Capitolo II
Il cielo era
terso, contrariamente
all’animo di Hermione Granger.
Le aveva pensate tutte, tutte, pur
di evitare quell’esercizio.
Avrebbe potuto darsi malata e passare una giornata in
infermeria… Avrebbe
potuto parlare con la McGranitt che, ne era certa, le aveva provocato
quel
disagio inconsapevolmente. O ancora, avrebbe potuto usare qualche
incantesimo
sul suo caposquadra – e
che disgusto
provava nel doverlo chiamare così! – mandando lui in infermeria.
Ma Hermione non
aveva fatto nulla del
genere.
Ron avrebbe voluto farlo al posto
suo, per aiutarla a liberarsi di Malfoy, ed era stata lei a rifiutare.
Anche
dopo il “ma Hermione!”
di Harry…
Si stavano
incamminando insieme al
resto della classe verso il campeggio, quasi a formare un lungo
serpente, con
la professoressa Burbage in testa, affiancata dai loro due Direttori
delle
Case. Piton e la McGranitt avevano già chiarito la loro
posizione: si sarebbero
limitati a osservare, magari a dare qualche suggerimento.
In realtà, tutti sapevano le reali
intenzioni di quei due… Volevano impedire alla classe di
usare la magia,
affinché si comportassero da veri babbani.
Il broncio che
mise su lei, in quel
giorno di metà settembre, bastò a zittire Harry e
Ron.
«Smettetela di lamentarvi» aveva
detto in tono minaccioso, l’ultima volta che li aveva sentiti
discutere sui
loro gruppi…
E non c’era stato bisogno di
aggiungere altro.
Né di nominare Malfoy…
Sapevano tutti e due cosa avrebbe
comportato restare in gruppo con lui, senza
di loro.
Oltrepassarono
il capanno di Hagrid e
puntarono giù verso i cancelli. Fu all’ultimo che
la testa del serpente,
formato dagli insegnanti, virò verso sinistra. Il cartellone
di legno, su cui
la scritta Campeggio sembrava
vibrare, era davanti a loro.
E in effetti, riconobbe Hermione, lo
spazio che avevano davanti aveva tutta l’aria di un campeggio
babbano. Mucchi
di tende e paletti di legno riempivano quella distesa erbosa dove, qua
e là,
spuntava qualche albero.
«Bene»
disse la professoressa Burbage
schiarendosi la voce. Era proprio sotto il cartello e, per un istante,
vedendo
l’espressione di trionfo sul volto di Malfoy, Hermione
temette che potesse
caderle in testa.
Magari con l’aiuto di qualche magia.
«Fermatevi
qui. Ci siete tutti? Dove
sono i capisquadra? Li voglio qui davanti.»
Zabini, Pansy e Malfoy spinsero
chiunque fosse sul loro cammino, mentre Neville, appena dietro di lei,
chiese
timidamente: «Permesso…»
Quando anche Calì raggiunse gli
insegnanti, fu la McGranitt a farsi avanti. Piton restò
indietro a studiare i
loro volti, le braccia conserte.
«Chiamate i membri dei vostri gruppi
e raggiungete una tenda» spiegò, rivolta ai
capisquadra. «Il professor Piton vi
indicherà quale dovrà essere la vostra
posizione.»
Hermione rimase
a guardare mentre
tutti i ragazzi venivano chiamati. Tutti tranne lei.
Sembrava che
Malfoy lo facesse
apposta a farla aspettare… Restò a osservarlo
mentre sorrideva a Tiger e Goyle,
mentre scambiava un cenno di intesa con Pansy, mentre chiamava gli
altri due
membri della squadra.
«Miles Bletchley, vieni qui» ordinò
Draco, osservando la piccola folla mentre si sparpagliava.
Sembrò evitare i
suoi occhi apposta… Lanciargli occhiate furibonde non
servì a nulla, se non a
farla attendere ancora.
«Eloise Midgen» proseguì Malfoy.
Hermione vide
Harry e Ron
attraversare l’ingresso insieme ai loro gruppi. Si
augurò di poter trascorrere
la serata con loro, prima della notte…
«A più tardi, Hermione» la
salutò
Harry, sollevando una mano.
Malfoy finse di
non averla vista e
Piton, il suo caro Piton,
sembrò
seguire il suo esempio. La McGranitt e la Burbage erano troppo
impegnate a dare
direttive agli altri gruppi per accorgersi di lei. Solo
l’insegnante di Pozioni
la perforò con gli occhi neri.
Hermione si chiese se fosse solo un
modo per spaventarla. Per sfidarla a reagire. Per togliere punti alla
sua Casa…
Alla fine, contro ogni scrupolo di
coscienza, Hermione superò i pochi metri che la separavano
da Malfoy,
piazzandosi proprio davanti a lui e incrociando le braccia al petto.
Vediamo
se osi ignorarmi ancora…
Ma fu tutto
inutile: Draco cominciò a
fare domande a Piton, come se Hermione fosse diventata invisibile.
«E quindi, professore…» disse Malfoy,
voltandole le spalle. «Come ha trascorso l’estate?
Mio padre sarebbe stato
felice di ricevere una sua visita.»
Il piede di Hermione, fasciato in una
semplice scarpa babbana – come richiesto dal regolamento per
quella sera –
cominciò a tamburellare sull’erba.
Piton
sembrò evidentemente
compiaciuto. Un po’ troppo,
per i
gusti di Hermione. E quando fu sul punto di rispondere, schiudendo le
labbra e
muovendo appena la mano, lei ne approfittò per interromperli.
«Coff coff.»
«Signorina
Granger.»
«Sì,
professor Piton?»
Hermione sbatté appena le palpebre,
mentre il disgusto prendeva forma sul viso di Malfoy, girato a
guardarla. Ma
non aveva più scuse, ora. Era costretto a
chiamarla…
Di certo Piton
non avrebbe potuto
continuare a fare finta di niente.
«Non ti senti bene, Granger? Forse
dovresti raggiungere l’infermeria.»
«Veramente io…»
«Sei in grado di tenere la bocca
chiusa almeno per un minuto, Granger? Forse dovresti parlare con Madama
Chips di
questo problema.»
Malfoy sogghignò, tronfio, mentre
anche le labbra di Piton si incurvavano in un sorrisetto crudele.
Non la voleva
lì… Voleva mandarla
via.
Ma in fondo, non era ciò che aveva
sperato? Non era ciò che aveva desiderato per quella sera?
Una scusa per non
dover partecipare, per poter evitare l’esercizio.
Eppure, eppure l’idea di essere
cacciata via, di essere umiliata ancora, le fecero stringere la mano a
pugno.
Sentì le lacrime lambirle gli occhi e si sforzò
di non piangere.
Non lì.
Non davanti a Piton e Malfoy.
Non
davanti a loro.
Hermione fece
per voltarsi e
riprendere la strada per il castello, quando la voce della McGranitt la
raggiunse
alle spalle.
«Signorina Granger» la chiamò,
spingendola a girarsi nuovamente. «Dove stai
andando?»
«Io…»
«Sta poco bene» intervenne Piton, per
la felicità di Malfoy. «E le ho consigliato di
raggiungere l’infermeria. Di
certo una notte fuori non…»
«Torna qui, Granger» la McGranitt non
lo lasciò finire, facendo quei pochi passi che le
separavano. «È vero che non
stai bene?»
Oltre gli occhiali, lo sguardo della
professoressa sembrava studiarla nel profondo. Ed Hermione era sicura
che non
volesse bugie… Non da lei.
«No»
disse, lanciando un’occhiata a
Piton e Malfoy. «Il professore si è sbagliato. Sto
benissimo.»
«Bene»
commentò la McGranitt,
regalandole uno dei suoi rari sorrisi. «Raggiungi il tuo
gruppo e varcate
l’ingresso. Niente magia,
mi sono
spiegata, signor Malfoy?»
Fu come se Draco fosse stato colpito
da un Petrificus Totalus: rimase
immobile, divenne bianco come il marmo, con la bocca spalancata simile
a quella
di una statua su una fontana… Hermione restò a
guardare per vedere se
cominciava a zampillare acqua.
Varcarono l’ingresso insieme, sotto
lo sguardo severo della vicepreside.
«Vedi
di fare ciò che dico io,
Mezzosangue» sibilò Malfoy quando furono a una
distanza tale da non poter
essere sentiti.
Lei rimase in silenzio,
improvvisamente conscia del perché la McGranitt, la sua
adorata professoressa
di Trasfigurazione, avesse deciso di metterla in squadra con Malfoy:
doveva
controllarlo.
Con suo grande
stupore, vide il
gruppo di Pansy a poca distanza dal suo. Goyle, Harry e Dean stavano
già
discutendo… E, sul lato opposto a quello indicato da Piton,
Hermione riconobbe
i pugni sollevati di Ron, puntati contro il viso altero di Zabini.
Lavanda era
alle sue spalle, incantata dal suo coraggio…
Lei non riuscì a provare altro che un
moto di gelosia nel vedere quella scena.
Ron, il suo Ron, quello che non
aveva trovato un modo per invitarla al
Ballo del Ceppo l’anno prima, sembrava difendere Lavanda da
qualcosa detto dal
loro caposquadra. Era intervenuto anche per lei, quello era
vero… Ma era
passato del tempo, e Hermione lo sentiva sempre più lontano.
«Hai
sentito cos’ho detto,
Mezzosangue?»
Lo sguardo che Draco le rivolse
riuscì a farle mettere da parte ogni buon proposito di non
perdere la calma.
«No,
Malfoy» rispose Hermione con un
sospiro. «Non ho sentito quello che hai detto.»
«Midgen, diglielo tu» ordinò Draco,
sprizzando gioia da tutti i pori. Appoggiò la schiena
all’ombra di un albero e
restò a guardare la sua reazione.
«Ecco…» cominciò Eloise,
senza trovare
il coraggio di alzare gli occhi su di lei. Agitò
nervosamente un piede davanti
a sé. «Dato che sei una nata
babbana…»
«Mezzosangue»
la corresse Malfoy con
un ghigno. «Ho detto: Mezzosangue.»
Eloise Midgen
sembrò non trovare più
nulla da osservare per terra, e cominciò a guardarsi in giro.
«Insomma, dato che sei… così,
tocca a te montare la tenda.
Mentre noi restiamo a guardarti per imparare.»
Per la prima
volta, quel giorno, gli
occhi di Hermione incontrarono proprio quelli di Draco.
C’era un messaggio in quello sguardo,
un messaggio che lei avrebbe preferito non leggere.
“Mezzosangue”,
sembrava dire. “Non sarai mai come
noi.”
Le venne voglia di piangere.
Avrebbe potuto
informare la McGranitt
di quanto aveva detto Draco, avrebbe potuto chiamarla e riferirle
tutto.
Chiederle come le era venuto in mente di metterla in gruppo proprio con
Malfoy,
chiederle cosa avesse bevuto insieme al succo di zucca, quella mattina.
Ma Hermione non
fece nulla del
genere.
Raccolse il
libretto di istruzioni
babbane, abbandonato a fianco di teli, bacchette e picchetti, e prese a
leggerlo. Sedette sull’erba, nel punto in cui avrebbero
dovuto montarla,
ignorando il resto della squadra.
«Per prima cosa» disse, senza
staccare il naso dal libricino. «Bisogna stendere una tela
per terra, per
proteggere la tenda dall’umidità.»
Eloise cercò una tela di plastica che
potesse corrispondere. Fu l’unica, mentre Draco e Miles
restavano a guardarle
all’ombra dell’albero.
«Midgen»
sibilò ancora Malfoy,
facendole cenno di avvicinarsi. «Che stai facendo?»
La tela, stretta tra le mani di
Eloise, scivolò a terra, mentre lei prendeva la giusta
distanza da Hermione.
Toccò a lei alzarsi, raccoglierla e
stenderla sul terreno. Avrebbe fatto attenzione più tardi a
non farne uscire i
bordi oltre i confini.
La seconda
parte, ossia stendere la
tenda sulla tela, sembrò altrettanto semplice. Hermione
orientò porta e
finestre dove voleva lei, senza consultarsi con gli altri.
Il brutto arrivò dopo… Collegare le
bacchette.
Nonostante fossero numerate, Hermione
ebbe più di una difficoltà a farlo.
Lanciò un’occhiata a Malfoy, per vedere se
sarebbe intervenuto o se l’avrebbe lasciata sola.
Si morse un
labbro vedendolo
sogghignare. Sembrava felice del suo fallimento, ormai prossimo. E lei
non se
ne stupì… Era una vita che Draco desiderava
vederla in difficoltà, di questo
era certa.
«Signor
Malfoy» tuonò la voce della
McGranitt. Hermione si voltò e la vide a braccia incrociate
davanti a lui.
«Che-cosa-stai-facendo. Perché non stai aiutando
la signorina Granger? Dovresti
essere tu, in quanto caposquadra, a tenere le istruzioni.»
L’espressione di Draco era troppo
tranquilla per non essersi aspettato l’entrata in scena della
vicepreside… Si
staccò appena dal tronco, allargando le braccia con aria
innocente.
«Professoressa, è Granger che ha
voluto fare tutto da sola. Non ha voluto ascoltarmi… Sa
com’è, so-tutto-io.»
Quando la
McGranitt ruotò il busto
verso di lei, Hermione si sentì sprofondare. Odiava quel
soprannome, odiava la
bugia di Draco. Ma più di tutto: odiava
Malfoy.
Si
aspettò un rimprovero da parte
della professoressa, un rimprovero che non arrivò.
«Signor Malfoy» ripeté la McGranitt,
scandendo bene ogni sillaba. «Vorrei ricordarti che quella
è la tua tenda, e sarai
tu, insieme ad altri
della tua Casa, a dormirci
stanotte.
Sono stata abbastanza chiara?»
Quando la
professoressa li lasciò
soli, Draco raggiunse Hermione con aria imbronciata.
Le strappò le istruzioni di mano e
prese a leggerle sotto il suo sguardo. Lei si chiese se sarebbe
riuscito a
risolvere l’enigma delle bacchette.
Malfoy si
limitò a incrociarle sopra
la tenda, formando una grossa X. Poi sollevò il mento e
chiamò, nel silenzio assoluto,
gli altri due.
«Bletchley, la tenda deve avere un
occhiello in ogni angolo. Cercalo.»
«Che cos’è un occhiello?»
chiese
Miles, grattandosi il collo chiazzato di rosso.
Malfoy lo guardò con disgusto.
«Che cosa vuoi che ne sappia, io? Roba
babbana.»
«Spostati»
fece Hermione, cercando di
farsi spazio tra Miles e la tenda.
Cercò gli occhielli negli angoli e vi
fece scorrere le bacchette. «E ora?» chiese,
rivolta a Draco.
Lui sembrò indeciso se darle ascolto,
e risponderle, o lasciar perdere. Era chiaro che avrebbero dovuto fare
tutto
loro due.
Il grido di
Zabini contro Lavanda
spinse Hermione a voltarsi. Scambiò un’occhiata
con Ron, abbozzò un sorriso e
tornò al lavoro. Ma il peggio era dalla parte
opposta…
Lei se ne accorse solo seguendo gli
occhi grigi e colmi di gioia di Malfoy: Harry.
Harry si stava azzuffando con Goyle.
In un istante,
non appena anche Ron
se ne accorse, la mischia sembrò ingrandirsi.
C’era Neville che urlava dalla
parte opposta del campo, chiedendo di finirla, la sua tenda
già bella che
montata.
C’era
Calì, che stava tifando per
Harry, chiedendogli di stendere ogni Serpeverde sulla sua strada. E lo
sguardo
che Tiger le rivolse, prima di gettarsi anche lui nella mischia, non
sembrò
augurarle nulla di buono.
E Pansy, seduta sul tronco tagliato
di un albero, si sorreggeva il mento con le mani, godendosi la rissa.
Sembrava essersi
creato un gran
polverone e, per un momento, lei temette che anche Draco si sarebbe
unito a
loro. Infatti, quando lo vide lanciare le istruzioni per terra e
dirigersi con
passo deciso verso il luogo dello scontro, Hermione allungò
una gamba,
facendolo capitolare sul terreno erboso.
Non gli avrebbe permesso di picchiare
i suoi amici.
Erano già due contro due, cosa poteva
volere di più Malfoy?
«Lurida
Mezzosangue…» Il modo in cui
Draco digrignò i denti davanti a lei le fece venire la pelle
d’oca. Non fece
nessuna fatica a immaginarlo sul volto di un Mangiamorte.
«Che
state facendo? Fermi! Fermi, ho
detto!»
Non ci volle molto perché la
McGranitt riuscisse a dividerli, anche senza l’aiuto di Piton.
«Ma cosa vi è preso?!»
Hermione la sentì sbraitare ancora
per un po’, mentre Draco si rialzava in piedi.
«Venti
punti in meno a testa, e mi
sembra il minimo.»
«Minerva,» intervenne Piton,
scivolando al suo fianco. «Dev’essere stato Potter
a cominciare. Posso
garantire per ognuno dei miei…»
«Non mi interessa chi ha cominciato,
Severus» lo redarguì, aggiustandosi meglio gli
occhiali sul naso.
Lei smise di
ascoltare, riprendendo a
occuparsi della tenda. Cercò il libretto di istruzioni
nell’erba, ma quando
fece per prenderlo, la mano pallida di Malfoy le afferrò il
polso.
«Me la pagherai, Granger» la
minacciò, lasciandola subito andare.
Hermione lo vide
sfregarsi la mano
sulla manica della maglia, quasi avesse toccato qualcosa di sporco.
«Cosa bisogna fare adesso, caposquadra?»
Draco
afferrò le istruzioni, tornando
a studiarle con fare imbronciato.
«Tirare su la tenda.»
Lei non sapeva proprio come
cominciare… Restò ferma a fissare
quell’ammasso di tele e bacchette, chiedendosi
come fare. Alla fine lo fecero insieme, lei ed Eloise Midgen.
«È
fatta!» gridò Hermione, felice di
aver finito.
Malfoy la squadrò da capo a piedi,
come se si fosse trovato davanti una pazza.
«Non
è fatto proprio niente,
Mezzosangue.»
Tornò a controllare il libretto, e
solo allora Hermione si rese conto di quante pagine fossero rimaste da
leggere…
«È
al contrario» disse Zabini,
passando vicino alla loro tenda. «Dovrebbe
essere…»
«Zitto, Blaise» Draco sembrò aver
perso la pazienza. «Va bene così.»
Hermione si chiese dove la tenda
era stata montata al
contrario. A lei sembrava giusta… Le girò
intorno, cercando eventuali difetti
senza trovarli…
«Cercate
i ganci e agganciateli»
ordinò Malfoy, muovendo le mani come un maestro
d’orchestra. «Poi bisogna
fissare la tenda con i picchetti.»
«Picchetti? Ma possiamo usare la magia
per questo, vero?» chiese Miles, grattandosi la testa.
«No» chiarì Eloise.
«È proibito usare
la magia.»
«E come facciamo?»
Hermione indicò il piccolo martello
abbandonato sul terreno. «Se dovessimo avere
difficoltà – cosa che non credo
possibile – potremo sempre usare quello.»
«Allora
fallo tu, Granger» disse
Malfoy, sfidandola. Si drizzò in piedi e fece cenno agli
altri di lasciarle
spazio.
Lei fece passare
i picchetti di
metallo attraverso le asole e fece forza per conficcarli per terra. Non
riuscì
ad andare molto a fondo… Allora afferrò il
martello e cominciò a colpire,
colpire, colpire, finché la testa del picchetto non
sparì nell’erba tagliata di
fresco.
«Ora è finita?» chiese Hermione, con
il fiato corto.
«No»
si gongolò Draco, ghignando.
«C’è da aggiungere una tenda
esterna… in caso di pioggia. Non vorrai che mi
bagni, vero, Granger?»
Lei sgranò gli occhi, pronta a
rispondergli a tono, ma Miles raccolse il telo di protezione e lo
sistemò sopra
l’altro. Ne uscì un’immagine distorta di
una palla marrone, nel momento in cui
si sgonfia.
Pansy rise,
quando vide la loro
tenda. La sua era perfetta, tanto
da
spingere Hermione a chiedersi come fosse possibile che
quell’altro gruppo fosse
stato migliore del suo…
«Bene» disse la professoressa Burbage,
passando di tenda in tenda. Quando arrivò alla loro rimase a
occhi sgranati. Si
stava facendo tardi, il sole settembrino stava calando, e la frescura
di fine
estate riuscì a metterla ancor più in imbarazzo.
«Ecco…»
«Troppo
bello per essere vero?»
chiese Malfoy, per una volta felice di essere arrivato ultimo.
Hermione
intuì subito il motivo:
quale onore avrebbe provato suo padre nel sapere che il figliol prodigo
eccelleva nelle attività babbane?
Roba da medioevo, ecco cosa avrebbe
detto Lucius se lo avesse saputo…
La professoressa
di Babbanologia
restò sbigottita. Non disse niente, prese giusto qualche
momento per
riprendersi, prima di chiamare la classe a gran voce.
«Il professor Silente ha acconsentito
nel lasciarci accendere un fuoco… Passeremo una vera serata
babbana, mangiando
come babbani e cantando le canzoni babbane!»
La Burbage
sembrò aspettarsi grida
entusiaste, ma ciò che ricevette fu solo silenzio…
Persino Hermione restò zitta.
Riconobbe una scintilla di rabbia negli occhi di Malfoy, e nessuna
eccitazione
da parte di Ron e gli altri… E quando Piton si mosse, simile
a un pipistrello
nero, lasciando ondeggiare il mantello nel vento, lei cercò
di immaginarselo
con una chitarra in mano, seduto su un tronco d’albero, con
tutti gli studenti
intorno.
No, decisamente non sarebbe stata una
serata divertente.
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