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Autore: Edward LoneBark    06/09/2016    1 recensioni
Una guerra che si trascina da tempi immemori sta per giungere al termine. Il destino ha schierato le sue pedine e attende la prossima mossa del nemico, mentre un ragazzo senza memoria cerca la propria identità, svelando misteri antichi di millenni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza dubbio Tharmunor aveva selezionato con grande cura gli elementi della scorta: erano tutti veterani, tra cui alcuni ufficiali, e perfino il più giovane aveva molta esperienza militare. Hedras ebbe occasione di conoscerlo bene in quei giorni. Si chiamava Veltan e aveva solo ventidue anni, ma combatteva da quando ne aveva sedici. Era presente quando l'antico clan degli Agaryu era stato scacciato dai domini del sudest, e quando l'Armata Imperiale aveva annientato l'ultima vera offensiva di Arkader prima di quella del Primo Valico, che non era riuscita a superare la Muraglia. Era un ragazzo ruvido, indurito dai campi di battaglia, ma per il resto era una compagnia molto piacevole. Dopo avergli raccontato le sue esperienze gli espresse la sua ammirazione, pur con un certo imbarazzo, per l'impresa che aveva compiuto, e gli chiese un resoconto di prima mano della fuga. Infatti la storia si era diffusa a macchia d'olio in tutto l'accampamento, e ne avevano discusso molto anche nella scorta, mentre lui era ancora addormentato, ma nessuno eccetto lui sapeva come fossero andati realmente i fatti. Sebbene Hedras non si ritenesse un abile narratore e preferisse ascoltare, ripercorse in un lungo racconto tutta la fuga da quando avevano lasciato il Primo Valico, e provò anche una certa soddisfazione nel vedere come il ragazzo più grande pendesse dalle sue labbra.

-Come minimo ti daranno un titolo nobiliare- disse Veltan quando ebbe terminato.

-Credo che ci voglia qualcosa di più- replicò divertito Hedras. Il sentiero si era allargato e aveva iniziato a scendere, mentre la vegetazione si diradava e si riduceva a qualche tenace arbusto abbarbicato sulla roccia grigio chiaro. In lontananza, molto più in basso, si vedeva l'immensa gola dove conduceva la via, sul fondo della stretta fenditura tra due montagne.

-La Fossa dei Giganti- disse all'improvviso Veltan. -Dicono che la gola sprofondi ancora, in una galleria sotterranea che poi sbuca direttamente sulle colline-. Deglutì nervosamente. -E' una strada che non imbocca quasi nessuno, perchè non si può percorrere con un carro e non conduce a nessun centro vero e proprio. Girano certe storie...-.

Hedras comprese che non avrebbe detto altro. Tacque per qualche istante, poi alzò gli occhi al cielo. -Che storie?-.

Veltan trattenne un sorriso. -Dicono che quella galleria sia la dimora di un mostro molto antico e della sua progenie. Alcuni che l'hanno attraversata dicono di averlo intravisto, e altri non sono mai tornati. Ma sono solo sciocchezze-.

-Lo pensi davvero o stai cercando di convincertene?- fece Hedras, sardonico.

Veltan finse di mettere il broncio. -Non credo più nelle favole, né tantomeno nelle leggende-. Spalancò le braccia per stirarsi, sbadigliando. -E comunque attraverseremmo anche se questo mostro esistesse. Non c'è tempo per seguire la via principale, prima arriviamo ad Eternath meglio è-.

-Già- replicò Hedras -ho già avuto esperienza degli assi nella manica del nostro nemico. Non voglio che ne sfoderi un altro-.

Il gelo cresceva man mano che procedevano, come se il tempo stesse tornando indietro verso l'inverno. -Odio il freddo- rivelò Veltan -e mi mancano i climi del sud. Quando siamo andati in spedizione contro gli Agaryu siamo passati vicino al mare-. Chiuse gli occhi e i suoi lineamenti si distesero in un'espressione beata. -Dovresti vederlo. E' qualcosa di indescrivibile-.

Acqua fino a perdita d'occhio, che si agita mossa dal vento, dipinta di tutte le sfumature del blu e del grigio, che s'infrange contro le scogliere e respira, un respiro che sa di sale e di terre ignote. Splendido, pulsante, potente oltre ogni immaginazione.

Il sole tramontava, e l'acqua si tingeva di rosso e arancio. Ove il cielo incontrava l'acqua, ove la vista giungeva al limite, una linea di puro fulgore...

-L'ho visto- disse Hedras. -Non ricordo, quando, non ricordo dove, ma so di averlo visto-.

 

Nella fenditura il gelo crebbe fino a diventare quasi insopportabile. Un vento crudele spirava dalle profondità della roccia, affondando senza pietà sotto pellicce e corazze come una lama impossibile da fermare. Le pareti rocciose coprirono il cielo e sprofondarono la compagnia in una penombra aliena.

In fondo si intravedeva l'imboccatura della galleria, che apparentemente vicina sembrava allontanarsi ad ogni passo. Impiegarono un giorno intero per arrivarci, e quando furono a pochi passi dalla gigantesca arcata era ormai passato il tramonto.

Gli uomini erano nervosi. Leggende che alla luce del giorni apparivano sciocche e infantili assumevano tutt'altra forma in quel luogo gelido e immerso nelle tenebre, sebbene nessuno volesse ammetterlo, nemmeno a se stesso.

Avevano viaggiato tutto il giorno ed erano stanchi, ma nessuno aveva sonno. Chi sarebbe riuscito a dormire in quel posto? Reften guardò i compagni, poi ordinò di procedere, e nessuno fiatò.

Il vecchio stregone fu il primo a varcare l'imboccatura ad arco della galleria, illuminandola con un fascio di luce magica che rivelò le pareti e il soffitto crudamente sbozzati dalla natura in epoche remote.

Lentamente entrarono tutti e iniziarono a procedere nell'antro, seguendo quel labile cono di luce che infondeva loro speranza. Il silenzio e lo spazio chiuso amplificavano il rumore dei passi, al punto che sembrava che la galleria fosse percorsa da un manipolo di giganti.

Faceva freddo, come Hedras non aveva mai sperimentato. Sentiva il respiro gelarsi nei polmoni, e la brina formarsi sui suoi occhi.

Il tunnel non finiva mai. Camminarono nelle tenebre dietro a quella luce aliena per quelli che sembrarono giorni, completamente in silenzio, finché finalmente non comparve un chiarore bluastro in lontananza. Era una gola lunghissima e stretta, chiusa dalle montagne, che mostrava una piccola striscia di cielo, scuro e punteggiato di stelle. Il fondo roccioso della gola era coperto da uno strato di neve gelata che sembrava essere lì da millenni.

-Se prima odiavo il freddo, ora lo odio ancora di più- borbottò Verlan, stendendo il mantello e sdraiandosi sopra di esso, accanto a Hedras. Anche gli altri si stavano coricando, per ripartire alle prime luci dell'alba.

-Parlami di quel mostro della leggenda- disse piano Hedras, fissando il cielo e cercando di distinguere le costellazioni. In passato le aveva conosciute e frammenti di memoria gli erano rimasti.

-Nessuno sa esattamente cosa sia- rispose Verlan voltandosi su un fianco. -Parlano di una creatura simile a un drago, ma più allungata e mostruosa, che paralizza le prede con il suo alito gelido e si nutre del loro sangue-.

-Il Gaurinder- fece all'improvviso Hedras, rammentandosi di quella leggenda. Dopo un istante si sentì pervadere da una misteriosa inquietudine che gli entrò nelle ossa più del freddo. -Ne ho sentito parlare-.

-Non sapevo si chiamasse così- disse Verlan.

-Perchè nessuno lo chiama più così- interloquì una voce sottile. Reften li stava guardando, appoggiato alla roccia fredda. -Come conosci quel nome? Veniva usato secoli fa, quando ancora questa via non era abbandonata e le leggende sul suo conto spuntavano come funghi-.

-Non ne ho idea- replicò Hedras. L'inquietudine era divenuta soffocante, ancora di più perchè non sapeva da cosa fosse originata. La sua mente ronzava come un nido di vespe, cercando invano di scacciare quella sensazione di pericolo imminente. Che mi prende?

-Tanto per sapere, cosa vi assicura che siano solo leggende?- chiese, sentendosi stupido quanto confuso.

-Come ho detto, la via è stata usata per secoli da moltissimi viaggiatori e non mi risulta che tutti abbiano parlato di questo essere- rispose pacato lo stregone.

-Forse perchè non tutti lo hanno visto- disse Hedras con un filo di voce, mentre le sue pupille si dilatavano come gocce d'olio sul metallo. Per diversi istanti cessò di respirare, mentre cercava di convincersi che quanto vedeva era un'allucinazione.

-Che razza di obiezione è questa....- sbottò Reften, prima di notare l'espressione del ragazzo e voltarsi. -Nexuras ci protegga- esalò.

Hedras sarebbe stato colpito dalla calma con cui sia lui che Reften gestirono la situazione, se non fosse stato completamente distratto dalla creatura gigantesca che si stava avvicinando in perfetto silenzio al piccolo accampamento improvvisato. Osservandolo bene notava che non somigliava affatto ad un drago, ma nemmeno a qualunque altro essere a lui noto. Il corpo, lungo più di venti metri, era allungato e ne uscivano centinaia di spuntoni lunghi e sottili come lame, oltre a una ventina di zampe spesse come rami portanti. La testa era allungata quanto il corpo, e si protendeva in una bocca da cui uscivano migliaia di denti sottilissimi e fitti come fili d'erba, che rilucevano al cupo bagliore di due occhi enormi, bluastri e senza pupilla. Si avvicinava a velocità sorprendente sulle numerose zampe, senza emettere il minimo rumore che potesse tradirlo. Quando tutti i soldati l'ebbero visto era ormai su di loro.

-VIA!- gridò Reften, prima che un vento di bufera erompesse dalla bocca del mostro. Quelli che non fecero in tempo a scansarsi vennero travolti in pieno e rimasero congelati davanti alla creatura.

Rapidamente i soldati accerchiarono il Gaurinder e colpirono le sue zampe, ma l'essere sembrava non curarsene. Agitò il corpo flessuoso colpendo diversi uomini, che rimasero impalati sugli aculei che sbucavano dalla pelle squamosa.

Reften scagliò un globo di luce che colpì il mostro sulla fronte, dando ai superstiti la possibilità di attaccare all'unisono.

Hedras evitò per un soffio gli aculei mentre l'essere si agitava, accecato, senza emettere suoni, poi affondò la spada nel corpo serpentino, senza riuscire ad affondarla più di pochi pollici.

Ho bisogno di Luce! Scattò verso la testa della creatura e affondò la spada in uno degli occhi prima che avesse tempo di riprendersi. Riuscì a malapena ad estrarre l'arma prima che il Gaurinder scattasse in avanti, chiudendo le fauci sul punto in cui si trovava un istante prima.

Il ragazzo colpì di taglio sulla tempia del mostro, ma lasciò solo un misero graffio da cui sgorgò un rigagnolo di sangue bluastro.

I soldati erano rimasti in pochi ma erano riusciti a ferire molte delle zampe, rallentando notevolmente il nemico, che tuttavia continuava ad attaccare come un serpente impazzito. Più volte Hedras rischiò di essere impalato o travolto da un soffio gelido, ma alla fine riuscì a trafiggere il secondo occhio e a spingere la lama a fondo fino all'elsa.

Scartando di lato fu costretto ad abbandonare la spada nell'orbita sanguinante, vedendo di nuovo i denti mostruosi passargli a un pollice del volto.

Come può essere ancora vivo? pensò Hedras imprecando. La Luce non gli veniva in aiuto e si trovava disarmato davanti al mostro furibondo, che scattò verso sinistra cercando di inchiodarlo verso la parete rocciosa.

Il ragazzo si vide perduto, mentre mille aculei avanzavano verso di lui. Estrasse il pugnale e saltò verso la parete alle sue spalle. Il potere lo proiettò diversi metri più in alto prima che il Gaurinder si abbattesse contro la roccia, poi si diede lo slancio con un piede e saltò sulla testa della creatura.

Lasciò che il potere pervadesse la lama dal pugnale e l'affondò fino all'elsa nella fronte della creatura, poi saltò e atterrò pesantemente sulla roccia gelata, mentre dietro di lui il mostro si contorceva come impazzito, agitando la testa enorme da cui colavano spruzzi di sangue.

Alla fine Il Gaurinder esaurì le ultime forze e si accasciò senza vita, mentre gli occhi bulbosi e trafitti cessavano di brillare nella notte.

Disgustato e ancora scosso dal duro scontro, Hedras afferrò l'elsa della spada e la estrasse con un colpo secco dall'orbita sanguinante, mentre il fluido bluastro iniziava a congelarsi. In breve tempo l'enorme carcassa fu avvolta in un bozzolo di ghiaccio, nel quale scomparve.

-Tornerà- disse Hedras, ancora ansante -entro pochi giorni uscirà dal ghiaccio ancora più forte-.

-Come fai a saperlo?- chiese Varlen, rinfoderando la spada. Da solo era riuscito a ferire al mostro tre zampe, rimediando solo pochi graffi sul volto quando gli aculei lo avevano quasi trafitto.

-Non chiedermelo, lo so e basta- replicò Hedras, colpendo la roccia con la spada per rompere il ghiaccio. La lama era perfettamente lucida e prima di ammaccature. -Dobbiamo levarci di qui o rischiamo che ci faccia visita di nuovo-.

Si guardò attorno. Erano rimasti in sei, meno di metà del gruppo originario. I cadaveri erano disseminati ovunque, alcuni congelati, altri squarciati dagli aculei. In due erano rimasti imprigionati nel bozzolo gelato del Gaurinder.

-Tutto questo è solo colpa mia- disse Reften, alzandosi dopo aver esaminato un compagno morto, cercando segni vitali che non c'erano. -Avrei dovuto dare ascolto agli avvertimenti, invece vi ho cacciati in questo guaio. Per fortuna c'eri tu a salvarci, di nuovo- disse rivolto a Hedras. Era sconvolto, ma i sentimenti faticavano ad emergere dal volto tanto addestrato a rimanere di pietra anche nelle peggiori avversità.

-Nessuno avrebbe potuto prevedere una cosa simile- replicò Hedras -avete agito con le migliori intenzioni. Se avessimo preso la strada maestra forse saremmo tutti morti, e la pietra in mano al nemico-.

Reften sospirò. -C'è qualche altra immonda creatura in questo buco o possiamo proseguire tranquilli?-

Un lieve sorriso stirò le labbra del giovane Luminoso. -Credo che non ci sia più nulla da temere, se non il freddo-.

   
 
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