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Autore: FlameWolf    08/09/2016    11 recensioni
Mi volto verso mio nipote, che ormai sta piangendo a squarciagola. Ripenso alla prima volta che l'ho visto, al suono della sua risata, a quella gioia sempre presente nei suoi occhi. Immagino i miei vicini, la gente del villaggio venire qui per strapparmelo via, per ucciderlo.
Sospetto, rabbia, ira.
Dopo questa edizione non avremo veramente nient'altro.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Adrian Vaertek, tributo del distretto 1, Capitol City

“Guarda che roba!” esclama Judith ad alta voce. Mi sposto ad ore tre con passo rapido e preciso, affiancandola. Guardo fuori dal finestrino: fuori c'è una folla trionfante, visibilmente eccitata ed euforica. Intravedo ampi cenni di saluto, signore che si strappano i capelli, e ragazzine urlanti alla nostra vista. La nostra! Faccio fatica a crederci, è perfino meglio dei miei sogni. Papà mi ha raccontato come i tributi vengano riconosciuti come eroi da Capitol City, ma mai mi sarei aspettato così tanto entusiasmo. Nel solo vederli mi carico a mille, ho voglia di ballare e cantare. Ispirato dalla scena stringo forte Judith e saltello.
“Siamo qui, ce l'abbiamo fatta!” Judith sorride imbarazzata e mollo subito la presa. Non abbiamo quel livello di intimità, e credo di essere andato troppo oltre per i suoi gusti. Mi volto nuovamente ad ore tre in gran fretta, e torno a concentrarmi sulla stazione cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio. È inutile, la scena è talmente speciale da spingermi quasi sull'orlo delle lacrime. Non deluderò né la mia gente né il mio pubblico, vincerò. Per Panem, per il distretto 1, per me stesso. Lotterò per tenere unita questa nazione, per evitare lo scoppio di una nuova guerra, per la gloria della mia gente e per realizzare me stesso.

“Siamo qui” ripeto per convincere me stesso che tutto ciò è reale “Sono qui, sono qui!” ribadisco con maggior vigore.
“Calma campione!” esclama Rubin mettendomi la mano sulla spalla “Risparmia le energie per l'arena” Annuisco più volte in tutta fretta. Sono troppo gasato.
“Novellini” commenta sprezzante Quark. Non sopporto quel tipo, è tutto il viaggio che non fa altro che sminuirci. Ci ha dato per tutto il tempo degli illusi e dei bambini viziati. Dovrebbe incoraggiarci e consigliarci, invece spreca tutto il suo tempo nel tentativo di distruggerci il morale. Sarebbe stato decisamente meglio se al suo posto fossero venuti Cassandra o James, ma entrambi si sono rifiutati. Da quando sono morti quei due ragazzi non sono più gli stessi, soprattutto James che è entrato in un profondo stato di depressione. È un peccato, perché quando ero all'accademia ho avuto modo di conoscerli ed apprezzarli. Mi sarei decisamente trovato meglio con loro due.

Il treno si ferma completamente. Intravedo da fuori il finestrino i membri della sicurezza spingere via i fan eccitati.
“Godetevi il vostro bagno di folla” afferma Quark con disprezzo. Non ne posso più. Ho cercato di ignorarlo, di essere civile, ma...
“Si può sapere qual è il tuo problema?” mi anticipa Judith, anche lei parecchio irritata
Quark non replica, si limita semplicemente a bere un altro goccio di Whisky mostrando ancora una volta quel suo fastidioso sorriso.
“Tiri la pietra e nascondi la mano? Parla vigliacco!” lo provoco
“Non è il momento!” ci fa notare Rubin , con la mano praticamente sopra la maniglia del portellone. Quark ci osserva intensamente con odio feroce
“Cosa c'è che non va? Siete degli ignoranti, non sapete nemmeno a cosa state andate incontro. Vi sentite felici? Dovreste piangere in questo momento!” Stringo la mano a pugno, sento dentro di me la necessità di colpirlo, e credo che anche Judith stia lottando contro i suoi impulsi in questo momento. Come si permette a dirci una cosa del genere? Non mi importa di quale sia la dannata esperienza che l'ha fatto diventare così. Queste sono le nostre vite, e abbiamo il diritto di pensare e di sentirci come vogliamo. So perfettamente che mi aspetta la più grande sfida della mia vita, non sto scambiando gli Hunger Games per una scampagnata al parco. Mi comporterò come un vero soldato là dentro, lo prometto, ma adesso voglio godermi le gioie che Capitol può offrirmi, divertirmi come qualsiasi altro ragazzo della mia età. Non considero i giochi una maledizione o una sfortuna abissale, io ho voluto essere qui, è da anni che lo desidero. Perché dovrei essere triste? Sto per diventare un eroe, dannazione! Sarò un modello da seguire per centinaia di bambini! Non ho paura di morire là dentro, perché sto già compiendo la mia missione.
“Non sai nulla di noi” controbatto sostenendo con fierezza il suo sguardo.
“Sei un uomo molto triste, Quark. Se non puoi esserci d'aiuto puoi anche andartene” aggiunge Judith
“Per favore, possiamo rimandare questa discussione?” Ci chiede Rubin innervosito. Effettivamente il pubblico si starà chiedendo il perché non siamo ancora scesi. Meglio non dargli il tempo di pensare a qualche ipotesi. Dobbiamo sembrare uniti, o rischiamo di perdere il consenso.
Ci mettiamo tutti davanti alla porta, cercando di sorridere con tutto il nostro impegno. Se non fosse per Quark ci verrebbe spontaneo, ma ha rovinato tutto purtroppo. Ora sento solo un gran nervoso. In compenso la folla non ha perso l'entusiasmo a causa dell'attesa, anzi, sembra più carico che mai. Da qui riesco ad intravede perfino dei cartelloni a noi dedicati. In alcuni leggo “W il distretto 1” o “Che la fortuna possa essere dalla vostra parte”. Altri cartelloni invece sono espressamente in favore o mio o di Judith. Vedere tutto questo sostengo lentamente mi calma, e recupero nuovamente il buon umore.
Procediamo a passo lento, circondati da agenti della sicurezza. La nostra prossima metà sarà il centro estetico. Non permetterò a Quark di rovinarmi di nuovo la giornata, dunque che stia in guardia.

 

David Conrad, tributo del distretto 11, Capitol City

Faccio penzolare i piedi avanti ed indietro, avanti ed indietro. Nel sottofondo c'è solo il ticchettio dell'orologio, non sento più papà urlare e non so se sia un bene o un male. Ho temuto per tanto tempo l'arrivo di questo momento e sono sicuro che sia arrivato, me lo sento. Non sono ancora pronto però, ho bisogno di altro tempo. Papà ti prego, resisti ancora! Non lasciarmi solo, ho solo te! Sei tutta la mia famiglia.
La porta si apre con un rumoroso cigolio. Il signor Cortez esce dalla stanza scuro in volto, il suo sguardo incerto e il suo respiro pesante mi danno la conferma di quel che temevo. Scuoto la testa mentre mi stringo con le braccia, scoppiando a piangere ancor prima che possa proferire parola.

David” mi chiama mentre si piega per arrivare alla mia altezza. Ha il tipico odore dei guaritori, sentirlo mi fa venire i brividi. Lo so che è sciocco, ma... “Tuo padre è stato molto coraggioso, ha lottato con tutte le sue forze per rimanere con te” e sarebbe ancora qui se solo avessimo usato dei medicinali seri. So benissimo che a Capitol non si muore di questa malattia! Non è giusto! “David, ti prego, devi mostrarti coraggioso quanto lui adesso” mi rimprovera bonariamente. Smetto di singhiozzare e lo ascolto piangendo in silenzio “Tuo padre è lì, è la tua ultima occasione per parlarci. Non sprecare questa occasione. Mi dispiace tanto” conclude alzandosi in piedi e lasciandomi il campo libero. Mi alzo incerto e tremante, e mi dirigo verso la camera. Ho paura. Cosa posso dire? Non voglio che mi lasci, voglio che rimanga! Papà! Ti prego! Ti prego!
Entro nella stanza illuminata solamente da una flebile candela. Sento papà respirare con fatica mentre nell'aria c'è quell'inconfondibile odore.
David...” mormora lui allungandolo il braccio scheletrico verso di me. Inizio a tremare ancora più forte
David!”

 

“David!”
Qualcuno mi sta scuotendo la spalla con insistenza. Apro gli occhi lentamente e mi ritrovo Mona seduta davanti a me, parecchio infastidita.

“Come puoi dormire in un momento del genere!” si lamenta “Guarda fuori dal finestrino! Guarda Capitol! Quando ti ricapiterà un'esperienza del genere?” Mi giro dall'altra parte ignorandola. Non voglio guardare lo schifo intorno a me, ho già dovuto vedere abbastanza quando sono sceso dal treno. La gente era vestita da pagliaccio, con gioielli da tutte le parti, gridava i nostri nomi senza sapere nulla del nostro vissuto. Nell'aria c'era una miscela di odori nauseanti, artificiali e falsi come le persone che li portavano. Urlavano complimenti, sostegni ed incoraggiamenti, dimenticandosi che siamo probabilmente già morti, e che le loro mani sono sporche del nostro sangue. Come possono essere così vuoti e superficiali? Come possono non vedere l'orrore? Mi sento uno stramaledetto burattino nelle loro mani, pronto ad essere spezzato per il loro divertimento!
Mi sento usato, ma anche dannatamente solo. Non che negli ultimi sette anni ho avuto molta compagnia, ma ero circondato da volti familiari, alcuni di loro perfino amichevoli. Rachel ad esempio era uno di loro. Non importava quanto la cacciassi via, lei ha sempre cercato di starmi vicina, di capirmi. Era l'unica che riuscisse ad accettarmi nonostante tutto. Sapere che era a pochi metri da me mi faceva sentire bene, al sicuro, e non sono mai riuscito a dirglielo, neppure durante i saluti. E chi ho adesso accanto a me? Mona e la sua insensibilità? Alexys che probabilmente starà già pensando a come tagliarmi la gola? Derek? Quel mentore che sembra una mia inquietante proiezione nel futuro?
Forse solo quando è morto papà mi sono sentito così, forse è per questo che ho fatto quell'incubo. È incredibile che abbia perso tutta la mia famiglia nei miei primi dieci anni di vita. Se ne sono andati tutti, uno alla volta. Prima la mamma, che non ho mai conosciuto, poi Gemma, scomparsa all'improvviso da un giorno all'altro, ed infine papà. Tocca a me adesso. Sono sopravvissuto anche troppo forse.
“Siete dei begli ingrati, tutti e tre!” borbotta Mona che non si degna di rimanere zitta neppure per tre fottuti secondi. “Alexys, David, smettetela di fare quelle facce e fate entrare un po' di vita dentro di voi! Derek, smettila di guardarti i piedi per amore del cielo! Siete a Capitol! Insomma! Voi dovete...”
“Stai zitta!” le urla Alexys fuori di sé “Stai zitta!” ripete alzandosi in piedi dentro la limousine “Stai zitta!” insiste avvicinandosi minacciosa a Mona che dal canto suo inizia a tremare come una disperata. Alexys cerca di assaltarla alla gola, ma viene fermata in tempo da Derek, rianimatosi improvvisamente. Alexys lotta per sfuggire dalle braccia dell'uomo, ma senza successo. Derek è decisamente più grosso e muscoloso di lei. Mona squittisce nel frattempo come un topolino, mentre io mi limito a guardare altrove, cercando di ignorare il caos che mi circonda. Confesso però che un po' mi dispiace che Derek l'abbia fermata.
Dieci minuti dopo di fronte a noi si presenta finalmente quella che sarà la nostra casa per i prossimi giorni. Meno male, non ne potevo più di questo viaggio. Mona ha detto che ci fermeremo qui per un paio d'ore prima di andare al centro estetico dato che siamo arrivati molto in anticipo rispetto al programma.
All'arrivo veniamo accolti da alcuni giornalisti (che in qualche modo sono riusciti a superare le difese) e da qualche senza-voce vestiti con la loro tradizionale divisa. Schiavi anche loro di questo sistema, esattamente come lo siamo io ed Alexys.
Passo davanti a tutti loro finché la mia attenzione non viene catturata da una senza-voce in particolare. Ha i capelli dorati e gli occhi lucidi. Nel vedermi il suo volto si illumina di un sorriso caloroso e commosso, che ha un qualcosa di familiare. La guardo confuso mentre lei allunga le mani verso di me, ma Mona si mette in mezzo bloccandola
“Portatela via! Non ci servono senza-voce che non sanno stare al loro posto” tuona rivolgendosi verso uno degli addetti alla sicurezza. La ragazza viene trascinata via nonostante le sue evidenti proteste. Vorrei urlare di lasciarla andare, perché non sta facendo assolutamente nulla di male, ma qualcosa dentro di me mi blocca. Mi sento strano, sento una morsa al cuore. Non mi sono mai sentito così.

Non faccio in tempo a reagire, la ragazza è ormai scomparsa.

 

Caitria “Cat” Dalekein, tributo del distretto 6, Capitol City

Mi guardo intorno spaesata. Il soffitto è altissimo e le pareti sono decorate con affreschi rappresentanti donne seminude che ballano sulle nuvole. L'atmosfera è tranquilla, l'aria è calda ed odora di sapone. Mi sono sempre immaginata il centro estetico degli Hunger Games come un covo di pazzi isterici che strillano anche solo per un rossetto del tono sbagliato. Riesco ad immaginarmelo perfino adesso: “Avevo detto ciliegia profondo! Non ciliegia Hollywood!” A proposito, chissà dov'è localizzata la vecchia Hollywood. Se non mi sbaglio dovrebbe essere affondata con la prima ondata di terremoti.
“Caitria?”

Capitol City si è sempre sentita vicina a quel posto e ha raccontato molte storie commuoventi in tema. Mi chiedo quante di loro siano vere. Sono certa che quella di Patrick Nemus detto “Panem” sia falsa. È un personaggio troppo puro, altruista e perfetto per essere vero. Non può essere il vero fondatore di questa nazione.
“Cat!”
È sicuramente un frutto della propaganda capitolina allo scopo di innalzarsi al di sopra dei distretti. Chi è il vero fondatore di questa nazione? Sicuramente un uomo disonesto, approfittatore e subdolo, che non esitava a schiacciare quelli che considerava dei pesi. Se solo esistesse una macchina del tempo potremmo aggiustare il tutto. Magari in una realtà alternativa non sarei qui, e la mamma... che sciocca. In un mondo giusto non sarei neppure nata.
“Cat!” urla di nuovo la voce
“Che vuoi?” replico scontrosa. Non mi piace quando mi strappano via così violentemente dai miei pensieri. L'uomo in questione è un capitolino con un colorito verde pallido e con numerosi tatuaggi tribali verde scuro su tutto il corpo. È buffo, sembra essere uscito da una foresta. È un modo strano per agghindarsi, certo, ma è fantasioso. L'uomo sembra un po' a disagio, deve esserci rimasto male per la mia uscita. “Scusa” affermo controvoglia “Ero persa nei miei pensieri”
Il signore verde sghignazza quasi divertito “Figurati tesoro, sono un'artista, so cosa significa” accenna con un grosso sorriso “Mi chiamo Ferbus a proposito” aggiunge. Tendo la mano per cortesia, ma lui neppure si accorge del mio gesto. Ritiro la mano in fretta, sperando che nessuno abbia visto la scena ed abbia pensato quanto fossi goffa. Ferbus mi afferra delle ciocche e le esamina da vicino. Riesco ad intravedere con la coda dell'occhio la sua scontentezza. Posso capirlo, perfino io che non so nulla della cura del corpo so che i miei capelli sono un disastro.
“Meno male che ti hanno assegnato a me. Sono un vero mago, lo sai?” dichiara con orgoglio. Ferbus continua a studiarmi, e non posso che sentirmi profondamente a disagio. Sono una persona, non uno dei quei cani in uno stupido concorso di bellezza. Ti prego, smettila! “Sei tesa come una corda di violino, rilassati” mi consiglia.
“È che non mi piace essere guardata così” confesso sperando così di farlo smettere.
Diversamente da quanto sperassi invece, Ferbus scoppia di nuovo a ridere “Sei a Capitol! Tutti ti guarderanno così, abituati”. Sospiro, la cosa non mi fa sentire affatto meglio. “Entra in quello stanzino e spogliati” mi ordina indicando la prima stanza a destra. Mi stringo forte ed arrossisco. Ho la stupida impressione che Ferbus possa vedermi sotto i vestiti, completamente nuda. Mi sento vulnerabile, vorrei davvero scappare.
“È necessario?” chiedo
“Sappiamo tutti com'è fatta una donna nuda!” esclama scocciato dalla mia reazione “Non hai nulla di cui vergognarti” Ah, se lo dice lui! Mi volto verso la porta, tentata di scappare via e tornare in camera, ma a questo punto entra una giovane ragazza. Non ha le stramberie tipiche della capitale, anzi è molto acqua e sapone. L'unica eccezione è forse la sua capigliatura che ricorda tanto le orecchie di un topolino.
“Buongiorno, tutto ok? Sembrare un po' agitati” nota con voce melodiosa
Ferbus sospira lanciandomi uno sguardo di rimprovero “Si vergogna, non si fida della nostra professionalità!” La ragazza mi guarda, come se aspettasse una mia versione dei fatti.
“È vero, io... non sono abituata” ammetto a fatica ricordandomi i consigli di Stan, il nostro mentore: siete umili, ben educati e mostratevi grati. Non sono sicura che riuscirò a soddisfare tutti i punti, ma tanto vale provarci, non ho davvero niente da perdere.
“Mi chiamo Niche, sono la tua stilista. Dal vivo sei ancora più carina” commenta, e dal tono di voce mi sembra perfino sincera. Improvvisamente sento un gran caldo, temo di essere diventata completamente rossa “Vieni con me” aggiunge afferrandomi il braccio. La sua mano è tiepida, candida, priva di calli o di qualsiasi altra imperfezione. Al solo tocco mi vengono dei piccoli brividi piacevoli. La seguo senza protestare, quasi incantata. Sembra una fatina, le mancano solo le ali ed è perfetta. Entriamo in una stanza ampia, con un parquet di legno ben curato e con al centro una sorta di torre con un lenzuolo bianco sopra. Niche si siede per terra, invitandomi a fare altrettanto.
“Perfetto ora siamo sole” sorride radiosa “Adesso dimmi come ti senti” mi incoraggia.
Ci rifletto su prima di parlare. Non so se fidarmi di lei, non la conosco neppure. Tuttavia non ci guadagnerebbe nulla nel sapere come sto realmente, probabilmente il mio linguaggio del corpo ha già rivelato abbastanza.
“Non bene. Mi sento un animale da allevamento” Niche annuisce attenta.
“Deve essere veramente brutto per te, per tutti voi. Non riesco neppure ad immaginarmelo” Non me l'aspettavo questa comprensione, sono sincera “Capitol poi deve essere orrenda per voi. Deve sembrarvi il regno dello spreco. Sai una cosa? Lo è davvero” Distolgo lo sguardo, cercando di scacciare quelle sensazioni che ho provato venendo qua. Il lusso sfrenato, il cibo assaggiato e poi buttato perché non considerato buono... per me è stato troppo. Mia madre è morta di fame, sacrificando quel poco che guadagnava prostituendosi per darlo a me. Era la migliore al mondo ed è morta perché mi aveva troppo. Capitol intera è un insulto alla sua memoria.
Deve essermi sfuggita una lacrima, perché Niche mi passa un fazzoletto. La ringrazio per il gesto gentile. “Sai” riprende lei poco dopo “È pensando a questo quando ho creato il tuo vestito. Guarda, te lo faccio vedere”. Niche si alza e toglie il lenzuolo dalla torre. Sotto c'è un manichino che indossa un corpetto costruito da fogli di metallo in rilievo, con un ampia gonna argentata che si apre all'altezza del ginocchio. “È fatto con materiali riciclati, spero ti piaccia” Mi avvicino con cautela a quella meraviglia, toccando delicatamente il materiale che lo compone. Mi volto verso Niche mostrandole uno dei miei rari sorrisi “È perfetto”

 

Achille “Il paladino” Edipo, tributo del distretto 2, Capitol City

Per quanto mi sforzi non riesco a capire le ragioni di questa pagliacciata. Che senso ha la sfilata? Secondo me si dovrebbe fare una settimana di duro allenamento e poi ci dovrebbero inviare direttamente in arena, basta. I riflettori, le domande banali, i costumi e la folla distraggono solamente dal vero obiettivo dei giochi: quello di un duello d'onore fra ragazzi in cerca di gloria da perpetuare alla propria stirpe. Gli Hunger Games sono un rito di passaggio che permettono di elevare il ragazzo in uomo. Partecipare a questa edizione poi è particolarmente prestigioso, non solo perché è la venticinquesima, ma anche perché è piena di giovani in cerca del loro riscatto dopo essere stati venduti dalla loro stessa gente. Spero che saranno tutti motivati, in modo da rendere il tutto ancor più difficile. Voglio combattere contro eroi e soldati, non di certo con delle ragazzine alle prime armi. Se fosse per me consentirei l'ingresso in arena solo ai più forti, meglio ancora solo ai maschi più coraggiosi. È da vigliacchi mandare le donne qua dentro.
Angelie entra dentro la camera spalancando la porta con un calcio. Sta indossando il costume della parata, ma le manca ancora il trucco. Indossa un mantello color rosso mattone con sotto un abito bianco, corto e con un grosso drappeggio sul davanti. Ai piedi ha dei sandali con tacco dorati.

“Dobbiamo parlare” sentenzia rapida lanciandomi degli sguardi di fuoco.
“Non mi sembra l'ora” le faccio notare. La mia stilista dovrebbe essere qui a breve. Sono già in ritardo per questa patetica sfilata, non voglio perdere altro tempo.
“Non è mai l'ora per te, vero? Continui a rifilarmi una scusa dopo l'altra!” mi accusa. Sospiro, immagino che non possa evitare per sempre questa discussione. Non ne capisco il senso comunque. Non ho mai fatto promesse a nessuno, sono loro che si sono creati delle aspettative su di me.
“Cosa vuoi da me?” le chiedo incoraggiandola a parlare
“Cos'è questa storia che non vuoi far parte di questa alleanza?” Digrigno i denti infastidito, Leontius deve averglielo detto nonostante gli avessi chiesto espressamente di non dire niente a nessuno. Non mi sarei dovuto fidare.
“Non voglio allearvi con voi, mi dispiace se davate per scontata la mia presenza” In realtà tenevo in conto l'alleanza con i favoriti come ultima spiaggia. Non ho bisogno di alleati che hanno avuto il mio stesso addestramento e che sanno fare le mie stesse identiche cose; per sopravvivere necessito di qualcuno che possa compensare le mie mancanze. Un tributo del sette, o dell'undici o anche del dodici andrebbe bene. Meglio se una ragazza, così potrò proteggerla dalle insidie e dai pericoli, evitando che muoia subito.
Angelie non la prende affatto bene, anzi. Si avvicina con passo svelto, afferrandomi per il bavero della t-shirt “Sei un maledetto schifoso traditore”
“Non ho tradito un bel niente, non ho mai giurato nulla” le faccio notare. Per tutta risposta Angelie mi tira un pugno sul naso. Indietreggio per il dolore, mentre stringo la parte soffice del naso per bloccare l'emorragia. Non credo che me l'abbia rotto, o il dolore sarebbe molto più forte. Angelie si mette in posizione di difesa, aspettandosi un contrattacco, ma si sbaglia di grosso. Non mi abbasserò così tanto, non colpirò mai una donna.
“Che state facendo?” urla una voce stridula. Mi giro. È appena entrata una donna di mezz'età molto minuta con addosso degli occhiali talmente grossi da coprirle buona parte del volto. È completamente paonazza “Ferirvi è contro il regolamento! Avete idea in che guaio potreste cacciarvi se qualcun altro lo scoprisse? Non lo denuncerò, ma cambierò sicuramente idea se lo vedrò di nuovo una cosa del genere” La ringrazio mentalmente, non voglio di certo creare un handicap sui miei avversari. Non sarebbe assolutamente leale.
Angelie rilassa i muscoli, voltandosi nuovamente verso di me “Vedi di starmi alla larga i prossimi giorni. Ci rivedremo in arena, sarà una gioia immensa farti fuori” minaccia prima di andarsene.
“Che diavolo le hai fatto per mandarla così fuori di testa?” mi domanda la stilista una volta che siamo rimasti soli
“Chi ha detto che è colpa mia?”
“Sei un uomo, hai automaticamente torto a prescindere” risponde maliziosa appoggiando la valigia a terra “Vado a prenderti del ghiaccio, qua dentro c'è il tuo abito. Se vuoi vederlo fai pure, ma guai a te se lo sporchi di sangue!”. Quando esce apro la valigia incuriosito dallo scoprire quale sia l'abito che sarò costretto ad indossare, sperando che non sia nulla di pomposo o fuori luogo. Trovo un mantello simile a quello di Angelie, un canotta bianca drappeggiata e un ampio di pantaloni comodi. Per finire un paio di sandali dorati. Non mi piace il look, proprio per niente.
“Tieni il tuo ghiaccio” dice la stilista passandomi una piccola sacca blu “Mentre ti passa il dolore ti tolgo le perlin...”
“No!” Urlo vigoroso. Non voglio che mi tocchino i capelli, li adoro, fanno parte del mio essere. Ogni perlina simboleggia un avversario sconfitto o una prova superata.
“Sei proprio un bambino!” si lamenta lei. Questo è troppo. Non mi sono mai lamentato fino adesso, ma a tutto c'è un limite.
“Non voglio un nuovo look, voglio le mie perline e soprattutto un altro abito”
La stilista sgrana gli occhi “Io ho solo questo!” ribatte seccata “O vai così, o nudo o con il mio abito!”
Mi fermo a riflettere. Come posso uscire fuori da questo impiccio? All'improvviso mi ricordo del museo degli Hunger Games appena dietro all'angolo.
“Il costume da oplita di Achille Peride. Voglio quello” È perfetto. In fondo sono qui per riabilitare il suo nome, per dimostrare che il nome Achille non è sinonimo di morte o maledizione. Il mio omonimo non era la persona che tutti credevano, non era un sanguinario, non era un pericolo. Era una persona, una brava persona. Lo so, l'ho conosciuto anche se non ho avuto l'onore di essere suo amico.
“Cosa? Non so neanche se posso prenderlo e...”
“Per favore” la interrompo supplicando “Sono disposto a fare penitenza andando a piedi durante la sfilata se me lo procuri” La stilista sospira esasperata, deve aver capito che sono fermo sulla mia decisione.
“Va bene, ci provo, ma non prometto niente!” esclama prima di correre verso il museo. Devo avere quell'abito, ho una missione da compiere in fondo.

 

Chester Colin Herstone, tributo del distretto 3, Capitol City

Osservo fuori dalla finestra dopo essermi tolto lo scomodo gilet. Sul giardino del retro intravedo una ragazza con i capelli rossi piroettare allegra, con addosso un abito ampio simile a quello di una principessa medievale. Ad occhio e croce direi che appartiene al distretto 8. Non credo che una tipa del genere possa vivere molto a lungo dentro l'arena, ma almeno sembra contenta per ora, buon per lei.
Il mio completo invece non mi convince del tutto, ma ad essere onesti mi aspettavo di peggio: pantaloni neri, camicia senza maniche, gilet fatto con fili elettrici incrociati ed una cravatta azzurra che si accende di azzurro premendo un semplice bottone. Potrei perfino apprezzarlo se non fosse il mio vestito da vetrina per convincere quei cani a scommettere su di me. Ho una gran voglia di buttare via tutto e passare la serata qua da solo. Preferirei di gran lunga cercare di chiudere gli occhi e di dormire decentemente per un paio d'ore almeno, anche se probabilmente passerei il resto della serata a studiare un piano per l'arena. È inutile, per quanti i dubbi affollino la mia testa, continuo a rimanere aggrappato alla vita, come sempre. Razionalmente non credo che sopravvivere abbia ormai un qualche senso logico per me, eppure ho paura perfino adesso. La mia natura umana prevale comunque, è inutile. Di fronte al pericolo tremo e tremerò sempre come quando ero bambino, supplicando santi e falsi dei per vivere ancora un giorno. Mi chiedo se anche mio padre l'abbia fatto quando ha capito di essere spacciato. Mi auguro con tutto il cuore di sì.

Osservo da vicino la cravatta, individuando i meccanismi che permettono il suo funzionamento. Il meccanismo è molto elementare, dalle nostre parti un bambino potrebbe replicarlo facilmente.

Qualcuno bussa alla mia porta, deve essere l'ora dello spettacolo.
“È aperto” suggerisco senza distoglie gli occhi dal marchingegno. Sarebbe stato veramente figo se poteva sparare raggi laser. Insomma, se devo dare spettacolo tanto vale farlo per bene, no?
Asyan entra con passo esitante, guardandosi freneticamente intorno come se cercasse dei pericoli. Se sopravvivessi mi ridurrei anch'io così? Avrei paura della mia stessa ombra? Ho paura di scoprirlo. Appoggio la testa sul palmo della mano. Sono così confuso, ho bisogno di più tempo per pensare.
“Sei pronto?” mi domanda la mentore. Mi rinfilo il gilet in fretta e faccio cenno di sì. Asyan mi scorta fino all'ascensore dove c'è Jasmine ad aspettarmi. Il suo vestito è creato per essere perfettamente coordinato al mio. Indossa infatti un abito interamente creato da fili elettrici incrociati che si illumina di azzurro premendo un bottone sul fianco. È truccata pesantemente con dell'ombretto azzurro, e i suoi lunghi capelli neri sono raccolti in un'elaborata conciatura sostenuta da dei cerchi di rame. Porta anche degli orecchini intonati, è la prima volta che noto che ha buchi alle orecchie. Noto divertito che ha un codice binario stampato sulle unghie. Ammetto che quello è un tocco di classe. Jasmine mi sorride enigmatica, in maniera quasi indecifrabile. Ad essere onesto non mi è mai piaciuta. C'è qualcosa in lei che mi ha sempre messo in allarme: ha un lavoro ad alta responsabilità già alla sua età, ha lasciato la scuola perché riteneva di non poter più imparare nulla là dentro, è un genio precoce, è educata quando si rivolge gli altri, ed infine le sue uscite sono sempre curate, come se studiasse ogni sua minima frase. Deve essere una recita, non trovo altra spiegazione. L'essere umano è un agglomerato di difetti, e se uno non li ha, è solo perché li sta nascondendo. Mi chiedo dunque quanta merda nasconda in realtà in questa donna.

Sentiamo le ultime noiose raccomandazioni della capitolina, ed entriamo da soli dall'ascensore. È dalla mietitura che sono sempre costantemente seguito da una balia, decido dunque di godermi il mio unico minuto di libertà.
“Che scocciatura la parata, non ne ho proprio voglia” esordisce Jasmine all'improvviso lasciando alquanto perplesso. Non mi aspettavo un'uscita del genere da parte sua. Mi è sempre sembrata così ligia al dovere e... improvvisamente capisco. Il suo modo di relazionarsi agli altri... lei dice solamente ciò che gli altri vogliono sentirsi dire. Lo sta facendo perfino con me!
“Non attacca” replico visibilmente arrabbiato. Non riuscirà a manipolarmi.
Jasmine fa una leggera risata alquanto fuori luogo “Non so di cosa tu stia parlando”
Premo il pulsante per fermare l'ascensore. Jasmine mi guarda con ansia, per la prima volta le vedo addosso un'emozione genuina “So cosa sei” le spiego con calma “Con me non attacca”.
Jasmine esita prima di rispondere, sta sicuramente studiando la prossima mossa. Per un momento sembra voler sostenere la recita accennando un piccolo sorriso, ma poi ci ripensa mostrandosi scocciata
“Sei più furbo di quanto pensassi” costata “Mi devi aver osservata a lungo”
“Non farti strane idee. Non sei il mio tipo” replico freddo
“Cosa intendi fare con me? Vuoi dire a tutti quanto sono brutta e cattiva?”
“No” replico in fretta. Non ho alcun motivo per farlo, il mio unico desiderio è che non mi utilizzi come un suo burattino. Jasmine mi guarda interrogativa, come se volesse sapere il motivo della mia decisione. Prendo un grosso respiro e premo il bottone per far riandare l'ascensore. “Sei una bomba ad orologeria, non ho problemi se esplodi altrove, anzi... solo non coinvolgermi” Non saremo alleati, ma ciò non significa che non possiamo rivelarci utili l'uno all'altro.
Intravedo Jasmine sorride soddisfatta “Grazie” afferma mentre esce dall'ascensore.
A quanto pare siamo gli ultimi ad arrivare, sembrano essere tutti qui.
“Finalmente!” grida una ragazza armata di cuffie e registro “Andate sull'unica carrozza vuota che a breve si parte” Jasmine si scusa a nome di entrambi per il ritardo, e raggiungiamo a passo svelto i due cavalli maculati. Noto che Jasmine guarda con attenzione i tributi davanti a noi, ovvero quelli dei primi distretti.
“Vedrai che grosso boom farò, Chester” mi sussurra maligna.

 

Bruce Mcron, tributo del distretto 5, Capitol City

Mi stringo forte alla balaustra, pregando di non scivolare a causa delle mani sudate. I tributi del primo distretto sono appena partiti, non mancherà molto a noi. Sono agitato, non voglio mostrarmi al mondo, perché dovrei farlo? Non è sufficiente il fatto che moriremo in diretta sotto gli occhi di tutti, fra le loro risate e le lacrime dei nostri cari?
“Bruce” mi rassicura Hellen stringendomi la mano. La osserva commosso per il suo buon cuore, ma dura poco. Hellen ritrae la mano subito velocemente, come se ne fosse pentita. La capisco, non è il luogo adatto per farsi degli amici, ma non può di certo rinnegare la sua natura da un giorno all'altro. La conosco abbastanza per sapere che è una ragazza buona e gentile, che non farebbe mai del male a nessuno. Che ha il nostro distretto al posto del cervello? Perché noi due?
“Mi sento ridicolo” le rivelo mentre fisso il pelo bianco del cavallo “Non voglio farmi vedere conciato in questo modo”. Non mi piace il costume che mi hanno affidato. È pieno di borchie e me lo sento stretto. Senza contare che questo cappotto nero e lunghissimo, unito al calore dei riflettori e all'agitazione, mi sta facendo sudore come un maiale. Ho infradiciato tutta la camicia argentata, spero che non lo noteranno.
“So come ti senti” replica sorridendo. Effettivamente anche Hellen è messa maluccio: ha degli stivali pieni di spuntoni che possono essere tranquillamente considerati come armi improprie, un body argentato che lascia completamente scoperte le cosce, e una giacca borchiata abbinata al mio cappotto. I capelli sono raccolti in una coda altissima.
“Non credo che i nostri stilisti abbiano mai visitato il distretto 5” noto. Non capisco come si possano associare questi vestiti al lavoro che produciamo con tanta fatica. Almeno sono sicuro che papà si farà due risate vedendoci. Può anche darsi che sia io a che non arrivarci non capendo nulla di moda.
Hellen acconsente indicando poi la ragazza del dodici “Guarda il lato positivo, non siamo messi male come lei” Do un occhiata veloce a Marissa (si chiama così, vero?). Il solo spettacolo mi lascia scandalizzato, e non sono neppure del distretto 12! Indossa una sorta di divisa da minatore profondamente modificata: al posto dei pantaloni ha una minigonna cortissima, indossa inoltre anche dei tacchi esagerati laccati di rosso e canotta bianca profondamente scollata. Riesco ad associarla ai minatori sono grazie al caschetto giallo e al giubbotto pesante. Senza quegli elementi darei per scontato che il distretto 12 sia quello delle battone. Sono sicuro che la scelta sia stata fatta solo per evidenziare le forme della ragazza. Non mi sembra una buona strategia, così facendo lo stilista ha finito per sminuirla.
“Sono confuso” confesso sbalordito ad Hellen scatenando in lei una piccola risata. Sembra che stia per aggiungere altro, ma i nostri cavalli partono verso la piazza. Mi stringo con maggiore forza alla balaustra, mentre sento la folla acclamarci come se fossimo degli eroi. Mi sento un imbroglione, non ho fatto nulla per meritarmi questo entusiasmo. Non sono un eroe, solo una vittima sacrificale. Tutti qui lo siamo, dai più deboli ai favoriti. Aspetta, perché il tributo del due sta andando a piedi? Chiudo gli occhi, non voglio pensarci, preferisco nascondermi inchinandomi la testa verso il basso. Non vogliano che capiscano quanto mi sento a disagio. Voglio solo finirla, non sono fatto per queste cose.
“Finirà anche questa” mi sussurra Hellen nel tentativo di consolarmi. La sorrido ringraziandola. Già, finirà prima o poi, finirà tutto. Fra quattro giorni potrei essere già morto. Cavolo... non è possibile. Alzo la testa tremante, guardando il mondo in festa intorno a me. Sono vicino alla morte, eppure intorno a me c'è un'esplosione di vitalità che non avevo mai visto prima. Quante cose non avrà mai? Il primo amore, il matrimonio, i figli, la carriera. Di fronte a tutto questo loro ridono e si divertono. I volti dei capitolini mi sembrano deformati, sono dei mostri che stanno per assaltarmi alla gola per uccidermi e togliermi via tutto. Mi vogliono morto e io... io li odio! Come possono farci questo? Li odio! Come possono divertirsi di fronte a questa vergogna? Come possono trattarci come animali? Li odio! Li odio! Li odio!
Stringo con maggiore forza, sento i muscoli irrigidirsi per la tensione, mentre nel mio cuore si espande una sensazione sconosciuta che mi avvelena completamente.
“Bruce” mi sussurra Hellen mettendo la mano sulla mia spalla “Che ti prende?” Scuoto la testa, il suo tocco gentile mi strappa via da quei pensieri, riportandomi alla calma. Che cosa mi è preso? Io non sono così, non agisco mai quel modo. Devo essere troppo stressato, è troppo per me, e la mia mente sta cedendo. Sono meglio di così, non posso farmi trascinare a fondo. Devo rimanere lucido, solo così posso avere qualche possibilità di tornare a casa. Non posso lasciare papà da solo, ha solo me.

La sfilata finisce e possiamo scendere finalmente da quel mezzo instabile. Mi sento debole, faccio fatica a reggermi in piedi. Sunny ci viene incontro come una furia, mi afferra per l'orecchio e mi trascina via
“Mi fai male!” protesto

“Ti meriti di peggio! Là sopra hai fatto una pessima figura!” mi rimprovera. Cazzo, devono averlo notato tutti allora. E gli sponsors? Merda, no! Sono rovinato!
“Non dire così!” mi difende Carol, la nostra accompagnatrice “A me è sembrato sprezzante e coraggioso. Un leone che non si piega di fronte alle avversità!” afferma con un tono teatrale. Un leone? Chi io? Stiamo parlando della stessa persona?
Hellen mi dà una pacca sulla spalla “Non sapevo che fossi così tosto!” Ci deve essere stato un fraintendimento. Non sono un guerriero, là sopra mi sono solamente fatto prendere dai sentimenti, tutto qui.
Sunny ha le braccia incrociate e ci guarda entrambi con estrema attenzione “Sapete una cosa? Lo spettacolino messo in scena da Bruce mi ha fatto capire una cosa. Dite un po', avete mai pensato di allearvi voi due? Sembrate nati apposta per questo”

 

 

 

 

 

 

Cammeo: Derek, Asyan, Cassandra, James (mentori) ed Achille Pelide (ex tributo)

Capitolo in anticipo ^^ La prossima volta avremo gli allenamenti. Penso che prima dell'arena ci saranno ancora 3 capitoli circa. So che non vedere l'ora di vedere i vostri beniamini massacrati, ma vorrei procedere con calma XD Alla prossima (probabilmente venerdì)!

p.s. Non preoccupatevi se rispondo tardi alle recensioni.

 

 
  
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