già da prima, come se appartenessero alla sua memoria sopravvissuta. Era convinto di doversi aggrappare a quei ricordi ancora vivi per recuperare quanto aveva perduto, ma non sapeva come fare.

I suoi primi ricordi erano ancora i più vividi nella sua mente. Ricordava la luce del primo pomeriggio, e il tocco di un vento tiepido che scompigliava i suoi capelli sporchi e quella che un tempo doveva essere stata una bella divisa blu, di cuoio rinforzato da strisce di metallo flessibile, ma che era ormai oltremodo lacera e rovinata.

Si era alzato, scosso da capogiri violenti, per poi cadere, tradito dalle gambe che parevano aver dimenticato come si stava in piedi. La mente era una voragine vuota, una muro oscuro che bloccava ogni tentativo di sondare il passato.

Si era alzato di nuovo, più lentamente, e si era guardato attorno, accecato dal sole. Era su un piccolo altopiano che dominava una vastissima piana verdeggiante che si estendeva a perdita d'occhio in ogni direzione, inframmezzata da fattorie e talvolta da piccoli villaggi di capanne. A nord vedeva una foresta, e più lontano delle montagne grigio scuro, aguzze e scoscese, avvolte da una cappa di nubi temporalesche che di tanto in tanto erano attraversate dal fulgore di un lampo.

Nulla esisteva se non il presente, quel tiepido pomeriggio di primavera accarezzato dal vento, il profumo dei fiori che ricoprivano i prati come un manto, il quieto silenzio della campagna. Era stato forse quel paesaggio stupendo a dargli un po' di conforto, in quel momento in cui aveva temuto di crollare.

Tre anni dopo, riprovò la stessa sensazione di vuoto, che tuttavia era ormai divenuta familiare con il passare del tempo. -Il comandante Varter mi ha parlato di un mago di nome Pherner, che potrebbe aiutarmi con la mia amnesia. Credete davvero che la mia memoria possa ritornare?- non poté fare a meno di chiedere.

Reften sospirò. -Conosco Pherner da tempo, e mi è ben nota la sua abilità nel manipolare la mente, ma la memoria è un affare molto complesso. Potrebbe benissimo ridarti i tuoi ricordi, ma non mi farei troppe illusioni in proposito-. Tonò a guardare di fronte a sé. -Il presente è già abbastanza critico senza dover guardare il passato-.

   
 
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