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Autore: Blue_Passion    13/09/2016    4 recensioni
Amulet Hinamori è una normale studentessa del liceo "Seyo Accademi" dove studia psicologia per realizzare il suo sogno, ma quando diventa una stagista al "Seyo Madhouse" la sua vita cambierà grazie all'incontro con il suo paziente, il misterioso e famigerato criminale pazzo "Stregatto".
[Il titolo potrebbe cambiare più avanti; storia ispirata a Joker e Harley Quinn, si ispira solo! Non è uguale quasi per nulla] [Aggiornamenti incostanti]
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Stregatto; Confettino

Corro, corro senza sosta nel buio. So dove devo andare, ma con questo buio non vedo nulla! Ed eccola, una luce, una porta: la scuola!
-Su Amu! Diluvia, corri, corri! –
Mi incita Utau dall’altro lato della porta asciutta e perfetta come al solito; il contrario di me.
Mi ci fiondo dentro, sospirando di sollievo quando non sento più la pioggia battermi addosso e mi strizzo la gonna e i capelli, lasciando giù una cascata d’acqua.
-Sei fradicia-
-Lo so, dai portami in classe-
Stride saltellando e mi prende la mano, trascinandomi a lezione di psicologia.
Appena entriamo sospiriamo, notando l’assenza della prof che ci toglie un peso di dosso e una punizione la prima ora.
-Niente sgridata-
Appena ci sediamo l’una accanto all’altra la osservo, un po’ gelosa del suo aspetto.
Ha un viso angelico, con lunghi capelli biondi sistemati in due code alte laterali fino ai fianchi, due occhi ametista e un fisico a dir poco perfetto.
La divisa le sta d’incanto, la camicia bianca sistemata perfettamente dentro la gonna a pieghe nera che arriva fino a metà coscia, le gambe fasciate da un paio di collant color carne, e i piedi coperti dagli stivaletti neri scolastici.
Sulle spalle il giacchino nero, e attorno al colletto della camicia il fiocco dello stesso colore.
Utau Hoshina, la mia migliore amica e idolo della scuola di psicologia (o almeno la parte di psicologia dato che la “Seyo Accademy” è un insieme di indirizzi).
Io al contrario sono pessima, un granello di sabbia in mezzo a granelli d’oro e argento.
Sto zitta, fissando la porta e sentendo distintamente la voce di Utau che parla con altri due o tre tizi, uno dei quali le chiede di uscire -di nuovo-.
La porta si apre ed entra la prof Wright, una fissata con la puntualità e con le regole; eppure oggi è in ritardo, sembra pure agitata.
Mi guarda, in volto uno sguardo che mai le avevo visto prima dipinto sul viso leggermente rugoso -e non per l’età dato che ha trentacinque anni-.
I suoi capelli argentati con un ciuffetto nero sul davanti lasciati sciolti e arruffati, non più nello chignon che probabilmente aveva stamane, gli occhi verdi chiaro preoccupati e agitati, le mani che si intrecciano e giocano con la gonna, la camicia stropicciata all’altezza del colletto, le gambe tremanti; in mano non ha la sua solita borsa: qui c’è qualcosa che non va, e centro io.
Alzo la mano e la prof tremante mi fa un cenno del capo, incitandomi a parlare.
-Ho fatto qualcosa? –
-Cos’? No! Solo…complimenti, e che dio l’aiuti-
-Perché? –
Mi si avvicina, mentre noto che tutti in classe ci fissano e hanno smesso di parlare.
Mi porge un foglio, o meglio, una cartella giallina con sopra una grande scritta in rotto grassetta: “Top Secret”
-Non lo faccia leggere a nessuno, vada in biblioteca e lo legga, da sola, nascosta, in silenzio, e non ne parli ad anima viva-
Annuisco e mi alzo, prendendo il fascicolo e lo zaino correndo in biblioteca.
Seguo le istruzioni della Wright e inizio a leggere, deglutendo.
 
Paziente: n° 228 presso il “Seyo Madhouse"
Nome: sconosciuto
Cognome: sconosciuto
Soprannome: Stregatto
Proprietà di: stagista Hinamori Amulet
Sintomi: non presenta schizofrenia, non sente voci; bipolare; sadico/masochista: ama il dolore, soprattutto se inflitto agli altri da lui, si diverte in quello che fa, nelle vittime che provoca e nelle persone che uccide; isteria e irascibilità; altri sintomi e disturbi non identificati, tra cui il motivo dell’uccisione del suo precedente psicologo, il Dr. Jack Ride, per l’essere stato poco divertente, “delicato” e troppo “invasivo”.
Crimini: attentati, omicidio, rapina a mano armata, torture, abusi…
 
Troppo da leggere” vado avanti leggendo tutti le centinaia di crimini e sospirando, rabbrividendo leggermente.
 
Parenti: sconosciuti/nessuno
Passato: sconosciuto
Causa della follia: sconosciuto
Catturato: cinque volte
Scappato: quattro volte con la scusa che si annoiava, e tutte in meno di cinquantadue ore.
 
Uff…certo che non sanno proprio niente di Stregatto, una foto almeno?
Continuo a leggere, stupendomi delle cose scritte e incuriosendomi sempre di più.
“Stregatto”, il psicopatico cattivo più ricercato del…mondo, credo.
Ho un po’ paura ma non molta.
Non so molto di lui (dato il mio non guardare la TV), l’ho sentito nominare dai miei compagni, ma non ci ho mai badato, Yaya ne sa tanto, chiederò a lei.
Anche se…sono appena una stagista, perché l’hanno dato a me?!
Probabilmente per sacrificarti, non vogliono mica far uccidere un altro dei loro migliori psicologi
Zitta! Ma possibile che quando parli tu devi sempre essere così? Amu impazzirà!
Lo è già!
Piantatela mi date fastidio! Dove sono le altre due?
Boh
Sospiro, maledicendo le voci nella mia testa.
Chiudo il fascicolo, lo infilo dentro lo zaino e prendo il cellulare.
-Pronto?
-Mamma, oggi non torno a casa al solito orario, inizio lo stage di quarta-
-Che bello! Dove sarai?
-Al Seyo Madhouse-
-E chi hai come paziente?
-Mi hanno detto di non dirlo, mi spiace-
-Va bene, a dopo!
Chiudo la chiamata e metto via il cellulare, guardando l’ora.
Faccio un salto dal preside che così mi rimane un’ora di lezione di psicologia giusta.
Di corsa mi dirigo verso il suo ufficio, bussando poi piano alla porta.
-Avanti-
Apro e stringo la camicia ancora bagnata, per poi starnutire piano.
-Hinamori, cosa la porta qui? –
-Volevo chiederle cosa dovrò fare con il paziente n° duecentovent’otto-
-Sia lei stessa e cerchi di capire il suo nome, il suo passato, il perché è impazzito, i suoi problemi, tutto di lui-
Faccio un cenno del capo e mormoro “grazie”, girandomi.
-Ah, la prego faccia attenzione, è pericoloso-
Annuisco, uscendo e dirigendomi a passo di carica in classe.
Entro, stupendo tutti e affrettandomi ad andare al mio posto.
-Tutto okay? Ah capito? –
Guardo la prof e faccio un cenno del capo
-E non ha paura? –
-Lei non sa quanta-
 
-Allora, chi è? –
-Chi? –
-Il tuo paziente! Dove ti hanno spedita? Chi è lui o lei? –
-A Seyo Madhouse; mi presto l’ombrello? –
-Stai schivando la domanda, chi è? –
Mi domanda di nuovo Utau passandomi il suo ombrello viola.
-Utau io…non posso dirlo, immagino tu abbia letto il “Top Secret” a caratteri cubitali in rosso, non posso proprio-
-Ma è pericoloso? –
-Si-
Corro via prima di potermi sorbire tutte le preoccupazioni di Utau ed esco, aprendo l‘ombrello e avviandomi di corsa verso il manicomio/prigione.
Ogni edificio importante di questa città ha “Seyo” (grazie fondatore, grazie!) dentro, come il “Seyo Hospital”, la “Seyo Accademy”, dove vado, il “Seyo Center”, il “Seyo Museum”, il “Seyo Madhouse” e così via, l’originalità non è il loro forte, ma li capisco…quando il direttore di ogni santo edificio discende dalla famiglia del fondatore e quindi in pratica tutte le persone più importanti hanno il cognome “Seyo” è ovvio la poca originalità e la megalomania in tutto questo.
Dopo trenta minuti di corsa sono finalmente davanti al manicomio; faccio sbucare il mio visino dall’ombrello mostrandolo alla guardia, che strabuzza gli occhi e apre il cancello, facendomi entrare.
Appena dentro trovo un tizio ad accogliermi, piuttosto vecchio con il camice da infermiere e accanto una dottoressa.
-Hinamori Amulet? –
Si stupidi! Avete pure visto la foto! A meno che non mi sia rifatta la faccia ovvio che sono io!
-Si-
-Ci segua, le sarà mostrato il suo provvisorio ufficio e i vestiti che dovrà indossare d’ora in poi in questo edificio-
Annuisco, seguendoli e non fiatando.
La struttura è spoglia, solitaria e macabra; fuori è un enorme edificio a tre piani (senza contare quelli sotterranei), di un grigio fumo terribile, con due enormi porte in ferro all’entrata e minimo venti finestre per piano in una facciata (quindi circa sessanta in ogni facciata), il tutto circondato da uno spoglio giardino (causa dell’inverno) recintato da un’alta staccionata in metallo elettrica, tappezzato di guardie ovunque.
Dentro forse è anche peggio; i vecchi muri una volta dipinti di bianco ormai ingrigito/ingiallito e ammuffiti, gli uffici chiusi, le porte blindate delle camere dei detenuti/ricoverati, o di quelle per le sedute, le urla dei pazienti, le varie voci, ma comunque un silenzio persistente e pesante.
Ovunque odore di farmaci, muffa, polvere, pazzia e paura; un quadro davvero macabro.
Mi ritrovo davanti ad una porta in legno scuro lucido, piuttosto vecchia e con il pomello d’orato incrostato.
Mi fanno entrare e noto l’essere spoglio della stanza, una scrivania, una sedia, un’armadio/libreria, un lampadario abbastanza rotto e due finestre, più quattro pareti bianche stranamente immacolate.
Sulla scrivania un camice e altri vestiti, probabilmente quelli che dovrò indossare.
-La aspettiamo fuori, si cambi-
Li guardo uscire, e prendo in mano i vestiti.
Sono una gonna nera fino al ginocchio attillata con uno spacco quasi fino alle mutande di lato, camicia bianca e camice, più scarpe nere con tacco.
Mi cambio, mettendo la divisa dentro lo zaino e uscendo, fissando i due.
-Parleremo prima noi con il paziente per vedere come sta e per informarla della sua situazione, lei entrerà dopo-
Faccio un cenno del capo e li seguo fino ad una stanza isolata nei sotterranei, con una porta molto più che blindata.
Entrano prima loro, rimanendo circa due minuti e poi escono.
Le guardie davanti alla porta mi fanno deglutire; fanno molta più paura di un pazzo.
-È strano oggi, non ha ancora riso, state pronti ad intervenire voi due; Hinamori se dovesse succedere qualcosa sotto il tavolo dal suo lato c’è un pulsante per l’allarme, se lo premerà la seduta verrà interrotta e il bastardo portato via, sia prudente-
-Va bene-
Apro la porta lentamente ed entro, senza guardarmi intorno e chiudendo piano la porta alle mie spalle.
Osservo il “panorama”, rimanendo colpita dalla scena davanti a me.
Un uomo piuttosto giovane in una camicia di forza e la solita tuta grigia dei pazienti in questo posto con aggiunte quelle strane scarpe bianche, chino sul tavolo in mezzo alla stanza chiara cosicché non possa vedere il suo viso; sull’altro lato della stanza un’altra porta, probabilmente quella da cui entrano i pazienti.
Ha degli spettinatissimi capelli blu notte con sfumature nere, immagino tutto naturale ovviamente, dato che è qui da cinque giorni e il nero è sulle punte o su intere ciocche, ma non alla radice.
Respira piano, quasi non si sente, e muove i piedi facendo tintinnare le catene che lo bloccano.
Mi sedio sulla sedia di fronte alla sua, stando attenta a non fare troppo rumore.
-Signor Stregatto, può alzare la testa? –
Inizia a mormorare cose strane e senza senso, facendomi agitare di più.
-Tu, odore, uccidere, paura, timore, dolore, agitazione, DIVERTIMENTO-
Alza la testa di scatto e sobbalzo, un po’ sorpresa da quello che ho davanti.
Un volto con una pelle diafana, quasi totalmente bianca con solo delle sfumature grigio/nero intorno agli occhi, due biglie color cobalto scuro, brillanti, pazze.
Le labbra nere piegate in un sorriso totalmente esteso da sembrare disumano, i denti bianchi con i canini inferiori e superiori simili a zanne, un’espressione folle sul viso.
Mi studia, mi osserva, guarda ogni parte di me, mi legge dentro parlando con le mie voci.
E improvvisamente tira su il busto, butta indietro la testa e spalanca la bocca, iniziando a ridere maniacalmente e in modo malvagio ma divertito, un mix di risate folli che fanno risultare questa unica e inimitabile.
Si calma, respirando per un attimo pesantemente e mettendosi dritto, facendomi notare quanto larghe sono le sue spalle e facendomelo mettere a confronto con tutti i ragazzi/maschi che conosco: unico, bellissimo e pericoloso.
Tira di nuovo le labbra in quel ghigno di poco fa e fa un profondo respiro.
-Piacere, confettino-
 
 
Buio, tanto buio.
Cos’è successo? Ho giocato con King’s, quel bastardo, ci siamo riempiti di pugni e poi un dolore al collo: HA PREFERITO RINCHIUDERMI AL GIOCARE CON ME?!
Ringhio, aprendo gli occhi e tirandomi a sedere; la cara vecchia cella duecentovent’otto, sempre questa camera mi danno in ‘sto hotel.
Mi alzo, ridacchiando alla sensazione di intorpidimento alle braccia a causa della camicia di forza.
Guardo la porta e mi ci avvicino, annusandola e iniziando a sbatterci la testa contro.
-Si è svegliato! Dr. Seyo si è svegliato! –
Un paio di minuti, minuti divertenti.
-Chiamate Kara, scambieremo un paio di parole col bastardo-
Smetto di tirare testate alla porta quando sento del sangue in bocca e lo ingoio.
La soglia si apre e io scatto in avanti con l’intento di mordere il primo che mi capita a tiro, ma mi ritrovo a terra in poco tempo.
Rido, rido come adoro fare iniziando a giocare con le catene che mi tengono le caviglie e il busto.
-Vi siete dati da fare questa volta, complimenti, ma sapete che scapperò lo stesso, a meno che voi non mi portiate un gioco, VOGLIO UN GIOCO! MI ANNIO! –
Grido piagnucolando.
Fisso il Dr. Seyo, un vecchio che discende dai fondatori di questo sputo di paese enorme.
Ha il solito camice bianco con pantaloni neri e scarpe uguali, divisa di merda dei tizi in questo posto.
Sposto lo sguardo sulla psicologa Chiara Kara, una troia a metà italiana e a metà giapponese e la guardo male.
Chika ricambia lo sguardo, ma spaventata e inizia a fissare Jey Joy; sono migliori i loro nomi così!
-Ci sono i soliti vecchi dottori? Eh Jey Joy? Mi annoio! Oppure mi date una cagna? IO ODIO LE CAGNE! –
-Avrai quella nuova-
Mi si illuminano gli occhi e mi sporgo in avanti, ancora sul pavimento, proprio come farebbe un bambino piccolo curioso.
-Una cagna nuova? O magari è un topolino? Interessante, chi è? –
-Una stagista di diciassette anni, una figlia di papà che studia alle Seyo Accademy ed è tra le prime della classe- Risponde Jey Joy.
-Una stupida fastidiosa che di sicuro non sa fare nulla da sola, puoi pure giocarci e ucciderla- Dice in più Chika.
-Un sacrificio che non sa di esserlo? La date in pasto ad una pantera e non vi pesa sulla coscienza? –
-Mi peserebbe se fosse il mio migliore psicologo, ma non lo è, quindi non mi importa-
Rido, buttando indietro la testa per poi guardarli spaventosamente mettendomi seduto dritto a gambe incrociate.
-NOME! –
-Hinamori Amulet-
-Numeri! –
-Fra tre giorni, circa alle diciassette-
-A proposito: da quanto sono qui? –
-Due giorni-
Mi metto disteso e mi guardo i capelli, ridendo ancora.
-Ahahahahahah, non vedo l’ora-
Dare una diciassettenne ad uno di ventitré anni come me è una cazzata, ma…non la ucciderò, per ora.
 
-Catene, catene, catene, catene, catene, catene, catene, catene, uff…DATEMI UN GIOCO! –
-Zitto feccia-
Mi scaglio verso la porta, rimendo però fermo a guardarla.
-Meno tre, fra sole tre piccole ore mi divertirò…il tempo è prezioso, tre ore sono tante, non sottovalutare, lei sarà educata? Delicata? Non invasiva? –
Mi stendo in mezzo alla piccola stanza, rotolandomi da una parte all’altra facendo sì che le catene mi avvolgano e svolgano ogni volta.
Mi annoio, e la voglia di ridere non c’è…lei mi farà ridere? Se si mi sarà simpatica.
Quanto è passato? Boh, non ho fatto altro che rotolare, rotolare, e rotolare…
-Feccia si va-
Mi metto a sedere e mi faccio togliere le catene, per poi essere accompagnato alla stanza dove si tengono di solito le mie sedute, come quelle che ho fatto in precedenza, lasciandomi poi solo e incatenato alla sedia.
Vedo Jey Joy entrare con Chika ma non vedo altri.
-Pronto? –
-Mi annoio-
-Non la uccidere subito-
Sbatto la testa sul tavolo e sbuffo, piegando anche il busto sulla tavola di metallo, sbuffando per nulla contento della situazione.
-Non ridi? –
-Non voglio, non ce n’è motivo-
-Paziente n° 228: sta male-
Li sento uscire dalla porta che sta dall’altra parte della stanza, quella da dove entrano gli psicologi, e circa un minuto dopo la porta si riapre e si richiude con molta leggerezza.
È lei…c’è odore di, fragole!
Sta ferma per un po’ e poi si siede davanti a me, senza fare troppo rumore.
Mi piacciono le persone silenziose e calme.
-Signor Stregatto, può alzare la testa? –
Voglio mi dia del tu!
Che voce carina. Che voce fastidiosa. La adoro. La odio!
Annuso l’aria: è spaventata, ma più agitata, interessante; strano che riesca a sentire così bene le sue emozioni dal suo solo odore, di solito devo guardare tutti anche negli occhi.
-Tu, odore, uccidere, paura, timore, dolore, agitazione, DIVERTIMENTO-
Mi diverto con lei.
Alzo la testa sorridendole e lei sobbalza, sorpresa.
È vestita come tutte, ma ha un che di…diverso.
Ha dei lunghi e spettinati capelli rosa, lunghi fino ai fianchi, due occhi oro che nascondono mille segreti (che riesco a leggere), le labbra carnose e rosse, un viso fatto di porcellana; una bambola.
Ha delle curve morbide e seducenti, vita sottile ed è piccolina.
Troppo perfetta.
Le labbra dovrebbero essere rosse sangue, gli occhi più scuri e il corpo…più scoperto.
Voglio portare la pazzia rinchiusa in lei a galla, espandendola e liberandola.
È chiusa in una teca di vetro, nata e introdotta nel mondo sbagliato, del tutto diverso da lei: superiore, bellissima e pericolosa, ma bisognosa di aiuto a far uscire tutto questo, e sarò io ad aiutarla.
No, lei non è la figlia di papà che non sa fare nulla da sola come avevano detto quei due troppo normali per gente come noi, lei è assolutamente…imperfetta.
Tiro su il busto, butto indietro la testa e rido, la mia vera risata, quella che raramente faccio, quella che -a quanto pare- riesce farmi produrre solo lei, e quando King’s ne viene fuori molto, molto distrutto.
Mi calmo, respirando pesantemente per un attimo e rizzandomi sulla sedia; lei mi guarda, mi studia meglio con quei suoi occhi oro folli e calmi, con quella maschera di diamante che ha addosso, mettendomi a confronto con qualcosa, qualcuno.
Sorrido di nuovo, con una nuova voglia in corpo, con il mio divertimento ricaricato e prendo un profondo respiro.
-Piacere, confettino-
 
 
Angolo autrice fuori di testa:
Eccomi, mi sono sbrigata? Avevo praticamente tutto il cappy pronto, spero solo non sia venuta fuori una schifezza altrimenti mi dispero.
Piaciuto? Ikuto è piuttosto pazzo? Amu l’ho fatta troppo…non so, strana?
 
Allora, le parole così: “Ciao” tra virgolette sono pensieri, quelle in corsivo e basta invece marcature o parole magari un po’ più particolari/importanti, e si, sì Amu è schizofrenica.
 
Nel prossimo capitolo (che sinceramente non so quando posterò ma cercherò al più presto) ci sarà la seduta (tutta dal punto di vista di Amu e capirete il perché) e magari non so, un paio di parti che ora non ho in mente ma con Ikuto o con “King’s”, voglio vedere se indovinate chi è! Dai provate, chi è?
 
Scusate, scusate, scusate tanto se con certe ci metto la vita e con questa no, ma ho così tante idee!
E no, Amu non impazzirà, lo è già, Ikuto tira solo fuori quella parte.
 
Grazie per chi ha recensito o recensirà e spero che il capitolo non sia totalmente orribile o non si capisca, e vi avverto solo di una cosa: a volte Ikuto avrà un “piccolo” problema con le frasi, ad esempio ne dirà certe che a malapena Amu riuscirà a capire (non chiedetemi da che angolo malato della mia testa le tirerò fuori, ma se non riuscite a capire nemmeno una virgola di una certa frase particolare detta da Ikuto chiedete pure a me).
 
Baci Blue!
 
P.S: scusate ancora se ci sono errori (ad esempio se confondo “li” con “gli” e quindi sbaglio tantissimo, ma sinceramente ho notato che ci sta meglio “li” anziché “gli” su certe frasi, e quindi metto quello, se però la grammatica non lo prevede vi prego di avvertirmi; vi avevo detto che con questo non ci mettevo molto! In realtà sono tentata di iniziare già il prossimo ma forse lo farò forse no, dato che c’è chi (caro onii-tan!) vuole che io aggiorni prima altre storie, e hanno ragione, quindi per ora vi dico: alla prossima!
 

   
 
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