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Autore: Strawbana    09/09/2016    3 recensioni
{Storia ad OC} {Iscrizioni chiuse}
Vi siete mai chiesti cosa accade alle anime di coloro che muoiono nel sonno? La maggior parte di loro raggiunge l'aldilà tranquillamente, ma alcune persone, i sognatori lucidi, spesso rimangono bloccati nel mondo dei sogni, costretti per sempre a vagare in un paradiso onirico che possono plasmare a loro piacimento. Ma, ahimè, non tutti i sogni sono gradevoli.
Un'anima perduta riesce a tornare nel mondo della veglia, ma non è sola. Gli incubi iniziano ad abbandonare i sogni delle persone ed iniziano a comparire nel mondo reale, prima come incubi ad occhi aperti poi come vera e propria minaccia per gli esseri umani. Ma un incubo è pur sempre un sogno, quindi chi è in grado di controllare i suoi sogni forse è in grado di fermare questa terribile minaccia...
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6.   Attack on Nightmare

 

> Inazuma-cho, zona finanziaria, 6 Agosto, 9:28 am

 

Andrea rimase a fissare quella mano nera, ossuta ed enorme: era reale? Come poteva non esserlo, aveva sfondato la vetrata spargendo detriti ovunque! Poi quella cosa si stava muovendo a pochi centimetri dalle gambe della ragazza, facendole avvertire chiaramente uno spostamento d’aria. Sì, quell’appendice mostruosa era sicuramente reale, ma allora a chi apparteneva? La giovane americana risalì con lo sguardo lungo il braccio della creatura fino a quando non incontrò un’orbita vuota illuminata di rosso, incastonata in un volto umano con un muso bestiale, fissa su di lei. Prima che Andrea potesse ben comprendere cosa avesse davanti, la ragazza venne tirata su da Cassandra, visibilmente agitata.

«Stai bene?»

L’americana, continuando ad osservare il mostro, annuì.

«Non lo guardare!»

L’italiana prese il viso dell’altra e glielo spostò, fissando i suoi occhi in quelli di Andrea.

«Riesci a muoverti
La
più grande annuì ancora, confusa.

«Sì, sì, ma perché mi chiedi questo?»

L’espressione di Cassandra si rasserenò un pochino e la giovane aprì la bocca per rispondere alla domanda, ma prima che potesse dire qualcosa la sua attenzione e quella di Andrea venne catturata dal rumore di detriti che venivano spostati ed un lamento della bestia. Sconvolti da quella specie di esplosione e preoccupati per le fanciulle, Kageyama ed il signor Cervini stavano cercando disperatamente di aprire la porta della sala conferenze, ma la mano del mostro, che ancora si agitava all’interno del corridoio, bloccava loro il passaggio. Riuscendo comunque a vedere le ragazze dallo spiraglio che erano riusciti ad aprire, Kageyama iniziò ad urlare, cercando di sovrastare il suono dell’allarme che si era attivato poco prima.

«Cassandra, che sta succedendo?!»

Infastidita dai colpi che la porta le stava infliggendo, la bestia riuscì ad infilare le dita ossute nella fessura, sradicando poi completamente la porta dalla parete, facendo indietreggiare non poco i due uomini, inorriditi da quella cosa.

Cercando di mantenere la calma, l’italiana cercò di sbloccare la situazione.

«Reiji, rimani lì, non ti muovere e per l’amor del cielo non guardare quella cosa negli occhi! Io cerco un modo per scacciarlo!»

Senza dare il tempo all’uomo di risponderle, la ragazza schizzò dalla parte opposta del corridoio, scomparendo subito dietro un angolo. Vedendo Cassandra correre verso chissà quale pericolo, Kageyama si fece prendere dal panico e cercò di inseguirla, ma la mano del mostro ancora gli bloccava il passaggio. Vedendo gli adulti tanto agitati, Andrea decise di prendere in mano la situazione.

«Signor Kageyama, la vado a riprendere io. Voi non cercate di superare quella cosa, comunque non potrà rimanere lì per sempre. Torno subito!»

E, detto questo, l’americana si gettò all’inseguimento.

Trovare Cassandra non le fu difficile, la giovane era ferma davanti alle scale del palazzo, gremite di impiegati che stavano evacuando, e Andrea subito la afferrò per le spalle.

«Cosa fai?! Torna indietro!»

«Non posso, devo fermare quel mostro!»

«E come pensi di fare? È enorme! Lascia fare alla polizia, o meglio all’esercito!»

«Loro non riescono nemmeno a vederlo!»

L’americana proprio non capiva: come poteva la polizia non vedere il mostro, era troppo grosso per non essere notato. Approfittando della distrazione dell’altra, Cassandra si liberò dalla sua stretta e si fiondò sulle scale che portavano ai piani superiori, ormai vuote. Andrea, arrabbiata ed esasperata dal comportamento della più piccola, incominciò nuovamente ad inseguirla fino al tetto. Quando la raggiunse, l’italiana stava guardando la grande struttura metallica che costituiva parte dell’impianto di aereazione del palazzo, pianificando chissà cosa. Prima che Andrea potesse nuovamente afferrarla, Cassandra corse verso il lato della costruzione dove si doveva trovare il mostro per controllare la sua posizione. Trovandosi improvvisamente preoccupata per le sorti del padre, la più grande fece lo stesso, osservando con orrore la creatura che cercava di ritrarre la mano dal palazzo, ferendosi nel tentativo. Prima che potesse pensare qualcosa, Andrea vide la ragazza al suo fianco correre di nuovo via, posizionandosi come un corridore ai blocchi di partenza dietro all’impianto di aereazione.

«Cosa stai facendo?!»

«Cercherò di fargli cadere addosso questa roba
Gli
occhi dell’americana si sgranarono: no, Cassandra era completamente pazza, non sarebbe mai riuscita a farla ragionare. Per tutta risposta l’italiana scattò, correndo verso la cassa di metallo di fronte a lei e saltando, prima di assestarle una potente ginocchiata. Andrea si tappò le orecchie, cercandole di proteggerle dal fragore che il colpo aveva causato, ed abbassò la testa. Il suo sguardo così si posò sulla base della struttura, dove era più sottile e assicurata al grattacielo con grossi bulloni, e notò che il metallo si era piegato. Mentre la ragazza si chiedeva come fosse possibile, l’altra ripeté l’operazione ed Andrea poté constatare con i suoi occhi che i colpi di Cassandra erano efficaci, ma questo fece nascere in lei nuovi dubbi: come poteva un’adolescente come Cassandra riuscire a smuovere quella cosa, ci sarebbe voluta una forza mostruosa! Il fragore generato dal nuovo colpo però sembrò spazzare via tutto, lasciando un unico, orribile interrogativo nella mente di Andrea, interrogativo che l’americana andrò subito a soddisfare affacciandosi nuovamente sul lato del palazzo: la bestia le aveva sentite, il suo volto mostruoso era rivolto verso di loro e la sua mano era nuovamente libera. Lentamente, la creatura iniziò a scalare il palazzo, le sue appendici aderivano al vetro come quelle di una lucertola ed i suoi occhi erano sempre rivolti verso l’alto, dove si trovava la sua preda. Lanciando un urlo terrorizzato, Andrea corse via, avvicinandosi alla porta che dava alle scale.

«Sta venendo qui!»

La notizia agitò non poco Cassandra, che cercò di essere più veloce nei movimenti, imprecando tra i denti. Mentre Andrea cercava di riconquistare la calma, il suo cellulare iniziò a squillare, e, quasi guidata dall’abitudine, l’americana se lo sfilò dalla tasca e guardò il nome sullo schermo, trovando al suo posto solo un ammasso di macchie sfocate, proprio come le capitava durante i sogni. Confusa e turbata, la ragazza rispose comunque alla chiamata.

«Pronto
A
risponderle dall’altro capo del telefono fu suo padre, agitato ed angosciato quasi quanto lei.

«Andrea, dove siete?!»

Ma certo, ora che il mostro si era ritratto suo padre ed il signor Kageyama erano riusciti ad uscire dalla sala conferenza e, col loro aiuto, sarebbe riuscita a trascinare Cassandra al sicuro, che l’italiana lo volesse o meno.

«Siamo sul tetto! Aiutatemi, Cassandra non vuole ascoltarmi!»

Il padre le rispose con un breve “arriviamo”, prima di chiudere la chiamata, poi corse alla rampa delle scale per osservare gli uomini che salivano verso di lei. Il primo ad arrivare fu suo padre, che subito si informò sulle sue condizioni di salute, un attimo dopo arrivò Kageyama che superò i due senza degnarli di uno sguardo e uscì sul tetto, cercando la sua protetta.

«Cassandra, vieni via!»

Sentendo la voce del suo ex fidanzato, la ragazza si fermò un attimo a guardarlo.

«Non posso Reiji, devo fermarlo!»

«No che non devi, vieni via immediatamente!»

Preoccupati per il giapponese e l’italiana, il signor Cervini si avvicinò a loro, tenendo per mano sua figlia. L’uomo non stava capendo molto: c’era stata un’esplosione, ma la ragazzina con cui si accompagnava il suo socio in affari continuava a comportarsi come una pazza e lui, da quando aveva provato a chiamare sua figlia e si era reso conto di non riuscire a leggere nulla sul suo smartphone, si sentiva estremamente debole. In quel momento, come se stesse fuoriuscendo dalle viscere dell’inferno, l’incubo raggiunse la cima del palazzo e sovrastò il gruppo col suo corpo enorme e mostruoso. Andrea sentì la presa di suo padre farsi più rigida e, quando si girò verso di lui, vide che il suo volto era sbiancato ed i suoi tratti sembravano di pietra. Accorgendosi che nella stessa situazione si trovava Kageyama, l’americana si fece prendere dalla paura ed iniziò a scuotere il genitore, cercando di risvegliarlo, ma fu riportata alla calma da una voce squillante.

«Andrea!»

L’americana si girò e scoprì che Cassandra ora la guardava, con occhi pieni di paura, ma con un sorriso incerto sulle labbra.

«Io gli do il colpo di grazia, tu tirami via, ok?»

Prima che Andrea potesse chiederle cosa intendesse, l’italiana ripartì all’attacco della struttura metallica, colpendola con l’ennesima ginocchiata. Già indebolite dai colpi precedenti, le fasce in acciaio che assicuravano l’impianto al palazzo cedettero, facendolo crollare addosso all’abominevole creatura. Spinta dall’adrenalina, Andrea iniziò a ragionare in maniera talmente veloce che ai suoi occhi tutto sembrava muoversi a rallentatore: la bestia, capendo che da lì a pochi secondi sarebbe precipitata al suolo, stava per afferrare Cassandra, ancora tramortita dal colpo appena dato alla struttura in metallo, che non sarebbe mai riuscita a sfuggirle, non da sola. L’americana sapeva di dover fare qualcosa, ma cosa? Tutta quella situazione sembrava un brutto sogno, ma lei di solito riusciva a fare di tutto mentre sognava, anche negli incubi. Ad un tratto un’idea le balenò in testa: l’unica cosa che nei sogni non era mai riuscita a fare era leggere, sia i numeri che le parole, e poco prima non era riuscita a leggere nulla sullo schermo del suo iPhone. Quello che stava vivendo era davvero un sogno? Si sarebbero spiegate la creatura mostruosa e la forza inumana dimostrata da Cassandra, ma se quello era un sogno allora…

Andrea portò le mani avanti e le strinse, come se avesse appena afferrato una corda, per poi tirare con forza verso di sé. In risposta, la giovane italiana viene sbalzata via con forza, come se fosse stata veramente tirata via con una fune, finendo addosso ad Andrea. Lanciando un verso colmo di rabbia e frustrazione, l’incubo venne trascinato via dal peso dell’impianto, schiantandosi al suolo. Un secondo dopo aver sentito il rumore dell’impatto, il signor Cervini e Kageyama crollarono in ginocchio, ansanti e pieni di sudori freddi, come si fossero appena svegliati dal peggior sogno della loro vita e, appena furono in grado di muoversi, corsero subito ad aiutare le due fanciulle, stese una sopra l’altra sul cemento bollente del tetto. Cassandra, trovandosi sopra Andrea, si spostò con non poca difficoltà a causa delle sue ginocchia, rosse e doloranti per tutti i colpi inflitti al duro metallo, e subito dopo venne tirata su dal suo ex fidanzato, che la prese in braccio.

«Ce ne andiamo, immediatamente.»

Il signor Cervini, che nel frattempo aveva aiutato sua figlia ad alzarsi, guardò l’allenatore con aria sconvolta.

«No, aspetti, non può andarsene! Che è appena successo? Cos’era quel mostro? Ci deve una spiegazione
Senza
degnare l’uomo d’affari di una risposta, Kageyama iniziò a scendere le scale, ma si fermò subito quando la ragazza che teneva in braccio iniziò a tirargli con forza un orecchio.

«Non possiamo lasciarli qui, hanno diritto a sapere cosa è successo!»

Kageyama ringhiò arrabbiato.

«Perché, pensi che ti crederebbero
Indispettita
da quelle parole, la giovane italiana si rivolse ad Andrea e suo padre, che cercavano di seguirli.

«Vi rendete conto dell’assurdità della situazione a cui siete appena sopravvissuti, vero?»

I Cervini si fermarono, confusi da quella domanda che, a loro parere, era senza senso, ma sperando di ottenere una spiegazione più chiara, annuirono entrambi.

«E vi rendete anche conto che la spiegazione che avrete sarà altrettanto assurda e suonerà incredibile?»

Di nuovo, i due annuirono, anche se in cuor loro desideravano che tutto si concludesse con “è stato solo uno scherzo”.

Ottenute quelle risposte, Cassandra guardò Reiji negli occhi con aria seria e decisa.

«Vengono con noi, punto e basta.»

Kageyama fece un verso stizzito: normalmente avrebbe risposto per le rime alla ragazza, ma la fretta di allontanarsi da quel posto ed evitare domande scomode di esercito e polizia non gli permetteva di mettersi a discutere con la fanciulla.

«Fai come diamine ti pare.»

E, detto questo, riprese a scendere le scale, allertando nel contempo il suo autista perché venisse a prendere lui e i suoi nuovi ospiti d’oltreoceano.

 

> Inazuma-cho, strade della citta’, 6 agosto, 10:18 Am

 

Gouenji abbassò lo sguardo sull’asfalto, pensieroso.

«Un mostro ci ha attaccati…? Non capisco, non ricordo nulla del genere.»

Kidou sospirò, aspettandosi quella risposta.

«Lo sospettavo, a parte me e Jaspers nessuno ricorda nulla. Persino la mia memoria è fumosa e quando provo a chiedere alla manager cambia argomento o scappa.»

«Sei stato male ieri, sei sicuro di non aver avuto un’allucinazione?»

Il regista fece cenno di no. Ricordava chiaramente uno scontro in cui erano stati coinvolti la fan di Genda ed un ragazzo che passava di lì. Loro gli erano sembrati gli unici in grado di muoversi di fronte alla creatura, mentre lui si era sentito paralizzare da un senso di rassegnazione e malinconica accettazione della morte che lo aveva privato di ogni forza. Però, a differenza del resto della squadra che aveva già dimenticato tutto dopo dieci minuti, lui ricordava. Perché?

Preoccupato per il suo amico, Gouenji gli poggiò una mano sulla spalla.

«Kidou, sei visibilmente provato e non me ne sorprendo. La nostra partita contro di te alla Teikoku, la partita contro la Zeus, i problemi con Kageyama, il tuo trasferimento alla Raimon e il Football Frontier… Sei stressato ed è più che comprensibile il perché. Però è vero che c’è qualcosa di strano… Jaspers è ancora più tesa del solito e così lo erano quel tipo sospetto e la ragazza che ti ha consegnato la lettera. Inoltre lei si è anche trovata la borsa a pezzi, non mi ricordo minimamente quando si sia rotta.»

D’un tratto Kidou si ricordò qualcosa.

«La lettera! Gouenji, quando ho provato a leggerla non ci sono riuscito!»

Il bomber di fuoco guardò perplesso l’altro.

«Non sei riuscito a leggerla…? Non capisco.»

Il rasta si concentrò, cercando di riportare alla mente ogni dettaglio.

«Quella ragazza, Malia si chiama se non erro, mi ha consegnato la lettera di Genda, ma quando l’ho aperta per esaminarla le parole erano… Sfocate! E appena me ne sono reso conto mi sono sentito debole come non mai. Subito dopo è comparso il mostro e ci siamo tutti paralizzati. Beh, tutti tranne Malia, Jaspers e quel ragazzo che è venuto in loro soccorso. È strano, Gouenji, sta succedendo qualcosa di strano.»

Il biondo si mise nuovamente a riflettere, turbato: non dubitava di Kidou, sapeva che era un ragazzo con la testa sulle spalle e sicuramente non si faceva suggestionare facilmente. Temeva ancora per la salute del regista, ma allo stesso tempo gli sembrava strano un malore isolato e tanto improvviso, poi lui stesso aveva un vuoto di memoria che coincideva proprio con il periodo che Yuuto diceva di ricordare.

«La lettera… Ora riesci a leggerla?»

L’espressione di Kidou si irrigidì mentre dalla sua cartella tirava fuori un foglio di carta, il rapporto dei suoi ex compagni sulle recenti attività di Kageyama.

«Sì, perfettamente…»

Gouenji rivolse a Kidou un sorriso per tranquillizzarlo.

«Ho capito, se vuoi scoprire qualcosa di più ti darò una mano.»

Il regista ricambiò il sorriso: si era ormai abituato alla nuova squadra, aveva stretto un legame di amicizia con Endou e gli altri, ma sapeva che se voleva parlare di qualcosa di serio era meglio confidarsi prima con Gouenji. Non lo faceva per cattiveria, ma i ragazzi della Raimon erano molto spensierati e a certe cose non facevano proprio per loro, Gouenji invece era un ottimo ascoltatore e pensatore, Yuuto sapeva di poter contare su di lui per ogni confidenza. Proprio per questo quando l’attaccante gli chiese di leggere la lettera, Kidou gliela consegnò senza esitare. I due erano ancora lontani dalla Raimon, dove si stavano recando per gli allenamenti in vista della partita contro la Zeus, quindi Shuuya aveva tutto il tempo di leggere il rapporto e riconsegnarlo al compagno. Ma, mentre camminava, Gouenji iniziò a non distinguere i kanji, che si trasformarono in una nebbia grigia e fumosa che aleggiava sul foglio bianco. Prima che il biondo potesse chiedersi se la vista si stesse annebbiando o meno, una fitta dolorosissima gli attraversò il capo, privandolo delle forze e mettendolo quasi in ginocchio, se non ci fosse stato Kidou a sostenerlo.

«Gouenji, ti senti bene?!»

Mentre l’attaccante cercava faticosamente di sostenersi da solo, i due calciatori vennero sorpassati ad altissima velocità prima da un’auto e poi da una creatura enorme e lunghissima, strutturata come un millepiedi le cui zampe erano state sostituite con braccia umane, che li travolse con un forte spostamento d’aria. Quando la bestia li ebbe superati, Gouenji e Kidou si scambiarono uno sguardo allarmato: avevano appena visto qualcosa di simile al giorno prima?

Subito il regista fece dietrofront per seguirli, ma il biondo lo fermò.

«Non possiamo andargli dietro, è troppo pericoloso!»

Kidou si girò verso il compagno, con un’espressione agitata.

«Ma forse questa è l’unica possibilità che abbiamo di capirci qualcosa!»

Shuuya sapeva che il suo amico aveva ragione ed anche lui voleva scoprire cosa stava succedendo.

«Va bene, andiamo… Ma cerchiamo di rimanere al sicuro
Yuuto
annuì ed i due iniziarono a correre dietro la strana creatura che continuava ad allontanarsi.

 

> Inazuma-cho, strade della citta’, 6 agosto, 10:21 Am

 

«Più veloce Shane, più veloce! Quella cosa ci ha quasi raggiunti!»

«Sto andando più veloce che posso Aléja, è inutile che urli!»

Il diciannovenne americano aggrottò la fronte imperlata di sudore, chiedendosi come fossero finiti lui ed i suoi due amici in quell’assurda situazione. Quella mattina avevano deciso di saltare le lezioni e di muoversi in macchina per la città, alla ricerca del mostro che li aveva tormentati all’università, e all’inizio era andato tutto bene, non avevano trovato nulla ma si stavano divertendo e rilassando. Poi ad un certo punto avevano visto il millepiedi in lontananza, in cima ad un palazzo. Quando la bestia aveva visto loro, era scesa dal grattacielo ad altissima velocità, per poi avanzare verso la macchina senza rallentare un attimo. Il povero Shane aveva fatto a malapena in tempo a fare inversione ed iniziare a fuggire, se avesse esitato un secondo in più il mostro li avrebbe raggiunti subito. Per loro fortuna, a causa dell’ora e del periodo di vacanza appena iniziato, le strade erano deserte e poterono scappare senza preoccuparsi troppo di creare un incidente. Nonostante però Shane stesse premendo l’acceleratore a tavoletta, il millepiedi si stava avvicinando sempre di più, creando il panico tra i ragazzi.

«Cosa facciamo? Cosa facciamo?!»

Eiji si chinò, tenendosi la testa tra le mani. Lo sapeva, lo sapeva che andare a cercare quella creatura era un errore. Se solo nella macchina ci fosse stato qualcosa da buttare contro il mostro per distrarlo e guadagnare terreno…

Appena ebbe finito di formulare quel pensiero, il giapponese sentì qualcosa rotolargli vicino ai piedi da sotto il sedile. Una volta raccolto, l’oggetto si rivelò essere una bottiglia di vetro piena di alcool tappata con un lungo lembo di stoffa bianca. Ad Eiji non serviva essere chissà quale esperto di armi per riconoscere cosa fosse, e l’idea di tenere in mano qualcosa del genere aumentò la sua agitazione.

«Che ci fa una molotov in macchina?!»

Shane staccò gli occhi dalla strada per guardare cosa avesse in mano il suo ragazzo.

«Che cazzo ne so?! È la macchina di tuo padre questa!»

«Guarda la strada Shane, guarda la strada!»

Mentre i due fidanzati erano impegnati a litigare, Aléja sfilò la molotov dalle mani dell’amico e recuperò un accendino abbandonato nel compartimento tra i sedili, per poi aprire il tettuccio ed affacciarsi fuori, prima di accendere il pezzo di stoffa che spuntava dal collo della bottiglia.

«Mangiati questa, mostro!»

Detto questo, il russo lanciò la molotov contro il muso dell’insettone, colpendolo in pieno. Ciò fece fermare la bestia, ferita ed accecata dalle fiamme, ed Aléja tornò a sedersi, soddisfatto.

Shane ed Eiji rimasero a bocca aperta davanti al comportamento del loro amico, ma appena si ripresero pensarono a come sfruttare il loro nuovo vantaggio.

«Cerchiamo di seminarlo!»

«E come Eiji?! Questa strada è tutta dritta e stiamo andando anche verso il ponte che porta a Tokyo! Non possiamo portarlo lì, saremmo in trappola e farebbe un casino!»

Aléja, che intanto guardava fuori dal finestrino, se ne uscì con un’idea.

«Chissenefrega della macchina, parcheggia qui e nascondiamoci tra gli alberi!»

Con una manovra da vero stuntman, Shane frenò e parcheggiò l’auto da un lato della strada, provocando un piccolo infarto ad Eiji, poi i tre uscirono velocemente dalla vettura ed andarono a nascondersi tra alberi e cespugli. Quando il millepiedi li raggiunse si mise subito ad esaminare l’auto, sorprendendosi di trovarla vuota. La bestia alzò il capo mostruoso, guardandosi in torno alla ricerca delle sue prede. I ragazzi rabbrividirono vedendo la testa da insetto del mostro, le grandi tenaglie che si aprivano e chiudevano, rilasciando una bava verdastra, ma tacquero, sperando che la creatura se ne andasse senza notarli. Il suono di passi veloci sull’asfalto attirò l’attenzione di Shane, che inorridì vedendo due ragazzini avvicinarsi. Il rumore arrivò anche alle orecchie del millepiedi, che si girò di scatto verso i nuovi arrivati, fulminandoli e paralizzandoli con lo sguardo. Prima che l’americano potesse pensare ad un piano per distrarre il mostro e permettere ai due ragazzi di fuggire, una voce troppo famigliare arrivò alle orecchie sue e del suo fidanzato.

«Ehi bestione, mi stavi cercando? Sei arrabbiato per prima?»

Aléja, con un sorriso nervoso e tirato, saltellava e si sbracciava vicino al ponte per attirare l’attenzione del mostro, che si girò verso di lui ed iniziò ad attaccarlo, cercando di acchiapparlo con le sue molteplici mani. Senza perdere un secondo di tempo, Eiji corse dal suo ragazzo e lo afferrò per le spalle, guardandolo dritto negli occhi.

«Shane, porta al sicuro quei ragazzini, io vado ad aiutare Aléja!»

L’americano ebbe bisogno di un secondo per comprendere ciò che gli veniva chiesto, poi annuì con decisione ed i due si separarono, andando da parti opposte.

Mentre Eiji attirava a turno l’attenzione del millepiedi con Aléja, Shane raggiunse i ragazzini e cercò di scuoterli.

«Ehi, che ci fate qui? Datevi una mossa e scappate
I
due, entrambi delle medie, uno biondo con i capelli a spina e l’altro con dei rasta castani tenuti insieme da una coda alta, non reagirono in alcun modo. Erano paralizzati sul posto, al più grande sembrava che non stessero neanche respirando. Capendo che da soli quei ragazzi non si sarebbero mossi, Shane prese il biondo in braccio, con non un po’ di difficoltà, ed andò a nasconderlo nella macchia di verde al lato della strada. Fortunatamente entrambi i ragazzi erano ancora molto giovani e Shane riuscì a trasportarli entrambi al sicuro in poco tempo. Dopo aver nascosto i ragazzini tra i cespugli, l’americano si girò a vedere come se la stessero cavando i suoi amici. Il mostro doveva avere anche il cervello di un millepiedi, oltre all’aspetto, perché la strategia di Aléja ed Eiji stava funzionando, l’unico problema era che ora non potevano scappare.

Shane si sentì montare una grande rabbia dentro: quella mattina stava andando tutto bene, poi quella cosa li aveva presi di mira ed aveva iniziato ad inseguirli, ed ora il suo fidanzato ed il suo migliore amico stavano rischiando la vita nel tentativo di distrarlo. Il moro avrebbe tanto voluto investire quell’orribile mostro, ma la macchina del padre di Eiji era troppo piccola, se solo avesse avuto un mezzo più grosso…

Il filo dei pensieri del ragazzo venne interrotto dal suono di un grosso motore che si accendeva e, guardando dietro di sé, Shane vide un’autocisterna comparsa dal nulla. Dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno alla guida e nei paraggi, l’americano si sedette al posto di guida e, dopo aver famigliarizzato un attimo con il veicolo, partì a tutta velocità, puntando al mostro. Sentendo il forte clacson della vettura, Eiji ed Aléja si scansarono, lasciando così la libertà a Shane di investire e trascinare via il mostro, verso il ponte che prima si era rifiutato di attraversare.

Constatando che la bestia era bloccata e non riusciva a liberarsi, il ragazzo bloccò il pedale dell’acceleratore e si buttò dal veicolo. Aléja non poté che esultare mentalmente per ciò che aveva appena visto: il suo amico era al sicuro e il millepiedi era bloccato, per di più da una cisterna che trasportava liquido infiammabile! Oh, se solo avesse avuto tra le mani qualcosa per provocare un’esplosione si sarebbero potuti liberare di quell’incubo…

Come per magia, a quel pensiero, un bazooka comparve tra le mani del russo, sorprendendo sia lui sia Eiji, al suo fianco.

«Da dove è uscita quella roba?!»

Aléja sfoggiò un sorrisetto sorpreso e divertito.

«Non lo so, ma so perfettamente cosa farci!»

Il ragazzo imbracciò l’arma e poi urlò all’amico che stava correndo verso di lui.

«Shane, a terra!»

Appena ebbe visto l’americano buttarsi sull’asfalto, Aléja premette il grilletto e venne sbalzato via dal rinculo, finendo per terra. Ad occhi chiusi, ascoltando il sibilo del proiettile, il russo pregò intensamente di non aver mancato il suo bersaglio. Poco dopo un tremendo boato ed una discreta onda d’urto, seguita da versi inumani disperati, lo spinsero a riaprire gli occhi e ad avere la conferma che le sue preghiere avevano ricevuto una risposta. Il millepiedi si agitava, avvolto dalle fiamme, emettendo versi striduli e terrificante, prima di abbattersi al suolo e smettere di muoversi. Era finita. Con il cuore che batteva a mille, Shane si rialzò e raggiunse i suoi amici, sconvolti quanto lui. Ce l’avevano fatta, avevano distrutto il mostro e, con esso, il ponte che portava a Tokyo. Eiji ed il suo fidanzato aiutarono Aléja ad alzarsi, poi i tre corsero a controllare le condizioni dei due ragazzi nascosti tra i cespugli, che nel frattempo sembravano essersi sbloccato.

«Ehi piccoli, state bene?»

Kidou si tenne la testa, sorpreso di trovarsi coperto di sudori freddi e, dopo aver deglutito a vuoto, annuì.

«Q-Quel mostro… Che fine ha fatto?»

Sorridendo sollevato, Aléja rispose a Yuuto mimando un’esplosione. Dopo essersi alzati da terra, il regista ed il suo compagno tornarono in strada per verificare con i loro occhi quello che era  successo, seguiti a ruota dal terzetto di ragazzi più grandi, che avevano mille domande da far loro.

«L’avete visto anche voi, vero? Cazzo, temevamo di vederlo solo noi tre.»

Kidou cercò di riacquistare la calma, per poter rispondere chiaramente a quelli che erano ufficialmente i loro salvatori.

«Sì, l’abbiamo visto anche noi… Una cosa simile ieri ha attaccato dei ragazzi alla nostra scuola…»

I tre universitari imprecarono sottovoce, poi Shane ruppe il silenzio che quella notizia aveva creato.

«Possiamo parlarne mentre ce ne andiamo di qua? Tra poco questo posto pullulerà di polizia e vigili del fuoco, e vorrei evitare che ci accusassero di aver creato questo casino. Ragazzi, venite con noi, vi accompagniamo a casa.»

Normalmente Kidou e Gouenji non avrebbero accettato un passaggio da tre sconosciuti, ma visto quello che avevano appena passato, decisero di fidarsi. In fondo durante il tragitto avrebbero potuto scambiarsi con quei ragazzi delle informazioni importanti.

 

> Inazuma-cho, Casa Kageyama, 6 agosto, 12:48 Am

 

Comodamente seduta su un divano, Andrea sorseggiò la bevanda calda che le era stata servita da una delle cameriere di casa, mentre ascoltava con attenzione il telegiornale. Al notiziario stavano parlando dell’incidente di qualche ora prima, dicendo che era stata una forte esplosione che aveva sconvolto parte del palazzo. Nel frattempo suo padre David discuteva nervosamente con Kageyama, chiedendo spiegazioni su ciò che era successo. Il padrone di casa però insisteva nell’aspettare Cassandra prima di dare una qualsiasi spiegazione ai suoi ospiti, facendo agitare ancora di più l’americano. Andrea sospirò, stanca: capiva l’angoscia di suo padre, ma credeva che poteva risparmiarsela. In fondo, anche se con un po’ di difficoltà, erano riusciti ad uscire dal palazzo evitando di essere fermati da chicchessia, avevano raggiunto l’autista di Kageyama e, pur rimanendo bloccati nel traffico per un po’, erano arrivati a casa dell’uomo sani e salvi. Avevano aspettato fin ora, potevano aspettare altri dieci minuti per avere delle spiegazione, l’importante era ottenerle. Proprio quando i due uomini erano sul punto di scoppiare a litigare, la voce squillante di Cassandra gli interruppe.

«Uffa quanto urlate, vi si sente dall’altro capo della casa, e non siamo mica in un monolocale!»

Dimenticando completamente tutto il resto, Reiji si assicurò subito delle condizione della ragazza.

«Cass, come vanno le ginocchia
La
castana sorride per tranquillizzare il suo ex fidanzato.

«Molto meglio Reiji, non preoccuparti!»

Stanco di aspettare, il signor Cervini cercò di attirare l’attenzione dei due.

«Bene, ora volete spiegarci cosa sta succedendo?»

Pronta a rispondere ad ogni domanda, Cassandra andò a sedersi al fianco di Andrea, a gambe incrociate.

«Allora, ciò che avete visto oggi era un incubo!»

I due americani rimasero per un attimo senza parole, poi David sbottò arrabbiato.

«Stai insinuando che ci siamo sognati tutto?!»

La più piccola scosse energicamente la testa.

«No no, è ciò che è quella creatura, un incubo! Non siete voi ad averla sognata ad occhi aperti, è lei ad essere uscita da un sogno!»

Andrea sapeva di doversi aspettare una spiegazione assurda, ma quello andava oltre ogni immaginazione.

«Scusa, come fai ad esserne sicura?»

«Beh… L’ho incontrata in un sogno qualche tempo fa. Ed anche la creatura di un incubo ricorrente che faccio fin da piccola si è manifestata nel mondo reale.»

Il signor Cervini si tenne la testa, confuso.

«Non capisco… Anche se fosse vero, se quella cosa fosse stato un incubo, perché nessun altro sembra averla vista?»

Cassandra si mise a riflettere: non aveva una risposta precisa a quella domanda.

«Non lo so con certezza… Penso che in qualche modo riescano ad ingannare la mente di tutti.»

Kageyama decise di intervenire.

«In effetti neanche lei riusciva a vederlo all’inizio. Quando ha scardinato la porta lei non ha notato nulla.»

Rendendosi conto che ciò era vero, David si sedette su una poltrona per riflettere.

«È vero, l’unica cosa che ho visto è stata la porta scardinarsi, il corridoio era vuoto, almeno ai miei occhi… Andrea, mi confermi che è stato il mostro a farlo?»

La giovane annuì al genitore, prima di parlare.

«Sì, ma allora cos’è cambiato? Perché sul tetto l’hai vista?»

Il signor Cervini chiuse gli occhi, cercando di ricordare.

«Non lo so… L’unica cosa strana è che quando ho provato a chiamarti non riuscivo a leggere nulla sull’iPhone e quando me ne sono reso conto mi sono sentito male…»

Fulminata da un’idea, Cassandra schioccò le dita.

«Si è svegliato!»

Tutti gli altri guardarono confusi l’italiana e quest’ultima, capendo di doversi spiegare meglio, continuò a parlare.

«Signore, le è mai capitato di provare a leggere qualcosa in un sogno?»

L’uomo scosse la testa.

«No, quando mi rendo conto di non riuscire a capire nulla mi svegl- oh…»

Cassandra annuì, decisa.

«Ecco. In qualche modo queste creature compaiono in un sogno ambientato nella realtà e quando le persone si svegliano riescono a vederle. È successo anche con te Reiji, ricordi? Hai tentato di leggere un manifesto e ti sei sentito male, infatti poi sei riuscito a vedere da subito l’incubo in quella casa.»

L’allenatore annuì, contento di veder spiegato il perché del suo malore improvviso del giorno prima, ma il signor Cervini aveva altre domande da porre.

«C’è qualcos’altro che non capisco: quando abbiamo guardato negli occhi quella cosa sia io che il signor Kageyama ci siamo praticamente paralizzati, mentre tu ed Andrea no, perché?»

«Oh, io non mi paralizzo mai davanti agli incubi, li cambio!»

David assunse un’espressione confusa, non capendo quella risposta.

«Cambi gli incubi…?»

L’italiana annuì nuovamente, accorgendosi solo dopo di dover specificare meglio cosa intendesse.

«Oh, non parlo degli incubi tipo quello di oggi, parlo di quelli normali. Cambio sempre i miei sogni.»

«Sei una sognatrice lucida…»

Cassandra guardò entusiasta la ragazza al suo fianco.

«Sai di cosa parlo?»

Andrea annuì: era una sognatrice lucida lei stessa e si era informata tempo prima su questo fenomeno.

«Sì, sono una sognatrice lucida anche io. »

Cassandra tratteneva a stento l’emozione: era la prima volta che incontrava una sognatrice lucida come lei e questo voleva dire avere un’alleata contro gli incubi.

«Quindi i sognatori lucidi hanno la possibilità di muoversi davanti a questi mostri e le persone normali no… Rimangono comunque tanti interrogativi! Da dove escono fuori questi incubi e cosa vogliono?»

L’entusiasmo della castana si spense di fronte alle domande del signor Cervini: non aveva la minima idea di come quelle creature fossero arrivate nel mondo reale. Certo, c’era il portale che aveva attraversato anche lei, ma questo non poteva confidarlo all’americano e a sua figlia. Inoltre non aveva le idee ben chiare su quello strano varco e su come si fosse formato. Ad un certo punto l’attenzione di tutti fu catturata nuovamente dalla televisione, che trasmetteva ora un’altra notizia importante.

«Un altro attacco è stato effettuato stamane al ponte, rendendolo impraticabile. Coloro che devono andare o tornare da Tokyo sono pregati di utilizzare le linee metropolitane, potenziate per contrastare l’emergenza.»

Andrea rabbrividì a quella notizia e suo padre lo notò subito.

«Andrea…»

«Io non ci vado in metropolitana.»

David sospirò: lui doveva assolutamente tornare in hotel, il giorno dopo avrebbe avuto altri importanti appuntamenti di lavoro a Tokyo e non poteva di certo mancarli perché sua figlia aveva paura della metropolitana, ma non voleva neanche lasciare Andrea da sola. Appena l’uomo ebbe spiegato a Reiji e Cassandra il problema, quest’ultima se ne uscì subito con una soluzione.

«Andrea può stare da noi!»

Le occhiatacce che i due adulti le riservarono fecero per un attimo pentire la castana della sua proposta, ma subito dopo cercò di convincerli.

«B-Beh, qui con noi sarebbe più al sicuro…»

«Ha ragione, papà, rimango qui.»

David guardò a bocca aperta sua figlia. Lui non si fidava a lasciarla lì da sola, come poteva lei essere così tranquilla invece? L’occhiata decisa che gli lanciò Andrea gli fece però capire che era inutile tentare di convincerla. Sospirando, l’americano si grattò la testa.

«Va bene… Domani cercherò di liberarmi il prima possibile dei miei impegni, così potrò tornare qui.»

Andrea fu soddisfatta della risposta.

«Ok, domani però porta il mio portatile, ne avrò bisogno.»

Già, la ragazza ne avrebbe avuto proprio bisogno: era decisa a fare parecchie ricerche sulla faccenda per capire fino in fondo cosa stesse succedendo lì. Inoltre pernottare da Kageyama le avrebbe permesso di conoscere meglio Cassandra e scoprire come mai conoscesse così tante cose sulla questione.

 

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Mh mh mh, indovinate chi è tornata dal mondo dei morti? Mi scuso per il ritardo bestiale, ma a forza di aspettare una recensione al capitolo scorso mi sono completamente dimenticata di aggiornare questa storia e quando ho notato che l’ultimo capitolo risaliva a FEBBRAIO ho sclerato male. Però mi sono fatta perdonare, no? Il capitolo è di quasi 6000 parole, pieno di azione… Sigh, spero davvero che basti a farmi perdonare questo ritardo. Comunque la storia inizia ad entrare nel vivo, il prossimo aggiornamento sarà dopo che avrò aggiornata l’altra mia storia ad OC, cosa che cercherò di fare prima dell’inizio delle mie lezioni il 26. Una volta che avrò finito la raccolta che sto scrivendo mi dedicherò solo ai progetti in corso, facendo eccezione solo per qualche one-shot sporadica. Spero davvero di ricevere qualche parere e di trovare la possibilità di aggiornare il prima possibile. In ogni caso, ci rivedremo.

A presto,

Lau

 

   
 
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