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Autore: _Charlie_    11/09/2016    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 26:

 

Un Natale rosso sangue

 

 

Dopo quella sera, Hazelle sparì dalla circolazione – non tornò neppure nei giorni seguenti, risvegliando nell'animo dell'intera Congrega un certo senso di allarme e inquietudine.
Per un attimo Arya aveva persino creduto che se ne fosse tornata a Parigi e che, ancora una volta, le avesse abbandonate al loro destino – senza soldi e alcun tipo di protezione.
Ma non poteva certo trattarsi di una roba simile. Una persona impara sempre dai propri sbagli, giusto? Nell'arco di quelle lunghissime settimane, ella aveva dato prova di esser divenuta tutto fuorché un'irresponsabile!
No, non avrebbe mai lasciato Rozendhel; non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
Perciò, in una gelida mattinata di Dicembre, spronata da questo fragile pensiero, Arya scelse di improvvisare un dialogo con Cassandra. Inutile sprecar fiato su quest'ultima che, come al solito, si mostrò alquanto scocciata dai continui interrogatori della giovane, restando in silenzio per tutta la durata dell'incontro.
« Hai finito? » Le aveva chiesto ad un certo punto, le labbra arricciate: « io non so che fine abbia fatto Hazelle. Non mi ha detto nulla ».
« Dai, Cassandra! » Arya aveva cercato in tutti i modi di spronarla a dir la verità, ma senza ottenere alcun risultato: « tu l'hai portata via dal Raven, sei stata l'ultima persona a vederla. Dimmi immediatamente cosa sai! »
« O altrimenti? »
« Senti, non stiamo giocando. Hazelle è sparita e, al momento, è anche piuttosto instabile. Dov'è? La stai aiutando a nascondersi, non è vero? Ogni notte, Beckah ti vede tornare a casa tardissimo... la vai a trovare da qualche parte? »
Trovandosi evidentemente alle strette, la donna aveva deciso di prendere tutte le sue cose e andarsene via. Arya, al contrario, era arrivata al limite della sopportazione, al punto di non saper più cos'altro inventarsi per poter risolvere la faccenda.
Giunse così la Vigilia di Natale, con tutte le sue sfumature di bianco ed un'apparente armonia. I cumuli di neve nascondevano infatti la realtà di tutti i giorni, presentando Rozendhel come la cittadina perfetta: la gente adesso sorrideva di più, trascorreva serenamente il proprio tempo in famiglia e vagabondava fino a tardi per cercare regali di ogni genere e stazza.
Ma, come al solito e come previsto, i membri della Congrega appartenevano ad un mondo a parte. Nessuno di loro si mostrava tanto entusiasta dall'arrivo di quel magico giorno: da quando era sparita Hazelle, Taissa non faceva altro che piangere, Bartek e Beckah si scontravano in continuazione, mentre Cinnamon osservava tutto a debita distanza.
All'ennesima sfuriata, Arya si lasciò cadere sul divano ed inviò un messaggio ad Oliver – intuendo subito che non avrebbe risposto, poiché troppo impegnato a trascorrere ogni attimo della sua vita insieme a Logan.
La ragazza sbuffò, cominciando a provare un importante sentimento di gelosia nei loro riguardi.
Chiuse gli occhi, il capo poggiato su un cuscino e rivolto al soffitto. Nonostante il chiasso che proveniva dall'altra stanza, non avrebbe compiuto alcuna fatica ad addormentarsi. Era così stanca; tutto le sembrava anormale, come se la presenza di Hazelle fosse l'unico elemento che riuscisse a tener insieme tutte quelle persone. Era una Congrega o un gruppo di individui messi lì a caso? Accennò ad un sorriso. Non le importava.
Tutt'a un tratto, con sua grande sorpresa, percepì una mano sfiorarle la spalla sinistra. Era un tocco delicato, attento e curioso.
« Cinnamon? Cosa c'è? » Le chiese Arya in cagnesco; rivolgersi male alle persone, senza neppure farlo apposta, era ormai una routine.
La strega dai capelli turchesi non sembrò farvi caso e le sorrise – una mano impegnata a rovistare all'interno della sua veste nera. Quando finalmente la tirò fuori, le mostrò un gessetto bianco.
« Mi vuoi dire qualcosa? » Arya inarcò le sopracciglia.
Cinnamon annuì e le fece segno di passarle la sua fedelissima lavagnetta, poggiata sul tavolino da tè, dinanzi a loro. Arya, quindi, si dovette sporgere un po' per prenderla e poi consegnargliela.
“Come ti senti?” Iniziò Cinnamon.
« Come mi sento? » Ripeté la giovane, quasi divertita: « stanca! E tu? »
Il palmo della mano strofinò la scritta precedente, poi il ticchettio del gesso tornò a farsi sentire: “vorrei essere felice”.
« Sì, anch'io » rispose Arya, mordendosi il labbro inferiore: « vorresti tornare al tuo Villaggio, non è vero? »
“Vorrei, ma non lo posso fare” Cinnamon continuò: “i demoni sono sempre più pericolosi ed io non conosco così tanti incantesimi”.
« Ma tu sei una strega dell'Impurità o una strega della Natura? »
La vecchietta sorrise, mostrando l'oscurità della sua bocca: “seguo il Credo dell'Impurità, concentrandomi perlopiù su pozioni e scrivendo Grimori”.
« E ti trovi bene in questa Congrega? » Le domandò Arya, curiosa di leggere la risposta.
Cinnamon scrollò le spalle e poi scrisse: “non c'è Congrega migliore di questa, grazie a te”.
Arya a quel punto non poté fare a meno di alzare un sopracciglio, diffidente: non credeva di aver fatto chissà cosa per essere tanto elogiata. Tentò comunque di ringraziarla, ma fu subito interrotta: “tu riuscirai a radunare le streghe dell'Impurità e della Natura. Da quel giorno in poi, si parlerà solo di streghe. Senza alcun tipo di distinzione”.
« Cosa ti fa dire tutto questo? » Arya iniziò a percepire dello scetticismo nelle sue stesse parole: « spiegati ».
Cinnamon abbassò gli occhi, convinta del fatto che se solo avesse instaurato un contatto visivo con la giovane, ella avrebbe di certo intuito tutto.
« Cinnamon » Arya le prese una mano, incerta: « anche tu detieni il potere della Vista? »
La donna agitò il capo e, subito, i capelli le divennero un mare in tempesta.
« A cosa ti stai riferendo? »
“Sei mai entrata nella camera di Hazelle?”
Arya inarcò la fronte: « una o due volte, non ricordo bene ».
“Hai notato il velo che nasconde il quadro?” Cinnamon si chinò in avanti, come se non vedesse l'ora di ascoltare la risposta.
Ma Arya la deluse: « purtroppo no. La sua camera è sempre chiusa con un incantesimo, è impossibile entrarci ».
“Peccato” scrisse l'altra strega: “però promettimi che un giorno lo farai”.
« Eccome se lo farò! » Arya si mise a braccia conserte: « però potremmo facilitare la cosa se solo me lo dicessi adesso. Tu l'hai visto, o sono io che ho capito male? »
Cinnamon tentò di sottrarsi a quella domanda: ora non sembrava aver più così tanta voglia di proseguire il discorso.
« Cinnamon » la rimproverò Arya: « dimmi cosa c'è dietro quel velo ».
La strega inspirò, la mano ferma attorno al gessetto: “non sono la persona adatta, scusami”.
Dunque si alzò, si sgranchì la schiena e fece per andarsene, quando dalla cima delle scale spuntò la figura di Taissa, più spaventata e fragile del solito.
« Che succede adesso? » Arya socchiuse le palpebre, stremata. Erano ormai trascorsi, e decisamente superati, i tempi in cui poteva svegliarsi la mattina con il buonumore e tornare a letto la sera con lo stesso identico sorriso smagliante.
Dalla cima delle scale, la ragazza non rispose; si limitò a guardarsi intorno con estrema cautela. Era ovvio che avesse ricevuto da poco una visione – ogniqualvolta che ne subiva una, rimaneva scioccata per giorni.
Arya la raggiunse un istante più tardi, scavalcando la figura di Cinnamon e lanciando a quest'ultima un'occhiata eloquente: dava l'impressione di essere anche lei all'oscuro di tutto.
« Taissa? » Iniziò Arya: « cos'hai visto? »
Taissa scosse il capo: « non lo so ».
« In che senso? » Domandò Arya, convinta di poter risolvere la faccenda anche senza interrompere la faida in cucina. « Sforzati un po' di più ».
Allora Taissa si portò una mano al petto, il respiro affannoso e le lacrime pronte a rigarle il viso.
« C'era un demone » disse con la voce rotta: « stava attaccando un ragazzo... il sangue era ovunque ».
« Hai riconosciuto il posto? » Arya si preparò ad intervenire: « era qui vicino? »
La giovane annuì lentamente, lo sguardo perso nel vuoto: « l'essenza del Fuoco Aureo si troverà in pericolo se lascerà questa casa. Se raggiungerà il parco, vedrà una cosa orribile ».
« Dimmi, chi è questo demone? » Un brivido le percorse la schiena nel momento esatto in cui vide comparire dinanzi a sé lo spettro di Castigo: « è una donna? »
Annuendo, Taissa le confermò l'ipotesi: « ucciderà, berrà sangue... non si fermerà mai ».
Arya tirò indietro la testa, inorridita. Cosa avrebbe dovuto fare? Il coraggio che l'aveva da sempre accompagnata, questa volta non sembrò donarle alcun tipo di sostegno. Era paralizzata.
Deglutì nervosamente, i pugni chiusi. Era consapevole del fatto che se solo si fosse presentata, Castigo l'avrebbe uccisa immediatamente... o peggio, torturata per giorni e giorni.
Soffocò un conato di vomito. Il battito cardiaco accelerato.
Non disse nulla neanche quando balzò giù dalle scale e s'indirizzò verso l'ingresso. Si precipitò fuori dalla porta, oltre il giardino e le inferriate che lo separavano dalla strada.
Che cosa stava facendo? Sentì una fitta dietro al collo: perché non aveva chiesto a Beckah di accompagnarla? Per quale motivo preferiva starsene da sola? Non si sentiva più parte della Congrega?
Inciampò sui suoi stessi passi, scivolando fortunatamente su di un soffice tappeto bianco.
Le strade di Rozendhel erano deserte, illuminate dalla luce artificiale dei lampioni che donava alla neve un aspetto insolito, ingiallito.
Arya si rialzò – le mancava il fiato, sentiva freddo e la gola aveva cominciato a pizzicarle. Per la fretta aveva persino scordato il cappotto sull'appendiabiti di Hazelle.
I morti non ne hanno bisogno, pensò.
Raggiunse così il quartiere del Sunny-Valley, chiedendosi immediatamente se non avesse agito con troppa impulsività. Aveva interpretato male la visione di Taissa: non era quello il posto in cui si sarebbe mostrata Castigo. Il viale, infatti, era percorso da tante piccole lampadine rosse e verdi; si presentava ben illuminato, con le saracinesche dei negozi abbassate e con una piccola scultura di neve innalzata accanto al forno degli Harris. Arya strizzò gli occhi e notò che doveva trattarsi di un pupazzo incompleto, senza bottoni per gli occhi ed una carota per delinearne il naso.
Si guardò intorno: non sembrava esserci nessuno nelle vicinanze.
Continuò dunque a camminare, raggiungendo il Sunny-Valley e sbirciando attraverso la recinzione serrata.
Ogni passo le costava un lieve tremolio: la neve le si insinuava negli scarponi, raggiungendo ben presto la pelle nuda delle caviglie. Annodò le braccia attorno al busto, abbassando la guardia.
Possibile che Taissa avesse sbagliato? Era già la terza circumnavigazione del parco che intraprendeva, eppure non aveva assistito a nulla di insolito.
Fu per questo motivo che esitò un po' prima di raggiungere il luogo da cui si era originato quell'orripilante grido di terrore. Esso aveva infranto la quiete, squarciato il silenzio... l'aveva riportata in tempo presente con qualche secondo di ritardo.
Arya, quindi, si sentì in dovere di tornare a correre – i pugni chiusi, pronti a richiamare la potenza del Fuoco Aureo.
Svoltò al primo vicolo, non vedendo altro che oscurità. Le luci dei lampioni e anche quelle natalizie si erano fulminate – era un oceano oscuro.
« Lux! »
Non appena si sentì nominata, la fiammella salì dal palmo di una sua mano e prese ad illuminare gran parte di quel vicolo.
Era stretto, circondato da pareti in mattoni e coperto da rifiuti misti.
La neve era scarlatta, gli schizzi di sangue erano finiti ovunque.
Arya inarcò le sopracciglia, sorpresa: non era Castigo... sembrava un demone qualsiasi. Esso si trovava chino su di un ragazzo, come se fosse in procinto di succhiargli il sangue.
« Lascialo stare! » Esclamò la giovane e, subito, si lanciò all'attacco: prese il demone per la veste e tentò di tirarlo indietro.
Nulla.
« Ho detto » Arya alzò il tono della voce, le mani incandescenti: « di lasciarlo! »
Ma a quel punto, tutto divenne irreale: il demone si voltò, digrignò i denti, Arya si ammutolì, cadde a terra, venne colpita, il suo sangue schizzò su tutti i mattoni.
Il ragazzo sembrava ormai morto: la sua carnagione aveva assunto quella sfumatura tipica dei cadaveri – non respirava più. Aveva lo sguardo rivolto verso la salvezza, la bocca semi-chiusa ed un arto mancante.
Arya si tastò il petto: le dita le si tinsero di rosso. Adesso sentiva nelle orecchie uno strano formicolio. Tentò di rimettersi in piedi. Il demone, invece, si preparò ad attaccare ancora.
« Basta » sussurrò lei, deglutendo: « ho detto basta! »
Arya vide la bestia lanciarsi di nuovo contro la sua figura. Prontamente, scelse di attaccare.
Il pugno lo colpì in pieno volto, facendolo ruzzolare a terra – tra i rifiuti e la neve insanguinata.
La ragazza si chinò su se stessa, le lacrime agli occhi.
Urlò nel vedere il cadavere di quello sconosciuto.
« Che cosa hai fatto? » Gridò ancora, rimettendosi in piedi a fatica: « CHE COSA HAI FATTO?! »
Il demone si tastò una guancia, accorgendosi del colpo che gli era stato inferto.
Dal mantello, gli cadde una fiaschetta. Iniziò a piangere, chiudendosi a riccio.
« Non mi toccare » sussurrò ad Arya non appena se la ritrovò accanto.
« No, è troppo facile! » Arya lo afferrò dai capelli e lo lanciò sul cadavere: « GUARDA! »
« Ti prego, no ».
« Devi guardare! » Arya cominciò a piangere, gettandosi a terra accanto ai rifiuti: « io sapevo che c'era qualcosa di strano! Io lo sapevo! »
Il demone scosse la testa, a tratti assente.
« Da quanto tempo va avanti questa storia? » Chiese Arya, la vista annebbiata. Era così nervosa e in collera che non le interessava affatto delle ferite: « rispondimi! »
Ma l'essere non la degnò di alcuna parola: tentò di ricomporsi sistemandosi i capelli, scrostandosi di dosso il sangue del ragazzo e accendendosi una sigaretta.
« Cassandra lo sapeva, non è vero? »
« Lo sapevi anche tu, se è per questo ».
Arya scoppiò in una risata priva di gioia: « tu mi avevi promesso che non l'avresti mai più fatto ».
« Io non prometto niente a nessuno » concluse il demone, il mento ancora macchiato di sangue.
« Smetti di fare la stupida! » La ragazza socchiuse gli occhi: « meriti di morire ».
« Lo so, ma sfortunatamente per te sono immortale ».
« Sei immortale solo perché continui a bere sangue umano » sussurrò Arya, gli occhi rivolti unicamente al cadavere. Egli era stato un ragazzo di bell'aspetto con i capelli biondi, gli occhi verdi, il fisico da quarterback.
Era la Vigilia di Natale... stava probabilmente tornando a casa, dalla sua famiglia... una famiglia che Arya immaginò a tavola, ad aspettarlo...
Abbassò lo sguardo e, poco prima di svenire, disse a bassa voce: « io ti odio, Hazelle ».

 

 

 

 

  
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