Quella mattina gli Evanescence mi accompagnavano a scuola. Ero completamente persa tra le note di Everybody’s Fool, che al momento sembravano l’unico motore che guidava le mie gambe, quando mi accorsi che Lore mi aveva già affiancato da un pezzo. Mi maledissi per la mia sbadataggine e lo salutai, togliendomi gli auricolari dalle orecchie. Lui sorrise di rimando e me ne fregò uno, ampliando l’espressione sul suo viso, mentre riconosceva il gruppo. Sapeva quanto mi piacesse. Non si spiegava però la mia varietà di gusti in ambito musicale, che varava da gruppi dark come i suddetti a rock punk, anni ’80, blues, jazz, classico, fino a canzoni italiane come De André e Tiziano Ferro (n.d. io: contenta, martina?) (n.d. Marty: bravissima ^_^). Arrivammo velocemente in classe e subito mi avvicinò Ambra, salutandomi allegra: “Ciao Helly!”. Io abbandonai il mio amore e mi buttai nella nostra conversazione femminile: “Ciao Ambry! Come va oggi?”. “Meglio di ieri… mio fratello ha miracolosamente capito che è meglio se non tocca il mio computer” rispose lei con un sorriso che mi fece preoccupare per la salute del malcapitato parente. Non sopportavo quel bimbetto, ma non gli auguravo morti dolorose. Ci sedemmo al banco immerse nella confusione mattutina e fui contenta di aver indossato la mia camicetta sbracciata preferita, perché un sole rassicurante sembrava fatto apposta per rendere quel giorno splendido, mentre mi accarezzava la pelle nel suo abbraccio impalpabile, ma caldo. “Allora stasera ci sei?” la voce di Ambra mi risvegliò da quel torpore e mi riportò nell’aula della vecchia scuola. “Stasera?” chiesi confusa. “Helly! Non dirmi che te ne sei dimenticata!” disse mettendo su un’espressione un po’ offesa. La guardai un po’ sperduta, poi l’illuminazione arrivo violenta, mentre arrossivo per l’imbarazzo. Cavolo! Il suo compleanno! Negli ultimi giorni non avevo lasciato proprio tempo per certi pensieri. “No! Certo che no, scusa..” accennai, sorridendo per farmi perdonare. Lei sorrise di rimando e tornò vitale: “Uff! Non ti dovrei più parlare, ma per te farò un’eccezione”. La guarda con gratitudine, mi dispiaceva davvero: dovevo riprendere la mia vita in mano, non potevo permettermi perdite di lucidità del genere. Il pomeriggio avrei chiamato Marissa la missione “Regalo”. La mia amica arrivò proprio in quel momento. Ci salutò e si sistemò nell’altro banco al mio fianco. Lorenzo stava chiacchierando con il professore, appena entrato. Di tanto in tanto mi lanciava occhiate disperate, mentre l’anziano insegnante, uno dei più importanti esponenti del movimento di pensiero degli “Ai miei tempi..”, capace di trattenerti durante tutta l’ora di lezione in un discorso di argomento: perché voi ragazzini di oggi siete così cretini, mentre noi del ’56 siamo forbiti e acculturati. Insomma, per il mio amore la situazione era tragica e io non avevo certo intenzione di andare a salvarlo. Si può dire, anzi, che mi godevo la scena con una certa crudeltà, ma dopotutto era troppo comico. Quando finalmente la campanella di fine ora suonò la fine della tortura, le ore successive sembrarono prendere il volo, soprattutto perché la mia totale concentrazione era impegnata nella ricerca di un’idea per il regalo per Ambra. Quando uscimmo, io e Marissa ci demmo appuntamento alla fermata dell’autobus e ci separammo davanti al portone, prima che la festeggiata arrivasse e scoprisse il punto cruciale della nostra conversazione. Abbandonai Lore, senza risparmiarmi un sorriso triste e malcelato, e accompagnai Ambra a casa. Aggiornai anche lei degli ultimi avvenimenti in ambito “ragazzi” (un ambito che amavo e odiavo in base all’ascoltatore delle mie congetture, ma che con lei era sempre bene accetto) e lei mi raccontò del fratello, che scoprii essere ancora vivo, fortunatamente.
Quel pomeriggio, il sole ci accompagnò ancora, mentre io e Marissa vorticavamo tra un negozio e l’altro. Forse era il sollievo di ritrovare la mia vita invariata dopo il discorso con Lore, ma ero veramente raggiante, mi sentivo leggera, spensierata. Marissa fu felice di vedermi tranquilla e insieme passammo un piacevole pomeriggio, che si concluse, però, con una corsa all’ultimo minuto, quando ci accorgemmo che alle 18.00 non avevamo ancora preso niente. Beh.. a parte una maglia per me, un paio di orecchini per sua madre e un paio di waffel. Era come se tutte le nubi di quei giorni avessero improvvisamente deciso di diradarsi e la città si fosse coperta di un sottile velo di luce. Sì, mi sentivo bene. Decidemmo di metterci la gonna, il che ebbe come conseguenza altri 20 euro da sottrarre alla paghetta appena ricevuta, e fui felice di rimettermi i miei adorati stivali, che avevo lasciato da parte, data la temperatura in rialzo.
Alle 20.07, con sette minuti di ritardo, dovuti alla scelta della maglia, ero in pizzeria. Cercai con gli occhi i miei compagni di classe, quando sentii la voce di Ambra che mi chiamava dalla saletta privata. Mi venne incontro e mi accompagnò dentro. Sapevo che Lore era a una cena di famiglia, ma percorsi ugualmente la stanza nella speranza di vederlo. Niente, chiaramente. Non mi accorsi di un paio di occhi, che in quel momento mi stavano osservando con una certa attenzione. Mi sistemai accanto alla mia amica e mi lasciai condurre dalle chiacchiere, risi di gusto, a mio agio tra i miei compagni, e urlai “Discorso!” con gli altri, davanti al viso imbarazzato di Ambra, quando arrivò la millefoglie. Subito successivamente la mia attenzione fu catalizzata dal dolce. Dopo il dessert (per me, doppia porzione..), uscimmo nel cortile del ristorante e io lasciai la festeggiata agli altri invitati. Un attacco di nostalgia, mi riportò temporaneamente nella mia malinconia, alimentata dalla presenza mistica delle stelle sopra di me, che sembravano portarmi troppo lontano dal presente. Mi appoggiai al muretto che circondava il cortile e lasciai vagare i pensieri, che erano l’unica parte di me, capace e desiderosa di vedere in quel buio fresco e tranquillo. Non mi accorsi dei passi che percorrevano il mio ponte con la realtà, non mi accorsi dell’ombra più fitta davanti a me: “Stai da sola?”. Alzai gli occhi. Lui mi sorrise.