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Autore: mido_ri    08/09/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mer, 10 ottobre, notte
Non mi mossi neanche di un centimetro, rimasi inerme ad attendere una nuova e straziante sofferenza. 
- Alessio -
La sua ombra si distese sul pavimento e si fermò ai piedi del mio letto.
- Ti avevo promesso che ti avrei fatto fuori, ma all'ultimo istante ho deciso di darti un'altra possibilità, non sprecarla...-
Trattenni il respiro per poi cacciare fuori l'aria solo dopo averlo sentito sbattere la porta. Mi alzai dal letto con le gambe che tremavano violentemente, giunsi nella stanza di mamma a piccoli passi esitanti; a vederla da lì sembrava che stesse semplicemente dormendo, in realtà il suo petto era stato squarciato da una lama di cui non c'era più traccia.
- Mamma...-
Le scossi delicatamente una spalla.
- Mamma...! -
Ma le sue labbra rimasero serrate.
- Mamma! -
Inziai a scuoterla con forza e a urlare disperatamente, mi sentivo così tremendamente solo.
- Mamma...-
Mi accasciai a terra e appoggiai la testa sul materasso; piansi tutta la notte pensando a lui e a quanto fossi sbagliato. Pur sapendo a cosa correvo incontro non avevo fatto nulla per allontanarmi, cambiare posto a scuola non voleva dire dimenticare e men che meno fare il menefreghista.
"Nonostante tutto sei stato la mia prima scelta...ho lasciato che la mia famiglia sparisse soltanto per te"
Urlai forte.
"Nonostante tutto i tuoi occhi mi fanno innamorare sempre di più"
Strinsi un lembo del lenzuolo.
"A cosa stai pensando adesso?"
Mi rigettai a terra.
"Mi odi?"
Appoggiai una guancia sul pavimento freddo.
"Ormai non ho più nulla da perdere...se non me stesso"
Non volevo rimanere solo, e per solo intendo "senza di lui".
"Perché mi sono innamorato di te? Come hai fatto a salvarmi?"
Finalmente riuscii a trovare la forza di alzarmi.
"E tu hai bisogno di essere salvato?"
Lasciai un bacio sulla fronte di mia madre.
- Buonanotte...mamma -
Mer, 10 ottobre, mattina
Come se non bastasse quel giorno ci si mise anche il tempo: pioveva a dirotto ed ero sicuro che con la testa fra le nuvole e le gomme vecchie il motorino sarebbe slittato sull'asfalto bagnato. 
Appena entrato in classe, Noemi mi accolse con un abbraccio stritolante, la congedai con un gesto brusco e mi sedetti accanto a Riccardo.
- Hai sbagliato posto -
I suoi lineamenti s'indurirono all'istante.
- No, questo è il mio posto -
- C'è per caso scritto il tuo nome? -
- Certo, eccolo -
Indicai il mio nome scritto sul banco durante i primi giorni di scuola.
"Protettore"
Già, ma cosa dovevo proteggere?
All'arrivo del professore in classe, Riccardo non mi rivolse più neanche mezza parola. A ricreazione accesi il telefono e lessi distrattamente le notifiche, solamente una di esse catturò la mia attenzione.
"Oggi è il compleanno di Riccardo Buonarotti!"
Aggrottai le sopracciglia e mi rivolsi a lui.
- È il tuo compleanno? -
- Mh -
- Festeggi? -
- No -
Stava palesemente evitando di guardarmi negli occhi.
"Meglio così, odio i suoi occhi"
- E anche se fosse non saresti nella lista degli invitati -
Non prestai ascolto alle sue parole.
- Perché non festeggi? -
- Non mi va -
- O forse perché sarei l'unico nella lista degli invitati -
Mi rivolse uno sguardo di puro odio e sbatté il quaderno sul banco con forza.
- Sei un coglione -
Dopodiché non fece altro che ignorarmi.
Tornato a casa, mi precipitai subito sul frigo: solamente latte, insalata e un paio di mele piene di botte. Il mio stomaco brontolò tristemente, quindi buttai giù un bicchiere di latte e diedi il via a un pomeriggio inutile, di studiare non se ne parlava proprio.
"Chissà se mamma dorme ancora..."
Mi girai su un fianco e lasciai che le lacrime invadessero il mio viso.
Mi addormentai per poi svegliarmi alle sette di sera, fuori pioveva ancora e di tanto in tanto qualche fulmine mi spiava dal balcone.
Scesi in cucina per uno spuntino e gli occhi ricaddero inevitabilmente su quella poltrona. 

Mer, 10 ottobre, notte

Non mi mossi neanche di un centimetro, rimasi inerme ad attendere una nuova e straziante sofferenza. 

- Alessio -

La sua ombra si distese sul pavimento e si fermò ai piedi del mio letto.

- Ti avevo promesso che ti avrei fatto fuori, ma all'ultimo istante ho deciso di darti un'altra possibilità, non sprecarla...-

Trattenni il respiro per poi cacciare fuori l'aria solo dopo averlo sentito sbattere la porta. Mi alzai dal letto con le gambe che tremavano violentemente, giunsi nella stanza di mamma a piccoli passi esitanti; a vederla da lì sembrava che stesse semplicemente dormendo, in realtà il suo petto era stato squarciato da una lama di cui non c'era più traccia.

- Mamma...-

Le scossi delicatamente una spalla.

- Mamma...! -

Ma le sue labbra rimasero serrate.

- Mamma! -

Inziai a scuoterla con forza e a urlare disperatamente, mi sentivo così tremendamente solo.

- Mamma...-

Mi accasciai a terra e appoggiai la testa sul materasso; piansi tutta la notte pensando a lui e a quanto fossi sbagliato. Pur sapendo a cosa correvo incontro non avevo fatto nulla per allontanarmi, cambiare posto a scuola non voleva dire dimenticare e men che meno fare il menefreghista.

"Nonostante tutto sei stato la mia prima scelta...ho lasciato che la mia famiglia sparisse soltanto per te"

Urlai forte.

"Nonostante tutto i tuoi occhi mi fanno innamorare sempre di più"

Strinsi un lembo del lenzuolo.

"A cosa stai pensando adesso?"

Mi rigettai a terra.

"Mi odi?"

Appoggiai una guancia sul pavimento freddo.

"Ormai non ho più nulla da perdere...se non me stesso"

Non volevo rimanere solo, e per solo intendevo "senza di lui".

"Perché mi sono innamorato di te? Come hai fatto a salvarmi?"

Finalmente riuscii a trovare la forza di alzarmi.

"E tu hai bisogno di essere salvato?"

Lasciai un bacio sulla fronte di mia madre.

- Buonanotte...mamma -

 

Mer, 10 ottobre, mattina

Come se non bastasse quel giorno ci si mise anche il tempo: pioveva a dirotto ed ero sicuro che con la testa fra le nuvole e le gomme vecchie il motorino sarebbe slittato sull'asfalto bagnato. 

Appena entrato in classe, Noemi mi accolse con un abbraccio stritolante, la congedai con un gesto brusco e mi sedetti accanto a Riccardo.

- Hai sbagliato posto -

I suoi lineamenti s'indurirono all'istante.

- No, questo è il mio posto -

- C'è per caso scritto il tuo nome? -

- Certo, eccolo -

Indicai il mio nome scritto sul banco durante i primi giorni di scuola.

"Protettore"

Già, ma cosa dovevo proteggere?

All'arrivo del professore in classe, Riccardo non mi rivolse più neanche mezza parola. A ricreazione accesi il telefono e lessi distrattamente le notifiche, solamente una di esse catturò la mia attenzione.

"Oggi è il compleanno di Riccardo Buonarotti!"

Aggrottai le sopracciglia e mi rivolsi a lui.

- È il tuo compleanno? -

- Mh -

- Festeggi? -

- No -

Stava palesemente evitando di guardarmi negli occhi.

"Meglio così, odio i suoi occhi"

- E anche se fosse non saresti nella lista degli invitati -

Non prestai ascolto alle sue parole.

- Perché non festeggi? -

- Non mi va -

- O forse perché sarei l'unico nella lista degli invitati -

Mi rivolse uno sguardo di puro odio e sbatté il quaderno sul banco con forza.

- Sei un coglione -

Dopodiché non fece altro che ignorarmi.

Tornato a casa, mi precipitai subito sul frigo: solamente latte, insalata e un paio di mele piene di botte. Il mio stomaco brontolò tristemente, quindi buttai giù un bicchiere di latte e diedi il via a un pomeriggio inutile, di studiare non se ne parlava proprio.

"Chissà se mamma dorme ancora..."

Mi girai su un fianco e lasciai che le lacrime invadessero il mio viso. Mi addormentai per poi svegliarmi alle sette di sera, fuori pioveva ancora e di tanto in tanto qualche fulmine mi spiava dal balcone.Scesi in cucina per uno spuntino e gli occhi ricaddero inevitabilmente su quella poltrona. 

Sospirai, a un tratto mi ricordai che non avevo ancora fatto gli auguri di buon compleanno a Riccardo; nella mia mente il suo sorriso radioso si fece spazio con insistenza, forse perché volevo rivederlo. Stetti ore a pensare a cosa avrei dovuto fare. M'infilai il giubbino più caldo che avevo e corsi fuori, non m'importava se pioveva a dirotto e l'asfalto era diventato un fiume d'acqua piovana, dovevo vederlo a ogni costo.

Suonai il campanello con impazienza, dopo pochi attimi mi aprì con un'espressione scocciata; odiavo essere a conoscenza del fatto che tutte quelle espressioni negative fossero per me, volevo rimediare.

- Che ci fai qua? -

Chiusi la porta alle mie spalle e travolsi il suo corpo minuto con un abbraccio stretto; i brividi ebbero finalmente fine ed ebbi l'impressione che il mio cuore stesse battendo ancora.

- Auguri, piccolo... -

- Ale...ma cosa...? -

Scoppiò a piangere prima ancora che potessi dire o fare qualcos'altro. Lo accarezzai con dolcezza.

- Hey, che ti prende? -

- A me? E che mi dici di te? Sei così strano ultimamente...so che stai malissimo per tuo padre, però...non è giusto che tu sia così incomprensibile -

- Mi dispiace...ma dovresti sapere meglio di chiunque altro cosa si provi a perdere un genitore...-

"Anzi, due"

- Sì, però non capisco perché hai iniziato a trattarmi male...e perché sei qui? -

- Mi sono imbucato alla tua festa -

Tirò su con il naso, di nuovo un piccolo Riccardo. 

- Stavo andando a dormire -

- Allora perdona il mio tempismo...ah, ho anche un regalo...ma non so se ti piacerà -

Un accenno di sorriso si dipinse sul suo volto.

- Non dovevi...-

- Non aspettarti chissà che cosa -

Spostai dietro l'orecchio una ciocca di capelli che gli copriva la fronte e adagiai le labbra sulle sue; lasciai che il suo pugno si chiudesse attorno a un lembo del mio giubbino bagnato. In risposta le mie dita s'incastrarono fra i suoi capelli castani. Per la seconda volta da quando lo conoscevo intrecciai la mia lingua alla sua e ne esplorai la superficie: era dolce; accarezzai anche i suoi denti bianchi, poi mi rituffai all'interno della sua bocca.

Quando ci separammo asciugai con il pollice le sue labbra umide.

- Questo regalo non è rimborsabile -

- Davvero? E se ne volessi un altro?-

- Dovrei averne altri conservati da qualche parte -

 - Allora sbrigati a trovarli -

Si alzò sulle punte dei piedi e ci abbandonammo nuovamente a noi stessi. Circondai i suoi fianchi con le braccia e annullai definitivamente la distanza fra i nostri corpi. Non sapevo neanche se per lui fosse giusto, fatto sta che non mi ero mai sentito così bene; tutti gli orrori vissuti fino ad allora parvero nulla, come se non fossero mai accaduti, e se lo erano davvero allora ero felice che mi avessero portato a ciò: ne era valsa la pena. 

Ci separammo una seconda volta, appoggiai la fronte sulla sua e sorrisi.

- Come ho fatto a stare senza di te tutto questo tempo? -

- Cosa sono queste frasi sdolcinate?-

- A una domanda non si risponde con un'altra domanda...! -

Gli diedi un pizzico sulla pancia per poi vederlo indietreggiare e mettere su il broncio.

- Rispondi sinceramente...Ro -

La sua espressione si fece seria.

- Cosa pensi di noi? -

- È importante? -

Stava cercando in ogni modo di non rispondere, ma perché? Se solo avesse saputo a cosa stavo andando incontro per essere lì quella sera. Mi bastava una semplice risposta.

- Sì, è molto importante per me -

- Mh...-

Una macchina imbucò la stradina davanti casa e parcheggiò poco dopo. Il mio cuore perse più che un battito, stetti immobile finché Riccardo non mi afferrò un braccio e mi trascinò su per le scale.

- Che fai? Chi è?! -

- È mia madre, aspetta qui -

Mi sedetti al buio sul suo letto e feci un respiro profondo, la testa non ne voleva sapere di smettere di girare in quel modo, d'altronde aveva ragione: lo spavento era stato grande. 

Il rumore della pioggia riuscì a tranquillizzarmi un po', nel frattempo una voce femminile risuonava acuta fra le pareti della stanza.

Sembrava che fosse arrabbiata o nervosa. 

- Ti avevo detto di andare a dormire!-

- S-sì! Adesso vado...-

Lo sentii venire verso di me correndo, aprì la porta e la richiuse subito dopo. Mi alzai dal letto e gli andai incontro.

- Perché non vuoi che tua madre mi veda? -

- E-ehm...non vuole gente in casa, tutto qui -

Emisi un verso di disapprovazione e mi sedetti di nuovo.

"Tutti gli amici di Ro erano bambini cattivi, non mi hanno obbedito e ho dovuto punirli...non avrei voluto, ma mi hanno costretto"

Quelle parole mi risuonarono nella mente forti e chiare, molto probabilmente era quello il motivo per cui la madre di Riccardo non valeva che invitasse i suoi amici a casa...sempre che ne avesse altri oltre a me. 

- Va bene, ho capito -

Che lui sapesse dello stalker e di tutto il resto? Di certo sospettava qualcosa. 

- Credi di riuscire ad andartene usando il balcone? -

- Che?! Solo perché so scavalcare un muretto non vuol dire che sappia buttarmi da un balcone senza morire...E poi piove a dirotto-

- Ci sarà un modo -

Si grattò la nuca pensieroso.

- Un modo per gettarsi dal balcone senza morire? Non credo...-

- Non intendo quello, idiota -

Avrei tanto voluto sapere come avrebbe reagito sua madre se mi avesse visto nella stanza del figlio, ma era una domanda piuttosto inappropriata da fare.

- E se restassi a dormire da te? Mi va bene anche il pavimento -

Per un attimo sembrò accogliere l'idea.

- Mia madre è infermiera, verso l'una uscirà di nuovo per fare il turno di notte, potresti andartene dopo di lei-

- Perfetto -

- Anche se non vorrei che girassi da solo sotto la pioggia di notte...-

- Come vuoi -

Guardai l'ora sullo schermo del cellulare: erano ancora le undici e un quarto. Mi tolsi le scarpe e appoggiai il giubbino bagnato su una sedia.

- Posso prendere un cuscino? -

- Per fare cosa? -

- Per dormire a terra -

- Eh? Per me non ci sono problemi se stai nel letto -

Subito dopo la sua affermazione mi lanciai sull'enorme letto e mi misi sotto le coperte. 

- Vedo che stai morendo di sonno...-

- Già -

Appoggiai una guancia sul morbido cuscino che aveva lo stesso odore dei suoi capelli. Dopo poco si sfilò la maglia e prese il pigiama sotto l'altro cuscino; come mi aspettavo era davvero magro, ma la cosa non lo faceva sembrare per nulla privo di bellezza. 

- Sai, dovresti girarti -

Notai che a quel punto doveva togliersi anche i pantaloni, quindi voltai la faccia. Sentii il materasso abbassarsi sotto il suo peso e immediatamente percepii il suo fiato sul collo; mi girai verso di lui solo per constatare quanto fossero vicini i nostri visi. 

- Spengo? -

- Cosa? -

Di nuovo quell'adorabile sguardo di rimprovero. 

- La luce...stasera sei un po' intontito -

Sarebbe suonato troppo stupido se gli avessi detto che era tutta colpa sua: mi metteva in uno stato d'agitazione, anche se dopotutto mi faceva sentire più che bene. 

Rabbrividii di freddo, penetrava un leggero venticello da sotto il balcone. 

- Oh, scusa... questo balcone è un po' vecchio -

Anuii e mi strinsi di più le coperte addosso.Trasalivo ogni volta che quei passi si avvicinavano alla porta della stanza.

- E se entrasse? -

- Shh! Non ti preoccupare -

Dopo un paio di minuti avevo già perso la cognizione del tempo.

- Uff, mi annoio -

- E cosa vorresti fare? Non hai sonno? -

- Avevo -

Sbuffò da sotto le coperte.

- Cerca di dormire lo stesso -

- Mh, come se fosse facile con te che mi stai così addosso -

- Non ti sto addosso! -

Gli diedi un leggero calcio.

- Ma sei stupido? -

Iniziò a ridere e a darmi pizzichi sulle braccia.

- Ahi! Fermo! -

Gli salii addosso e bloccai i suoi polsi. Stavo così bene che non mi interessava nient'altro.

"Che venga pure a piantarmi una pallottola in fronte, voglio stare con lui fino all'ultimo secondo"

Ed era vero, ormai oltre a lui non c'era più nulla che potesse stimolarmi, che senso avrebbe avuto continuare a vivere senza poter stare con la persona che più mi invogliava a farlo?

Mi chinai sul suo viso e gli diedi un bacio.

- Quello è il mio naso! -

Sollevò il petto e incastrò il suo viso nel mio, in modo che le nostre labbra potessero toccarsi. Si lasciò baciare e mordere innumerevoli volte.

- Meno male che avevi sonno...-

- Sono un vampiro, non dormo mai -

Lo morsi affettuosamente sul collo.

- Me n'ero accorto già da tempo, sai? -

- Ah sì? E da cosa l'hai capito? -

- Chissà, forse perché in confronto a te una mozzarella è abbronzata...-

Risi sottovoce, poi mi abbandonai nuovamente ai suoi baci. Avrei tanto voluto dire a Marco che avrebbe potuto tranquillamente mettere da parte le canne e iniziare a farsi di baci, era di gran lunga migliore.

Lo liberai dalla presa delle mie mani e le feci scendere lungo la sua stretta vita; dopodiché mi piegai ancora di più sul suo corpo tanto da farlo aderire al mio. Le nostre lingue si intrecciarono infinite volte, guidate da baci che si interrompevano solo per riprendere fiato e sorridere al buio. Cominciai a muovere il mio bacino contro il suo e gli misi una mano fra i capelli leggermente sudati. Gemette a voce bassa e iniziò ad assecondare i miei movimenti, finché non si fermò all'improvviso.

- N-no...non posso farlo...-

Appoggiò le mani sul mio petto e mi diede una debole spinta, si mise a sedere e accese la luce.

- È meglio se torni a casa...-

- Ro..? -

Brividi.

- Mi dispiace se ti ho dato fastidio...io...-

- Non ti preoccupare, non è colpa tua -

- Mh...allora vado -

- Notte -

- Notte...e buon compleanno -

Si liberò la fronte dai capelli ed emise un lungo sospiro. Scesi dal letto, mi rimisi le scarpe e presi tutta la mia roba; di fuori la pioggia sembrava voler abbattere anche gli alberi con le sue gocce simili a tanti piccoli spilli, mentre il vento soffiava con furia. Tirai su il cappuccio ed uscii fuori, la ringhiera non era molto alta: la scavalcai e rimasi appeso solamente con le mani. Rivolsi lo sguardo verso il basso e constatai che il terreno era parecchio distante dai miei piedi, ma non avevo altra scelta. Fra le gocce di pioggia fredda si distinsero delle lacrime calde, con il groppo in gola e l'amarezza di essere stato in qualche modo rifiutato, mi gettai strizzando gli occhi e sperando di svegliarmi da quel brutto incubo e ritrovarmi fra i banchi di scuola, alle otto in punto del 14 settembre.

 

 

Note dell'autore:

Scusate il ritardo, spero che la storia vi stia piacendo <3

  
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