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Autore: BlueParadise    08/09/2016    2 recensioni
"We can beat them, for ever and ever
Oh we can be Heroes,
just for one day"
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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CAPITOLO 8

 

Questa era forse una delle situazioni più assurde in cui io mi fossi mai trovato.
E conoscevo James Potter e Sirius Black da anni, quindi ne avevo viste di cotte e di crude. Tuttavia, non riuscii a smettere di capacitarmi dell’assurdità della situazione e mi lasciai scappare una risata isterica. Tutto ciò era spaventosamente sconvolgente.
«Lils … ehm, perché James è appeso a penzoloni dal soffitto?» domandò Alice accanto a me con cautela.
James, che evidentemente non poteva parlare, ci rivolse uno sguardo di puro terrore.
Lily Evans alzò la testa dalla sua piacevole lettura e ci guardò con un’agghiacciante lentezza.
«Oh, quello. Nulla di importante, mi ha solo stressato all’inverosimile e quindi l’ho silenziato e appeso a testa in giù. Volevo schiantarlo, ma mi sembrava un po’ troppo teatrale» spiegò con noncuranza.
Dal suo tono si sarebbe potuto benissimo pensare ad una chiacchierata di routine, nonostante James continuasse a roteare su se stesso con un’espressione terrorizzata.
«Ma Lily, non puoi lasciarlo così» obbiettò ragionevolmente Frank.
«E perché? Sto solo aspettando che il sangue gli vada al cervello e poi potremmo dire addio al grande James Potter» rispose con nonchalance.
Okay, Lily Evans era una delle ragazze più terrorizzanti che avessi mai conosciuto. Mi appuntai mentalmente, e con un certo terrore, di non farla mai arrabbiare.
«Tutto questo è indispensabile?» domandai pacatamente.
Lei sembrò pensarci su mentre il suo sguardo oscillò da James a noi e viceversa per qualche secondo.
«E va bene, avete ragione» ammise dopo un po’. «Ma Potter, mi prometti di smetterla di rincorrermi per i corridoi urlando il mio nome come un ossesso?»
Vidi James emettere un rantolo e annuire con il capo in maniera frenetica.
Alla fine Lily incrociò le braccia e svogliatamente agitò la bacchetta per liberare James da tutti gli incantesimi. Cadde impacciatamente al suolo e toccò terra con un tonfo poco promettente.
Mi avvicinai a lui e lo guardai critico. «Ehi, tutto bene?»
«Remus» biascicò come risvegliandosi da un incubo.
«Sì, sono io» risposi osservando le sue pupille leggermente dilatate.
Lo scrollai un paio di volte e gli diedi qualche schiaffo in viso, giusto per sicurezza.
«Ahia! E questo perché l’hai fatto?» protestò indignato.
Okay, era James, tutto normale, stava bene.
«Bene, Potter. Se non hai altro da dirmi …» incominciò Lily, ma James la interruppe raddrizzandosi gli occhiali storti sul naso.
«Beh, io in realtà ce l’avrei una cosa da dire.»
«E allora parla!»
Lui sembrò esitare e poi si scompigliò i capelli con quel fare così da James che anche Lily sembrò vacillare leggermente. Fu solo un secondo, ma mi bastò per vedere la sua espressione mutare in qualcosa di diverso dalla semplice apatia.
«Ecco, io mi chiedevo se … beh, se vorresti venire con me a Hogsmeade, ovviamente quando ci sarà la prima uscita» domandò coraggiosamente.
Tutta la Torre di Grifondoro restò con il fiato sospeso, pronta ad ascoltare le urla assordanti di Lily Evans che avrebbero minacciato James Potter di una morte lenta e dolorosa, ma tutto ciò che si sentì fu una sola sillaba.
«No.»
«Oh, andiamo Evans! Perché no? Sono il Cercatore più figo che Hogwarts abbia mai visto, non posso mica accettare uno stupido rifiuto!» iniziò a sproloquiare James.
«Beh, io pensavo che dopo sette lunghi anni di rifiuti, del tutto meritati, ci avessi finalmente fatto l’abitudine» ribatté lei non sembrando in realtà cattiva. Anzi, nascondeva addirittura un sorrisetto divertito.
«Come posso arrendermi di fronte alla tua magnificenza?»
«Ah non lo so, questo è un tuo problema.»
Anche James sorrise con la sua solita espressione da Malandrino e sembrò dimenticare il fatto che Lily Evans fino a cinque minuti fa lo costringesse al silenzio e alla sofferenza.
«Chissà perché, ma ho sempre adorato i problemi. Quindi Evans, esci con me?» domandò di nuovo.
«Per Salazar! No!»
«Ti prego, ti prego, ti prego!» implorò lui con una vocina da bambinetto.
Mi lasciai cadere sul divano della Sala comune e Frank mi imitò con un lungo sospiro.
«No, Potter» dichiarò Lily.
«Io ti avviso Evans, ho intenzione di assillarti talmente tanto che alla fine …»
«… Sarò costretta a dirti di sì» lo interruppe Lily, ma lo sguardo era vispo e divertito.
Vidi Sirius entrare nella Torre e guardarci con un sopracciglio alzato, assumendo la solita posa da Black.
«Che sta succedendo?» domandò.
Buona parte delle ragazze in Sala comune sospirarono quando Padfoot si passò una mano fra i capelli lunghi appena sopra le spalle.
«Niente di che, Lily ha appeso James a testa in giù e l’ha silenziato, poi l’ha liberato e ora stanno battibeccando come al solito» spiegò Alice in tono del tutto normale.
«Ottima sintesi, Prewett» si complimentò Frank nello stesso istante in cui Sirius esclamò «Che cosa? Evans, per tutti i tanga di Morgana, hai appeso mio fratello a testa in giù?»
«Beh, sì» rispose la diretta interessata spostando lo sguardo su di lui.
«Insomma, chi farebbe una cosa del genere!»
«Voi, Black. Tu e Potter l’avete fatto a me per anni» ribatté Lily piccata.
«Ma noi possiamo! Siamo i Malandrini, tu invece che scusa hai?»
«Io sono Lily Evans!»
Sirius sbuffò infastidito e poi rivolse la sua attenzione a James.
«Tutto bene, fratello?»
James annuì e si lasciò andare ad un piccolo sorriso imbarazzato.
Padfoot, invece, si oscurò come la cupa notte prima di una tempesta. Il che non andava bene, per niente bene.
«Ma quali problemi hai?» domandò gelidamente rivolto verso Lily.
«Potrei farti la stessa domanda» rispose lei incrociando le braccia la petto.
Guardai allarmato Alice, che a sua volta rivolse uno sguardo preoccupato a Frank.
«Se non te ne sei accorta, un temperamento come il tuo è troppo instabile, non puoi comportarti come più ti pare e piace» sibilò guardandola scocciato.
«Oh, certo! Fino a quando eravate voi a farlo andava bene, ma ora che lo faccio io devo essere una pazza. Hai decisamente ragione tu Black, il tuo ragionamento non fa una piega» sbottò sempre più infervorata.
E vedere Lily Evans e Sirius Black uno davanti all’altro a discutere a suon di occhiate gelide e comportamenti orgogliosi, non era propriamente uno spettacolo carino, in particolar modo per James, al centro tra i due, con uno sguardo così angosciato da farmi quasi pena.
Sirius assottigliò talmente tanto gli occhi che mi chiesi come facesse Lily a non indietreggiare di fronte alla sua figura dominante. Era la tipica posa da Black, quel misto di apatia e freddezza agghiacciante che lo rendeva pericoloso a tal punto da preferire tacere davanti alla sua intensità.
«Dovresti smetterla di trattare James come niente di più di uno stupido giocattolino su cui scaricare la frustrazione. È una persona e, tra parentesi, non meriti nemmeno il suo tempo. Ti credi migliore di lui per quale motivo, esattamente? Scendi un po’ da quel maledetto piedistallo di superiorità e guardati in giro, perché nessuno in questa stanza ti preferirebbe a lui.»
«Sirius!» lo interruppe Prongs con una nota di avvertimento nella voce.
Padfoot tacque immediatamente e mi accorsi che Lily era talmente tanto arrabbiata da essere paurosa esattamente quanto Sirius. Aveva le mani lungo i fianchi strette a pugno e lo sguardo così omicida che gli occhi sembravano letteralmente scagliare maledizioni.
Fece un grosso respiro tremante di rabbia e poi, con una ventata di capelli rossi, sparì dalla Sala Comune a passo di guerra. Se mi sforzavo potevo udire da qui gli epiteti poco carini che stava urlando contro Padfoot.
Io e Alice ci guardammo e alla fine fu lei ad alzarsi dal divano su cui era rimasta seduta tutto il tempo per raggiungerla, non prima di fermarsi davanti a Sirius e sbuffare pesantemente.
«Dopo facciamo i conti» sillabò arrabbiata e alla fine si affrettò a raggiungere Lily.
Padfoot dal canto suo guardò tutti nella sala in cagnesco e si diresse freddamente verso la nostra stanza.
Non avevo bisogno di sguardi con James, a Sirius sarebbe servito qualche minuto per sbollire la rabbia perché testardo qual era, non ci avrebbe dato ascoltato e la situazione sarebbe peggiorata.
James si sedette accanto a me e sospirò, passandosi una mano tra i capelli per sdrammatizzare.
Il chiacchiericcio ritornò a riempire le mura scarlatte della Sala comune, ma l’allegria non colpì il volto di James.
«E pensare che le cose stavano andando relativamente bene» borbottò sottovoce.
«Lily non se la prenderà con te, credo di esserne quasi sicuro» risposi con tranquillità.
«Non so, lei se la prende sempre con me.»
«Questa volta sarà diverso. Tu non hai fatto niente e Lily lo sa.»
James alzò le spalle in maniera drammatica e non potei che fare un piccolo sorriso.
Lily stava cambiando, vedevo chiaramente i suoi sforzi di ascoltare e non prendersela con Prongs. Era una cosa strana, ma l’espressione di lei mutava radicalmente quando c’era anche James. Me n’ero accorto subito, nel momento stesso in cui le sfuriate inferocite erano state sostituite da sbuffi divertiti. Esattamente come mi ero accorto della maturità di James, del suo istinto di protezione così attento quando nei paraggi c’era anche lei. Sembrava bearsi della sua compagnia e non perdere neanche un attimo.
Dal ritratto della Signora Grassa sbucò Marlene, in compagnia di Peter.
Si sedette sulla poltrona a pochi centimetri da me, tanto che le nostre ginocchia si sfiorarono. Fu una carica elettrostatica, come una scossa ma che veniva dall’interno.
Arrossii immediatamente sentendomi uno sciocco.
Io non ero giusto per lei, meritava di meglio. Non ero giusto per nessuno, ero uno mostro.
Non dovevo neanche permettermi di fare questo tipo di pensieri, non meritavo di provare queste emozioni. Non potevo amare, non in quel modo perlomeno.
Avrei finito per rovinare tutto. Se io fossi rimasto distaccato, lei sarebbe stata immune alla mia presenza. E se mai fosse venuta a sapere ciò che nascondevo non sarebbe più stata in grado di guardarmi in faccia, le avrei fatto ribrezzo e sarei stato così disgustoso da arrivare a farmi odiare. Era meglio per entrambi rimanere semplici compagni di scuola.
Semplici compagni di scuola. Non sapevo perché, ma quelle parole mi lasciarono un amaro in bocca tale da farmi stringere i denti a forza. Non dovevo pensarci, non era nemmeno un problema di per sé perché l’ipotesi non era certamente neanche contemplabile.
«Credo che sia meglio che ci vada tu» sospirò alla fine James.
Lo guardai confuso e senza capire.
«Da Padfoot. Devi andarci tu perché con me sarà ancora arrabbiato per via di Lily.»
Oh, ma era James la persona con cui Sirius aveva bisogno di parlare, non io. Tuttavia sotto lo sguardo implorante di Prongs fui costretto ad alzarmi dal divano e a dirigermi verso il nostro dormitorio.
Mentre percorrevo i gradini della scala a chiocciola in pietra, mi domandai quale fosse il modo migliore per non far degenerare la situazione.
Quando arrivai davanti alla porta non esitai neanche un attimo e abbassai con pazienza la maniglia.
Sirius era seduto sul letto a gambe incrociate e aveva lo sguardo perso nel vuoto, rincorrendo chissà quali pensieri. Alzò di scatto la testa quando si accorse della mia presenza e quell’accenno di malinconia che avevo intravisto sul suo volto lasciò il posto ad un’arrogante e scocciata maschera di freddezza.
«Non sono in vena di fare conversazione, Remus. Per cui puoi tornartene da dove sei venuto» sibilò tagliente.
Non mi sarei tirato indietro, Padfoot in queste situazioni aveva soltanto bisogno di parlare con qualcuno diverso da lui, tutto qui.
«Non ho intenzione di muovermi, dovesse volerci tutta la sera.»
Sirius mi studiò per qualche secondo, dopodiché sbuffò sonoramente e assunse quei modi così composti e innaturali che tanto lo caratterizzavano.
«Fa’ come vuoi» borbottò alla fine.
«Prendertela con Lily non migliorerà la situazione» constatai incominciando il discorso che avrei dovuto fare.
«Ah no? La Evans è intoccabile solamente perché James si è fissato con lei? O forse è perché neanche tu riesci a vedere quanto sia stronza e quanto stia facendo del male a quello che dovrebbe essere il tuo migliore amico?» domandò con ferocia preoccupante.
Sembrava animato da quell’odio verso Lily così devastante da farlo sentire assolutamente sicuro di sé.
«Sbagli. Sbagli su tutto, Sirius. Tu odi Lily solo ed esclusivamente perché sai che ti sta portando via un pezzetto di James, perché giorno dopo giorno ti trovi a condividere l’attenzione di tuo fratello.»
Ottenni l’interesse di Padfoot e mi affrettai a continuare.
«Tu non ce l’hai veramente con Lily, o perlomeno, odieresti nello stesso modo qualsiasi ragazza verso cui James provasse quel sentimento. Ed entrambi sappiamo che non è un sentimento qualsiasi, Lily è quella giusta, e tu di conseguenza ti senti in dovere di odiare Lily, vuoi odiarla con tutte le tue forze, perché così è più facile» bisbigliai sedendomi accanto a lui.
«No, la odio perché è una stupida ragazzina. Perché non merita neanche un secondo di James.»
«Perché, noi lo meritiamo? Perché io e te, con i nostri problemi, meritiamo un cuore grande come quello di James? Non siamo noi a doverlo decidere, Sirius. È una scelta di James e se lui ha scelto Lily dovresti solamente fidarti di lui e rispettare la sua scelta» risposi di conseguenza.
Volevo che Sirius lo capisse, volevo che capisse quanto la questione fosse importante. Probabilmente questo mio discorso non avrebbe cambiato nulla, ma mi sarebbe piaciuto almeno far recepire il messaggio.
«Tu sei imparziale perché sei amico della Evans, non la vedi nel modo in cui la vedo io.»
Era vero, ma solo perché mi ero posto l’obbiettivo di conoscerla meglio prima di giudicarla. E ne era valsa la pena, perché Lily, una volta compresa, assomigliava tremendamente a Sirius, ma questo lui non poteva ancora saperlo. Anche lei aveva rinunciato ad una famiglia che non l’aveva apprezzata come avrebbe dovuto, anche lei aveva trovato conforto nei suoi amici. E anche Lily, esattamente come Sirius, possedeva il difetto dell’orgoglio e quella stupida mania di cavarsela sempre da soli, sapendo di avere persone su cui contare ma preferendo riporre la propria fiducia solo in se stessi, forse per paura di essere delusi.
«Potresti anche avere ragione, ma se non provi a conoscerla non saprai mai se il tuo odio è fondato. Oppure preferisci continuare a ferirla? Perché sai che ferendo lei stai ferendo James, tuo fratello» ribattei munito di tutta la pazienza possibile.
«James deve aprire gli occhi, non può davvero provare qualcosa per la Evans. Proprio lei che non è neanche all’altezza di una persona come lui. Lei non può capirlo, non lo capirà mai, finirà soltanto per rovinarlo» rispose lui testardo come un mulo.
Tentare di far ragionare Sirius era come parlare ad un muro, apparentemente nulla poteva smuoverlo dalle sue convinzioni. Ma ci sarei riuscito, forse ci sarebbe voluto del tempo, ma prima o poi anche Padfoot avrebbe capito.
«Lasciatelo dire, sei un emerito idiota. Tu vedi Lily solo negli aspetti negativi, così come ti vede lei. Ecco, siete entrambi due cretini! Voi non capite, se solo provaste a comprendervi! Ma no! Proprio stupidi!» farfugliai cercando di dare un senso alle parole che volevo dire.
«Tanto non cambierò idea. Per me Lily Evans resterà sempre un’insopportabile, sciocca ragazzina, niente di più di una seccatura di cui dovrò trovare il modo di sbarazzarmene.»
«Tu non dici sul serio, so che non lo pensi» osservai pacatamente.
Restai in silenzio per tutto il tempo in cui Sirius cercò di arrivare ad una risposta logica, ma alla fine anche lui si arrese all’evidenza. Il suo linguaggio non verbale ne prese coscienza, ma quando Padfoot parlò, fu come se non fosse cambiato nulla.
«Non mi interessa. Ho il diritto di pensarla come voglio» sentenziò.
Sospirai scuotendo la testa, sapendo molto bene che la testardaggine di Sirius, per quanto imponente, non era infinita.
«Se James si fosse fermato alle apparenze quel primo settembre, pensi veramente che tu, io e Pete saremmo diventati suoi amici? Saremmo stati niente di più di quattro ragazzini che condividevano la stanza, non i Malandrini.»
Probabilmente la cosa migliore da fare era lasciare Sirius alle sue riflessioni, tuttavia non mi mossi di un solo centimetro. Sentivo che il posto in cui dovevo essere in questo momento era proprio dove mi trovavo ora.
Passarono alcuni minuti, in cui il mio sguardo vagò per la stanza alla ricerca di qualcosa che potesse interessarmi e lasciasse a Padfoot il tempo di realizzare la situazione.
«Quindi cosa mi suggerisci di fare, Remus? Seppellire l’ascia di guerra e diventare amicone della Evans? Perché sai che non posso farlo.»
Distesi le gambe e lo guardai con cipiglio critico.
Beh, quella sarebbe stata sicuramente la soluzione migliore, ma non ero così stupido da pensare che sarebbe potuto succedere.
«Non ti ho chiesto di diventare il suo migliore amico, ti sto soltanto dicendo che se tu provassi a conoscerla forse cambieresti idea.»
Ignorai volutamente il suo sguardo esasperato e aspettai che Sirius raccogliesse la sfida, perché, esattamente come Lily, adorava le sfide e odiava perdere.
«Ma non c’è nulla da conoscere, so già tutto ciò che voglio sapere» borbottò.
«Ti sbagli Sir. Non sai proprio niente di lei e con il tuo comportamento stai costringendo James a tagliarti fuori da tutto ciò che riguarda questo argomento. Vuoi davvero perderti una parte del tuo migliore amico?»
L’avevo ferito, lo capii immediatamente dal suo sguardo affilato come una lama.
«Non mettere in dubbio il mio impegno verso James, non lo fare Remus» sibilò.
Deglutii di fronte alla sua freddezza, ma non mi ritrassi. Conoscevo Sirius, sapevo fin troppo bene come gestirlo.
Farlo parlare dei propri sentimenti era un’impresa praticamente impossibile. Essere allevato dalla crudeltà dei Black gli aveva inaridito il cuore, ma Padfoot non era un involucro vuoto e insensibile, era soltanto spaventato dalla grandezza infinita delle emozioni.
«Vuoi la verità, Sirius? Continua ad odiare Lily e sarà lei a guadagnare punti e terreno, non tu. Pensaci su, quanto sei disposto a perdere per orgoglio? Prenditi il tuo tempo.»
Mi alzai e mi diressi verso la porta, afferrando la maniglia. «Non la odi, prima lo capirai e prima riacquisterai i punti che hai già perso.»
Mi richiusi la porta alle spalle, sapendo che un secondo di più mi sarebbe costato la vita o la sanità mentale.
Ora era tutto nelle sue mani, la decisione spettava a lui, ma se c’era una cosa su cui fossi sicuro, era che per James avrebbe lottato con gli artigli. E a volte per vincere bisognava concedere e concedere significava mettere da parte se stessi. Ne ero certo, ci andava di mezzo il cuore di Padfoot. Un cuore rivestito di aghi pungenti ma più sensibile di ogni altra cosa.

****

 «Ancora non capisco perché tutte le volte devo essere sempre l’ultima» si lamentò Marlene dal bagno. Si stava sistemando i lunghi capelli castano chiaro con una smorfia di disappunto.
«Perché sei troppo buona, ti fai sorpassare da tutte noi» rise Mary e Lene la colpì con un asciugamano afferrato velocemente.
«E perché sei anche la più veloce, è pura logica. Visto che tutte ci mettiamo sempre un’eternità a farci la doccia, finiamo che siamo già in ritardo e tanto tu sei talmente svelta che non fa differenza.»
«Alice, non ha molto senso quello che hai detto. Anche se la facesse per prima, i minuti che ognuna di noi impiegherebbe sarebbero gli stessi. Forse dovremmo solo prepararci con più anticipo» feci notare ridendo insieme a Marlene.
Lei scosse la testa testarda ma lasciò perdere le sue evidenti argomentazioni. Mai discutere con Alice Prewett, questo sì che era un dato di fatto.
Mi sedetti sul letto aspettando che Lene finisse di sistemarsi e presi Martin in braccio. Appoggiò il piccolo musetto aranciato sulle mie cosce e iniziò a fare le fusa, aveva seri problemi di affetto e a me non dispiaceva dargliene un po’.
«Tra l’altro, ci stavo pensando oggi pomeriggio, avete notato che il Ministro Wilson appare in pubblico soltanto quando c’è da smentire falsamente una notizia?»
Era vero, Mary aveva ragione. Il Ministro Wilson era l’attenta definizione di codardo senza scrupoli, cinismo a parte. Si nascondeva tra la quattro mura del suo prezioso ufficio e solo Dio sapeva come potesse ancora guardarsi allo specchio dopo tutte le bugie e gli occultamenti che stava mettendo in atto. Dichiarava che il Ministero della Magia era stabile e forte, che aveva tutto sotto controllo, eppure non muoveva un solo dito per assicurarsi che le parole che pronunciava fossero vere, ed ero abbastanza sicura che lui sapesse bene che non lo erano.
«Hai ragione, dovremmo poterci opporre a tutto questo. Perché non lo licenziano?» chiese Alice arrabbiata.
«Non è così facile, papà mi ha detto che, nonostante sembri assurdo, il Ministro non è il solo convinto di quello che dice. Sono in molti a credere alle sue parole, c’è chi addirittura nega l’esistenza di Voi-Sapete-Chi, è come un rifiuto alla realtà» spiegò Lene una volta finito di prepararsi.
Ci richiudemmo la porta alle spalle e scendemmo le scale della torre per raggiungere la Sala grande.
«D’accordo, ma non saranno tutti così. Voglio dire, quelli che sanno la verità fanno lo stesso gioco di Wilson, alla fine» obbiettò Alice.
«Ma se anche si pretendessero le dimissioni di Wilson, cosa potrebbe succedere? La situazione potrebbe addirittura peggiorare, magari salirebbe al potere un seguace di Voi-Sapete-Chi o magari lui stesso prenderebbe definitivamente il comando. Un esercito ce l’ha, giusto? Odio con tutta me stessa Wilson, ma almeno non è un Mangiamorte» risposi ragionando.
«Oppure potrebbe esserlo, chi lo sa.»
«Andiamo Mary, Voi-Sapete-Chi non si abbasserebbe mai a collaborare con un idiota del genere. Wilson un Mangiamorte? Ma ti prego» sghignazzai senza ritegno.
«Eppure sono convinta che si possa fare qualcosa» insistette Alice.
«Ma certo che possiamo fare qualcosa. E sono la prima a sostenere che Wilson non sia adatto a fronteggiare la situazione. D’altro canto, forse un ipotetico ritiro di Wilson potrebbe dare l’opportunità a qualcuno di veramente valido di fronteggiare la minaccia con serietà.»
«Tipo chi?» mi domandò Marlene interessata.
«Silente, ad esempio, o qualche buon’anima che sappia cosa vuole dire lottare per riportare un equilibrio, che conosca l’onestà e la dedizione» rispose Mary al mio posto.
Eravamo tutte d’accordo sul fatto che Silente sarebbe stato il candidato più giusto.
Ci sedemmo ai nostri soliti quattro posti e i Malandrini ci salutarono trepidanti. Il primo sorriso che vidi fu quello di James, con tanto di fossette e dentatura perfetta, che ricambiai a mia volta con uno sbuffo divertito.
«Potter, chiudi quella bocca, per favore. I tuoi trentadue denti non mi interessano» proferii con sarcasmo.
«Sempre dolce, Evans.»
«Sempre irritante, Potter.»
«Sempre così divertiti!» trillò Alice facendo ridere quasi tutti.
La fulminai con lo sguardo e Potter sembrò ghignarsela sotto i baffi, così fulminai anche lui.
«Beh, lo sappiamo bene che Lily ed io facciamo scintille, voglio dire, siamo così perfetti» scherzò lui.
Merlino, non potevo credere che avesse davvero detto una frase del genere.
«Punto primo, non c’è nessun Lily ed io, sempre e solo Evans, ricordi? Punto secondo, hai appena detto la frase più stupida che io abbia mai sentito. Punto terzo, non sono perfetta io, non lo sei tu, e di sicuro non lo siamo insieme, dato che non c’è ne ci sarà mai un noi» elencai con solennità.
Adoravo i momenti di pura libertà in cui potevo prendermela tranquillamente con James. Frank fischiò divertito e batté delle sonore pacche alla schiena del povero Potter. Povero Potter? Ora chi era l’idiota, io o lui?
Alice e Mary risero senza nasconderlo neanche un pochino e Remus tossì per celare il divertimento.
«Per tutti i tanga leopardati di Morgana, Evans! Cosa ti costa per una volta lasciarmi l’ultima parola?» esclamò James con fare teatrale.
Mi servì una porzione di pollo arrosto e patate lesse e lo guardai con un sopracciglio alzato.
«La mia dignità. Se ti dessi un minimo corda perderei notevolmente credibilità» risposi con ovvietà.
Perché le cose erano sempre evidenti a tutti tranne che a lui?
«Mi piacerebbe che tu mi dessi un pochettino più di fiducia» lo disse birichino, ma mi ritornarono in mente le parole di Mary.
“Andiamo, Lils. Eravate divertiti e nessuno dei due era veramente arrabbiato con l’altro. Le cose stanno per caso migliorando tra di voi?”
E se fosse veramente così? Se davvero io e Potter stessimo andando nella stessa direzione? Non sarebbe così drammatico, avevo già promesso a me stessa di dargli un’opportunità.
«Te la devi guadagnare» risposi guardandolo negli occhi.
Quegli occhi castano chiaro che avevo guardato con disprezzo così tante volte da memorizzare ogni singolo dettaglio.
«Me la guadagnerò, promesso Evans.»
«Non fare promesse che non sai se puoi mantenere» si intromise Black e vidi Remus irrigidirsi e schiarirsi la gola.
«Sirius» mormorò serio.
«Ma la posso mantenere, Sir!» si intestardì James.
«Non voglio che tu prometta nulla, Potter. Ti ho solo fatto notare che la mia fiducia non è gratuita, non per te almeno» dissi.
«D’accordo Evans, ho capito.»
Ritornai alla mia cena con un piccolo sorriso sulle labbra e non potei fare nulla per impedirlo. Il fatto che James non si fosse lamentato, ma che anzi sembrasse aver compreso il punto centrale della questione era di per sé una piccola vittoria. Non mi sembrava vero che per una volta non si fosse comportato come un bambino dell’asilo.
Incrociai lo sguardo di Remus e mi parve di vedere spuntare un sorrisetto compiaciuto, ma fu solo per pochi secondi.
Ritornai alla mia cena pensando che sì, James Potter era proprio strano.
Fu in quel momento che avvertii una serie di brividi lungo la schiena, nell’istante in cui Silente fece il suo ingresso nella sala con passo svelto e conciso. Fu proprio la sua espressione a lasciarmi perplessa, sembrava amareggiato e arrabbiato.
Tutti si zittirono immediatamente, capendo, proprio come me, che qualcosa di brutto era accaduto o stava per accadere. Anche gli insegnanti sembrarono sbigottiti quanto tutti noi e nei pochi secondi in cui il Professor Silente raggiunse il podio dove sedevano gli insegnanti, mi chiesi a cosa avremmo dovuto reagire, quale pessima notizia avremmo ricevuto.
Qualcuno di noi avrebbe pianto la morte di una persona amata? Avrebbe provato compassione o rabbia?
«Non avrei voluto darvi questa notizia, e anzi, secondo il nostro rispettabile governo neanche dovrei. Ma rispetto i miei studenti, ognuno di voi. Meritate di sapere che circa un’ora fa, Lord Voldemort e i suoi seguaci hanno sferrato un attacco diretto al Ministero della Magia, colpendo uno dei quartieri generali della difesa del Ministero nel nord dell’Inghilterra.»
Un silenzio carico di tensione si impadronì di ognuno di noi, lasciando che la paura facesse il suo corso. Restai pietrificata, avvertendo il sapore della rabbia in bocca.
«Tutti gli Auror sono intervenuti immediatamente e anche molti degli impiegati del Ministero e dei civili che si trovavano nei paraggi al momento dell’attacco. Ci sono stati feriti e vittime, molte delle quali hanno combattuto strenuamente fino alla fine. Purtroppo ancora non si sa l’identità dei caduti, ma appena mi sarà possibile saperlo, verrò immediatamente a comunicarvelo» disse come se ogni parola gli costasse una fatica tremenda.
Avrei voluto gridare, prendere a pugni qualcosa fino a romperlo in mille pezzi, rendendolo irriconoscibile. Perché era questo il mondo in cui vivevo, irriconoscibile. Non volevo pensare che magari il padre di Alice avrebbe potuto essere ferito gravemente, o la madre di Mary, o i genitori di Marlene, o perfino il padre di James che sapevo essere un Auror. Ero preoccupata per ogni persona in quella stanza. Chiunque avrebbe potuto disperarsi per la perdita di una persona cara, ma la cosa peggiore era non sapere. Non essere a conoscenza di come stavano realmente le persone che amavamo.
«Tutto questo mi delude, mi atterrisce. Leggo nei vostri occhi la disperazione e mi rendo conto che mai un individuo dovrebbe provare questo tipo di sofferenza. Spero davvero con tutto il cuore che a nessuno di voi venga portato via un famigliare o un amico» continuò Silente. «Appena avrò notizie, manderò gli insegnati per farvi sapere. Fino ad allora, non lasciamoci prendere dal panico. Fatevi coraggio e siate forti, onoriamo la memoria di chi non è più tra noi. È l’unico consiglio che mi sento di dare.»
Terminò con ancora più rammarico e mi ritrovai a stringere la mano di Alice, cercando di alleviare almeno un po’ la sua paura.
Silente se ne andò velocemente tanto quanto era arrivato, ma nessuno di noi tornò a parlare. Sembravamo svuotati, completamente senza parole. Anche perché, cosa avremmo potuto dire? C’era forse qualcosa che avrebbe dato un significato a quanto era appena successo? L’unica cosa che potevo fare era sperare, sperare di non dover assistere al dolore di una delle persone qui presenti.
Alcuni sussurri iniziarono a riempire l’ambiente, perlopiù parole di conforto bisbigliate ad un amico.
«Oddio.» La presa di Alice sulla mia mano divenne più forte mano a mano che la realtà si fece più definita.
«Non sarà successo nulla, a nessuno di loro.»
Mi girai sentendo la voce decisa di James. Guardava Alice con un piccolo sorriso, ma notai che non gli illuminava gli occhi come succedeva ogni volta che gli angoli della sua bocca si incurvavano all’insù. Cercava soltanto di essere forte, proprio come aveva detto Silente.
«Merda» borbottò Black incupito. Nemmeno in questa situazione aveva perso il suo linguaggio scurrile.
«No, non ditelo» esclamò James stringendo i pugni sul tavolo. «Le persone a cui teniamo stanno bene, ne sono certo. »
Lo osservai incuriosita. Come poteva non lasciarsi prendere dallo sconforto?
«Esatto, dobbiamo pensare positivo» lo appoggiò Remus. Remus che sembrava infinitamente stanco, lo stesso Remus che di solito era il pessimista del gruppo.
«Sono morte delle persone questa sera.»
Lene stava a stento trattenendo le lacrime e lo sguardo di Rem non appena si accorse dei suoi occhi lucidi si addolcì all’istante.
Mi sentii male quando posai lo sguardo sugli avanzi della mia cena non ancora terminati. Non avevo più appetito.
Un leggero tintinnio mi distrasse, come qualcosa che sbatte ripetutamente su qualcos'altro producendo uno sfrigolio fastidioso. Era Minus, che perso probabilmente nei suoi pensieri, non si era accorto che stava muovendo ripetutamente la forchetta che teneva in mano contro il piatto a poca distanza.
«Non posso credere che dobbiamo semplicemente starcene qui seduti ad aspettare.»
Era una tortura, un’agonia. Volevo proprio vedere quale scusa la Gazzetta del Profeta di domani avrebbe tirato fuori per calmare le acque. Non potevano semplicemente insabbiare tutto quello che era appena successo, sarebbe stato come infangare il nome dei caduti di quest’ultimo attacco, esattamente come quelli dei precedenti.
Mi alzai disgustata e guardai le espressioni spaesate dei miei amici.
«Non riesco a starmene seduta qui a fissare quel piatto come se ci potessi trovare dentro tutte le risposte del mondo.»
«Sali in dormitorio, Lily?»
«Sì.»
Si alzarono tutti, anzi, sembrava che quasi tutta la Sala Grande avesse avuto la mia stessa idea.
«Veniamo anche noi» annuì Potter.
Durante il tragitto nessuno parlò, camminavamo tutti con la testa bassa, coscienti che ci sarebbe stato ben poco da dire.
Seduta sul divano della Sala Comune, schiacciata tra Mary e Remus, mi ritrovai a provare frustrazione per la mia impotenza.
Non potevo fare nulla, ero soltanto una ragazzina il cui unico desiderio al momento era di non vedere nessuna delle persone a cui volevo bene soffrire.
Iniziai a fantasticare su un mondo diverso, un mondo dove non esisteva nessun Signore Oscuro, un mondo dove babbani e maghi potevano vivere armoniosamente. Basta Purosangue, basta Mezzosangue, basta Nati Babbani o Maghinò.
Un mondo dove la mia famiglia sarebbe stata contenta di me, avrebbe capito la mia diversità e non avrebbe sentito il bisogno di cambiarla, e dove io non avrei dovuto proteggere quella famiglia e me stessa dalla guerra.
Erano solo fantasie, lo sapevo bene. Nessuno attualmente poteva cambiare la realtà, ma ciò non significava che era inutile continuare a combattere.
Appoggiai la testa sulla spalla di Remus, chiudendo stanca gli occhi. Lo sentii sospirare e capii che tutti stavamo pensando alle stesse identiche cose.
Non potevamo mollare, avremmo resistito e avremmo aiutato a sistemare le cose. Non avrebbe avuto importanza il quando, se tra due anni o tra dieci, ma l’avremmo fatto, perché ognuno si meritava la vita per cui era nato. E mi rifiutavo di pensare che questa sarebbe stata la mia.
  
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