XVII: Spooning
Parole:462
Una sola parola: angst. Perdonatemi
Si è praticamente
buttato sulla porta, appena arrivato da lui. Nemmeno si ricorda di avere una
copia delle chiavi in tasca, per questo Danimarca continua a tempestare di
colpi la porta dell’appartamento di Norvegia affinché gli apra.
Si calma dopo non sa
bene quanto tempo – ha sofferto, cazzo,
ogni colpo che ha ferito quei ragazzi è come se avesse colpito lui e anche se
sa che non può morire ha temuto seriamente di perderlo – e recupera le chiavi
dalla tasca dei jeans. Gli tremano le mani, come pensa di aiutare Norvegia se
lui stesso sembra appena scampato per miracolo a una carneficina?
Il silenzio in
quell’appartamento rende tutto ancora più sofferente, ma Danimarca sente il
cuore stringersi in modo terribilmente doloroso quando finalmente lo vede.
Norvegia è lì, rannicchiato su sé stesso al
centro del materasso, immobile e silenzioso come una bambola di pezza - solo il
rantolare e i singulti esausti rassicurano a Danimarca che è ancora vivo.
-Norge… - gli si avvicina, piano, gli posa una
mano trai capelli corti e sottili della nuca - è sudato, dovrebbe cambiarsi o
si prenderà un accidente - e si siede sul bordo del letto, in silenzio.
Norvegia cerca la sua mano senza girarsi e
Danimarca gli permette di intrecciare le dita ossute con le sue - ha il palmo
arrossato e segnato da piccoli semicerchi, probabilmente per il troppo
stringere i pugni si è conficcato le unghie nella pelle - poi lo tira e
lo fa girare sulla schiena.
Lo osserva in silenzio e gli sanguina il cuore
a vedere i suoi occhi viola arrossati e gonfi e il viso scavato dai segni
salati delle lacrime.
-Quanti?- è solo un
sussurro, quello di Danimarca, ben lontano dal suo solito tono gioviale e
spaccatimpani.
-Settantasette.- gli
risponde Lukas, la voce bassa e roca come se faticasse a parlare. –Perché,
Matt? Perché sono servite settantasette vittime prima di riuscire a fermarlo?-
E il cuore di Danimarca sanguina ancora di più.
Lo solleva delicatamente e lo fa sedere sulle proprie gambe come se fosse un
bambino - pesa nulla, forse l'unico peso che sente sulle ginocchia è quello
della sua anima.
-Non lo so, Norge. Non lo so... - continua ad accarezzargli i capelli e
lascia che Norvegia riprenda a piangere in silenzio e senza più forze anche
solo per singhiozzare contro la sua spalla fino a riaddormentarsi esausto.
Fuori da quella stanza, da quelle mura, una Oslo
spettrale e silenziosa si sveglia per un nuovo giorno, pronta a leccare le
proprie ferite e rialzarsi.
Ma Danimarca sa, anche se non l'ha vista, che
una cicatrice ricorderà sempre alla Nazione quello che è successo.
Una sottile cicatrice proprio al centro del
petto, pericolosamente vicina al cuore.
Piccola e profonda come il proiettile di un
fucile automatico.
N.T.D.M.S.P.P.: Non Tanto Deliri Ma Sempre Post
Partum
La strage di Utøya del 22 Luglio 2011, costata la vita a 77 persone tra cui 69 giovani trai 14 e i 20 anni, è l’attacco più violento avvenuto nel Paese dai tempi della seconda Guerra Mondiale.
Il responsabile, dichiarato capace di intendere e volere, è stato condannato a 21 anni di carcere – pena massima per il Governo norvegese.
E io non mi sento di aggiungere niente
Maki