La
stanza sopra alla mia
Capitolo
III
Quando
Igraine aprì la porta della camera, Arthur aveva pregato che
non si
accorgesse di nulla, la madre guardò all'interno della
camera, e, in silenzio,
dopo qualche minuto, uscì.
Arthur sentì i passi di sua madre mentre si allontanava,
aspettò di sentire la
porta chiudersi, e poi scattò giù dal letto e si
riavvicinò alla bocca.
“Merlin?” sussurrò con calma, passarono
diversi minuti, Arthur aggrottò la
fronte, chiedendosi se Merlin non fosse già andato a dormire.
Ma quando si stava ormai facendo troppo tardi per lui, la voce di
Merlin riempì
la stanza.
“Hai ancora voglia di parlare....?” chiese con fare
stanco, Arthur notò la
differenza di tono, e per questo si ritrasse, per poi inginocchiarsi
davanti
alla bocca, batté due volte su di essa, e aspettò
la risposta.
“Buona notte” disse alzandosi, si sdraiò
sul letto, e prima di addormentarsi
giurò di aver sentito la sua, melodiosa voce, intonare le
parole; “buona notte”
-
Il sole stava splendendo alto nel cielo, faceva caldo, e l'unica cosa
che
Arthur voleva fare era arrivare a casa e buttarsi letteralmente nel
frigorifero.
Il termometro della classe segnava 36º, e lui era il povero
malcapitato, che si
trovava a pochi centimetri dalla finestra.
Merlin gli offrì di scambiarsi di posto con lui, ma appena
vide il volto
pallido del ragazzo, rifiutò l'offerta, non voleva che lui
si scottasse perché
Arthur Pendragon, si stava comportando da femminuccia!
Wow, è finita finalmente! Voglio un gelato...
Chissà se….
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un urlo, il sangue si
gelò
nelle vene come se fosse la prima volta che lo sentiva.
Corse a perdi fiato verso la voce, si fermò di colpo davanti
allo spettacolo a
cui stava assistendo.
Merlin.
Merlin era per terra, e tre ragazzi, che avranno avuto si e no tredici
anni, lo
stavano picchiando.
Il sangue di Arthur cominciò a ribollirgli nelle vene, la
rabbia prese il
sopravento sul suo corpo, e in men che non si dica, era davanti a
Merlin, gli
occhi azzurri puntati in quelli verdi dell'altro.
“E tu chi saresti moccioso!?” sbraitò il
più basso fra i tre, aveva i capelli
marroni, lunghi e due occhi verdi da mozzare il fiato.
“Sono la persona che ti darà una lezione se non
sparisci dal mio campo visivo
entro cinque secondi” disse con calma Arthur, il suo sguardo
fece ritrarre un
po’ il moro, che per sua risposta si voltò e
sputò per terra, vicino a Merlin.
“Andiamocene! Sono sicuro che quelle orecchie troverai lavoro
al circo!” urlò,
e subito gli altri due scoppiarono a ridere, l'ira che Arthur stava
provando in
quel momento, divenne un fuoco che ardeva nel suo più
fragile essere.
Come stavano solo osando parlare così a Merlin?
Fece un passo, ma una mano gli prese il polso.
Era piccola e pallida e tremava leggermente, l'avrebbe riconosciuta
ovunque,
anche tra un milione di coppie, Arthur avrebbe sicuramente trovato la
mano di
Merlin.
Si voltò, e quello che scorse in quei pochi attimi di ira
funesta, gli
calmarono i bollenti spiriti.
Merlin gli stava sorridendo, un bellissimo sorriso che sapeva di sangue.
Dalla bocca di Merlin usciva un po’ del liquido cremisi, che
andò a mischiare
al rosso del foulard che portava sempre al collo.
Arthur lo aiutò ad alzarsi, e lo fece sedere su una
panchina, quando vide che
il moro non poteva rimanere in piedi.
“P-posso vedere?” chiese mentre allunga il braccio
dell'altro.
Era ricoperto di graffi, cicatrici, ustioni di sigaretta di botte e di
troppi
lividi.
Non tutti quelli sfregi erano colpa di quello che era appena successo,
certe
ferite erano anche più vecchie, si parla di cinque sei anni.
Merlin teneva lo sguardo basso, quando vide il volto di Arthur, voleva
raccontargli tutto, sapeva che di lui ci si poteva fidare, ma il
pensiero di
quello che gli avrebbe fatto quell'uomo lo fece tremare.
“Che diavolo è successo?!” chiese con la
voce piena di stupore e di paura, alzò
gli occhi, il volto di Merlin era pieno di graffi, sotto ai ciuffi
corvini, si
poteva scorgere una piccola cicatrice, proprio sopra al sopracciglio
sinistro.
“Nulla, quei ragazzi volevano i miei soldi per il pranzo ma
io no glielo
dati...” disse ritraendo il braccio dalle mani calde del
biondo.
Quelle mani, agli occhi di Merlin, erano perfette. Come i capelli,
colore del
sole, o del grano che presto avrò dor splendore, gialli come
il più bel sole,
nel mese del sol Leone*, il mese in cui era nato Arthur.
I suoi occhi erano l'unico cielo che Merlin voleva vedere, poteva
rimanere
tutto il giorno a fissarli, a inventare parole che li descrissero al
meglio,
ma, che quando era davanti ad Arthur, non riusciva a dire.
“Sei stato coraggioso!” disse balzando in piedi, e
come sempre, gli porse quella
mano, tanto perfetta, “un po’ stupido ma pur sempre
coraggioso!” gli sorrise,
come solo Arthur poteva fare, quel sorriso era il suo sole.
Anche Merlin sorrise, ed Arthur per un attimo indugiò.
Era fragile come una farfalla quel ragazzo, una piccola e indifesa
farfalla in
balia del mondo pazzo e veloce, che avrebbe rischiato di rompere le sue
flebili
ali.
Ma nel sorriso di Merlin, trovava tutto quello che lui non manifestava
a
nessuno.
Calma, semplicità e purezza.
Il sorriso di Merlin era la sua luce lunare, le sue stelle.
“È un altro lato del mio fascino” disse
spocchioso stringendo la mano di
Arthur, e, insieme si diressero a prendere il tanto bramato gelato.
Se lo erano meritato no?
Sol Leone= Mese di Luglio
Buco dell'autrice....
Hey! Ciao! Allora ringrazio tutti per il supporto, comunicazione di
servizio,
non posterò tanto in questo mese, perché comincia
la scuola yeeee!
Mi raccomando leggete anche il prossimo capitolo;
Grazie veramente tanto! Vi amo!
Lasciate una recensione! Grazie!
Come sempre sono gradite; pensieri, consigli e critiche costruttive!
Grazie per aver letto! (*-*)
Arcobaly_739