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Autore: emmegili    10/09/2016    1 recensioni
- Hai intenzione almeno di dirmi come ti chiami o dovrò tirare ad indovinare?
- Hai intenzione di smettere di interrompermi mentre leggo o devo imbavagliarti?
- D’accordo, tirerò ad indovinare.
- D’accordo, mi toccherà imbavagliarti.
- Sei davvero adorabile, te l’hanno mai detto?
- Sei davvero un rompipalle, te l’hanno mai detto?
--
Ma Oliver... Oliver non muove un muscolo, nemmeno gli occhi. Mantiene lo sguardo fisso nel mio, come un salvagente nel mare in tempesta. Ogni volta che sto per affogare, mi aggrappo alla sua sicurezza.
--
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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She would not show that she was afraid,

but being and feeling alone was too much to face

Thought everyone said that she was so strong

What they didn't know was that she could barely carry on

A Little Too Much - Shawn Mendes

 

17. – Rachele

- Ma buongiorno, principessa!
L’occhiata storta che lancio a mio padre, appollaiato tranquillamente su una sedia della cucina, con il giornale in mano e una vestaglia addosso, non serve e fargli sparire quel sorriso soddisfatto e chioccio dal volto.
Accanto a lui, Lucas si sta ingoffando di tutte le schifezze di questo mondo, mentre mamma e Kate, entrambe già vestite, parlottano accomodate sul divano.
- Non è citando La vita è bella che mi convincerai ad accettare quella casa, papà –sbadiglio sedendomi a tavola e mordicchiando un croissant.
Mi lancia un’occhiata, come a dire che non ho possibilità di scelta.
- E’ Natale! E’ Natale! –sputacchia mio fratello tra un boccone e l’altro, facendomi inorridire.
- Ehi, tesoro. –mia madre si alza e mi raggiunge, mi bacia sulla fronte e poi ammonisce Lucas riguardo al cibo.
- Finisci di mangiare, che poi apriamo i regali –mi incita Kate dal sofà, sorridendo.
- Oh, il mio l’ho già aperto. Non resistevo, Ele, scusami. –sorride colpevole Lu accennando all’enorme scatola appoggiata al muro, contenente una pista per macchinine a quattro piani.
Scrollo le spalle.
- Fa niente, tanto io so già qual è il mio. –borbotto noncurante, riferendomi alla casa.
A Lucas cade la mascella, e in un lampo mi ricordo di Babbo Natale.
- Voglio dire –tossisco –Io, che so tutto, ho già discusso di questa cosa con Babbo Natale e siamo arrivati alla conclusione che non serviva che facessi la lettera, perché io...
Kate interrompe il mio penoso monologo sorprendendomi con una scatolina color perla. Mi fa un occhiolino.
- Be’, pare che Babbo voglia tenersi l’esclusiva della sorpresa –conviene papà sorridendo complice.
Apro la scatolina diffidente. Poggiato su un morbido cuscinetto bianco, c’è un bracciale d’argento dal quale pendono delle note musicali.
E’ davvero bello.
- Io non suono più –ricordo più a me stessa che a loro.
- Be’, comunque sia, mi pare che la musica abbia un posto nel tuo cuore, ora. –suggerisce Kate ammiccante.
Aspetta, cosa?
Decido di lasciar perdere e torno a concentrarmi sulla colazione.
- Ho deciso di regalare a Rachele la casa sulla spiaggia –annuncia mio padre. Sospiro.
- Ottima idea, Enrico. –cinguetta Kate.
Mamma resta zitta, segno del fatto che lo sapesse già.
- Non la voglio. –ripeto, senza alzare lo sguardo.
- Oh, ma è magnifica! –continua l’assistente.
- Non saprei che farmene.
- Fallo per me, Rachele. Ti prego.
Quando incrocio gli occhi di papà, sono supplichevoli e non più divertiti.
Deglutisco a fatica il morso di croissant.
- D’accordo –mormoro, sentendomi al centro dell’attenzione e determinata a porre fine a quel supplizio –Se proprio ci tieni, accetterò quella casa.
Mio padre pare rilassarsi.
- La adorerai.
- No, l’unica cosa che adoro sono le parole sulla carta.
Mamma alza gli occhi al cielo con fare plateale.
- Oltre a un centinaio di cantanti.
- Tra questi è compreso Oliver? –chiede civettuolo Lucas.
- Oh, ma si può sapere che avete tutti? –sbotto –Se vi piace tanto Oliver, sposatevelo e lasciatemi respirare!
Ed ecco di nuovo tutti quegli occhi su di me.
- Non possiamo –ribatte tranquillamente Lucas, senza nemmeno l’intento di fare una battuta –Te lo sposerai già tu.

- Papà, io... –tentenno, mentre, seduti sulla spiaggia, guardiamo mamma e Lucas giocare con l’acqua. Le parole faticano ad uscire anche questa volta. Il muro costruito dal mio orgoglio è praticamente invalicabile.
Non mi abituerò mai alle temperature africane di questo posto persino a Natale.
Mi guardo i piedi nudi, affondati nella sabbia tiepida, e mi mordo l’interno della guancia.
- Ti devo chiedere scusa. Mi sono comportata male con te, l’altra sera. –sospiro –E’ solo che non sapevo come comportarmi.
Lui sorride.
- Sono io che devo scusarmi con te, tesoro. Abbiamo sbagliato a mentirti. E ora ti abbiamo dato un fardello troppo pesante da sopportare.
Scuote piano la testa.
- Papà... vuoi che... vuoi che resti qui? Intendo... tra tre giorni parto per il Canada. Ma se vuoi che resti, io posso restare.
Pronunciare quelle parole mi costa uno sforzo enorme. E mi sento uno schifo per questo. Perché, alla fine, l’unica cosa che voglio è andare da Oliver e scappare da questo posto, quando invece dovrei voler restare qui, accanto a mio padre, che sta morendo. Se ne sta andando. Un’altra volta.
- No, no, non pensarci nemmeno. Non è che cambieresti le cose, se restassi.
- Ma potremmo passare più tempo insieme.
Non so perché mi ostini a ribattere, perché non mi accontenti della sua risposta negativa e faccia un respiro di sollievo.
Forse è il rimorso, il senso di colpa. Voglio avere la certezza che, quando morirà, il senso di colpa verrà alleviato dal fatto che “perlomeno ho insistito per restare con lui”.
Faccio una smorfia. Non sono così. Sono molto meglio.
Ma non sono stata io a decidere di essere indifferente a mio padre. Non lo odio, ma nemmeno lo amo. E’ stato lui a creare questa condizione. Mi sento soffocare.
- Non cambierebbe niente, fidati. –ride amaro –non riuscirei mai comunque a conquistarti di nuovo, Rachele. Ti conosco.
Mi mordo la lingua, prima di dirglielo in faccia. No, no che non mi conosci.
- Non puoi saperlo. Sono cambiata.
- Oh, sappi che non sei cambiata per niente, bambina mia. Sei la stessa ragazzina che ho lasciato dieci anni fa. Ti senti in dovere di prenderti cura di me e di volermi bene solo perché sto morendo. Ti obblighi a essere carina e gentile perché sai che la mia vita è agli sgoccioli, non riesci ad urlarmi in faccia che sono un idiota, che non avrei dovuto mentirti, che è solo colpa mia se ora siamo in questa situazione. Comunque, le so già queste cose. So di essere un idiota, so che non avrei dovuto mentirti e so che la colpa non è di altri se non mia, se ora la situazione è questa.
Resto di stucco, ma cerco di non farglielo notare.

- Dimentichi un particolare. –gracchio –Io vorrei volerti bene, ma proprio non ci riesco. Mi hai già fatto male una volta. Ed ora ho la certezza assoluta che lo farai di nuovo.
- Certezza? –mio padre ride incredulo –Non ti farei mai del male...
- Morirai –sbotto –Morirai. E allora? Allora cosa accadrà, papà? Eh?!
Vedo mio padre guardare vitreo davanti a sé. Seguo con gli occhi la direzione, fino al viso spaventato di Lucas.
- Oh, merda. –impreco sottovoce, mentre mio fratello scoppia a piangere.

A Lucas non hanno raccontato tutta la storia. Gli hanno semplicemente detto che papà è malato. Per cui, lui si limita a piangere disperato per l’amorevole e onesto padre che sta perdendo.
Mi guarda in cagnesco tra una lacrima e l’altra, perché io non piango come lui. Crede che sia un mostro, a non piangere per papà. Probabilmente è persino convinto che sia malato a causa mia.
- Tranquillo, piccolo, andrà tutto bene. –sussurra mamma accarezzandolo.
- Io non vengo in Canada. Io resto qui con papà. –annuncia Lucas, gli occhi arrossati di pianto che mi fissano arrabbiati.
- Non puoi, Lucas, non essere sciocco –interviene mamma.
- Ho detto che resto qui!
Mia madre guarda speranzosa, in cerca di aiuto, mio padre, che scrolla le spalle.
- Per me potete restare.
Ecco l’aria soffocante che mi stringe il collo, di nuovo, la sensazione di annegare che si impadronisce dei miei polmoni.
- Oliver ci aspetta, io devo andare con lui a New York. –ricordo –Non posso abbandonarlo.
- Be’, però a quanto pare puoi abbandonare tuo padre! –strilla sibillino Lucas. Un pungo mi prende lo stomaco, me lo stringe, lo strizza come in una morsa.
- Lucas! –lo richiama papà, scioccato –Sai bene che non è così.
- Se te la senti di andare in Canada da sola, io e Lucas restiamo qui –mormora mamma, guardandomi di sottecchi.
- Ma il volo... l’avete già prenotato... –boccheggio.
- Oh, quello si disdice.
- Perché non li disdiciamo tutti e tre? Rachele dovrebbe rimanere qui. Sono sicuro che Oliver capirebbe. –mi lancia un’occhiata che annuncia, ma che non mi prepara, alla bomba –Lui non è egoista e menefreghista come te.
Non dovrei, ma i miei muscoli non reagiscono ai comandi del cervello e si muovono di istinto. Prima che passi una frazione di secondo, mi avvicino a Lucas e gli tiro uno schiaffo.
Il tempo si blocca, nessuno respira più. Il silenzio crea un fastidioso fischio nelle orecchie.

 

 ♥ ANGOLO AUTRICE ♥

Eh sì, la curiosità ha avuto la meglio su di me. Così eccomi qui, a pubblicare di nuovo questo capitolo ancora una volta per poter pubblicare il prossimo!

Bene, riassumiamo velocemente la nota dell'autrice della volta scorsa...

Il prossimo capitolo sarà lungo lungo lungo e ci sarà talmente tanto Oliver che potreste arrivare a stancarvi di lui... Ma chi voglio prendere in giro.

In ogni caso, la strofa della canzone in cima al capitolo l'ho messa perchè mi pareva fin troppo la definizione di Rachele, quindi...

Okay. Anticipazione? Anticipazione.

Oliver si limita ad aumentare la stretta, come se avesse paura di lasciarmi andare.

 

 

 

 

   
 
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