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Autore: Old Fashioned    05/09/2016    10 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 30

Ancora frastornato dopo gli ultimi eventi, von Rohr regolava meccanicamente i parametri di volo, secondo l’adagio per cui se in aereo non hai niente da fare probabilmente stai trascurando qualcosa.
Tutto andava bene, negli strumenti.
Le cose andavano meno bene nella sua testa, dove sembrava infuriare lo stesso bombardamento che si era abbattuto sulla base inglese.
Che cosa gli era successo? Era stato un sogno, un incubo, un momento di follia? Che cosa aveva ottenebrato la sua mente fino a fargli decidere di affrontare la morte con disonore per salvare un ufficiale nemico?
Ripensò a Stuart, al breve, struggente periodo trascorso insieme a lui. Rivisse la dolcezza piena di passione con cui si erano amati fisicamente.
E forse non solo fisicamente.
Ringraziò che la comparsa delle coste francesi richiedesse tutta la sua attenzione, perché non avrebbe avuto il coraggio di addentrarsi oltre in quei ragionamenti.
Scese di quota. Non doveva dimenticare che era a bordo di un aereo inglese: se i suoi l’avessero incrociato l’avrebbero scambiato per un nemico e molto probabilmente avrebbero tentato di abbatterlo.
Sarebbe stato il colmo, sfuggire in quel modo alla prigionia – e a tutto quello che la prigionia aveva comportato – per poi finire miseramente abbattuto dai propri camerati.
Riconobbe la zona che stava sorvolando. In previsione di missioni di guerra mai effettuate aveva studiato le mappe fino a consumarle, e ora finalmente tutte le conoscenze accumulate gli tornavano utili.
Si abbassò ancora di quota, pregando che non ci fosse qualche falco in missione di caccia libera alla ricerca del primo avversario della giornata.
In mancanza di meglio, stabilì che si sarebbe girato su un fianco e avrebbe mostrato la pancia all’arrivo di un eventuale avversario, esattamente come un cane quando si imbatte un suo simile più grosso. Sperò che quell’atto di sottomissione fosse sufficiente a far capire che non aveva intenzioni bellicose.

Per sua fortuna non incontrò nessuno.
Non ci mise molto comunque a ritrovare il campo da cui settimane prima era decollato a bordo dell’aereo di Müller. Era ancora lì, esattamente come l’aveva lasciato: la lunga pista in cemento, le baracche dei soldati, gli hangar, la villa padronale che fungeva da dimora per i piloti. Se guardava bene, vedeva anche il gruppetto di alberi sotto cui erano state disposte le tavolate per la famosa ‘festa’ del maiale arrosto.
Si sentì invadere da un empito di gioia simile a quello del naufrago che vede una nave muoversi nella sua direzione.
Ma non era ancora il momento di esultare: ora doveva atterrare senza danni. Era uno Spitfire che si presentava al limitare di un campo della Luftwaffe. Non poteva certo sperare di essere accolto da un picchetto d’onore.
Fece un basso passaggio scuotendo le ali. Vide la gente buttarsi a terra, e i serventi della FLAK correre ai posti di combattimento.
Un paio di piloti uscirono in combinazione di volo dalla villa e si diressero verso i Messerschmitt allineati davanti agli hangar.
Regolò la radio sulla frequenza dello stormo. “Maggiore Graf, capitano Müller,” chiamò, “qui è il tenente Hans Hartwig von Rohr. Ci sono io a bordo dello Spitfire che sta sorvolando il campo!”
Silenzio.
La FLAK mandò un paio di colpi di avvertimento, che esplosero a poca distanza da lui.
“Signor maggiore, dica di non sparare per favore, sono il tenente von Rohr!”
Fece uscire il carrello e si mise in finale per atterrare.
“Signor maggiore!” esclamò di nuovo, peraltro con una certa concitazione, scartando bruscamente per evitare un’altra salva della contraerea.
Finalmente la radio sembrò animarsi: “È proprio lei, tenente von Rohr?”
“Sì, signor maggiore, sono io! Si ricorda il Fieseler Storch coi polli?”
Dalla radio provenne una breve risata e poi Graf rispose: “Bentornato a casa, tenente.”

Quando finalmente fu a terra e a motore spento, von Rohr si accorse di essere esausto. Faticosamente uscì dall’abitacolo per andare incontro al comandante dello stormo, ma quando posò i piedi sul cemento barcollò penosamente e due avieri dovettero accorrere per sostenerlo.
Cercò comunque di raddrizzarsi all’arrivo del maggiore Graf. Lo salutò militarmente e col tono più marziale che riuscì a tirare fuori scandì: “Tenente von Rohr a rapporto, signore!”
L’altro lo fissò serio e una ruga di preoccupazione gli si formò sulla fronte ampia. “Lei ha bisogno di essere visitato subito da un dottore,” fu l’unica cosa che disse.
“Sì, signore.”
Nel frattempo si erano avvicinati altri piloti, la maggior parte dei quali stava ora girando con curiosità intorno all’aereo inglese.
“Un bel giocattolo, quello che ci ha portato,” apprezzò il capitano Müller.
“Gli facciamo mettere le insegne tedesche?” propose Faber.
Ma von Rohr, sempre più stremato, non riusciva nemmeno a rispondere.
“Sembra che abbia bisogno di dormire,” osservò qualcuno.
Il tenente in effetti aveva un disperato bisogno di dormire. Con il venir meno della tensione che aveva accompagnato il volo erano ritornati i ricordi ed egli bramava l’oblio del sonno più di qualsiasi altra cosa.

   
 
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