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Autore: Lady_Sticklethwait    06/09/2016    3 recensioni
-AL MOMENTO SOSPESA-
Penelope si alzò di scatto quando sentì la finestra alzarsi e poi riabbassarsi magicamente.
All'inizio pensò fosse un sogno e richiuse gli occhi, memore di aver addosso ben dieci ore di sonno arretrato, ma lo scricchiolio del pavimento parlava chiaro: c'era qualcuno lì dentro. [...]
Spense la candela con un soffio delicato ed un braccio solido le cinse la vita mentre, un’altra mano, soffocò le urla che sarebbero da lì a poco uscite.
- Sono estremamente affranto, signorina - una voce roca e determinata dall’accento perfettamente inglese le carezzò le orecchie - ma non sarei qui se non mi fossi trovato in condizioni estreme -[...]
- Signore - sbottò, aggrappandosi disperatamente alla sua razionalità - questa situazione… Ora… non è decente -
L’uomo sembrò riflettere per qualche secondo e poi eccolo sorridere di nuovo ed inclinare il capo verso destra, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo- Non ho mai detto che io fossi decente -
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                                    Capitolo 8


 
Tieniti pure le tue ragioni, io terrò stretta la mia follia.


Quando Mr Kennet tentò di immobilizzarlo per l’ennesima volta, Christopher lottò strenuamente per liberarsi dalla morsa dell’uomo, come se da quella insignificante vittoria dipendesse la sua stessa vita.
La faccia era schiacciata a terra e Mr Kennet, con l’aiuto di due inservienti che chiacchieravano allegramente tra di loro, lo avevano immobilizzato premendo sulla schiena dell’uomo con gomiti e ginocchia.
Christopher inarcò la schiena in un ultimo tentativo di liberarsi ma quando scattarono le manette della camicia di forza si accasciò a terra con il resto del corpo.
Gli inservienti lo issarono in piedi con la forza, costringendolo a rimanere fermo mentre Mr Kennet si sistemava i capelli sfuggiti dal codino e la cravatta stropicciata.
«Sei forte» gli riconobbe il dottore ammirando il sudore che imperlava il volto di Christopher «Peccato che non saprei che farmene della forza di un demente»
Christopher non riuscì a capire quello che aveva detto; di solito, quando era tranquillo e si concentrava, riusciva a comprendere cosa dicessero le persone aiutandosi anche con il labiale.
Tuttavia, e questo lo aveva sperimentato già da un bel po’, quando la rabbia sembrava sopraffare ogni istinto razionale, l’alienazione diventava l’unico atteggiamento possibile per superare l’ira.
Christopher respirò come un toro infuriato e scalciò gli inservienti quando tentarono di legarlo alla parete; ci riuscirono, gli infami, ma Christopher non si meravigliò: ogni movimento era difficoltoso con le braccia messe in quel modo e mantenere l’equilibrio era una vera sfida.
Mr Kennet mandò via gli uomini e Christopher notò con estremo piacere che uno dei due zoppicava.
«Sai, io proprio non capisco perché il mio collega nutra delle speranze nei tuoi confronti»
Capisco, perché, perché! Nutra… mangiare?
Christopher si morse l’interno della guancia.
«Potrebbe scrivere alla tua famiglia e…» Mr Kennet si bloccò perché vide Christopher alzare subito la testa dopo aver pronunciato la parola famiglia.
Sogghignò, «Ah, allora qualcosa la capisci. Peccato, Christopher, perché saper riconoscere qualche parola non ti salverà»
Christopher ora guardava in cagnesco il dottor Kennet. Avrebbe ucciso quell’uomo, ne era certo.
Quando sarebbe uscito di lì, lo avrebbe ucciso ed avrebbe goduto nel vedere la stessa rabbia o magari, sì, perché no, il terrore invadere i suoi occhi scuri.
Era questo ciò che lo mantenne in vita, la speranza che un giorno sarebbe uscito di lì e che si sarebbe vendicato di tutto ciò: non aveva ragione di credere che nell’universo ci fosse ancora qualcosa al di fuori della vendetta che tanto anelava.
Non avrebbe mai più vissuto una vita normale, c’erano uomini cambiavano per molto meno e Christopher ne era cosciente.
Il mondo non avrebbe mai accettato Christopher Anderson, visconte di Blackhudgton’s Hall, nelle vesti di uno psicopatico molesto per la società.
Emarginato o meno, in Christopher maturava già l’idea che se non fosse guarito del tutto, l’alternativa più efficace sarebbe stata farla finita.
Ma prima avrebbe ucciso Kennet.
Un debole bussare alla porta distolse l’uomo dai suoi pensieri e catturò l’attenzione del dottor Kennet.
«Buongiorno, splendore» disse l’uomo inchinandosi.
Peope...
 «Buongiorno» rispose la donna senza alcuna emozione nella voce.
Sorpassò velocemente il dottore che si alzò indignato quando vide che Penelope gli voltò le spalle tenendo in mano una bacinella con un rasoio.
Bofonchiò una volgarità, Christopher ne era certo perché la donna, nonostante si sforzasse di mantenere un’espressione neutrale, aveva strabuzzato leggermente gli occhi.
Inclinò la testa e la osservò con maggiore attenzione: la cuffietta bianca, ridicola ogni oltre modo, era una patetica armatura contro il mondo.
Mr Kennet uscì dalla stanza facendo più rumore possibile e sbatté la porta alle sue spalle, facendo sobbalzare la fanciulla.
Penelope ancora non lo aveva guardato, ma quando lo fece Christopher lesse l’orrore nei suoi occhi.
La bacinella con l’acqua le sfuggì dalle mani inondando il tappeto, ma non si diede pena di ciò, anzi, sorpassò la bacinella e si avvicinò tremando all’uomo incatenato.
«Chi ti ha fatto questo?»
Chi… Questo. Cosa, cosa, significato!
Man mano che Penelope si avvicinava, Christopher arretrava, per quanto gli era possibile.
La donna si inginocchiò a pochi metri di distanza da lui «Non vuoi?» gli chiese dolcemente, allungando le mani.
Certo che voleva, dannazione, voleva essere liberato e doveva essere liberato perché non meritava quel trattamento, lui non era pazzo!
Ma se c’era una cosa che voleva ancora di più era che Penelope non lo considerasse come un povero demente di cui aver compassione, ed essere sciolto da quelle catene… Da una donna, per di più! No, no, perdio, umiliazione più grande non poteva esistere.
Si voltò dall’altra parte ed indossò una maschera di indifferenza. Non poteva parlare, ma il linguaggio del corpo era chiaro: stammi lontano.
Penelope aggrottò le sopracciglia, confusa «Non vuoi che ti aiuti?»
«Aiuti» ripeté Christopher prima di accorgersene.
Penelope si illuminò «Sì, aiuti. Io aiuto te, se vuoi»
«Aiuto» disse Christoper, guardando questa volta negli occhi della donna. Dove aveva sentito quella parola?
Aiuto, aiuto, carrozza, cavalli!
«Caroza! Caroza, aiuto. Aiuto!» sbottò facendo tintinnare le catene per l’eccitazione.
Penelope sorrise e le brillarono gli occhi «Carrozza, Chris? Tu… Ricordi? Incidente»
Era troppo questo da capire e l’eccitazione del momento fece svanire ogni cosa. Non riuscì a concentrarsi, le parole che diceva Penelope erano  suoni ingarbugliati e privi di senso perché tutto ciò che aveva in mente era un ricordo: voci starnazzati di donne e uomini che gridavano aiuto.
Christopher, per la prima volta dopo una lunga settimana, sorrise.
Penelope si sentì il cuore scoppiare: Christopher non era pazzo, lei lo sapeva, l’amnesia gli aveva semplicemente offuscato la memoria e reso difficile la comunicazione, ma ora che aveva ricordato tutto sarebbe cambiato, tutto sarebbe diventato più bello quando avrebbe informato il signor Whory che l’incidente… L’incidente…
L’incidente.
Il suo sguardo si rabbuiò ed il sorriso svanì dalle labbra rosee della donna. Christopher, che aveva ancora stampato sul viso il sorriso della vittoria tornò serio, inclinò la testa di lato e socchiuse gli occhi per metterla a fuoco.
Non sapeva a cosa fosse dovuto quel cambiamento repentino d’umore, né quello strano luccichio che vedeva nei suoi occhi, né il rossore che ora si stava diffondendo lungo le guance bianche della donna.
«Etuta copa mia» gli sembrò di capire prima che la donna scoppiasse in un pianto liberatorio.
Christopher volle sprofondare in quell’istante, vedere Peope così disperata mentre cercava di asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani in un ultimo appello all’orgoglio lo sconvolse totalmente.
Cosa fare… io dire, cosa? Cosa? No Peope, no triste.
«Aiuto» disse Christopher, confidando in un sordo appello di straziante ingenuità che quella parola avrebbe riportato il sorriso a Peope, proprio come aveva fatto prima.
Tuttavia, ottenne l’effetto contrario: il pianto della donna degenerò in singhiozzi convulsi.
Non….No acqua, peope, tu bella, felice con me.
Christopher abbassò lo sguardo, la camicia di forza ora come ora era un ostacolo insormontabile ed un monito continuo: guardati qui, Christopher, legato come una bestia inferocita, impotente di fronte alle lacrime di una donna.
‘Tu l’hai fatta piangere, demente’ gli parve di sentire la voce di Mr Kennet.
Intanto le spalle di Penelope erano scosse dai singhiozzi «Midipiace. Oh, midispiace», la voce era rotta dal pianto, disperata, sconvolta, ma Christopher non sapeva cosa fare perché quella fanciulla era così delicata e minuta che con un soffio di vento, ne era sicuro, l’avrebbe spezzata.
«Mi dispiace, è tutta colpa mia, tutta» uno spasmo la fece sobbalzare «t-t-tutta co-co-colpa mia»
«Peope» la pregò Christopher, cercando di essere più delicato e convincente possibile «nopiù aiuto, io» si arrese subito, cosciente di non riuscire a dare voce ai suoi pensieri.
Nemmeno questa volta.
Avrebbe voluto prenderla per le spalle e scuoterla per farla rinsavire, asciugare le sue lacrime e dirle: Penelope, non dirò mai più la parola aiuto se ti fa stare così male.
«Peope» ci riprovò e per un secondo la donna smise di piangere.
Alcune lacrime superstiti e traditrici continuarono a scendere imperterrite sul volto di Penelope ma Christopher, ne era certo, ora non stava piangendo più.
Penelope fece un sorriso di autocommiserazione ed asciugò con le dita gli ultimi residui di senso di colpa, «Sono patetica, non è vero?» tirò su con il naso tutto rosso, «piangere davanti a te, che sei in queste condizioni…»
piangere… cosa? Significato! Te… queste codizioni.
Christopher sbatté gli occhi perplesso, girò la faccia ed espirò profondamente; Peope non lo sapeva, questo, non poteva capire che ciò che aveva detto fu come ricevere un pugno nello stomaco.
«Oh, no, non intendevo…» sospirò e si morse le labbra.
Christopher grugnì in risposta e le lanciò uno sguardo gelido quando vide la pietà rivestire il volto di Peope.
Penelope si avvicinò leggermente all’uomo ed egli mosse le catene come monito, ma questa volta la donna non si spaventò, era troppo presa dall’intenzione di liberarlo.
«Va bene se non vuoi stare con me, ma almeno lascia che ti tolga…» camminò a gattoni e si posizionò dietro di lui «questa» gli slacciò la camicia di forza; solo quando la donna la tirò via, lasciandolo a petto nudo, capì con quanta pressione le sue braccia erano state legate.
Mosse gli arti dopo pochi minuti e quando se la sentì si alzò da terra; Penelope, intanto, si era alzata, lisciata la gonna ed aveva raccolto la bacinella, il tutto con lo sguardo fisso a terra.
Christopher guardò il suo corpo e capì che aveva notato molto prima di lui che fosse a petto nudo.
Penelope, presa dalla fretta di uscire fuori di lì, rischiò di scivolare un paio di volte sul pavimento bagnato.
Era sorpresa, turbata, sconcertata, indignata alla visione del corpo muscoloso di Christopher, e nessuno poté dargli tutti i torti.
Peope, no piangereper me.



Non riesco a commentare questo capitolo, penso di aver rischiato un paio di volte di piangere mentre lo scrivevo.
Christopher mi fa accapponare la pelle, ho sviluppato una tale empatia con questo personaggio che mi fa paura ed il suo essere così meravigliosamente impacciato in questo capitolo me lo ha fatto entrare dentro, più di quanto sia lecito dire…
Spero che vi abbia suscitato le stesse emozioni o, se diverse, fatemelo sapere con una recensione.



Lady Sticklethwait.

 
   
 
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