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Autore: Maty66    05/09/2016    1 recensioni
Tutti sull'Enterprise sanno che il comandante Spock ed il dottor McCoy si detestano. Ma tutti sanno anche che entrambi farebbero qualsiasi cosa per il loro capitano. Storia di come Spock e Bones imparano, non senza difficoltà, ad essere amici per amore di Jim. Solo che non è il Jim che tutti conosciamo.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DONO

Capitolo 17
Tribol(azioni)

Jimmy rimase per vari secondi a bocca aperta.
Davanti a lui una montagna di pelo colorato in movimento.
Sapeva che i triboli si riproducevano a velocità della luce, ma mai avrebbe pensato di ottenere quel risultato. Sembravano quasi le palline di plastica che si usavano nelle piscine del parco giochi per i più piccoli.
Ridacchiò mentre Karagg iniziava a grugnire e sputacchiare… pareva quasi volesse vomitare.
Dal canto suo la montagna pelosa, alla vista del klingon, iniziò a vibrare e emettere suoni gutturali, per nulla amichevoli.
Per un attimo le due parti si fronteggiarono come lo sceriffo ed il bandito nei vecchi film western… poi Karagg mollò la presa su Jimmy per impugnare il phaser e, imprecando, iniziò a sparare sulla valanga di pelo che si avvicinava sempre più.
Jimmy non aspettava altro: approfittando della distrazione, iniziò a correre nella direzione opposta.
Era sicuro… sulla navetta che aveva chiesto di attraccare c’erano Spock e Bones.
Erano finalmente venuti a riprenderlo, doveva solo raggiungerli.

“Comandante, non riesco a comunicare con nessuno dei ponti inferiori” la voce di Kalitta era preoccupata e tesa.
“Contatta Karagg” ordinò Moklor, agitandosi sulla sedia di comando.
“Non risponde neppure lui…” fece Kalitta dopo alcuni secondi.
“Prova con la sala motori” fece ancora Moklor, il viso sempre più accigliato.
“Signore… non capisco che cosa sta succedendo…” rispose il primo ufficiale, sempre più tesa.
“Metti in viva voce”
“Per Kahless… ma quanti sono… no! Non fateli entrare nel settore del nucleo a curvatura… che schifo…”
La voce dell’ingegnere a stento si sentiva, sovrastata da grida e squittii vari.
“Qui Moklor. Ma cosa sta succedendo?” urlò Moklor nel tentativo di farsi rispondere.
“Triboli… signore… siamo invasi dai triboli. Hanno raggiunto la cambusa… sono migliaia” rispose alla fine una voce nell’interfono.

“Ma che….” balbettò incredulo McCoy, uscendo cauto dalla navetta.
Davanti a lui non c’erano feroci klingon, ma pallette di pelo a piccoli mucchi, praticamente ovunque, che iniziarono a tubare appena avvertita la loro presenza.
In lontananza si udivano colpi di phaser e grida di disgusto.
“Ma da dove sono spuntati?” chiese a bocca aperta uno degli ufficiali della squadra di sicurezza.
“Jimmy aveva con sé un tribolo quando l’hanno rapito…” ragionò subito Spock.
“Quel piccolo furfante…” sorrise McCoy.
“Signori, non distraiamoci. Dobbiamo trovare Jimmy. Procediamo con cautela. Phaser su stordimento, ma sparate a vista. Proveremo alle celle di sicurezza, se non è lì, andremo al ponte di comando”
“Vuoi entrare sul ponte di comando? Sul serio?!?” chiese incredulo il medico
“I vulcaniani sono sempre seri dottore”

“Andate tutti giù ed aiutate a sterminare quelle cose disgustose. Usate le camere di compensazione per buttarli fuori dalla nave, non i phaser che potrebbero provocare danni allo scafo” ordinò Moklor.
Tutto il personale del ponte, tranne Kalitta, si alzò dalla propria postazione per dirigersi ai ponti inferiori.
“La navetta romulana?” chiese il comandante.
“Ha attraccato. Ma non sono riuscita a contattare la squadra di sicurezza”
“Magnifico!!! Ora abbiamo la nave invasa da animali disgustosi e un manipolo di romulani che se ne va in giro indisturbato” urlò imbestialito Moklor.
“Calmati. Non andranno lontani e gli serviamo per riparare il motore”
“Sarà meglio che li blocchiate subito… non voglio altri problemi. Fai in modo che Karagg risponda”
“E’ tutta colpa di quel piccolo schifoso umano” borbottò Kalitta.
Moklor si girò a guardare la moglie.
“Se non sbaglio tu hai insistito perché lo prendessimo. E’ sulla nave perché tu e Karagg mi avete convinto” scandì.
“Era l’unica speranza di salvarti la vita” balbettò di nuovo la donna.
Moklor si alzò e raggiunse la postazione di Kalitta.
“Davvero moglie? Davvero vuoi che io viva?” chiese girando il sedile e costringendola a guardarlo negli occhi.
“C…certo” 
Moklor guardò ancora la donna senza dire nulla.
“Trova Karagg e digli di bloccare i romulani” ordinò poi con voce gelida.

Jimmy avanzava veloce come poteva fra il vero e proprio fiume di palle di pelo in cui si erano trasformati i corridoi della Pagg.
Avanzando si era anche arrampicato e aveva aperto le botole che davano nei tubi di Jeffries, consentendo così ad altri centinaia di animaletti di piombare al suolo.
Ogni tanto era costretto a nascondersi dietro le paratie, appena vedeva qualche klingon, ma per ora tutti erano troppo occupati a cercare di liberarsi dei triboli per badare a lui.
A Jimmy stringeva il cuore vedere usare i phaser sulle piccole palle di pelo… anche se era strano vedere come alcuni klingon, totalmente disgustati e sovraeccitati, finivano per spararsi tra loro.
Nel vero e proprio caos che ormai regnava sulla Pagg, Jimmy pensò a come poteva farsi rintracciare dai suoi amici.
Escluso che potesse tornare nella cella ai piani inferiori pensò che, non trovandolo lì, gli altri lo avrebbero cercato sul ponte di comando.
Era lì che doveva arrivare.
Veloce come uno scoiattolo si intrufolò nei tubi ed iniziò a salire verso la plancia.

“Karagg… ti avevo detto di trovare e bloccare i romulani” ruggì Moklor appena vide il terzo in comando entrare sul ponte di comando.
“Ho mandato una squadra a cercarli. Non saranno lontani, probabilmente sono diretti in ingegneria” rispose stizzito l’ufficiale, aggiustandosi la divisa.
“Non ti avevo detto di mandare una squadra, ma di cercarli personalmente” la voce di Moklor ora era quasi un ringhio.
Karagg lo guardò con aria di sfida.
“Sinceramente, comandante, mi sembra che in questi momenti tu non sia in grado di prendere decisioni sensate”
Moklor non sembrò intimidito.
“Guarda in che condizioni ci hai messo… la nave è invasa dai triboli, abbiamo a bordo dei romulani cui tu hai dato il permesso di attraccare. Mi chiedo cosa dirà il Consiglio su tutto questo” continuò Karagg.
“E tu sei pronto a riferire tutto, giusto?” fece ironico Moklor.
“Sei malato, non sei più in grado di comandare questa nave”
Moklor restò per un attimo in silenzio e poi iniziò a ridacchiare.
Guardò verso Karagg e Kalitta con aria di disgusto.
“Avete già organizzato tutto, vero? State solo aspettando la mia morte”

Jimmy era arrivato al ponte più alto e stava aspettando, nascosto dietro una delle paratie.
La plancia sembrava l’unica parte della nave immune dall’invasione dei triboli, ma il ponte era praticamente deserto; Jimmy sentiva solo la voce di Moklor, di Kalitta e di Karagg.
Si impose la pazienza ed il silenzio. Sapeva che Spock e Bones stavano arrivando, ne era sicuro: tutto quello che doveva fare era aspettare. E lui era bravissimo a nascondersi ed aspettare.
Dalle voci intuiva che i tre klingon erano decisamente arrabbiati tra loro, e Jimmy pensò che probabilmente il comandante Moklor aveva finalmente capito che Kalitta preferiva fare le coccole a Karagg e non a lui.
Jimmy iniziava a provare simpatia per Moklor; se aveva capito bene era molto malato, ed in fondo non era colpa sua se la nave era invasa dai triboli; la colpa era di quel tonto di Karagg che non lo aveva perquisito.
Si morse il labbro mentre i tre parlavano di lui.
Si stava chiedendo da quando lo avevano catturato cosa volessero i klingon da lui, ed ora stava intuendo che la cosa aveva a che fare con la malattia di Moklor.
Aveva fame e sonno e voleva disperatamente tornare a casa sull’Enteprise, infilarsi nel suo letto e ascoltare Bones che raccontava storie buffe sulla loro nave stellare ed il suo capitano coraggioso, ma anche totalmente incosciente e “capace di fargli venire tutti i capelli bianchi”.
Stringendo i denti si disse che doveva solo aspettare, resistere un altro po’ ed i suoi amici sarebbero arrivati.
Stava quasi per assopirsi, preso dalla stanchezza, dietro la paratia, quando i triboli che aveva nascosto nella borsa a tracolla percepirono la presenza dei klingon, vibrando e gorgliando forte.
“Shhhh” cercò di calmarli Jimmy, con scarso risultato.
I triboli iniziarono ad agitarsi sempre più forte, sino a che una mano robusta non lo tirò fuori dal suo nascondiglio.
“Lurido insetto… hai portato tu queste cose a bordo?” urlò Karagg, mentre lo sollevava per il colletto della maglietta, strappandogli la borsa.

“Karagg, lascia stare il cucciolo umano” intimò Moklor quando il terzo in comando tornò in plancia trascinando Jimmy.
Incurante dell’ordine, Karagg prese a scuotere violentemente il bambino.
“Ti ho detto di lasciarlo andare. Subito!!!” ordinò di nuovo il comandante.
“Perché? Credi che il suo sangue ti possa salvare? Ti illudi, marito, nulla ti può salvare…” intervenne Kalitta, con aria quasi trionfante.
Moklor guardò i due con sguardo gelido.
“Perché lo avete preso?” chiese di nuovo.
“Per coprirti di vergogna… un klingon che cattura un bambino umano ed è disposto ad ucciderlo solo per non affrontare la morte… o meglio ancora farnetica, dicendo a tutti che è il capitano Kirk dell’Enterprise”
Moklor ridacchiò.
“Ecco… ora capisco. Vuoi mia moglie ed il mio casato, giusto Karagg?”
“Sì… quando sarai morto con disonore, nessuno mi impedirà di prendere in sposa Kalitta…. e di certo il Consiglio non affiderà le sorti del tuo casato a quell’incapace di tuo fratello, dopo che avrai ricoperto il nome della tua famiglia di disonore” rispose il klingon stringendo sempre più forte la presa sul collo del bambino.
Moklor si girò verso la moglie.
“Che stolto sono stato a credere che mi rispettassi” disse con disgusto.
“Ti ho amato e rispettato. Ma non mi hai dato figli maschi… ed ora stai morendo. Devo tutelarmi. Io e Karagg sappiamo cosa vogliamo”
“Ti illudi mia cara… perché io ti ripudierò appena arrivati su Kronos. Anche se morirò con disonore tu non erediterai il casato”
“Devi arrivare vivo su Kronos per ripudiarmi…” scandì Kalitta impugnando il phaser.

Jimmy non riusciva proprio a respirare.
La mano di Karagg lo teneva stretto, così stretto che non riusciva a tirare il respiro.
Era come quando Frank, completamente ubriaco, l’aveva sorpreso a leggere un libro sulle navi stellari al posto di pulire il capanno.
Lo aveva stretto forte al collo, ed anche allora Jimmy aveva pensato che forse stava per morire ed andare in cielo da papà.
Ma quella volta Sam era arrivato quasi subito, ed aveva scagliato sulla testa di Frank il bastone da baseball, prima di scappare entrambi dai vicini.
Ora invece non arrivava nessuno e Karagg stringeva forte, così forte che vedeva tutti i puntini neri davanti agli occhi.
Poi come in un sogno gli parve di sentire una voce familiare.

“Lascialo… ora! O giuro che a costo di scatenare una guerra intergalattica il tuo cervello finisce sul pavimento” intimò Hendorff, puntando il phaser su Karagg.
“Ma che….” balbettò il klingon.
“Non sembrano romulani eh?” ridacchiò Moklor, mentre il resto della squadra dell’Enterprise entrava, armi spianate, sulla plancia di comando.
Karagg allentò la presa su Jimmy, che iniziò a tossire violentemente, ma non lo lasciò andare.
“Jimmy!!” urlò McCoy alla vista della scena, abbastanza lucido però da strappare il phaser dalla mano di Kalitta.
“Lascia andare il bambino… immediatamente, non lo ripeterò una seconda volta” intimò Spock, puntando anche lui il phaser su Karagg.
“No, abbassate voi le armi, altrimenti sarà il suo cervello a finire sul pavimento” rispose Karagg mentre estraeva il phaser e lo puntava alla testa di Jimmy, che gli ciondolava ancora un po’ confuso fra le braccia.
Sulla plancia calò il gelo.
Spock ragionò velocemente; erano in maggioranza numerica, ma c’erano poche possibilità di riuscire a colpire Karagg senza colpire Jimmy e soprattutto senza correre il rischio che il klingon gli sparasse.
“Karagg, metti a terra il bambino umano e restituiscilo a loro” ordinò Moklor alto e fiero.
“Hai finito di darmi ordini. Mettete tutti a terra i phaser” urlò Karagg premendo l’arma contro la tempia di Jimmy.
McCoy emise un gemito di terrore, mentre guardava verso Spock.
Il vulcaniano con calma e senza dire una parola, si chinò e mise il suo phaser a terra, subito imitato dagli altri.
“Fra poco arriveranno gli altri, Karagg. Per voi due è comunque finita” disse calmo Moklor
“Sparagli, spara a Moklor… diremo che sono stati gli umani” urlò Kalitta.
Un sorriso diabolico si dipinse sulla faccia di Karagg.
Veloce puntò il phaser su Moklor.
“NO!!” urlò Jimmy dimenandosi.
Il dito stava per premere sul grilletto, quando il klingon avvertì un forte dolore al polso. 
Il colpo partì ugualmente ma finì sulla paratia a pochi centimetri dalla testa di Moklor; solo dopo alcuni istanti Karagg si accorse di quello che era successo: il piccolo umano lo aveva morso con forza incredibile.
Prima che chiunque potesse reagire, Karagg scaraventò con forza inaudita Jimmy contro la paratia, dove il bambino si accasciò come un burattino cui erano stati tagliati i fili.
  
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